- Nickname
autore: Piccolo Fiore del Deserto
- Nickname sul forum: _PiccoloFiore_
- Titolo: La finestra socchiusa
- Genere: Generale, introspettivo, sentimentale.
- Avvertimenti: one shot
- Rating: verde
- Pacchetto scelto (con citazione, canzone e prompt):
Piccole Donne, Louisa May Alcott
citazione – Le
finestre siamo noi a chiuderle male, le lasciamo mezze aperte quando
aspettiamo il ritorno di qualcuno
Canzone – Enjoy
the silence, Depeche Mode
Prompt: polvere,
giugno, shakespeare
- Introduzione: Sofia è completamente persa a
osservare la spessa nebbia che avvolge il paesaggio inglese, di
là della finestra socchiusa, nella libreria in cui lavora. I
suoi pensieri sono rivolti a un passato che non riesce a dimenticare, a
un gelido giugno che ha portato l’inverno nel suo cuore,
riducendola in polvere facile da spazzare via. Sofia soffre, ma
continuando con quel suo atteggiamento non comprende che sta rubando
qualcosa a se stessa. Sarà l’intervento di due
persone speciali a farle capire che è arrivato per lei il
momento di reagire.
- Note (eventuali): Ho scelto la citazione, trovandola
più attinente alla storia che volevo proporre. Inoltre ho
aggiunto un altro breve brano, tratto dall’Otello di
Shakespeare, così da inserire meglio uno dei prompt a me
assegnati. La citazione e le parole sono inserite in corsivo, e spero
che siano fatte bene. Questa one-shot, in realtà,
è legata a una futura long che vorrei scrivere non appena il
tempo e l’ispirazione saranno dalla mia parte!
La
finestra socchiusa
…chi
piange per un dolore vano, ruba qualcosa a se stesso.
(Otello, W.
Shakespeare)
Giugno
non era mai stato così freddo per Sofia, appariva ai suoi
occhi colmi di lacrime come un pallido inverno nel fiore
dell’estate.
Dopo
anni di sforzi, lacrime e momenti di vuoto, era riuscita a completare i
suoi studi universitari, ottenendo il massimo dei voti per la gioia dei
suoi genitori, che sorridevano raggianti e orgogliosi di lei come mai
aveva notato, e per il proprio ego personale, così piccolo e
a volte dimenticato.
Era
felice, divinamente felice, e i suoi pensieri già si
voltavano all’imminente estate che avrebbe trascorso in
compagnia del suo Massimiliano, il ragazzo che in poco tempo aveva
conquistato il suo cuore, accendendolo di una calda luce dorata e
facendole vivere un sogno dal quale non avrebbe mai voluto svegliarsi.
Così
presa dai suoi mille impegni, dai suoi progetti, dalla sua
realizzazione personale, però, non si era veramente accorta
che Massimiliano non era più lo stesso. A poco a poco, dopo
tre intensi anni d’amore e di alti e bassi, sembrava essersi
trasformato in uno sconosciuto: freddo e distante e sempre meno
interessato a lei. Parlavano poco, litigavano spesso, e non era facile
per lei sentirsi messa da parte preferendo altre amiche e conoscenti, e
relegandola a semplice sfumatura sullo sfondo della sua esistenza.
Sofia
ne soffriva e le sue incertezze aumentavano. Provava gelosia e rabbia
che spesso riversava su di lui, pur non avendo vere prove che
accertassero le sue sensazioni terribili. Era la sua voce contro quella
di lui, i suoi pensieri contro quelli di Massimiliano, ma sentiva
ancora una volta che i sentimenti che covavano nel suo cuore erano
reali e presto si sarebbe scontrata contro una terribile
realtà che non poteva accettare.
Massimiliano
la confortava a volte, in altri casi l’accusava di non
fidarsi di lui e forse era quella la verità: da quando Sofia
aveva scoperto le sue menzogne, la sua mancanza di volontà
di confidarsi con lei e renderla partecipe di ogni suo avvenimento
importante e renderla parte integrante della sua vita, non riusciva
più davvero a credere completamente alle sue parole.
Per
lei, animo romantico in un mondo spietato, l’amore era
un’altra cosa: era condivisione, sentirsi completi insieme
pur essendo due persone distinte, era rendere partecipe
l’altro della propria vita, delle proprie gioie e dei propri
dolori, era sincerità non sporcata da bugie, era passione e
rispetto che con il tempo però erano sbiaditi.
