fanfic-cap1
E va bene, visto che tanto ormai
l'hai trovato...però sappi che non è una buona abitudine
quella di frugare tra le cose altrui, ragazzina.
Dici che non ci capisci niente di
quello che c'è scritto? Ovvio che non è colpa della mia
scrittura. Ho sempre avuto una bella grafia io.
Da' qua, fa vedere come iniziava...
30 Giugno 1990
17:55 – camera mia: la porta sbatte due volte e la finestra si apre da sola senza vento
18:05 – stanza del vecchiaccio: l'armadio si apre e si richiude
18:10 – cucina: il bollitore attacca Kasumi.
Eh, già... che tempi quelli!
Devi sapere Minako che prima che
tu nascessi, quando io ero ancora una studentessa delle superiori, le
nostre vite scorrevano tranquille e si potrebbe dire quasi rilassate in
un mondo che non aveva nulla, ma proprio nulla di normale. Ogni giorno
accadevano cose veramente incredibili, così incredibili che a
pensarci adesso sembra impossibile che potessimo vivere la nostra
routine quotidiana come se nulla fosse circondati da fatti e creature
tanto fuori dal comune. Vecchi centenari dal potere straordinario,
persone capaci di trasformarsi in animali, incantesimi e sortilegi di
ogni genere, battaglie incredibili, e tanta ma veramente tanta gente
strana che entrava e usciva da casa nostra. Ma soprattutto entrava e ci
restava più a lungo di quanto fosse umanamente sopportabile.
Eravamo talmente abituati a convivere con l'assurdo che quando quel
fragile equilibrio che permetteva la nostra strampalata ma in un certo
senso abitudinaria esistenza iniziò a incrinarsi, nessuno se ne
accorse. Al meno non subito.
Prima di allora non avevo mai
tenuto un diario, solo libri di contabilità. Il resto non mi
interessava, o per lo meno non mi sembrava importante prendere nota dei
dettagli per ricordarli a lungo termine. Ma al terzo giorno che, mentre
ero seduta alla mia scrivania concentrata nel prepararmi per l'esame d'ammissione della "Todai", la porta della mia stanza sbatteva e la finestra si
apriva da sola sul mio naso, senza che soffiasse un alito di vento...
beh, decisi che prendere nota di fatti ed orari era una buona misura
cautelativa per salvaguardare la mia igiene mentale. Faceva caldo, era
estate e l'anno scolastico volgeva al termine.
"Vedi tu che proprio adesso che
l'incubo della scuola sta per finire e posso finalmente dedicarmi a
quello che davvero mi interessa devo uscire di testa..." mi dicevo,
convinta che il problema fosse mio, che stessi vicina all'esaurimento
nervoso. La temperatura era veramente alta e l'umidità
decisamente troppa, e io che dovevo studiare e studiare e studiare se
volevo ottenere un buon voto così da potermi iscrivere
all'università che avevo scelto, non potevo neppure godermi il
refrigerio pomeridiano della piscina. Avevo la mente piuttosto
offuscata, ma non me l'ero sognato, ne ero certa. Quasi certa. Non
c'era corrente, non un filo d'aria, purtroppo per me. Eppure la porta
sbatteva. Sbatteva e si riapriva e sbatteva di nuovo. E poi si apriva
la finestra sulla mia faccia facendomi cadere gli occhiali da lettura.
La terza volta che il fenomeno si ripeteva presi un quaderno, segnai
data e ora e scrissi: la porta sbatte due volte e la finestra si apre
da sola senza vento. Quindi scesi al piano di sotto.
- Happosai!? Sei qui? - la prima
cosa che pensai di fare fu andare a vedere se il vecchio maestro era
nella sua stanza. Dopotutto poteva esserci una spiegazione plausibile
per quella stranezza, magari aveva a che vedere con qualche stregoneria
che stava combinando quella mummia parassita. Il vecchio invece
dormiva, probabilmente steso dal caldo, circondato dai suoi preziosi
zuccherini. Non c'erano candele, incensi o altre diavolerie in giro.
Tutto pareva tranquillo. Ma quando mi affacciai per guardare meglio...
le ante dell'armadio si aprirono tutto a un tratto. E così come
si erano aperte, da sole, lentamente, si richiusero.
Mi stropicciai gli occhi e mi
diedi un paio di buffetti sulle guance. Quindi ritornai in camera mia e
presi nota di questa nuova stramberia. Infilai un asciugamano pulito
nella sacca della piscina, attaccai il walkman alla tasca degli shorts,
mi sistemai le cuffie in testa, schiacciai play e uscii a passo svelto
canticchiando con il borsone in spalla.
Va tutto bene, è solo un po' di caldo. Take it easy...
Passando davanti la cucina trovai
mia sorella Kasumi sulla porta che si soffiava sul dorso della mano
sinistra e aveva i lagrimoni agli occhi.
- Che hai fatto? - le chiesi incerta, che un po' lo sapevo che la risposta non mi sarebbe piaciuta.
- Il bollitore, è stato il
bollitore....- la si vedeva chiaramente contrariata - Sono sicura di
non averlo accesso, ma ha cacciato uno schizzo d'acqua bollente
all'improvviso. Non so proprio come sia potuto accadere...-
Scossi la testa, guardai
l'orologio per memorizzare l'orario. Questa l'avrei segnata dopo, per
ora era più urgente uscire.
