badgirlsparadise
Bad girls'
Paradise
Come ogni sera, River rimbocca le coperte ai suoi tre bambini ed augura
loro la buonanotte con un bacio sulla fronte.
Come ogni sera, River
racconta ad Ella, Joshua e Charlotte una meravigliosa storia per farli
addormentare.
Come ogni
sera, dopo averli
aiutati a mettere il pigiama, River si è seduta accanto a
loro,
ha aperto il suo logoro diario blu ed ha raccontato loro di una sua
avventura in giro nel tempo e nello spazio con il Dottore.
«Ma esiste
davvero, questo Dottore?», gli chiede Joshua, scettico.
«E tu lo
conosci davvero?», domanda Ella, incuriosita.
River, come ogni sera,
risponde a
queste loro stesse domande dipingendosi sul volto un sorriso enigmatico
ed esalando un pragmatico: «Chissà!».
Nella sua
mente, intanto, non può fare a meno di riflettere su quanto
ironicamente sia più reale un alieno di mille anni che corre
verso l'ignoto ed il pericolo dentro un'astronave mascherata da cabina
telefonica rispetto alle loro quattro così apparentemente
verosimili vite di tutti i giorni, generate e gestite interamente dal
computer di una Biblioteca.
É
con questo pensiero
agrodolce che ogni sera River spegne la luce della stanza da letto dei
bambini, tenendo ben stretto in mano quel diario blu Tardis, come se
lei, toccandolo potesse in qualche assurda maniera rientrare in
contatto con la realtà per qualche attimo, facendole
assaporare
davvero e fino in fondo qualche istante di vita reale vissuta con
quell'uomo impossibile in un tempo ormai distante, perduto per sempre.
River si
appoggia contro il
vetro dell'ampia finestra del soggiorno ed osserva la luna piena che,
come ogni notte da quando si trova in quel posto, splende maestosa in
un cielo ornato sempre dalle stesse costellazioni di stelle.
Ha ormai
perso il conto del
tempo che è trascorso da quel giorno nella Biblioteca dei
Lux
quando, incalzati da silenziose ombre assetate di sangue, lei ed un
Dottore che non era il 'suo' e che non la conosceva affatto, avevano
combattuto fianco a fianco -come sempre- ed infine lei, per impedirgli
di sacrificarsi, per proteggere il suo passato ed il futuro di lui, si
era seduta in quella postazione e aveva collegato la sua memoria a
quella di CAL. Aveva quasi riso nel vederlo riprendere i sensi poco
prima che il count down fosse finito, si era detta che era rimasto fino
alla fine il solito pasticcione con i tempi dei loro incontri, che
erano rimasti asincroni fino in fondo, che fino all'ultimo lui aveva
voluto fare il contrario di quanto lei gli diceva. E mentre lui cercava
di dissuaderla ed addolorato e spaventato -poteva leggerlo chiaramente
nei suoi occhi così vecchi e stanchi, ma anche
così
giovani per lei -, lacrime amare bruciavano nei suoi occhi realizzando
l'atroce crudeltà di quel destino che le stava permettendo
di
compiere quell'estremo sacrificio di tutta se stessa per un Dottore per
il quale lei era una completa estranea, un Dottore del tutto incapace
di comprendere la portata di questa sua ultima disperata dichiarazione
d'amore incondizionato, della sua completa e definitiva resa a lui,
l'amore di tutta la sua intera esistenza. Le sue ultime lacrime,
però, non le aveva versate per tristezza o paura, anche
quelle
erano state tutte per lui, per il suo Dottore che la stava perdendo
prima ancora di poter comprendere ciò che aveva trovato. Gli
aveva sorriso, infine, ricordando a lui ma anche a se stessa che tutto
doveva ancora incominciare per lui, che avrebbero avuto tutto il tempo
e lo spazio, che lui li avrebbe visti correre attraverso
così
tante avventure... una piccola ultima bugia, si era detta mentre i suoi
occhi fissavano la serie di zeri sullo schermo del count down: la vita
che li aspettava sarebbe stata tutt'altro che semplice, fra
incomprensioni e tempi capovolti , ma lei non rimpiangeva nulla, non
avrebbe osato riscriverne neanche una riga, come aveva continuato a
ripetergli fino al suo ultimo respiro.
Un bagliore accecante
ed un calore
irresistibile l'avevano avvolta, alla fine, e lei li aveva accolti di
buon grado, aveva sorriso alla morte che le stava venendo incontro
perché non aveva più alcun rimpianto, aveva
vissuto fino
alla fine come aveva voluto, donando ogni suo attimo, ogni sua energia
ed ogni suo pensiero a lui, fino all'ultimo battito del suo cuore.
