Alla fine tutti trovano la morte.
Che sia attraverso un nostro volere, o quello di un
altro…Non ha importanza.
L’oblio tocca a tutti, prima o poi. Nessuno sfugge al suo
incanto.
Possiamo raggirarlo, ingannarlo, ma ciò non serve a niente.
Perché niente può salvarci, se di salvezza si
tratta.
La nostra vita, la nostra inutile vita... È già
scritta, a
noi spetta solo il gravoso compito di attraversare la strada che ci
è stata
tracciata.
Nient’altro.
Pedine di un gioco onnipotente, viviamo finché possiamo.
Ma voi, esseri di sangue…No.
Voi avete il dono e la dannazione di un’esistenza eterna.
Eterna come lo è la conoscenza, e la morte.
Voi
che siete principi delle tenebre,
Voi che siete morti e poi rinati in sembianze perfette,
Voi che suggete un nettare rosso, rosso come la
disperazione,
Attendete inesorabili una fine che mai vi sarà
concessa…
E
la morte per voi non è che illusione…
Un fatato e tenebroso tocco marmoreo come lo è la vostra
pelle,
Un attimo eterno ed effimero,
Una candida farfalla di neve, innocente, pura,
Dispersa in un mondo che non la merita…
In fondo…I vampiri non sono che questo.
Esseri senza colpa, se non quella di una dannazione
inesorabile…
Ecco
perché la Dea della Morte non osa sfiorarvi….
Poche sono le volte in cui vi ha toccato, con quella sua
mano materna,
Poche sono le volte in cui vi ha tenuto stretti in
quell’abbraccio che sa di zucchero e riposo…
- È vero che
siete immortali?- chiedo, con la mia
espressione ingenua da ragazzina di a malapena sedici anni. Lui mi
è accanto, impossibile
da descrivere.
Come non si
può descrivere la bellezza di un soffio
d’aria, la dolcezza di una marea, il piacevole tepore di una
vampa scarlatta.
In confronto io mi sento
una bambola distrutta, sfregiata.
La lunga cicatrice che mi ha rovinata per sempre è ben
visibile sulla guancia
sinistra.
Ora sembra sbiadita, ma
il dolore che porta dietro è
immenso.
- Non esattamente,
White…- mi risponde lui, con la sua
voce che sa di miele e velluto.
Una creatura senza anima
non può avere una simile voce…
White. Inoltre non
capisco perché si ostini a chiamarmi
così. Bianca.
Continua a definirmi una
fanciulla senza macchia, limpida
e pura.
Troppo limpida e pura.
Vorrei che mi sfiorasse,
ma non è possibile.
Sono solo una semplice e
fragile umana.
Lui non osa nemmeno
starmi vicino, ecco perché fra noi c’è
una distanza di due metri.
Sa che se il suo istinto
potrebbe uccidermi, come semplice
carne da divorare.
Ma io lo desidero lo
stesso… nonostante non possa averlo,
lasciatemi almeno sognare.
Un sogno che mai si
realizzerà, penso con amarezza.
- White, lo so.
– esclama lui, rispondendo al mio
pensiero.
Io sbuffo, scocciata.
– Un po’ di privacy?-
Il mio peccato sorride.
– Non ci riesco, è più forte di
me. Amo le tue idee e ti conosco fin troppo per sapere che mai me le
rivelerai,
se non in questa maniera. Dico bene?- Mi guarda con quegli blu mare,
così
affascinanti e densi di tenebrosa magia che nessuna dama di corte
potrebbe
resistergli.
Avvampo e rimango in
silenzio. Dopodiché faccio finta di
tossire e riprendo il discorso cominciato prima. – In che
senso “non
esattamente”?-
- In un unico senso.
– mi dice – Lo siamo solo se nessun
altro ci disturba, capisci? Immortali finché il destino non
ci fa scontrare con
un nemico. Ma credimi se ti dico che la vita eterna non è un
divertimento. Per
niente. Preferirei mille volte essere un comune mortale, e magari fare
il
giullare. – Ride di quella buffa idea, poi continua a
guardarmi.
Sembra voglia scrutarmi
fino in fondo, scavare dentro la
mia perduta anima, e…Non lo so.
So solo che ti amo, Dave
Christian Lascaris. Di un amore
puro, scoperto da poco, e ti vorrei donare il mio cuore su un piatto
d’argento,
sopra ad un velo ricamato e color del sangue.
Ma non posso nulla. Non
mi è permesso.