Massimiliano
si sarebbe allontanato fisicamente da lei, come già lo aveva
fatto con i pensieri. Era in procinto di trasferirsi in una
città ancor più lontana dell’attuale,
con la sua famiglia, e lei aveva la terribile e sconcertante sensazione
che quella sarebbe stata la vera fine tra loro. La loro estate insieme
sembrava svanire un giorno dopo l’altro, accolta dai suoi
“no” e dalle attese infinite nelle quali
l’aveva gettata, così preso dal trasloco e da una
nuova vita che avrebbe passato lontano da lei. Le aveva promesso di
trascorrere insieme un’intera settimana, ma poi –
all’ultimo momento – rimangiava le sue intenzioni,
adducendo scuse che pian piano prendevano la sfumatura della menzogna.
Stava male, aveva da fare, non aveva soldi. Fatti che cozzavano con le
parole, promesse svanite come un pezzo di carta nel fuoco. E, intanto,
lei attendeva, speranzosa e comprensiva, ma nel suo cuore la tristezza
adombrava i suoi sorrisi, e i suoi occhi si spegnevano come se non ci
fosse più luce.
Giugno
non era stato mai così freddo. Un gelo sferzante le era
entrato nelle ossa, quando aveva letto quelle poche righe di un
messaggio gelido, inviato da una persona vigliacca che per tutti quei
lunghi anni aveva amato.
Non possiamo
continuare a stare insieme. Ho bisogno di tempo per me, per riflettere
su me stesso e su quello che voglio. Non voglio una storia a distanza,
per ora. Forse tra qualche mese ci incontreremo di nuovo. Ora non posso
essere il tuo fidanzato.
Le
sue mani tremarono, il suo cuore prese a battere a un ritmo
così sostenuto che temeva le scoppiasse nel petto, lacrime
calde iniziarono a rigarle il viso, mentre teneva il cellulare tra le
mani, leggendo e rileggendo quelle parole che non riusciva a
comprendere, come se fossero scritte in una lingua straniera che non
conosceva.
Non
poteva perdere il suo amore. Non dopo che aveva accettato di buttarsi
in una storia così importante. Anche lei aveva paura della
distanza, anche lei avrebbe sofferto di non vederlo spesso, ma
cos’è la distanza di fronte a un sentimento
così forte come quello che provavano? Come poteva essere
svanito così, nel nulla, come soffio di vento su una foglia
caduta da un albero?
Scossa
da un impeto convulso, digitò il suo numero e, quando
udì la sua voce, ebbe un tuffo al cuore: lo sentiva
già un perfetto estraneo, una persona che quasi provava
disagio a parlare con lei, un vigliacco incapace di guardarla negli
occhi per riferirle di persona parole che l’avrebbero uccisa.
Non ci sarebbe stato alcun abbraccio finale per sostenerla, ma sarebbe
rimasta immobile, da sola, nella sua stanza, spezzata da un pianto
incontrollabile, e nella sua mente quelle accuse trasmesse tramite un
mezzo gelido come il telefono. Lui, che aveva sempre giurato di non
rinfacciarle mai nulla, ora l’accusava di ogni sua mancanza,
di ogni suo piccolo o grande errore, additandola come la vera causa
della fine della loro relazione. Lui ripeteva parole che lei stessa
aveva proferito in momenti in cui la sua incapacità di
credere in se stessa l’aveva spinta a pensare che sarebbe
rimasta sola per sempre, allontanando tutti da sé. Lui la
stava uccidendo con un’arma ben peggiore di una spada o una
pistola: con parole che sferzavano letali contro il suo petto,
distruggendole il cuore, impedendole di respirare e spingendola a
credere che la vita non potesse più essere vissuta.
Giugno
non aveva portato con sé il caldo sole che tanto amava, non
c’erano raggi a scaldare la sua pelle, né a lenire
il suo cuore sanguinante. Sofia si sentiva realmente sola e non
riusciva a credere a come l’amore potesse svanire
così all’improvviso, a come i fatti fossero
diversi delle parole così facilmente decantate, a come il
suo principe coraggioso e protettivo si fosse trasformato in un lampo
in uno stronzo vigliacco che aveva giocato con lei, con i suoi
sentimenti, e ora, dopo essersi divertito, l’aveva
abbandonata in un angolo come una bambola ormai rotta.
