Non
sapeva bene come era successo tutto questo.
Il
giorno prima era la patologa sfigata che non si aggiudicava neanche
uno sguardo dall'uomo che amava, il giorno dopo era una delle due o
tre persone a sapere che non si era effettivamente suicidato come
tutti credevano.
Un
anno prima della falsa morte di Sherlock non aveva mai ricevuto una
stretta di mano da lui, un anno dopo si ritrovava con una pancia
enorme, incinta di suo figlio.
Era
iniziato tutto una sera, tre mesi dopo la caduta, quando se l'era
ritrovato bagnato come un pulcino, sulla
soglia di casa.
Lo
aveva accolto in casa, asciugato e rivestito, senza una parola, senza
chiedere niente sul perchè si trovasse lì,
vedendo su di lui uno
sguardo che l'aveva fatta soffrire più di mille parole.
Fu
solo dopo averlo fatto sistemare sotto le sue coperte, pronta ad
andarsene e passare la notte sul divano, che il detective
parlò.
“Molly...”
sussurrò appena, con un tono di scuse.
“Shelock
non ti preoccupare. Riposa e se vorrai parleremo domani.”
disse
sulla porta di camera, voltandosi.
“Resta.
Ti prego.” Chiese
in tono supplichevole. La patologa non aveva saputo resistere.
Si
sistemò al suo fianco, cercando di non dare fastidio
all'uomo che
però fece qualcosa che non si sarebemai aspettata.
Si
avvicinò a lei e la abbracciò, riversando in
quell'abbraccio tutta
la sua disperazione. Dopo un primo momento, superò la
sorpresa per
quel gesto e passò le sue braccia attorno al suo corpo,
acarezzandolo e mormorando parole di conforto.
Era
distrutto, sapeva che si sentiva solo nel suo esilio, sapeva che non
era più quello di prima, grazie a John, e che stare lontano
dal suo
migliore amico era la cosa più difficile che avesse mai
affrontato.
“Ho
quasi ceduto di nuovo.” disse poi improvvisamente.
“Non posso
cedere, deluderei John... deluderei te.” e
Molly sapeva bene a cosa si riferisse.
Sapeva
della sua dipendenza e sapeva come avrebbe cercato di sopprimere le
emozioni con una dose.
“Ma
non
l'hai fatto.” disse stringendolo. Le
accarezzò
i suoi capelli. “Hai resistito e sei venuto da me, so che non
lo
vuoi fare veramente.” aggiunse con voce tremante, sopraffatta
da
quello che stava succedendo, da come si stesse confidando con lei.
“Perché
mi è sembrata la cosa più giusta da fare. Non
posso rimanere solo
stanotte... io... non so se resisterei ancora.” ammise in un
sussurro tormentato.
“Puoi
cercarmi ogni volta che vuoi Sherlock. Non sei solo. Non sono John,
però
sono tua amica, Sai che ti puoi fidare.”
Il
detective alzò la testa e la guardò con sguardo
di rimprovero. “Se
non sapessi di potermi fidare credi che ti
avrei affidato
così la mia vita? Replicò. Poi nascose
di nuovo la testa sul collo della donna. “Non sei John... ma
sei
diventata... altrettanto importante.” sussurrò
incerto. “Hai
sempre contato...”
Molly
si sentì avvampare.
Si commosse
per
quelle parole,
sentendo il suo cuore accelerare il battito.
“Voglio
solo che tu sappia che puoi venire da me ogni volta che
vorrai.”
“Dovrò
partire domani... ma stanotte voglio stare qui.”
“Dove
andrai?” domandò senza riuscire a trattenere
l'angoscia.
“Non
posso dirtelo. Per la tua sicurezza. Meno sai meglio è... e
tu sai
già troppo.”
La
donna annuì tristemente e senza pensare poggiò le
labbra sul capo
riccioluto del moro.
“Non
ti ho mai ringraziato.” Ammise Sherlock dopo qualche secondo
di
silenzio.
“Non
c'è bisogno. Lo hai fatto a modo tuo.”
Il
moro rialzò il capo e sorrise. Portò una mano nei
capelli di Molly,
si avvicinò e la baciò... e lei sapeva che questo
era il suo
premio, non riusciva a credere che fosse altro. Nonostante la
consapevolezza che per Sherlock non era
nulla di più che un ringraziamento,
non riuscì a fermare i baci, non riuscì a fermare
le loro mani che
si esploravano, non riuscì a fermare se stessa dal donarsi a
lui,
completamente e senza riserve.