Chino il capo e sospiro.
In cortile
l’assoluto silenzio. Solo qualche volta sento
abbaiare i cani, ed allora sussulto all’improvviso.
Senza accorgermene
comincio a piangere. Lacrima su
lacrima. Solcano il mio viso, bagnano la ferita di un tempo e scivolano
giù per
poi cadere sulla mia sopravveste di lino e cotone.
Mi sfugge un singhiozzo,
ne segue un altro…E un altro, un
altro, un altro, ed un altro ancora…
Dave si acciglia e mi
osserva distante. – White?-
Può leggermi
la mente, ma non sa cosa provo…Se non fosse
drammatico, lo definirei comico…
Così taccio,
mentre lui è ignaro del mio dolore.
I
figli della notte sono
capaci di amare.
Amano come solo loro sanno
fare, mietendo le loro vittime con grazia e passione.
Ma è davvero questo il
loro amore?
No. Poiché quando lo trovano
realmente, la loro esistenza cambia….
Vita e morte si mischiano
in una danza di ghiaccio e fuoco, e nulla ha ormai più
importanza.
-
Non chiamarmi White!- grido, disperata. – Non sono pura,
non sono quella che tu credi io sia! Non mi capisci! Non puoi!-
Dicendo queste parole,
così ad un tratto, lo ferisco. Lo
so.
Ma è
purtroppo giunto il momento delle verità ed io ho
troppa paura di affrontarle.
Preferisco le menzogne,
gli inganni, la falsità…Tutto
questo serve a crearmi un mondo ovattato tutto mio, dove i sogni
possono avere
concretezza.
- Vattene!- sibilo poi.
È strano che
una chiacchierata fra me e lui finisca in
questo modo, ma non ho altre scelte.
Avevamo cominciato bene
la mattinata, non posso negarlo.
Ma dopo i miei
improvvisi vaneggiamenti, mi sento pesante,
come se la vita volesse schiacciarmi e rinfacciarmi spietata un amore
proibito.
Dave si alza e
si
mostra in tutta la sua dolorosa fierezza. – Non ne capisco il
motivo,
Charlotte. Ma se è ciò che vuoi, sarà
ciò che riceverai. Addio. – dice, ma non
sembra intenzionato di andarsene.
Così stringo
forte i pugni e finalmente riesco a fermare
le lacrime. Alzo lo sguardo e lo fisso da seduta. In confronto sono una
bambina, ma non importa.
Dave, il Vampiro,
l’Ammaliatore di Inghilterra, il
Conte…Deve andarsene. Per sempre.
Se lui dovesse rimanere,
mi sentirei intrappolata in una
prigione che sa di amaro, e solitudine…
In una bolla di
cristallo e foglie ingiallite, che
ricordano l’autunno passato.
In una bara di marmo,
pesante e bianca come lo è la tua
pelle, mia dannazione mortale.
Dave non parla, anche
lui si alza e si volta, dandomi le
spalle.
Prima che lui scompaia,
credo di sentire un altro “addio”
sussurrato. L’ultimo saluto.
- Stupido!- grido
allora. Non mi ha chiesto nemmeno spiegazioni,
ha accettato senza replicare!
Ma come criticarlo? Il
mio sguardo parlava da solo…
In quel momento sono
morta.
Perdere
il proprio amore è
come perdere la propria vita.
Nient’altro.
E lo si capisce solo
quando tutto intorno a te è avvolto dalle tenebre, mancano i
colori che ami e
vedi solo lacrime e volti rovinati dalla guerra…E da tale
sentimento.
Il tuo è fra questi.
Sfregiato da cicatrici
invisibili, ogni singhiozzo è un nuovo dolore che ti
rammenterà che la morte è
dietro di te.
Ti aspetta. E ti avrà.
Incatenata a terra da
fili e corde di sofferenza, piango
senza ritegno.
Non mi importa di
ciò che le altre dame dicono di me,
vedendomi là stesa in cortile. Da tempo mi considerano solo
una sguattera, e se
non fosse stato per Dave forse mi avrebbero pure picchiata a sangue,
giorno
dopo giorno, per sentirsi forti e potenti…Cosa che non
possono essere con gli
uomini.
Per questo si
divertivano a torturarmi, a vedere il mio
sangue che inevitabilmente scorreva giù dalle gote, come
calde lacrime di
tragedia e agonia.