La mia bambolina,
così la chiamava, e non sapeva, in quei momenti
all’apparenza così lontani, quanto fossero reali
quelle semplici tre parole.
L’aveva
spezzata, sbriciolata, e aveva gettato lingue di fuoco sui suoi resti
malconci, e il suo corpo così fragile si era tramutato in
polvere scura, che nessuno avrebbe mai raccolto.
Una bambola usata
divenuta polvere che un refolo di vento avrebbe fatto disperdere nel
cielo.
§§§
Una
nebbia spessa si sollevava dal suolo, offuscando la vista.
Un’atmosfera soffusa e sospesa nel tempo che non infastidiva
Sofia, ma le permetteva di divagare con i pensieri.
Sedeva
immobile all’interno della libreria in cui lavorava, con lo
sguardo fisso e perso sulla finestra, cercando di intercettare una
qualche forma umana o animale oltre quello strato biancastro e
fantasticando su chissà quale storia o personaggio su cui
scrivere. Adorava trascorrere i suoi momenti di vuoto e
libertà china su di un libro o riempendo pagine bianche di
pensieri che, con il tempo, potevano divenire brevi racconti o lunghi
romanzi. Il suo sogno era di vedere il suo nome come autrice di un
libro che avrebbe fatto bella mostra su uno degli scaffali di numerose
librerie, ma non si sentiva ancora realmente pronta a fare il grande
salto, che l’avrebbe portata a proporre le sue idee e i suoi
progetti a una casa editrice.
«Un
penny per i tuoi pensieri».
Una
voce femminile alle sue spalle proferì quelle parole,
distogliendola così dalle sue riflessioni. Sofia si
voltò lentamente e incontrò lo sguardo azzurro
cielo della sua più cara amica, Alice.
Le
rivolse un leggero sorriso e poi scosse il capo.
«Nessun
pensiero di grande importanza».
Alice
ticchettò un dito sulle sue labbra, pensierosa, e poi
replicò:
«Non
sei mai stata brava a nascondere i tuoi pensieri né a
mentire. Su, tira fuori quello che hai dentro e non dirmi che si tratta
ancora di lui!».
Dallo
sguardo colpevole di Sofia, Alice comprese di aver fatto centro e
sbuffò, roteando gli occhi, esasperata.
«No,
ancora Massimiliano no!» esclamò a voce alta,
facendo voltare le poche persone presenti in quel primo pomeriggio
novembrino. In effetti, la libreria era quasi del tutto deserta, fatta
eccezione per alcune ragazze che ridevano tra loro, perse in
chissà quali discorsi, e altre che sfioravano le copertine
dei libri come se attendessero di udire una voce sottile che le
attirasse a sé.
«Non
è facile dimenticarlo» mormorò Sofia,
abbassando lo sguardo a terra. Ogni volta che parlava di lui, seppur a
distanza di diversi mesi, faceva fatica e i suoi occhi divenivano ben
presto umidi, facili prede di lacrime incessanti. Neanche la distanza
fisica le aveva permesso di rimuoverlo dai suoi pensieri e dal suo
cuore.
«Sono
passati mesi e lui non starà di certo soffrendo come
te!» commentò Alice, seppur con nessuna
cattiveria, ma per Sofia fu come uno schiaffo in pieno viso. Per una
frazione di secondo incrociò di nuovo lo sguardo
dell’amica, ma poi lo riversò di nuovo verso la
finestra lasciata socchiusa, dalla quale entrava, di tanto in tanto,
qualche spiffero d’aria.
«Scusami,
Sofia, ma non sopporto di vederti soffrire per quello stronzo e
vigliacco, per un ragazzo che non ha neanche avuto il rispetto e la
decenza di dirti tutto guardandoti dritto negli
occhi…» aggiunse, con genuina sincerità
Alice, e nello scuotere il capo, ciocche di capelli dorati le
sfiorarono come una carezza il viso.
Sofia
guardò l’amica d’infanzia, con la quale
aveva sempre condiviso tutto: ogni pensiero, ogni gioia, ma anche
momenti di tristezza. Ammirò la sua bellezza solare e la
sincerità con la quale era sempre solita argomentare, e poi
le sorrise, con un pizzico di amarezza.
«Lo
so, me l’hai detto tante volte e anch’io concordo.
