- La
studentessa che riceve la scorta di sonniferi è Elizabeth
Nardi. - Disse Teresa, aggiornando Grace e Wayne. - A questo punto
dobbiamo incriminarla, sono troppi gli indizi a suo carico. -
- Ma capo,
è una ragazzina, non può davvero essere lei. -
Intervenne Grace.
- Abbiamo le mani
legate. Aveva i farmaci che hanno trovato nel corpo di Scarlet, ha il
movente... -
- Pare che abbia il
movente. Non ne abbiamo la certezza. - Intervenne Patrick.
- È stata
lei a dirci che non nutriva grande simpatia per Scarlet. -
Replicò Teresa.
- Mentiva. Quale
assassino dice di essere in cattivi rapporti con la vittima durante un
interrogatorio? - Replicò Patrick.
Il silenzio fu la
risposta alla sua domanda retorica, un silenzio tale da farlo sorridere
con aria trionfante.
- Anche se hai
ragione, non possiamo farci niente. Rigsby, telefona all'Accademia e
dì alla direttrice che abbiamo abbastanza prove per
incriminare la sua studentessa. Il capo si è raccomandato di
tenerla aggiornata sul caso. - Replicò Teresa.
Wayne si
guardò intorno per un momento, aprendo la bocca per
replicare e tentare di levarsi il problema di affrontare la tremenda
direttrice, ma al suo capo bastò uno sguardo per azzittirlo
e farlo sedere dietro la sua scrivania con la cornetta in mano.
La mattina successiva
il cielo turchese brillava su Sacramento e Teresa aveva appena fatto in
tempo ad appendere la giacca all'appendiabiti quando la porta del suo
ufficio si aprì.
- VanPelt, che ci fai
qui a quest'ora? -
- Sono arrivata
presto. - Disse Grace con aria distratta, avvicinandosi a lei mentre
leggeva il foglio che aveva tra le mani. - Guarda cos'ho trovato nel
fax. -
Il foglio che Grace le
stava tendendo era formato da molti bigliettini stropicciati, aperti e
posizionati in modo ordinato su un foglio più grande. Su
ogni pezzetto di carta diverse grafie femminili scrivevano frasi poco
carine rivolti a qualcuno.
- "Dovresti tornare
dalla fogna da cui sei uscita", "non meriti un posto in questa scuola",
"dovresti lustrare il pavimento su cui danziamo, non ballarci anche
tu"... Che diavolo è? - Domandò Teresa, irritata
dalla volgarità e dalla cattiveria di cui quei messaggi
erano pieni.
- Non ne ho idea, ma
dalla scrittura e dal tono dei messaggi direi che c'entra il caso alla
Vince Academy. - Disse Grace.
- Sì, mi
sembra chiaro. Ma mi chiedo chi sia a volerci dire queste cose... sono
sicuramente state scritte da persone diverse, ma per la stessa persona.
Quello che mi incuriosisce di più è il modo in
cui sono arrivate, quasi di nascosto. -
- Se guardi, capo, in
fondo al foglio c'è l'ora di ricezione e un numero di
telefono. Posso utilizzarlo per risalire al luogo da cui è
partito. -
- È
un'ottima idea, VanPelt. Vedi cosa riesci a fare. -
Grace riprese il
foglio e uscì chiudendosi la porta alle spalle, lasciando
Teresa da sola nel suo ufficio.
La notte prima aveva
dormito poco e aveva già i primi sentori del mal di testa
che l'avrebbe tormentata per l'intera giornata. Per di più
le poche ore di sonno di cui era riuscita a godere erano state
interrotte da continui ricordi dei suoi Natali sereni in famiglia, o
almeno di quei pochi che riusciva a ricordare. Si era svegliata di
umore pessimo e con una gran voglia di accelerare i giorni che
mancavano a Natale per poter evitare quella festa e continuare con il
tran tran della vita quotidiana senza dover affrontare lucine,
candeline e falsi buoni sentimenti.
Con un sospiro
rassegnato si avviò all'area relax per seguire le indagini
di Grace con una tazza di caffè rovente e molto amaro tra le
mani.
Quando il resto della
squadra fu comparso in ufficio, l'agente era riuscita ad ottenere
l'indirizzo del fax da cui era partito lo strano documento. Patrick si
era appena seduto col suo tè sul divano quando Teresa gli
comparve davanti.
