Prologo
Guardai
la mia immagine riflessa nello specchio con aria
estremamente contrariata: ero più brutta del solito, quel
giorno.
Non
che in genere fossi di una bellezza sconvolgente,
comunque. Non ero il tipo di ragazza che faceva voltare gli uomini al
suo
passaggio; spesso nemmeno mi notavano.
Non
avevo un fisico perfetto, né un seno formoso. Niente
occhi azzurri, naso alla francese e bocca a cuore. Tantomeno avevo dei
bei
capelli, di quelli lunghi e lucenti, come le modelle che si vedevano
nelle pubblicità.
Anzi,
i miei capelli erano di media lunghezza, lisci come
spaghetti e tinti di un castano così scuro da sembrare nero.
Avevo anche la ricrescita
e probabilmente sarei dovuta andare da un parrucchiere, ma non avevo
poi tutti
quei soldi da spendere.
E
comunque, ero abbastanza soddisfatta di me stessa, e i
miei occhi marroni - di un banalissimo color castagna - non erano un
problema.
L'aspetto fisico non era tutto, in fin dei conti. C'erano cose
più importanti e
un chilo in più non rientrava nella mia lista di
priorità.
Avevo
ben altro a cui pensare: mia zia Kate, che lavorava
come manager presso una rinomata agenzia di Londra, mi aveva chiesto di
raggiungerla quella mattina, per fare colazione insieme e discutere di
un'offerta che, a suo dire, avrei senz'altro trovato interessante.
Detestavo
zia Kate. Aveva quell'atteggiamento da donna
d'affari che proprio non riuscivo a sopportare e in più
sembrava sempre che
tramasse qualcosa, con quell’aria furba e calcolatrice.
Tuttavia,
ero troppo incasinata per poter rifiutare
un'offerta di lavoro: l'affitto non si pagava da solo e di certo non
morivo dalla
voglia di dormire su una panchina in Hyde Park. Tantomeno volevo
tornare da mia
sorella e dirle che la mia indipendenza era stata uccisa da cause di
forza maggiore.
La madre del piccolo Joshua era stata licenziata e, di conseguenza, non
aveva
più bisogno di una baby-sitter, per il momento. Coleen,
invece, si era presa la
varicella e i suoi genitori avevano ritenuto opportuno lasciarmi a casa
senza
pagarmi l’ultimo mese.
Un
fallimento su tutta la linea. Andy avrebbe gongolato
per mesi e mi avrebbe riempito di “te l’avevo
detto”. Perciò, zia Kate era la
mia ultima chance.
Con
un sospiro, sistemai il colletto della camicia bianca
e controllai di averla infilata bene nella gonna. Odiavo i tailleur, ma
zia Kate
era stata piuttosto chiara: dovevo indossare il completo che lei stessa
mi aveva
regalato il Natale dell'anno prima.
In
tutta sincerità, ero piuttosto contrariata: non era
concepibile che fossero ancora in commercio abiti tanto tristi e,
sopratutto,
non era possibile che qualcuno spendesse soldi per comprarli. Quante
storie,
poi, per una semplice colazione.
Sconsolata,
allisciai le pieghe sulla gonna - di un
deprimente grigio antracite - e indossai la giacca.
«Poteva
regalarmi anche le scarpe, accidenti a lei. E ora
che mi metto?» brontolai, mentre aprivo la scarpiera alla
ricerca di qualcosa
di appropriato. Non che avessi chissà quanta scelta, poi.
L'ultimo paio di
scarpe eleganti che avevo acquistato risalivano a... be', nemmeno me lo
ricordavo. Il vantaggio di essere una baby-sitter a tempo pieno era che
non
avevo bisogno di un tacco quindici. E comunque, il mio stipendio era a
malapena
sufficiente per fare la spesa, figurarsi per comprare scarpe a
volontà.
«Come
cavolo faccio, adesso?» mi sarei messa le mani tra i
capelli, se solo non avessi rischiato di sciogliere lo chignon: mi ci
era
voluta quasi un'ora, per intrappolare tutti i ciuffi che andavano per
fatti
loro.
«Zia
Kate mi ucciderà.» piagnucolai, mentre afferravo
gli
anfibi neri e li calzavo velocemente. Ero già in ritardo,
tanto per cambiare, e
in tutta probabilità mi sarei beccata una lavata di capo non
indifferente.
Controllai il trucco un'ultima volta, sperando che l'eye-liner non mi
avesse
impiastricciato tutto l'occhio, passai il burrocacao sulle labbra
screpolate ed
afferrai cappotto, sciarpa e borsa.
La
macchina mi aspettava sotto casa, puntuale come un
orologio svizzero. Era un'elegante berlina nera, di quelle che non mi
sarei potuta
permettere nemmeno dopo quarant'anni di lavoro.
L'autista,
un uomo sulla cinquantina, con un paio di folti
baffi grigi e gli occhi azzurri, mi rivolse un sorriso gentile e un po'
divertito.
«Buongiorno,
signorina Morrigan.» salutò, aprendo la
portiera.
«Buongiorno
anche a lei.» sorrisi, un po' agitata. In che
guaio mi stavo cacciando?
