Quella mattina mi sveglio così, di getto, la testa che gira come una
ruota panoramica. Intorno a me solo la debole luce del mattino. Dovevano essere
le sette del mattino. E’ proprio questo sottile getto di chiarore nella stanza
buia che mi rivela la presenza di qualcuno accanto a me. Lo osservo curiosa. Ho
la bocca impastata di alcool, e non ricordo nulla della sera precedente, tranne
qualche vago ricordo che galleggia come una nuvola nella mia testa.
I capelli neri come la pece gli ricadono sul viso pallido e bellissimo,
dal naso perfettamente dritto e le labbra carnose, di quelle che ti verrebbe
voglia di baciarle appena le vedi. E’ proprio questo il mio impulso, in questo
momento. Baciarlo. Ma chi, poi? Un perfetto sconosciuto.
Ad un tratto ho un brivido. Mi tiro le gambe fino al mento e mi accorgo
di essere completamente nuda, spoglia, senza niente che copra le mie nudità.
Brutto segno. Mi rannicchio e continuo a fissare il tipo davanti a me, finché
non si sveglia.
Sono immersa in quell’oceano profondo che vive nei suoi occhi. Non so per
quanto tempo restiamo così ma, dopo un suo sorriso sghembo, so solo che i
secondi passano, così come i minuti e i centimetri che dividono i nostri visi,
finché finalmente bacio quelle labbra così morbide e calde.
Improvvisamente la nebbia che mi inondava la mente si dissolve. Inizio a
ricordarmi tutto quello che ha preceduto quest’attimo. Mi tocco le labbra, lo
guardo, e gli occhi mi si riempiono di lacrime.
E lui sorride, come al solito, sadico e stronzo com’è solo
lui.
-Bastardo…- gli sussurro. Sento la sua mano accarezzarmi una coscia, e un
brivido mi percorre la schiena, contro la mia volontà. Maledetto cervello,
perché risponde ad ogni sensazione che provo?
Poso la mia mano sulla sua, e per un attimo sul suo volto compare un
largo sorriso di vittoria, ma muta subito quando sente il dolore che con le dita
gli sto procurando tirandogli la pelle. Ma non emette nessun grido di dolore.
No, i ragazzi sono forti, mai che gridassero per qualcosa del genere.
Mi alzo immediatamente da quelle lenzuola bianche, completamente
sgualcite e per niente in ordine, raggruppate solo fra le sue gambe, nascondendo
le sue nudità. Mi rivesto con velocità sovraumana, senza notare che anche lui si
è alzato e sta indossando un paio di boxer neri. Ci guardiamo per una decina di
secondi, e vedendo soltanto il sorriso sulle sue labbra gli dico:
-Vaffanculo, Jared- Vaffanculo a te, a tutto il mondo e a chi ha
inventato l’alcool. Avevo giurato a me stessa che non sarei mai più stata sua,
no dopo tutto quello che mi aveva fatto.
-Perché?- gli chiedo, supplicante, cercando di non far filtrare il mio
dolore fra le parole. Missione fallita.
Lo vedo alzare le spalle e sorridere. Neanche una parola esce dalle sue
bellissime labbra; Dio quante volte le ho baciate, con passione, dolcezza…E le
ho anche odiate, oh si, quanto le ho odiate, soprattutto quando si allargavano
in un sorriso seducente, proprio come quello che mi ritrovo davanti in questo
momento.
In boxer mi si avvicina e io rimango immobile. Diavolo, perché il corpo
non mi risponde? Perché i suoi occhi azzurri hanno la capacità di ipnotizzarmi
in quel modo?
Intanto il mio respiro si sta facendo irregolare, mentre i secondi
passano come se fossero ore. Quando finalmente è a un centimetro da me, io
chiudo gli occhi, per non guardare ciò che sta per succedere. Ma non succede.
Apro lentamente le palpebre e lo vedo trattenere le risate, con un paio di slip
neri in mano.
-Li hai scordati a casa mia, l’altra notte- con le guance rosse, sia per
la rabbia che per l’imbarazzo, le afferrai e me ne andai sbattendo la
porta.
Appena fuori da quella casa che ormai conosco a memoria mi prendo la
testa fra le mani, piena di dolore.
Perché mi fai questo? Perché ti ostini a farmi star male? Perché sei così
stramaledettamente stronzo?
Potresti dirmi che è finita, che tra noi non c’è niente, e invece no,
continui a portarmi a letto, sapendo benissimo che non so resisterti. Sei
perfettamente consapevole che io ti amo, lo hai sempre saputo, fin da quando ci
siamo conosciuti, e tu hai sempre usato il mio amore come uno straccio con il
quale si lava il cesso.
Questo non è l’amore che immaginavo, non lo è più. Ora basta, signor
Leto. Sono stufa di soffrire per colpa tua. Vaffanculo saranno le uniche parole
che mi sentirai dire.
D’ora in avanti avrò un'unica e sola frase in mente.
Io non credo più all’amore.