- Forza, andiamo. -
Gli disse con un cenno del capo. - Dobbiamo andare a scoprire chi ha
mandato quel fax. -
- Quale fax? -
- Quello con i
bigliettini minacciosi, lo leggerai in macchina. -
- Ma non ho ancora
iniziato a bere il tè. -
- Lo potrai bere
più tardi. - Fu la risposta. - Forza. -
- Non puoi portarti
Cho? -
- Tu riesci a tirare
fuori alla gente cose che non ha intenzione di dire e credo che avremo
bisogno delle tue doti. Ora ti alzi o vuoi continuare a fare i
capricci? - Aggiunse Teresa, esasperata.
Patrick si
alzò, appoggiò il tè sulla scrivania e
seguì Teresa fuori con aria sconfortata.
- Mi devi un
tè. - Furono le sue uniche parole.
Il quartiere da cui
era partito il fax era una delle tante periferie mediocri che
circondano ogni grande città. Le vie erano ordinate e pulite
ma tutte stranamente uguali, i palazzi si differenziavano solo per i
diversi colori di cui erano tinteggiati. La gente si affaccendava per
le vie senza fermarsi troppo a chiacchierare e non c'era neanche
l'ombra di un negozio.
- Dove stiamo andando?
-
- Copisteria Printable
di Hugh Vault, 827 Washington Road. È da lì che
è partito il fax. -
Il consulente aveva
ancora tra le mani una copia del foglio ricevuto via fax: lo aveva
fissato per lunghi minuti con una ruga profonda tra le sopracciglia,
cercando di leggere in quel pezzo di carta tutto quello che si poteva
capire dei suoi autori.
- Eccoci arrivati. -
Disse Teresa, fermando l'auto.
Al di là
del marciapiede stavano due grandi vetrine anonime su cui era stata
applicata una scritta adesiva che riportava il nome della copisteria e
la gamma di servizi che il negozio offriva. Teresa e Patrick entrarono
e il tintinnio del campanello sopra la porta annunciò il
loro arrivo al proprietario, uno uomo alto e allampanato con pochi
capelli e la schiena curva di chi ha trascorso tutta la vita chino su
una scrivania. Si avvicinò a loro dall'altra parte del lungo
bancone che impediva ai clienti di girare tra le molte macchine da
stampa che occupavano la sala, appoggiò i gomiti al tavolo e
si allungò verso i due con un sorriso finto e incolore.
- Posso esservi utili?
- La sua voce, sottile e viscida, era più untuosa dei suoi
occhietti vitrei, che non avevano lasciato per un attimo la figura
femminile che aveva varcato la soglia del suo negozio.
- Cerchiamo il signor
Vault. -
- L'avete appena
trovato. E con chi, di grazia, ho l'onore di parlare? - Disse il
proprietario, lanciando uno sguardo poco amichevole all'uomo comparso
alle spalle della ragazza.
- Agente Lisbon, CBI,
lui è Patrick Jane. Vorremmo farle qualche domanda a
proposito di questo fax. - Disse Teresa senza battere ciglio,
porgendogli la copia del documento.
L'uomo la prese tra
due dita e scosse la testa.
- Non mi dice niente,
miss. - Disse restituendolo a Teresa. - Ma se posso compiacervi in
altro modo... -
- Lo guardi meglio. -
Disse di nuovo l'agente, spingendolo di nuovo sotto il suo naso
affilato. - È stato mandato ieri sera alle 21 da questo
posto. -
- Può
darsi. Non tengo d'occhio tutti i clienti e di sicuro non mi curo di
cosa mi danno da copiare. Basta che mi paghino. -
- Ci pensi bene. Sono
certa che non sono molte le persone che passano all'ora della chiusura.
- Lo rimbeccò Teresa.
L'uomo la
guardò con un sorrisetto lascivo e si umettò le
labbra prima di parlare.
- Può
darsi. Forse qualcosa mi sta venendo in mente... ma è un
ricordo molto sfocato. -
- Non si faccia
pregare, signor Vault, o la incrimino per intralcio alle indagini. -
- Non me lo dica con
tanto fervore, signorina... o potrei continuare a tacere solo per
lasciarmi ammanettare da lei. -
La risatina di Patrick
alle sue spalle fu la goccia che fece traboccare il vaso: tra gestori
pervertiti, odore di polvere e cerchio alla testa che iniziava a farsi
feroce, l'ultima cosa di cui Teresa sentiva di aver bisogno erano le
allusioni del suo consulente: lo fulminò con uno sguardo
colmo di tanta ferocia che Patrick tornò immediatamente
serio.