.
Quando
la mattina dopo si svegliò, con l'odore di sesso che ancora
impregnava la stanza e il letto vuoto, non se ne sentì
sorpresa. Non
si pentì di ciò che era successo e
non
aveva il coraggio di chiedere di più.
La
vera sorpresa arrivò qualche mese dopo. Incinta.
Si
sentì persa, confusa, felice, impaurita... tutto insieme. Da
una
parte, dati i suoi 30 e passa anni, desiderava da tempo diventare
mamma, mentre
dall'altra era sola, in una posizione pericolosa e inoltre era quasi
totalmente certa che Sherlock non avrebbe mai accettato la
paternità.
Decise
di tenerlo, senza dire niente a nessuno, senza dire
chi fosse il padre quando ormai la gravidanza fu evidente, senza
dirlo a Sherlock.... un po' perchè
era
certa che
lo avrebbe saputo,
prima o poi, un po' perchè aveva paura della sua reazione e
soprattutto
perchè non sapeva come raggiungerlo.
Fu
un pomeriggio, tornata da uno dei suoi ultimi turni prima di entrare
in maternità, che si ritrovò Sherlock seduto sul
divano in
salotto. Non si chiese neanche come avesse fatto entrare.
Le
posò prima lo sguardo sul volto e poi sul suo ventre,
impassibile
come sempre.
“Preparo
il tea.” disse lei sparendo in cucina, presa dal panico.
Le
tremavano le mani, era tremendamente nervosa. L’uomo la
lasciò
fare senza muoversi dal divano.
Tornò
in sala e gli passò la tazza fumante.
Sherlock
parlò dopo essersi schiarito la voce.
“E’...”
disse
incerto
ma Molly lo anticipò.
“...tuo.
Sono sicura.”
Ci
furono minuti di silenzio.
La
donna si sedette sull'altro lato del divano, lasciandogli
il tempo di pensare.
“Molly...
non sarò mai la persona giusta.” disse poi
Sherlock, rompendo il
silenzio.
“Non
ho
chiesto mai nulla.
Non voglio obbligarti a... se non vuoi, non saprà nemmeno
che sei suo padre.” sussurrò poggiando la tazza
sul tavolino di
fronte al divano.
“Non
ho detto che non ci voglio provare.” disse lui
improvvisamente,
soprendendola.
La
patologa lo guardò a bocca aperta senza sapere cosa dire.
“Nessuno
dovrà saperlo finchè non sarà finita.
Quando tornerò lo
riconoscerò e... vedremo cosa fare. Ti prego non
piangere.” disse
infine guardandola, senza sapere che fare, quando le prime lacrime le
bagnarono il viso.
“Stupidi
ormoni...” disse lei in un singhiozzo, asciugandosi le
guance,
senza però riuscire a smettere.
“Perchè?” pigolò.
Sherlock
volse
lo sguardo al pavimento, cercando le parole giuste.
“Tu
ci sei sempre per me. Ci sei sempre stata. So che non potrò
mai
essere un buon compagno o un buon padre ma... ho bisogno di te. Ci
tengo a te.” poi guardò il
ventre della
patologa. “Non ti mentirò, mi ha terrorizzato
sapere che...
andiamo,
chi mai mi potrebbe volere come padre? So, però, che tutto
quello
che non gli darò io, ci sarai tu per darglielo.
Starà bene.”
Molly
poggiò una mano sulla pancia e annuì continuando
a piangere.
“Tu
e John siete le uniche persone che riuscite a perdonare ogni mio
errore. Perché lo fate?” Chiese sinceramente
perplesso.
“Perchè
abbiamo tanta pazienza.” Disse lei
in un sorriso, prendendo la
sua
mano nella propria
“Perché ti conosciamo e sappiamo che tu non sei
ciò che vuoi far
credere al mondo.”
“John
stavolta si arrabbierà con me.” disse accostandosi
alla donna.
Poggiò
la testa sulla sua spalla.
“Probabilmente
ti beccherai qualche pugno da lui.” ammise Molly iniziando a
giocare con i ricci mori. “Capirà, vedrai. Quando
saprà che l'hai
fatto per salvarlo non rimarrà arrabbiato a lungo.”
“Dovrò
ripartire, lo sai?” disse il detective.
“Immaginavo
che non fosse ancora finita.” ammise triste la patologa.