Con sua grande
sorpresa, si era
ritrovata in un luogo meraviglioso e così tranquillo che lei
avrebbe potuto scambiare per il Paradiso se non avesse saputo che le
ragazzacce come lei non vanno certo là quando muoiono. Erano
quindi arrivati Charlotte ed il Dottor Moon che le avevano spiegato che
il Dottore aveva salvato la sua coscienza e quella degli altri membri
della spedizione alla Biblioteca caricandole all'interno della memoria
centrale di CAL... quell'uomo impossibile le aveva creato il suo
personale Paradiso per ragazzacce, insomma!
Quel
posto le era sembrato
proprio una sorta di Eden all'inizio: c'erano così tante
esperienze nuove da scoprire, prima fra tutte la sensazione di poter
vivere una vita tranquilla e domestica come non le era mai stato
concesso, con una casa da mandare avanti e dei bambini da educare,
tutte cose che lui non le aveva potuto mai dare, queste, e che in
qualche modo sentiva che a lei erano mancate... dei figli, un posto
accogliente da chiamare casa, una vita normale, forse anche un po'
banale e noiosa.
Tutto ciò,
che costituiva
la palese normalità nella vita di chiunque, aveva
conquistato ed impegnato River Song in una sfida nella quale si era
gettata con entusiasmo… entusiasmo che però era
durato
poco. Non ci era voluto infatti molto tempo prima che lei,
benché quasi del tutto inesperta in questioni relative alla
vita
familiare di tutti i giorni, si rendesse conto che quella in cui ora
stava vivendo era una grezza approssimazione del mondo reale, che
nonostante si sforzasse ad imparare nuove ricette di cucina, ogni sera,
a cena, lei finiva col portare a tavola sempre il solito pollo arrosto
con le patate e lo stesso semifreddo al cioccolato. I bambini, per
quanto lei li amasse e si sentisse riamata da loro, rimanevano sempre
gli stessi, continuavano a domandarle le stesse cose e a combinare le
stesse marachelle, non erano cresciuti neanche un po' col passare del
tempo.
Il suo cuore aveva
iniziato a
languire per qualcosa di diverso, di autentico, qualunque cosa sarebbe
andata bene pur di spezzare quell'agonizzante farsa che si ripeteva
davanti ai suoi occhi invariata giorno dopo giorno: il suo spirito si
era progressivamente assopito, la speranza e l'entusiasmo erano ormai
sentimenti che non provava più da tanto, troppo tempo.
Si
stringe la vestaglia
attorno al corpo per proteggersi da un brivido di freddo che non
è reale, bensì frutto di complicati calcoli ed
elaborazioni informatiche, mentre nel suo cuore arde una triste
consapevolezza: è rimasta imprigionata nel Paradiso per
ragazzacce che il Dottore le ha costruito. È solo ora che
per
lei quel Paradiso non è più abbastanza, che non
può fare a meno di chiedersi perché lui l'abbia
condannata a quella finzione di vita per l'eternità,
imponendole
una prigionia ben più dura di quella di Stormcage, senza
neanche
avere la possibilità di ingannare la noia ed il tedio con
una
evasione. Calde lacrime rigano le sue guance arrossate, mentre il suo
corpo è piegato e scosso da gemiti di dolore e disperazione:
può piangere liberamente ora, non deve più
indossare la
maschera di intrepida guerriera... ora può mostrare il
danno,
tutta la sua sofferenza, lui non è più
lì a
guardarla con quei suoi occhi tristi che la scrutano quasi con stupore
ed imbarazzo. Lui è sicuramente in giro per quel folle vasto
universo e mostra al suo nuovo compagno di viaggio tutte le meraviglie
che c'erano, ci sono e ci saranno... ci sono momenti, come questo, nei
quali non può fare a meno di chiedersi se lui pensa a lei
ogni
tanto, oppure l'ha messa nel maestoso mucchio dei sensi di colpa e
degli incontri passati, insieme ai suoi genitori ed al cielo sa quante
altre persone. E tutte le volte che un simile pensiero le accarezza la
mente, subito si pente perché lei sa più di
chiunque
altro che il Dottore non è così, che lui non
dimentica
mai nessun individuo col quale ha intrecciato il cammino...
è
solamente che lui vive da così tanti anni che ha un modo
diverso
di vivere i suoi rapporti con gli altri e con il tempo stesso...
è solamente che una piccola, piccolissima parte di lei
davvero
non può fare a meno di avercela con lui per averla lasciata
in
quel Paradiso per ragazzacce...