- Se non ha niente da
dirci, signor Vault, togliamo il disturbo. - Disse Teresa, allungando
una mano per afferrare di nuovo la copia del fax.
La mano fredda
dell'uomo si posò sulla sua con incredibile
rapidità.
- Che modi. Se me lo
chiede con un po' più di gentilezza potrei anche ricordare
qualcosa. -
Stringendo la mano sul
foglio e allontanandosi dal tocco dell'uomo come se fosse stata colpita
da una scarica elettrica, Teresa si voltò e uscì
dal negozio in una frazione di secondo, sbattendosi la porta alle
spalle con ferocia.
Raggiunse a grandi
passi l'automobile e si fermò contro la portiera, respirando
a fondo.
Era arrabbiata,
irritata e frustrata all'idea di non essere riuscita a combinare
niente... ma soprattutto era furibonda per non essere riuscita ad
affrontare la cosa con la sua solita freddezza.
- Tutto bene? -
La voce di Patrick
alle sue spalle la fece trasalire e l'agente si voltò verso
di lui pronta a una sfuriata davanti al suo sguardo malizioso o al
sorriso divertito sempre dipinto sul suo volto. Ma il viso del suo
consulente tradiva solo sincero interesse e velata preoccupazione.
- Che tipo orribile. -
Fu la risposta di Teresa.
- Non essere
così drastica. Ti trovava carina, avresti dovuto sentirti
lusingata. -
Lo sguardo di fuoco di
Teresa fu una risposta che non aveva bisogno di altre parole.
- Oho, non ti
scaldare! E comunque qualcosa di buono l'abbiamo tirato fuori: dopo la
tua plateale uscita di cena aveva tanta voglia di vedermi sparire da
dirmi quello che volevamo sapere. -
- E quindi? -
- E quindi la nostra
mittente misteriosa è una donna sulla quarantina, che
probabilmente abita nei dintorni perchè la vede passare
molto spesso presto alla mattina e verso l'ora di chiusura. Sai cosa
significa questo? -
- Che basta trovare
tra i dipendenti dell'Accademia chi abita qui? -
- Oltre che carina sei
anche intelligente. Pensi che dovremmo rientrare a dirglielo? - Disse
Patrick allegramente.
- Va' al diavolo,
Jane. - Sbottò Teresa salendo in macchina e prendendo il
telefonino per avvertire Grace dello sviluppo delle indagini.
Quando arrivarono al
CBI, la ragazza aveva già controllato due volte l'intero
archivio di dipendenti della Vince Academy senza risultati.
- Non c'è
nessuno che abita da quelle parti. - Aveva spiegato - Ho controllato
gli indirizzi fino a due fermate di autobus di distanza dal quartiere,
ma non ho trovato niente. Cameriere, inservienti, insegnanti... ho
controllato perfino le donne delle pulizie e le giardiniere, che pure
sono dipendenti di altre agenzie: abitano tutti in altri quartieri
della città. -
- Praticamente siamo a
un punto morto. - Disse Teresa con un sospiro.
Fissava il pannello su
cui erano appuntate la foto di Scarlet, il referto del medico legale e
gli appunti sulle altre prove che avevano trovato cercando di capire
quale potesse essere il passo successivo, il dettaglio che le era
sfuggito e da cui si poteva ripartire per avere qualche nuovo indizio.
Era completamente
immersa nei suoi pensieri, riflettendo su come si potesse arrivare a
uccidere una coetanea solo per invidia, quando Kimball le si
avvicinò.
- Capo, la signorina
Vince ti aspetta nel tuo ufficio. - Disse.
- Chi? -
- La direttrice. L'hai
chiamata tu? -
- No. Jane? - Disse
Teresa, domandandosi se fosse l'ennesimo scherzo di cattivo gusto del
suo consulente.
- Perchè
quando succede qualcosa di inaspettato ti rivolgi sempre a me? -
- Mah, non so. Secondo
te? - Rispose Teresa, avviandosi verso il suo ufficio per scoprire cosa
volesse l'austera direttrice.