Mi ha solo usata, fintanto gli facessi comodo e, quando ha trovato
altri amici…» si bloccò, reprimendo un
triste pensiero che le affiorò improvviso, e poi riprese,
«mi ha abbandonata come una bambola ormai rotta».
Un fremito al cuore, e la sua voce si spezzò per qualche
istante.
Massimiliano
l’aveva davvero fatta sentire come un oggetto. Una bambolina
con cui giocare nei momenti vuoti della sua frivola vita, quando quelli
che considerava amici non avevano nessuna premura per lui,
né lo andavano a trovare per trascorrere qualche tempo
insieme. Poi, quando le cose erano cambiate, quando lui era tornato
nella sua città natale, in mezzo al suo mondo, se ne era
sbarazzato con scuse che stridevano con l’amore che diceva di
provare.
Ma forse, in cuor
suo, Sofia sapeva che era meglio così.
Sofia
respirò a fondo, ricacciando indietro le lacrime e, quando
ritrovò un poco di compostezza, tornò a parlare:
«So
bene che devo andare avanti, che è stato meglio perdere una
persona così, anziché proseguire in una relazione
priva di fiducia, di capacità di comprensione, di omissioni
e bugie, ma non riesco ancora ad accettarlo. Pensavo di aver trovato
l’uomo della mia vita, con il quale realizzare il mio sogno
più grande, una famiglia insieme, e
invece…».
Non
riuscì a proseguire. Chinò il capo cercando di
nascondere il suo malessere di fronte ai clienti che, tuttavia,
sembravano non degnarle d’interesse alcuno, e i lunghi
capelli castani discesero a coprirle il viso, come un sicuro riparo da
occhi indiscreti.
Alice
rimase in silenzio, ma poi sfiorò il braccio destro
dell’amica, in una carezza che profumava di comprensione e
affetto.
«A
tutti capita di commettere errori, e in amore non si sa mai cosa possa
accadere. Per questo io non voglio innamorarmi seriamente, vivendo
così le storie con più spensieratezza. Ma tu sei
diversa.
Sei
sempre stata una ragazza così romantica e sensibile, alla
ricerca di quel vero amore che compare solo nelle favole Disney, ma
sono illusioni, che ti portano unicamente a essere ferita, e gli altri
se ne approfittano con crudeltà.
Tu
sei sempre stata Jane, o la piccola, fragile, Beth, ed io Elizabeth o
Jo…».
«Ma
anch’io ho amato Mr. Darcy!» la interruppe Sofia,
ritrovando un sorriso divertito.
«Chi
non si è mai innamorata di quel figo? Peccato che non esista
nella realtà» sospirò teatralmente e
Sofia annuì, concorde. «Ma il discorso
è un altro. Gli uomini indossano le palle, ma in
realtà sono le donne a usarle. Guarda quel che ha fatto quel
bambino montato di Massimiliano: tante belle parole, progetti per il
futuro insieme, e poi? Poi ti ha lasciata con uno stupido messaggio.
Sei stata tu che, pur con il cuore trafitto, lo hai chiamato, volendo,
giustamente, una spiegazione migliore».
«Sì,
lo so. Forse la sua è solo incapacità di
comprendere ciò che vuole…».
Alice
la bloccò con un’occhiataccia densa di una
volontà di colpirla se non la smetteva con i suoi tentativi
di proteggere quell’uomo che l’aveva ferita, e poi
Sofia aggiunse:
«Eppure
non riesco ad allontanarlo dai miei pensieri. Mi chiedo sempre cosa
starà facendo e se gli capita mai di pensare a me. Ho paura
di non riuscire più a trovare nessuno che mi ami veramente,
ho paura di amare ancora».
«Non
si può comandare il cuore, così mi hai detto
sempre tu, e la romanticona per eccellenza non potrà mai
smettere di amare» annuì alle sue stesse parole,
ma poi scosse il capo e sollevò di nuovo gli occhi al
soffitto. «Guarda cosa mi fai dire!»
sbuffò spazientita. Alice aveva avuto un gran numero di
uomini, ma solo per puro divertimento, mai nulla di serio.
L’amore non faceva per lei, era solita dire, e non
comprendeva appieno il romanticismo di Sofia, pur accettandola
così com’era, senza critiche di sorta.
L’espressione
di Alice, fece sgorgare una risata trillante, che sembrava provenire
dal cuore di Sofia.
Poi
un colpo di tosse richiamò le due amiche ed entrambe si
voltarono verso un’acquirente, una giovane ragazza, che
stringeva al petto un libro, come un fragile ma importantissimo tesoro.