Mi
accomodai sul sedile posteriore, certa che sarei stata
sola. Dopotutto, chi mai si sarebbe scomodato, solo per me? Invece, per
mia enorme
(e spiacevole) sorpresa, l’abitacolo era occupato da un
secondo passeggero.
«Zia
Kate!»
«Ciao,
Evangeline. Belle scarpe.»
Arrossii
immediatamente e farfugliai una serie di scuse e
giustificazioni, che zia Kate accolse con un'espressione contrariata e
un
sopracciglio inarcato. La detestavo.
«Le
cose cambieranno.» si limitò a replicare, stoica.
La
guardai confusa, ma non dissi una parola. Spesso,
quando Zia Kate parlava, faticavo a capire cosa stesse dicendo. Ogni
parola che
usciva dalla sua bocca sembrava avere un significato ben preciso. Non
diceva
mai niente a caso e, il più delle volte, non avevo la
più pallida idea di che
cosa stesse parlando, né mi interessava, in effetti.
Perciò
rimasi zitta, con lo sguardo fisso sulla punta
degli anfibi, un po' rovinati per l'uso - non per niente, infatti,
erano i miei
preferiti - e sentendomi più inadeguata che mai.
Trascorremmo
in completo silenzio il resto del viaggio, io
perché tormentata dall'idea di aver appena preso la
decisione peggiore di tutta
la mia esistenza, zia Kate perché troppo occupata a
controllare le e-mail sul
suo inseparabile iPad.
Non
era mai una buona idea stringere i rapporti con lei,
ne ero consapevole. Era una persona subdola, ma probabilmente la colpa
era del
suo lavoro: avere continuamente a che fare con persone famose,
arriviste e
false, probabilmente non era il massimo e non era neanche
così strano che ne
fosse rimasta influenzata.
Per
quanto riuscissi a ricordare, ero certa che un tempo
zia Kate fosse molto meno rigida.
Mi
aveva persino abbracciata, anni prima.
«Non
riesco a credere che tu ti sia messa queste scarpe.»
ripeté, mentre camminavamo lungo il corridoio.
La
macchina ci aveva lasciate esattamente di fronte ad un
imponente edificio grigio e avevo avuto a malapena il tempo di capire
dove ci
trovassimo, prima che zia Kate mi intimasse di accelerare il passo,
visto che
eravamo in ritardo e lei non aveva assolutamente intenzione di fare una
brutta
figura.
Così
l'avevo seguita in silenzio ed avevo tenuto la testa
bassa anche quando ci eravamo fermate davanti alla reception. La
segretaria mi aveva
squadrata dalla testa ai piedi e aveva storto il naso, mezza
disgustata.
Anche
il quel caso ero stata zitta, nonostante mi sarebbe
piaciuto dirle di farsi i cavoli suoi e di pensare alla scollatura
eccessiva
della sua camicia. Orribile, e poco elegante.
«Stanno
aspettando solo voi, signora Morrigan.» cinguettò
la ragazza, con un cenno d'intesa.
Zia
Kate annuì bruscamente, mi posò una mano sulla
schiena
e mi accompagnò con gentilezza fino ad una porta di legno
chiaro.
Dall'altro
lato, riuscii a sentire solo un coro di voci
infuriate, poi zia Kate aprì la porta e calò il
silenzio.
«Zayn, ti presento
Evangeline, la tua fidanzata.»
***
Caterina Margherita Giulia, grazie.
(Metto tutti e tre i nomi, sperando di non sbagliare, tanto per farti
capire che sto parlando proprio di te <3)
Buonasera a tutte (e a
tutti, se ce ne sono)!
Okay, per chi non mi
conoscesse, mi chiamo Federica e questa NON è la prima
storia che pubblico sui One Direction. E' l'ennesima, e probabilmente
ne avrete piene le scatole, ma la cosa non mi interessa.
AHAHAH
Non la smetterò
mai di intasare questo fandom, credo, nonostante a volte mi vergogni da
pazzi. Cioè, avete visto l'avviso che c'è
all'inizio di ogni pagina? Vergogna.
Ecco. Comunque, non
è questo il punto.
Il punto è che
questa è un'altra storia, decisamente diversa dalle altre
altre che ho scritto e che sto scrivendo. Non è niente di
che, in effetti, e non mi aspetto che abbia chissà quale
successo, ma mi piace scriverla e sono già innamorata dei
personaggi.
E poi ho la tristissima tendenza a fangirlare per quello che scrivo, a
volte, perciò ho pensato che anche voi potreste fangirlare
con me (?)
Basta, ho finito.
Spero che il prologo vi sia piaciuto e non vedo l'ora di sapere che ne
pensate, ci tengo tanto a questa storia!
Ora passiamo alle cose tecniche. Vi lascio qui sotto un paio di
contatti, nel caso in cui voleste dirmi qualcosa, mandarmi a cagare,
parlare un po' e cose del genere e vi mollo anche i banner delle altre
storie che sto scrivendo, magari avete voglia di leggerle :)
Vi abbraccio fortissimissimo,
Fede.
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