La fanciulla e lo straniero

di Cassandra caligaria
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EPILOGO

 




 

Campi, 24 giugno 1970

“Edward, vieni qui! Vieni a vedere!”
“Cosa hai trovato?”
“I diari della nonna, guarda: sono tantissimi. Ha iniziato a scriverli quando aveva tredici anni…”
“Bella? Questo cos’è? ‘La fanciulla e lo straniero, storia di un amore’… c’è una dedica per te”
Presi il foglio dalle mani di mio marito e con voce tremula iniziai a leggere:

“Mia adorata Isabella,
se starai leggendo questa lettera, vorrà dire che avrai trovato il mio manoscritto e io non ci sarò più.
Non ho scritto un testamento, perché non avevo più niente da lasciare in questo mondo: tutto quello che possedevo era il mio amore per voi e credo – spero - di essere stata in grado di donarvelo.
Non so se questi luoghi, che mi hanno vista arrivare trentenne e andarmene via quasi novantenne, avranno memoria di me. Chi lo sa, se fra vent’anni, si parlerà ancora dell’argentina, la figlia di Carletto il pezzente, che aveva sposato un americano bello come il sole ed era arrivata in Puglia con due bambini che non capivano una parola del dialetto locale.
Ho un unico desiderio: quello di rivederti un' ultima volta, prima di partire per l’ultimo viaggio. E, magari, vedere i fuochi della notte di san Giovanni. Voglio salutare la mia casa; i miei figli e i miei nipoti; i campi lavorati da mio padre. Voglio sentire le canzonette che cantava mio marito di ritorno dal lavoro e guardare per un’ ultima volta il cielo stellato, che nella notte di san Giovanni è sempre più bello.
Forse i miei desideri verranno esauditi, o forse no. Questo non posso saperlo.
Spero che mi perdonerai, per quello che stai per leggere.
Da bambina, quando ti leggevo le grandi storie della letteratura, ti avevo spiegato che gli amori belli non si raccontano, si scrive solo degli amori tragici. Hai pianto per un pomeriggio intero e giurato che non avresti più voluto ascoltare niente da me! Ma il giorno dopo sei ritornata, ancora più curiosa di prima. Per quel che mi è stato possibile, ho voluto rimediare e regalarti la lettura una storia d’amore a lieto fine. Ho scritto, servendomi dei tuoi racconti e anche un po’ dei tuoi diari (spero che mi perdonerai, per questo), la storia d’amore più bella che io abbia visto e sentito nella mia vita, la tua. La vostra, anzi. Perché se quel bel giovanotto non fosse capitato dalle nostre parti, ci sarebbe stato ben poco da scrivere, tesoro.
Questo è il mio regalo per te: racconta la tua storia a te e a tuo marito, raccontatevela insieme, raccontatela ai vostri figli e fate in modo che ne avranno memoria i vostri nipoti. Noi siamo ciò che ricordiamo di essere stati. Non dimenticarlo mai.

Ti voglio tanto bene,

nonna Isabella”


“Amore, non piangere”
Solo allora mi resi conto di essere stretta tra le braccia di mio marito e di aver cominciato a versare calde lacrime sulle carte della nonna.
“Mi manca, Edward. Mi manca tantissimo” singhiozzai.
“Lo so, amore. Ma lei è ancora qui con noi. È dentro di te, è nella storia che ha scritto, è in questi luoghi, è nella piccola appena nata che porta il suo e il tuo nome. Non se n’è mai andata e non se ne andrà. Uno spirito come il suo è destinato all’eternità.”
Mi baciò la fronte e tirò fuori dalla giacca un fazzoletto con le sue iniziali ricamate di blu, con cui mi asciugò delicatamente le lacrime dal viso.


“Cosa vuoi fare con il manoscritto? Hai intenzione di pubblicarlo?” mi domandò quella sera, a letto.
“Ci ho pensato a lungo e no, non credo, almeno per ora, che lo pubblicherò. È un regalo troppo prezioso e intimo: farò esattamente quello che la nonna mi ha consigliato di fare. Lo leggeremo noi due insieme ogni sera, lo leggerò ai nostri figli e appena la piccola Isabella sarà un po’ più grande, lo leggerò anche a lei. Sarà il tesoro della nostra famiglia.”
“Sono felice della tua scelta. Che ne dici di cominciare a leggerlo da stasera?” mi domandò con un lampo di malizia negli occhi.
“Da dove vuoi cominciare, amore?” mi accoccolai sul suo petto, tenendo in mano le carte del manoscritto.
“Dall’inizio.”