Quando
entrò, vide che miss Vince era in piedi davanti alla sua
scrivania accanto ad Elizabeth, seduta su una sedia con gli occhi
bassi. Quando l'agente comparve sulla porta la guardò con
una evidente aria di sollievo dipinta sul viso.
- Ho saputo cosa
è emerso dalle indagini, agente Lisbon, e voglio che
Elizabeth sia immediatamente allontanata dalla mia scuola. -
- Elizabeth
è solo una sospettata, non è ancora la
colpevole... -
- Non mi importa! Lei
non sa cosa significa per il buon nome della scuola avere una presunta
omicida tra le studentesse! Metterei in pericolo tutte le altre, non
avrei più iscritte, tutto quello che la Vince Academy
rappresenta sarebbe irrimediabilmente compromesso! -
- Non abbiamo ancora
le prove per dire che è stata lei. E poi credo che in gioco
ci sia molto più del buon nome della sua scuola: non
possiamo trattenere senza motivo una ragazza di sedici anni. -
- Il motivo
c'è ed è più che valido. Meglio un
innocente in manette che un colpevole a piede libero! -
- Le ho già
detto che non siamo certi che sia lei la colpevole! -
- Nessun altra delle
mie studentesse avrebbe potuto fare una cosa del genere! -
- E perchè
lei dovrebbe essere diversa dalle altre? -
La direttrice
fulminò la ragazza al suo fianco con gli occhi, poi si
sistemò gli occhiali sul naso e sentenziò:
- Non importa. Quello
che è veramente importante ora è tenerla lontana
dalle altre studentesse. Mi auguro che non vi siano altri contrattempi
che impediscano la chiusura dell'indagine. La questione va archiviata
il prima possibile. -
- L'indagine
verrà chiusa nel momento in cui avremo tutto il necessario.
- Rispose Teresa, fredda.
- Avete l'arma, avete
il movente, avete il colpevole... cosa vi manca? - Esclamò
spazientita la direttrice.
- Scoprire cosa ci
manca è un nostro compito, miss Vince. - Sbottò
Teresa. - Ora, se non le dispiace, vorrei tornare a lavorare. Se toglie
il disturbo... -
Irrigidendosi, la
direttrice strinse a sè borsetta e soprabito.
- Me ne vado
immediatamente. Ma lei non la riporto a scuola. Da ora in poi
è sotto la vostra responsabilità. - Disse,
scoccando alla ragazzina uno sguardo glaciale.
Senza dare il tempo di
replicare all'agente, miss Vince uscì dall'ufficio
chiudendosi con violenza la porta alle spalle.
Imbarazzata, Teresa si
rivolse ad Elizabeth: proprio non sapeva come comportarsi.
- Non preoccuparti,
Elizabeth. Scopriremo il colpevole. - Le disse con un sorriso
rassicurante. - Vuoi un tè? O magari qualcosa da mangiare? -
La ragazzina scosse la
testa.
- Possiamo
accompagnarti dalla tua famiglia? -
Elizabeth scosse
ancora la testa.
- No?
Perchè no? -
- Non possono
prendersi cura di me. -
- Sono occupati? -
- Sì. -
- C'è
qualcuno da cui possiamo portarti? -
- No. -
- Non puoi rimanere
qui. -
- Voglio tornare
all'Accademia. -
Con un sospiro di
sollievo, Teresa accennò a un sorriso.
- La tua direttrice
non potrà impedirti di tornare, non finchè sei
innocente. -
- Non adesso. - Disse
Elizabeth, alzando gli occhi verso Teresa e guardandola con una
determinazione e una vivacità che non aveva mai tirato fuori
prima. - Voglio tornarci quando non avrò più la
colpa: non sono stata io. - Disse.
A quelle parole,
così piene di convinzione, Teresa non ebbe dubbi: Elizabeth
era sicuramente innocente. La voglia di proteggere quella ragazzina
incastrata in un caso con cui non aveva niente a che fare si
moltiplicò al pensiero di avere finalmente occasione di dare
alla direttrice Vince quello che si meritava: una buona dose di sana
umiltà.
- E secondo te chi
è stato? - Domandò Teresa, sedendosi accanto a
lei e sorridendole.