Quel Paradiso non
è
abbastanza per lei, non può davvero esserlo se la fa sentire
così triste e vuota: quando all'improvviso ci si
è
ritrovata, credeva di aver trovato l'Eden, il suo Eden, ora ha compreso
di aver smarrito la vera se stessa, cullata da quella parvenza di pace
e tranquillità.
Aveva davvero pensato
- o forse
sperato- di avere finalmente a sua disposizione tutto ciò di
cui
aveva bisogno per sentirsi finalmente una persona completa, nonostante
la devastante assenza di lui, ma ben presto aveva amaramente compreso
che CAL le stava facendo vedere solo quello che lei voleva vedere,
mentre in verità la maggior parte della sua vita era
costituita
da piccole bugie che si accumulavano le une sulle altre.
Come vorrebbe avere
ancora con
sé il manipolatore del vortice temporale per potersi librare
al
di sopra di quel fittizio cielo che la sovrasta e gridare il suo nome a
squarciagola fino a sentire male, fino a non riuscire più a
respirare, fino a dimenticare tutto.
Questo Paradiso non
potrà
mai essere abbastanza per lei: ogni volta che lei crede di conoscerlo,
finisce per esserne usata, diventando sempre più un
ingranaggio
di un ben più grande congegno, un file all'interno della
memoria
del più grande computer dell'universo, perdendo sempre
più la propria identità al punto da temere di non
riuscire più a ricordare l'adorato, preziosissimo nome del
suo
Dottore, un giorno, e lei non vuole vivere in un simile luogo, in
simili condizioni... River non vuole più vivere un solo
attimo
senza di lui.
Lei era la
Professoressa River
Song, archeologa, era la moglie del Dottore, ed accanto a lui ha visto
così tante cose: ora è costretta a vivere in un
sogno dal
quale non può più risvegliarsi.
La disperazione e la
rabbia
crescono dentro di lei come l'alta marea: perché lui ha
voluto
salvare la sua coscienza in quel computer? Perchè
non l'ha
lasciata andare via, finalmente libera da prigioni e da segreti da
dover mantenere? Le ha donato l'immortalità, ma questa
è
ben misera consolazione per lei che non ha più un corpo, non
ha
più occhi reali con i quali piangere la sua triste sorte. A
lei
che già conosceva bene il dolore di lasciarsi tutto alle
spalle
ed incominciare un'altra vita, cambiando persino nome, lui ha imposto
quella bugia silenziosa, in nome del loro amore, costringendola a dare
via tutto ciò che lei è stata e a voltare le
spalle a
tutti i suoi sogni e ricordi, addirittura a lui.
Ed ora lei
vorrebbe solo
avere occhi veri per piangere davvero sulla sua farsa di esistenza, per
gridare quanto le manca la sua presenza, per potergli chiedere
perché, davvero, perché mai lui l'ha abbandonata
lì, perché non l'ha lasciata nella
fredda, dura
verità del non essere, della morte.
Ora che
il Dottore non
potrà essere mai più al suo fianco, lei non ha
dubbi,
l'unica cosa che desidera è entrare nell'oblio e donare
finalmente riposo al suo spirito stanco dopo tanto viaggio ed
altrettanta sofferenza, poter dire addio una volta per tutte a quel
Paradiso per ragazzacce.
Note a fine storia:
Dopo diversi mesi di inattività, torno con questa oneshot ad
alto tasso di angst (che ritorno in gloria, eh? ).
Ebbene, credo di non
aver fatto mai
mistero del mio amore per River Song e di quanto mi piaccia scrivere su
di lei, questa volta non ho fatto eccezione, scrivendo una
introspettiva dal suo punto di vista ambientata temporalmente in un
momento ben preciso: River dopo la Biblioteca.
La cosa ironica
è che di
solito sono una di quelle persone che va alla fervente ricerca di fan
fiction fix it post Library valide: questa volta mi sono abbandonata
invece al mio lato Leopardiano ed ho immaginato quale vita possa
condurre nel mondo di CAL, ispirandomi alla canzone di Steve Conte
“Heaven’s not Enough” (tratta dalla
colonna sonora
del meraviglioso anime Wolf’s Rain).
Un’ ultima
annotazione prima
di salutarvi: spesso troverete all’interno della fan fiction
delle ripetizioni di parole, espressioni, concetti: non si tratta di
errori di distrazione ma di un “espediente” voluto
per
evidenziare la ripetitività estenuante e continua della vita
in
CAL.
Bene, dopo avervi
ringraziato per aver letto la mia storia, faccio un inchino e vi saluto!
*Scritta con il prompt orfano: "Where
are you now?/ Where are you now?/ Do you ever think of me/ In the
quiet, in the crowd?" (Mumford & Sons - Where Are You Now?) della LJ community piscinadiprompt.
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