«Ci
penso io, ma poi torno da te» disse Alice e le
lanciò un occhiolino di ammiccamento, donando poi la sua
più completa attenzione alla cliente.
Sofia
soffermò per un attimo lo sguardo su quest’ultima,
analizzandola con sguardo curioso. I suoi occhi castani seguirono le
mani della ragazza, che si stringevano attorno alla copertina, e poi si
spostò sul suo volto. La vide sorridere timidamente
all’esuberante allegria di Alice, e poi quando i suoi occhi
si posarono sul libro che stava comprando, notò una
luminosità speciale, che era tipica di chi cade
letteralmente in amore per i libri, per la magia che riescono a donare,
la fantasia, il sogno e anche l’esperienza che aiuta a
crescere. Sì, per Sofia i libri non erano meri strumenti di
lettura, bensì un mondo apparentemente lontano da quello
reale, ma che permetteva al lettore di crescere, maturare e comprendere
pienamente la propria vita. Spesso si ritrovava nei personaggi delle
storie, e alcune frasi sembravano essere direttamente rivolte a lei,
come se l’autore – non importa se ormai morto e mai
incontrato – si stesse riferendo proprio a lei, ai suoi
problemi, alle sue domande.
Sospirò
e poi tornò a guardare fuori dalla finestra. Un refolo
d’aria s’insinuò indiscreto sotto il
maglione verde, sfiorando la sua pelle e facendola rabbrividire, eppure
non osò chiuderla del tutto. Era come se ci fosse qualcosa a
impedirglielo, un ostacolo nascosto che non riusciva a vedere
né a oltrepassare.
Una forza invisibile
le impediva di agire, come una metafora di ciò che il suo
cuore stava affrontando.
«Eccomi
qui! Dove eravamo rimaste?» domandò Alice,
tornando al suo fianco. Sofia, prima di rispondere, seguì i
movimenti della ragazza che usciva dalla libreria, scrutò i
suoi lineamenti, il suo sorriso luminoso e quegli occhi grandi, dietro
un paio di occhiali da vista, che sembravano già sognare
chissà quale mondo in cui si sarebbe immersa a breve.
Sorrise al pensiero, e poi la vide oltrepassare la porta e disperdersi
nella nebbia.
«Pronto?
Sofia ci sei? Yuhuu?»
Alice
iniziò a sventolare una mano dinanzi agli occhi
dell’amica, richiamandola verso di lei, volendo avere la
dovuta attenzione.
«Sì?»
domandò Sofia, facendo sbuffare con impazienza Alice.
«A
volte mi chiedo come fai a sparire così facilmente nei tuoi
pensieri, estraniandoti dalla realtà». Scosse il
capo più volte, mentre Sofia la guardava con un sorriso
divertito, come se le parole e le espressioni dell’amica le
donassero un’incontenibile allegria. «Comunque
stavamo parlando di Massimiliano» continuò, e
Sofia avvertì una nuova stilettata al cuore, al solo udire
quel nome. «È venuta l’ora di
dimenticarlo, basta, niente più Massimiliano nella tua vita.
Lui ha preso la sua strada e tu la tua. Siamo venute via dalla nostra
bella Italia e tantissime miglia ci separano da lui. È il
momento di tornare a vivere. E poi, diciamolo, anche se
all’apparenza sembravate una bellissima coppia, e anche
Andrea ed io lo pensavamo, analizzando i fatti in maniera
più giudiziosa e obiettiva, eravate anche incompatibili
riguardo ai vostri interessi. Lui innamorato perso della politica,
dello sport, e tu? Il tuo cuore è sempre stato distante da
quel mondo e, anche se in ogni storia si dovrebbe cercare di unire i
propri interessi o comunque di accettarli, è logico che a
lungo andare non rimanevano troppi argomenti di discussione».
Alice
era proprio la voce della sua coscienza, che a lungo aveva cercato di
assopire, pensò Sofia e la guardò mentre
sventolava le mani, unendo i gesti al fiume di parole che riversava.