Campi, 3 Agosto 1975


“Quella cerchiata di rosso sono io, Isabella. Tu ancora non ci sei, perché questa carta l’ha scritta mia nonna molto prima che tu nascessi.”
“Posso leggere io, nonna?”
“Certo, tesoro!”
La bambina, seduta sulle mie ginocchia, cominciò a leggere la scrittura tremante di mia nonna. Era la carta che aveva messo a guardia del manoscritto che conteneva la nostra storia.

“Mi sono dovuta fare questa carta, perché ho paura di non ricordare più niente, il nome dei miei figli e quello dei miei genitori.” Aveva scritto dietro la carta datata 12 gennaio 1960.


 

“Nel punto in cui termina la vecchia via Appia, antica “regina viarum”, e sorge la nuova strada che conduce al porto di Brindisi, si erge imperiosa ed austera, come il Partenone domina dall’alto dell’acropoli la città, la masseria degli Swan.”

E così, in un caldo pomeriggio d’estate, seduta sotto lo stesso portico, dove avevo trascorso i più bei pomeriggi della mia infanzia e della mia adolescenza, dove ero cresciuta, ascoltando i racconti di mia nonna, mia nipote Isabella, che aveva cinque anni e aveva imparato a leggere da qualche mese, mi raccontò la mia storia.
Una bella storia d’amore.




 


FINE











NOTE



Ve l'aspettavate un finale del genere, con tanto di manoscritto inedito scritto dalla nonna? ^_^
La piccola Isabella, ovvero Isabella III, è la figlia di Jane. Le parole che legge “Nel punto in cui termina la vecchia via Appia, antica “regina viarum”, e sorge la nuova strada che conduce al porto di Brindisi, si erge imperiosa ed austera, come il Partenone domina dall’alto dell’acropoli la città, la masseria degli Swan.” sono le parole di incipit di questa storia (CAPITOLO I)



Ho iniziato a scrivere questa storia in un momento molto doloroso e difficile della mia vita, durante l'ultimo periodo della malattia di mio nonno. Avevo bisogno di trovare qualcosa di buono in tutto quel dolore e, allora, ho deciso di servirmi dei suoi racconti d’infanzia, dei racconti sugli anni della guerra, sulle sigarette che fumava a dodici anni, nel granaio, di nascosto dai genitori, e che erano molto simili a quella che fuma Edward in uno dei primi capitoli di questa storia, perché quando c'era la guerra era difficile trovare il tabacco e ci si arrangiava con il fieno. Ho deciso di mantenere viva la sua memoria nella mia.
Ho iniziato a pubblicare la storia qualche giorno dopo la sua scomparsa, perché avevo bisogno di continuare a sentirlo vicino. Perdere mio nonno è stato un duro colpo. Anche adesso che scrivo queste parole mi è salito un groppo in gola. Nonostante siano trascorsi tre anni, la mancanza si sente sempre, anzi, si sente sempre di più. Ma più passa il tempo, più ritrovo un po' di lui in me stessa.
Voglio concludere questa storia e questa nota con le parole che recita una bravissima attrice italiana, Giovanna Mezzogiorno, alla fine di un bellissimo film, La finestra di fronte:



“Ho ancora bisogno di una tua parola, Davide, di un tuo sguardo, di un tuo gesto. Ma poi all'improvviso sento i tuoi gesti nei miei, ti riconosco nelle mie parole. Tutti quelli che se ne vanno, ti lasciano sempre addosso un po' di sé. È questo il segreto della memoria? Se è così allora mi sento più sicura, perché so che non sarò mai sola.”



Questa storia è dedicata a mio nonno.
Grazie a tutte le persone che l’hanno letta, seguita e commentata.
Grazie alla pazienza che avete avuto, perché soprattutto nell'ultimo anno gli aggiornamenti non sono stati propriamente costanti.
Grazie ai lettori che verranno, sarò felice di leggere le vostre impressioni.
Ci saranno degli extra, come promesso; non so ancora se gli dedicherò una 'storia' a parte o continuerò a pubblicarli qui, in ogni caso, vi avviserò.
Per ora, devo solo trovare il coraggio di spuntare la casella 'completa'.



A presto,

Elettra.





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