Che si tratti di un esaurimento collettivo...? Io che posso, farei meglio a passare dal dottor Tofu domani.
Sulla strada per la piscina
incontrai Ranma e Akane che tornavano a casa. Akane da quando aveva
scoperto i braccioli ci andava spessissimo. E poi, certo, loro non
avevano un esame finale da preparare ed erano liberi di spassarsela. E
invece non sembravano contenti, ma proprio per niente. Mia sorella
camminava a testa basta e Ranchan aveva un'espressione cupa sul volto e
lo sguardo perso lontano, sembrava immerso in pensieri poco allegri.
Li guardai di traverso: - Che
brutta cera che hai! - apostrofai Akane prima che avessero il tempo di
salutarmi - Se la piscina deve farvi quest'effetto meglio che ve ne
restiate a casa, tanto più che ultimamente accadono cose
parecchio interessanti... -
Da un po' di tempo provavo un
certo fastidio nei loro confronti. Io all'epoca ero decisamente molto
attaccata al denaro e mi impegnavo con tutte le mie forze per
guadagnarmi un avvenire gradevole, cercando al tempo stesso di
divertirmi nel presente. Spesso mi facevo odiare, ma me la passavo alla
grande, in genere. Quelle settimane facevano eccezione e diciamo che
non ero molto ben disposta nei confronti di persone così
ostinatamente determinate a rendersi la vita impossibile per motivi
tanto futili.
Che voglia ne avranno poi con questo caldo...!
Certo che, a pensarci un attimo,
erano mesi che si comportavano in modo strano. Il ciclo standard grida
- insulti - botte (da parte di Akane) - scuse (da parte di Ranma)
- riconciliazione doveva essersi interrotto già da parecchio.
Non mi ci ero mai fermata a pensare prima, ma doveva essere stato dal
matrimonio fallito. Le cose non erano più tornate veramente come
prima, nonostante le apparenze. Dopo quel disastro, mi sarei aspettata
che succedesse qualcosa di eclatante: che Ranma scegliesse la vita
dell'anacoreta o che Akane smettesse di rivolgergli la parola
vita natural durante. Oppure, per lo meno, che litigassero di brutto ma
che alla fine si chiarissero, una volta per tutte. Invece niente di
tutto ciò. La vita aveva ripreso a scorrere come se nulla fosse,
almeno in superficie. Ma in effetti quei due non discutevano quasi
più, o se lo facevano si si trattava sempre di battibecchi privi
di energia, molto meno animati. Davano l'idea di annoiarsi, di non
provarci più gusto. Dopotutto avevano accettato di sposarsi - la
qual cosa, a mio modesto avviso, sarebbe stata una vera idiozia - ma in
ogni caso dovevano essersi immaginati un futuro diverso, una rottura
non da poco con quello che erano state le loro vite fino a quel
momento. Si erano affidati a una forzatura esterna per riuscire a dare
una svolta alle loro esistenze e quando questa era venuta meno, non
erano stati capaci di prendere in mano la situazione e cavarsi
d'impaccio da soli.
Inutili
bambinetti vigliacchi. Io avrò dei problemi con il denaro, ma
certa gente ha dei grossissimi problemi con i sentimenti.
Mi feci una gran bella nuotata e me ne tornai a casa esausta.
Sulla via del ritorno ricominciai
a rimuginare su questioni che non mi riguardavano. Visto mai che... che
io... che stessi in pensiero? Ma no...! Più probabilmente volevo
solo evitare di pensare ad altre cose più fastidiose, come ad
esempio il ciclo del glucosio, la filosofia di Kokugaku e Rangaku,
l'integrazione per parti... per non parlare di certe porte e finestre
semoventi.
Il sole stava tramontando e le
ombre si allungavano sulla città. Il caldo non allentava la sua
morsa, ma c'era una certa pace tutt'intorno. Stavo meglio, la testa
aveva ripreso a funzionare lucidamente, grazie al refrigerio della
piscina e alla fatica fisica.
La vaga idea di dover fare una
lunga chiacchierata tra sorelle iniziava a far breccia trai miei
pensieri, ma se da una parte ero quasi del tutto sicura che Akane
avesse bisogno di parlare con qualcuno con un po' più esperienza
di lei nelle cose di questo mondo - leggasi: non con Kasumi che
dispensa consigli omeopatici - ero altrettanto consapevole di non
essere adatta al ruolo di confidente. Senza contare che parlavamo due
lingue diverse. Infatti, se era vero che io ero cresciuta un po' come
una pianta selvatica, era altrettanto vero che dopo la morte della
mamma tra la maggiore e la minore di noi sorelle si era instaurato,
nonostante il piccolo scarto di età, un rapporto simil-filiale.
Ovvero, Akane era un po' figlia di Kasumi e l'omeopatia era l'unica
relazione umana in cui si sentisse veramente a suo agio. D'altra parte
io avevo altre cose a cui pensare che non starmi a immischiare nelle
faccende altrui.
Dunque, pensiero accantonato. Almeno per il momento.
Quella sera cenai in fretta, senza
dire mezza parola, ed appena terminato di mangiare me ne andai in
camera mia a rimettermi sui libri per recuperare il tempo perduto.
Da lì a un paio di mesi non
avrei più abitato in quella casa. Da lì a un paio di mesi
tutto sarebbe stato diverso, almeno per me. Chissà se anche per
gli altri abitanti di quella stramba dimora...
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