I Mille Volti di Horace Lumacorno

di AntonioR
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CAPITOLO 1 Una mano grossa e tozza ne strinse una magra e da lunghe dita bianche. La prima, però, sfuggì immediatamente alla presa della seconda. - Piacere, Horace Lumacorno.- Annuì un uomo giovane e baldo con un sorrisetto lezioso e una grossa pacca sulla spalla dell’uomo davanti a lui. Quest’ultimo s’inchinò con garbo. - Albus Silente.- - Silente eh?- Sbottò Lumacorno con la vivacità di un giovane. – Strano nome…- - Non lo dica a me.- Ribatté pacato il mago. Non poteva esserci differenza maggiore fra i due neo colleghi; il primo alto e magro, dai capelli corti di un rosso intenso e una barba da poco spuntata che copriva il colletto del delicato abito di seta. Il secondo, basso tozzo e grasso esibiva una capigliatura ribelle e di un biondo intenso, una giacca di velluto nero da camera e frugava in una scatola di ananas canditi. Lumacorno stava per cambiare argomento quando il volto di Silente di trasfigurò: la sua aria pacata divenne mostruosa, il bianco del volto sommerse il naturale color carne della pelle di Silente, le pupille si strinsero come le narici, il volto si appiattì in un inconfondibile conformazione da serpente. Il colore delle vesti sfumò. Horace Lumacorno fece un salto, indietreggiando il più possibile da Lord Voldemort. La scatola di ananas andati cadde rivelando il contenuto per il pavimento e spargendo zucchero ovunque. Poi una luce vede un lampo intenso e tutto divenne doloroso e fugace… il grido di una donna lacerò l’aria… Lumacorno cadde dal letto e batté forte la testa contro un robusto comò di legno, imprecando. Massaggiandosi la fronte afferrò la bacchetta e compì un elegante movimento che fece svanire il dolore e ridurre di parecchio il bernoccolo. Quel sogno continuava a tormentarlo, gia da prima che Harry Potter sconfiggesse l’Oscuro Signore per la seconda volta. Irritato, ancora una volta, Horace afferrò il pensatoio da dietro un’anta dell’armadio. Fra i testamentari degli ultimi lasciti di Albus Silente figurava anche Horace Lumacorno, al quale era stato riservato il Pensatoio del vecchio mago, prudentemente svuotato dei suoi ricordi. Scuotendo la testa, ancora mezzo addormentato, il mago avvicinò la punta della bacchetta alla tempia e ne sfilò un filo denso di luce perlacea, scintillante, vivida ma opaca, come un flotto di luce liquida. Lo strano materiale si depositò sul pelo della sostanza argentea che riempiva il Pensatoio, e girando su sé stesso, formò l’immagine di un Albus Silente che si tramutava in Lord Voldemort. Conscio che i suoi sforzi sarebbero stati inutili, Horace, rimise apposto il recipiente ricoperto di simboli runici e, borbottando, si vestì in fretta. - Buongiorno Horace!- Squittì il piccolo professor Filius Vitious mentre il corpulento insegnate di pozioni e capo della casa Serpeverde prendeva posto accanto al trono del Preside, occupato a conversare con la professoressa Sprite. Al completo silenzio di Horace Lumacorno di fronte al saluto entusiastico di Vitious, la professoressa McGranitt spalancò la bocca, stupefatta ma non indagò oltre. Senza ascoltare il consueto vociferare degli studenti, Lumacorno inghiottiva pezzi di cibo senza nemmeno sapere cosa infilava in bocca, ma la sua mente galoppava selvaggia: doveva fare qualcosa. Fu così che quella sera decise di andare dalla professoressa Cooman, che essendo l’insegnante di Divinazione avrebbe di certo in qualche modo, potuto aiutarlo. Sperando con tutto il cuore in una delucidazione chiara e semplice che l’avrebbe riscosso da quella lunga catena di anni bui e disastrosi, Horace bussò con le nocche sulla targa d’ottone della botola della professoressa Sibilla Cooman, la cui voce veleggiò in un denso e opalescente “Avanti!” Con una trepidazione che non aveva mai dimostrato, Horace entrò. CONTINUA...




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