Elizabeth
abbassò di nuovo gli occhi, posandoli sulle sue ballerine
azzurre.
- Elizabeth. -
Tentò di nuovo l'agente. - Possiamo aiutarti. Ma se sai
qualcosa devi dirmelo. Puoi fidarti di me. -
La ragazzina
però non rispose, nè alzò gli occhi.
Rimase immobile, con lo sguardo fisso a terra e le mani intrecciate in
grembo. Dopo qualche istante Teresa si alzò e raggiunse gli
altri nell'open space: non appena ebbe annunciato loro che Elizabeth
Nardi era nel suo ufficio, chiusa in un mutismo ostinato dopo essersi
dichiarata innocente, Patrick si alzò in un balzo dal divano.
- Dove stai andando? -
- Preparo un
tè per la nostra ospite. -
- Non lo vuole. -
- Scherzi? Nessuno
rifiuta un tè! - Gridò lui, avviandosi verso la
sala relax.
- Jane! - Lo
richiamò Teresa, più per abitudine che per farsi
ascoltare: sapeva alla perfezione cos'aveva in mente il suo consulente,
e sapeva altrettanto bene che non c'era modo di fargli cambiare idea.
- Facciamo il punto. -
Disse, appoggiandosi al tavolo e incrociando le braccia sul petto. -
Scarlet si alza alle sei e va in auditorium. Mentre prova beve dalla
sua bottiglietta, che qualcuno ha riempito di sonnifero. L'assassino la
raggiunge quando è priva di sensi, la uccide e simula il suo
suicidio. -
- Accanto a tutto
questo abbiamo il registro della farmacia che dice che i sonniferi sono
di Elizabeth e un fax di bigliettini minatori mandato da una copisteria
periferica alle ventuno, da una donna apparentemente estranea alla vita
dell'Accademia. - Aggiunse Grace.
- Giusto. Come
facciamo a collegare la prima parte dei fatti alla seconda? -
- Se riteniamo che sia
stata Elizabeth a ricevere quei bigliettini, possiamo dire che aveva un
movente per uccidere Scarlet. - Propose Wayne.
Teresa gli
lanciò un'occhiataccia spontanea.
- Questa versione dei
fatti l'abbiamo già valutata. Se la escludessimo e
provassimo a pensare ad altro? Le indagini a senso unico non portano
mai a niente. -
- C'è una
cosa che non mi convince. - Disse Kimball, allontanandosi dalla
scrivania e rileggendo per l'ennesima volta il rapporto sulla scena del
crimine. - Come ha fatto l'assassino a mettere il sonnifero nella
bottiglietta di Scarlet? -
- Buona domanda, Cho.
- Disse Teresa, sollevata all'idea di avere un appiglio per continuare
le indagini. - Tu e VanPelt andate a fare un sopralluogo all'Accademia,
controllate se ci sono telecamere di sicurezza, sorveglianti o cose del
genere. VanPelt, tu cerca di procurarti la lista delle camere, magari
salta fuori qualcosa di interessante. -
- Certo, capo. -
- Io vado a vedere
cosa sta combinando Jane. - Disse Teresa.
Prima di entrare nel
suo ufficio, però, si fermò a sbirciare dalla
veneziana. Patrick ed Elizabeth erano seduti sul divanetto con due
tè in mano ed Elizabeth parlava a ruota libera,
animatamente, con gli occhi accesi dalla stessa vivacità che
lei aveva visto brillare per un istante quando si era dichiarata
innocente.
Trattenendo un
sorriso, Teresa decise che era il momento di prendersi un lungo attimo
di relax, di godersi un buon caffè e di lasciar lavorare il
suo consulente, per una volta.
Vi
annuncio - magno cum gaudio - che il caso è chiuso!
Sono
riuscita a finire questa storia in cui mi sono impelagata mio malgrado,
ma
mi sento più euforica che mai...
Perdonate
il ritardo nell'aggiornare, ma ho avuto due esami in due settimane
e
i libri di sociologia e diritto avevano la capacità di
polverizzare il
mio estro creativo.
Mi
auguro che l'indagine vi stia coinvolgendo e che abbiate già
qualche sospetto...
Al
prossimo capitolo (stavolta presto, davvero)
Tanti
baci a tutti, grazie per esservi fermati a leggere!
Flora
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