Adorava l’amica, perché era sempre esplicita,
senza sotterfugi, e anche se a volte mancava di un poco di delicatezza,
non lo faceva mai per pura cattiveria. Non c’erano mai state
grandi invidie tra di loro, ma sola ammirazione, perlomeno da parte
sua. Sì, ammirava quell’amica alta e bionda,
formosa e bella, che con un solo sorriso disarmava anche il
più freddo degli uomini; quell’amica forte e
sicura di sé, che cercava sempre di raggiungere i suoi
obiettivi, senza soccombere alle sue paure – come lei
– e che, in fondo al cuore, aveva un animo assai puro e una
dolcezza che non poteva far scomparire tanto facilmente. Alice era
così e avrebbe voluto averla al suo fianco per sempre.
«Di
nuovo persa nel tuo mondo. Insomma!» esclamò,
sbalordita Alice, e per un attimo sembrava anche un poco irritata.
«Oh,
no, scusami davvero. Ti stavo realmente ascoltando e credo che tu abbia
ragione. Eppure, anche se siamo così distanti, una parte di
me teme o forse spera che torni ancora. È un pensiero che
non so spegnere, una finestra che non so
chiudere…».
Dicendo
ciò, il suo sguardo scivolò di nuovo sulla
finestra socchiusa, su quegli spifferi d’aria che,
incessantemente, continuavano a entrare e sfiorare il suo corpo,
facendola rabbrividire. Anche Alice seguì il suo sguardo,
comprese le sue parole e i suoi pensieri, e fissando il vuoto
affermò, con voce pacata:
«Le finestre siamo noi a
chiuderle male, le lasciamo mezze aperte quando aspettiamo il ritorno
di qualcuno…».
Sbatté
le palpebre, come se non comprendesse di essere stata realmente lei a
proferire tali parole. Sofia la guardò, inclinando appena il
capo di lato. Erano parole che sembravano perfette per quella
moltitudine di sentimenti che affollavano il suo cuore e il caos
incessante dei suoi pensieri. Alice aveva ragione. Era solo colpa sua
se non riusciva ad andare avanti, perché non aveva il
coraggio di chiudere bene quella dannata finestra, di porre fine a
un’interminabile attesa che non avrebbe mai riportato
Massimiliano nella sua vita. E se anche fosse tornato, come del resto
aveva detto lui, che motivo aveva di riprendere da capo la loro
relazione? Si sarebbe mai fidata davvero di lui dopo un simile
atteggiamento? Avrebbero risolto i loro problemi?
Forse tra qualche mese o anno ci
ritroveremo, le aveva detto, alimentando così
una fragile speranza che combaciava con il suo forte amore, ma cozzava
con prepotenza con il dolore, la delusione, l’essere stata
abbandonata da una persona che aveva giurato di amarla e con la quale
aveva iniziato a fare progetti per un possibile futuro insieme.
Quelle
parole erano un gelido refolo di vento che s’insinuava con
prepotenza da quella finestra lasciata socchiusa da lei stessa.
«Devo
averle lette in qualche libro, forse» mormorò
Alice e poi soggiunse «comunque sta a te fare una scelta,
Sofia. Chiudere per sempre con un passato che non può
tornare, o struggerti con pensieri che possono solo ferire, o tornare
da chi ti ha usata come un semplice giocattolino per poi
abbandonarti».
I
suoi occhi chiari fissarono quelli nocciola dell’amica, con
serietà e determinazione. Sofia vi lesse tutta la sofferenza
che il suo dolore causava anche nell’altra, il suo vero
affetto nei suoi riguardi, la volontà di vederla finalmente
reagire e tornare a vivere, a essere quella ragazza piena di sogni e
d’amore di un tempo.
Non
riuscì, però, a dire nulla e fu ancora una volta
Alice a parlare:
«Siamo
nella città di Shakespeare, ora. Stratford-upon-Avon si
estende intorno a noi ed è la nuova casa. Ricordi? Era il
nostro sogno venire qua, io, tu e quel matto di Andrea e ce
l’abbiamo fatta. Goditi il nostro sogno realizzato, e
affidati al grande Bardo inglese, chissà che non ti faccia
comprendere davvero qualcosa».
Le
strinse le mani per qualche secondo, poi si avvicinò al
bancone principale della libreria e posò sulla superficie un
libro. Si voltò momentaneamente verso Sofia e poi si
allontanò, andando a controllare se qualche cliente avesse
bisogno del suo aiuto o valido consiglio.