“Non
riusciamo ancora a rintracciare Sebastian Moran, la mano destra di
Moriarty... ma dirò a Mycroft di mandarti in qualche clinica
che...”
“No,
Sherlock. Ce la faccio da sola, non ti preoccupare per noi, siamo
forti. Non sarebbe un po' strano che un estraneo mi paghi una clinica
costosissima? Potrebbero capire qualcosa.” disse alzandosi in
piedi, faticosamente. “Il Bart's andrà benissimo.
Conosco tutti lì
e si prenderanno cura di noi in maniera eccellente.” concluse
avviandosi in camera.
“Dove
vai?” quando si voltò vide Sherlock guardarla con
sguardo confuso.
“La
mia schiena mi sta uccidendo e lui non si vuole fermare un secondo,
si è mosso tutto il giorno.” disse andando verso
il letto per
sdraiarsi.
Pochi
secondi dopo Sherlock la seguì. “Posso?”
“Ovvio...”
rispose sorridendo Molly.
Si
avvicinò al letto e prima di sdraiarsi a sua volta si
inginocchiò
all'altezza del ventre della donna e la guardò in attesa di
un
permesso.
“Puoi,
toccarmi
Sherlock... è tuo figlio!” disse sorridendo.
Il
detective fece un mezzo sorriso ed sollevò
la maglia fino sotto al seno, poi poggiò una mano sulla
pelle calda
di Molly e attese un movimento. Quando il bambino si mosse,
tolse la mano e curioso vi poggiò l'orecchio.
“Sai,
non credo che sentirai nulla senza uno
stetoscopio.”
disse ridacchiando la donna.
Lui
la guardò offeso e coprì di nuovo la pancia per
poi sdraiarsi e
avvicinarsi al suo volto.
“Guarda
che lo so...” disse. Il viso gli si illuminò.
“Vorrei solo
provare a...”
“Niente
esperimenti sulla mia pancia.” lo bloccò Molly.
“Va
bene.” concordò leggermente irritato il detective,
rimanendo in
silenzio.
La
patologa capì che aveva iniziato a riflettere. Sarebbe stato
inutile
provare a rivolgergli la parola, così prese il libro dal
comodino e
iniziò a leggere.
“Molly...”
La chiamò Sherlock dopo quasi mezz'ora.
“Mmh?”
mugugnò lei, presa dal libro. Si voltò per
guardarlo. Sherlock
stava fissando
il soffitto come la cosa più interessante del mondo.
“Che
succede?” chiese allungando una mano verso quella di lui, al
centro
del letto, stringendola.
Ricambiò
la stretta della mano
“Credi che dovrei tornare?” disse voltando solo la
testa per
guardarla
con
il suo sguardo impassibile,.
“Io
sarei felice se tu lo facessi... ma sappiamo entrambi che adesso
sarebbe pericoloso.” disse Molly tristemente.
“Moran e sempre a
piede libero e si sono troppe vite in gioco. John, la signora Hudson,
Greg...”
“Tu
e il bambino.” disse infine Sherlock, voltandosi risoluto su
un
fianco. “Non sarebbe una buona idea.” concluse
accoccolandosi con
il volto sulla spalla della donna e portando una gamba sopra la sua.
“Non
sei solo. Ci sono sempre io, puoi tornare da me quando vuoi
Sherlock.” disse confermando ciò che gli aveva
detto parecchi mesi
prima. “So che è difficile, so che ti manca John
e...”
“Hamish.”
disse in un sussurro il detective.
“Cosa?”
“Chiamiamo
nostro figlio Hamish. Per
favore.”
Molly
gli baciò la fronte e lo strinse a se. “Mi sembra
un'ottima idea.”
******************************
Ok....
questa cosetta è nata dall'immagine sopra, che per me
è di una bellezza disarmante. Non ho molto da dire se non
che la dedico a coloro che come me, nonostante il fandom sia
prevalentemente Johnlock (e lo sono anche io eh! XD), hanno una parte
di loro che tifa per la Sherlolly! Diamo una rivincita a Molly,
prendiamoci una rivincita pure noi per ogni ragazzo a cui andavamo
dietro con il solo risultato di soffrire.
Ringrazio
tanto la gentilissima minerva74
per avermi betato la storia!! *manda baci*
Bon...
vi lacio e perdonate lo sfogo del mio amore per la Sherlolly... XD
|