Regine di un mondo
frammentato, ridono della sofferenza
altrui e infieriscono ogni volta che possono. Sirene della Mitologia
greca,
ammalianti e fatali.
Ma ora non osano
avvicinarsi, usano le parole per ferirmi.
Eppure io non sento. Non
voglio, non posso.
Ognuno di noi ha delle
ali, piccole o grandi non ha importanza.
Quello che conta è saperle
spiegare alla libertà.
Inutile avere ali
colorate, morbide e vellutate quando sei incapace di volare.
E durante il giorno del
giudizio ne avrai conferma.
Nonostante non riesca a
reggermi in piedi,
Nonostante il mio
respiro sia smorzato, flebile, solo un
sussurro di bambola rotta,
Mi rialzo con un fiero
sguardo, che rivela tutto.
Lo sguardo di chi
soffre. Lo sguardo di chi sa cosa fare
per lenire tale sofferenza.
A passo veloce mi dirigo
fuori dal cortile, supero i
porticati, il cancello.
Libera.
Dietro di me il palazzo,
davanti a me la foresta.
Io amo le selve, anche
se tutti credono che siano i rifugi del demonio e per questo
nessuno ha il
coraggio di avvicinarsi.
Comincio a correre.
La vita non è
che una
corsa.
Nessuno ha mai abbastanza
tempo per nulla.
Ogni giorno credi di
vivere, ma in fondo conosci già la verità.
Questa non è vita. Non
quella vera.
Quindi impara a non avere
fretta. Calmo, vinci le tue paure.
Trionfa sui tuoi sogni.
E ascolta il canto che per
te hanno composto. Il canto di una Dea.
Arrivo di fronte ad una
grotta.
Una specie di grossa
nicchia scavata in una grande roccia.
Semplice, ma particolare.
Più di una
volta l’ ho ammirata, riflettendo sui suoi
simboli mistici.
Alla fine ho capito che
mi sarebbe servito per una cosa.
Una sola cosa.
E il giorno è
arrivato.
Voglio morire, voglio
morire là dentro.
Fra anime di sangue,
giullari ridenti e spiriti consacrati
alla Dea.
Ciò che
voglio è perdere conoscenza, buttarmi fra le
braccia dell’oblio e dimenticarti, Dave…
Eppure condividiamo una
stessa pena… forse quando anche tu
morrai, ci ritroveremo.
Per colpa mia. Per colpa
tua.
I
principi della notte stanno
danzando. Le loro vesti sono scure, ma spiccano in tutta la loro
tenebra che sa
di luce, splendore. Sfarzo dopo sfarzo.
Maschere sgargianti
coprono il loro sguardo di ghiaccio e sensuale come la morte, coprono
gli occhi
e l’anima. Poiché i vampiri temono la rivelazione
del proprio essere.
E da sempre hanno temuto
l’eternità.
Con un passo da oscura ballerina, finisco dentro la
nicchia.
È fredda, troppo fredda. Vorrei uscirne subito, ma mi
impongo di restare.
Pian piano chiudo gli occhi, e tutto è buio.
Smarrisco la memoria.
E come per magia…La grotta cambia dimensione, fino ad
essere apposta per me.
Pare diventi una cella di cristallo. E io ci sono dentro.
Lentamente…Molto lentamente…Sento le forze
venirmi a meno,
e vorrei cadere.
Ma non posso, la posizione e dimensione della gabbia non
me lo permettono.
Tutto ad un tratto il profumo di miele e latte penetra le
mie narici.
Cos’è?
Non lo so. La pace?
Sì, deve essere così. Cos’altro
altrimenti?
Morte. Dolce morte.
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Pochi
giorni dopo sulla
prigione di cristallo, contenente il corpo di un esile fanciulla dai
capelli
ramati, ecco una rosa nera e un giglio bianco.
Due colori così contrastanti,
ma anche così terribilmente simili.
Incatenati fra loro da una
corda di spine e delicati petali rossi.
E sotto i fiori, un
biglietto:
La
Luna e il Sole
sono imparagonabili
A te che sei
Vera luce.
Splendore delle
ere,
Pura
E meravigliosa
creatura
Hai finalmente
spiccato il volo
Ti aspettavi
dolore, ma invece
Hai trovato il
riposo in un universo amaro.
Ma non ho nemmeno
avuto una tua spiegazione,
avrei almeno voluto
sapere i motivi
del tuo improvviso
odio verso
di me.
Ma forse credo di
saperli…
Tu mi hai amato,
Io non ho potuto.
Addio, White.
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