Sofia
rimase sola a vagliare il loro discorso, i suoi problemi, gli ansiti
del suo cuore, ma ben presto fu come richiamata dal libro che
l’amica aveva lasciato sul bancone. Si avvicinò di
qualche passo e notò grandi lettere dorate sulla copertina,
che tracciavano un nome conosciuto, proprio del suo scrittore
preferito, il Bardo inglese che, pocanzi, aveva citato la sua
più cara amica: Otello, una delle sue opere preferite.
Sofia
lo prese tra le mani, con cura. Aspirò il profumo della
carta, le emozioni indescrivibili che anche quel momento un libro
poteva donarle, e poi iniziò a sfogliare velocemente le
pagine, bloccandosi su un particolare che le saltò
all’occhio. Alcune frasi erano state sottolineate con un
leggero tratto di matita, era appena percettibile, e anche se la cosa
la turbava sempre – poiché per lei era errato
macchiare le pagine di un libro in quel modo –
iniziò a leggerle mentalmente, nel più completo
silenzio.
“Quando
non c'è più rimedio è inutile
addolorarsi, perché si vede ormai il peggio che prima era
attaccato alla speranza.
Piangere sopra un
male passato è il mezzo più sicuro per attirarsi
nuovi mali.
Quando la fortuna
toglie ciò che non può essere conservato, bisogna
avere pazienza: essa muta in burla la sua offesa.
Il derubato che
sorride, ruba qualcosa al ladro, ma chi piange per un dolore vano, ruba
qualcosa a se stesso.”
Sofia
ne restò vivamente turbata, e lesse più volte
quelle parole del Doge, nella terza scena del primo atto. Era come se
Shakespeare alleviasse il suo cuore, ancora una volta le sue parole si
dimostravano sagge, e Alice era stata il tramite per raggiungere quella
nuova consapevolezza.
Si
fermò a ragionare su quel testo, su quanto fosse affine al
suo stato d’animo. Erano mesi che piangeva su un male
passato, erano mesi che il suo cuore non guariva, e che si era persa in
una realtà dove non comprendeva il suo ruolo. Da quando
Massimiliano era sparito dalla sua vita, senza lasciare più
traccia, aveva attraversato una serie di momenti: delusione, rabbia,
lacrime e incapacità di comprensione. C’era poi
stato un senso di odio, forse non reale ma dettato dalle emozioni che
la invadevano. C’erano stati sorrisi e una volontà
di fregarsene di lui e far qualcosa per se stessa. Si era buttata,
realizzando un sogno che coltivava da una vita, aveva ritrovato dei
momenti in cui era riuscita a ridere di cuore, e l’oscuro
passato era per un attimo svanito dalla sua mente, per poi tornare a
gravare come un pesante macigno sul suo cuore. Alla fine, aveva
compreso che non era per nulla guarita, anzi, non riusciva a
comprendere chi realmente fosse e cosa volesse. Doveva ricostruire da
capo i suoi sogni, doveva affrontare una nuova paura che la spingeva a
non volersi più gettare tra le braccia
dell’illusorio amore che ammaliava tutte le opere del suo
più amato autore, e si sentiva vuota e persa.
Tuttavia
la realtà era un’altra. Sofia non era sola. Aveva
amici, che le erano stati continuamente vicini, aveva nuovi sogni da
realizzare, e forse con il tempo e un poco di perseveranza avrebbe
lenito ogni dolore, fino a riuscire di nuovo a credere in quel forte
sentimento che spesso, negli ultimi mesi, si era ritrovata a
sbeffeggiare, in cui non riusciva più a credere realmente.
Continuare
a piangere su un male passato, l’avrebbe realmente portata a
subire altri dolori, e avrebbe rubato qualcosa a se stessa: la
capacità di gioire delle piccole cose che la vita poteva
ancora donarle, di realizzare i suoi sogni, di trovare un nuovo
importante amore che forse avrebbe guarito del tutto le ferite del suo
cuore, e l’avrebbe portata di nuovo a gridare al mondo quanto
fosse bello l’amore, il vero amore.
Sofia
chiuse il libro e lo posò di nuovo sul bancone.
Sfiorò la copertina, come una leggera carezza, e
ringraziò in silenzio il suo adorato Bardo. I suoi occhi
vagarono per tutta la libreria, incontrò quelli
dell’amica e si ritrovò a sorridere, una
serenità nuova che sorgeva dagli occhi e le illuminava il
volto.
Una
nuova sferzata di aria gelida le sfiorò il viso, ma non
faceva più male. Trasse un profondo respiro e, colta da una
nuova determinazione, chiuse la finestra, lasciando fuori il gelo e il
passato.
Proprio
in quel momento si aprì il portone principale e, quasi a
dimostrare quanto fosse veritiero il detto “chiusa una
porta” – o forse nel suo caso, una finestra
– “si apre un portone”, entrò
un uomo di una discreta bellezza: alto e moro, e quando Sofia
incrociò il suo sguardo, si perse nel mare più
profondo.
Da
quel momento doveva iniziare una nuova vita per lei. Non ci sarebbe
stato più nessun Massimiliano e avrebbe ritrovato se stessa.
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Questa storia ha partecipato al contest "Leggere, come io l'intendo" di
Emma Bennet, classificandosi 4°! Vi lascio il suo giudizio! E
la ringrazio profondamente!
4°
classificato: La finestra socchiusa, di Piccolo Fiore del Deserto
(_PiccoloFiore_). Piccole Donne, Louisa May Alcott
-
Grammatica: 10/10
Non
credo ci sia molto da dire, fondamentalmente non ho trovato nessun
errore dal punto di vista grammaticale, complimenti XD
-
Lessico e stile: 9.5/10
Anche
per quanto riguarda il lessico e lo stile da te utilizzati non ho molti
commenti da fare, visto che ho trovato il lessico - nè
troppo aulico, nè troppo basso - perfettamente adeguato al
contesto, e il tuo stile è, in sintesi, senza dubbio
efficace. L'unico appunto che vorrei farti è di fare
attenzione ai periodi, a volte troppo lunghi e contorti, altre troppo
brevi, composti anche solo da un'unica frase: magari cerca di essere
più 'equilibrata' ^^
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Contenuti: 7.5/10
Un
punteggio più basso per quanto riguarda la trama da te
sviluppata, visto che - purtroppo - non brilla per
originalità, anzi: la ragazza dal cuore spezzato, che
è stata usata e poi lasciata, è un canovaccio
abbastanza trito e ritrito, e diciamo che non ho trovato elementi di
innovazione che potessero distinguere la storia.
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Utilizzo della canzone o della citazione: 9/10
La
citazione che hai utilizzato è perfetta per la storia da te
raccontata e vi si adatta alla perfezione; purtroppo non posso darti il
punteggio pieno visto che, all'inizio, ne hai utilizzato un'altra non
presente nel pacchetto >.<
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Utilizzo dei prompt: 3/3
Qui,
invece, ti meriti il punteggio pieno visto l'adeguato utilizzo di tutti
e tre i prompt ^^
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Gradimento personale: 8.5/10
La
storia non sarà originalissima, come ho già detto
prima, è vero, ma io l'ho apprezzata indubbiamente. Mi
è piaciuto molto come hai caratterizzato la protagonista, e
in particolare mi ha colpito anche Alice, che è evidente
come sia dotata di un bel caratterino ^^
Essendo
un argomento trattato più volte, ho dovuto penalizzarti per
quanto riguarda i contenuti, ma per quanto riguarda il gradimento
personale non ho nulla da contestare: mi sono sentita molto vicina a
Sofia, sei riuscita a scrivere una storia e a inventare un personaggio
in cui è facile rivedersi, perché d'altronde chi
è che non ha sofferto per amore almeno una volta? Ti faccio
i miei complimenti per l'empatia di cui devi essere dotata :)
Unico
appunto per cui ti ho abbassato un pochino il punteggio
perché non mi ha convinto del tutto: perché i
protagonisti - che vivono in Inghilterra - hanno nomi italiani? Sono
emigrati? Si sono trasferiti lì? O li hai scelti a caso
semplicemente? Questa è l'unica nota un po' stonata ^^''
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Totale: 47.5/53
So
perfettamente che l'originalità non è un punto
forte di questa storia, anzi affronta un argomento trito e ritrito,
eppure quando ho letto quella frase e quando ho scritto questo breve
racconto, è emerso ciò, anche a causa dei
sentimenti che provavo in quel momento.
Voglio
aggiungere solamente che si tratta di un estratto di una Long che ho
intenzione di scrivere appena possibile, e che Sofia e Alice sono
italianissime, ecco perché, nonostante si trovino in
Inghilterra hanno nomi italiani!
Spero
che vi possa piacere, nonostante pecchi di originalità :)
Ah,
non l'ho riletta, ho deciso di lasciarla così come
è stata valutata!
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