Right
from the start
You
were a thief
You
stole my heart
And I’m your
willing victim
«Come
sarebbe a dire che non vuoi uscire con me?»
Ricordi,
Liam? Io sì, perfettamente. Ricordo la tua espressione
stupita, i tuoi caldi occhi
marroni socchiusi lievemente per il dubbio che ti stessi prendendo in
giro, le
labbra stirate in un sorriso a metà strada tra
l’incredulo, l’infastidito e il
divertito. E poi ricordo le tue mani, grandi, forti e un po’
callose per tutte
le volte che hai fatto a pugni, scostarmi una ciocca di capelli dalla
fronte
con una delicatezza assolutamente inaspettata.
Ricordo
che mi sono scostata, intimidita, desiderosa di scappare da te e dalle
tue
attenzioni che, Dio, mi facevano sentire ancora più insicura
di quanto non
fossi di solito.
Ti
avevo osservato da lontano tante di quelle volte, avevo immaginato come
sarebbe
stato parlarti, abbracciarti, o solamente conoscere qualcosa di te,
qualcosa
che nessuno ancora sapeva.
Qual
era il tuo colore preferito? Ti piacevano gli animali?
Perché avevi spaccato il
naso a Patrick Sumpter, quel gelido giovedì di novembre? Io
c’ero. Ti ho visto,
mentre spingevi Patrick contro il muro e gli colpivi il naso con un
pugno. Ho
visto Patrick cadere a terra e ho visto te osservarlo con indifferenza.
C’era
sangue, Liam. E tu sorridevi.
Poi
ti sei girato e mi hai guardata: ero lì, impallidita,
tremante e con il telefono
stretto nella mano sinistra, pronta a chiamare la polizia. Hai scosso
la testa
ed hai allargato le braccia, per farmi capire che non mi avresti mai
fatto
niente.
«Non
è come sembra.» hai detto, con la tua voce calda.
Ti sei avvicinato, ed io sono
arretrata. È sempre stato un po’ così,
tra di noi. Tu ti avvicini, io ti
respingo. Un passo avanti, uno indietro.
«Davvero?
Che strano.» mi è scappato di bocca prima ancora
che riuscissi a trattenermi,
ed era evidente che tu non ti aspettassi una risposta da parte mia,
perché hai
inclinato il capo verso destra. Lo fai sempre, quando sei spiazzato e
per un
attimo perdi la tua aria imperscrutabile e seria e ti trasformi
nell’uomo
adorabile che amo avere al mio fianco.
L’uomo
capace di spezzarmi con una singola parola, con un respiro, con uno
sguardo.
Hai così tanto potere su di me, Liam, e nemmeno lo capisci.
«Quello» hai convenuto,
indicando Patrick
«è esattamente come sembra, in effetti.»
hai fatto spallucce, perché non ti
importava che il ragazzo fosse semi-svenuto, dolorante e sanguinante.
Dal tuo
punto di vista, si era meritato tutto il dolore che stava provando ed
eri felice
di esserne la causa.
«E
comunque che ci fai da queste parti, Annie?»
Conoscevi
il mio nome. Tu, che non mi avevi mai nemmeno guardata. Ed ero
piuttosto certa
di non essermelo sognata: avevo visto le tue labbra muoversi e
pronunciarlo. E,
cielo, era bellissimo, detto con la
tua voce.
Sai
cos’altro ricordo? Che sono arrossita, ma non ho mosso un
passo – né in avanti,
né all’indietro – quando ti sei
avvicinato un po’ di più. Ho lasciato che la
distanza tra di noi si riducesse quasi del tutto, senza nemmeno avere
la forza
di allontanarmi, o di chiamare un’ambulanza per Patrick.
Anzi, non mi ricordo
nemmeno più che fine ha fatto, Patrick.
C’eri
tu, e sapevi il mio nome.
«Sai
come mi chiamo?» ho domandato, quindi, un po’
timorosa. Non so cosa mi
aspettassi davvero. Forse volevo che mi dicessi che mi ero sbagliata,
che non
avevi idea di chi fossi.
Ci
saremmo risparmiati un sacco di dolore, non credi anche tu? Forse non
ci
saremmo spezzati entrambi, amandoci con così tanto ardore da
consumarci fino
all’osso. Piegati, distrutti, diversi.
«Io
ti vedo, Annie. Anche se tu non vuoi essere vista.» hai
sorriso lievemente e
agli angoli dei tuoi occhi sono comparse delle piccole rughe, quelle
che in
questi anni ho imparato a conoscere così bene.
È
stato allora che mi hai rubato il cuore. Ed io te l’ho
lasciato fare,
consenziente: sono stata tua complice. Amica, amante, fidanzata, donna.
Ma
questo è successo dopo. Prima c’eri solo tu, le
tue labbra strette dal
disappunto e i tuoi occhi feriti dal mio rifiuto.
«Non
voglio uscire con te, Liam. Fattene una ragione.»
Hai
sospirato e hai scosso la testa, senza credermi realmente. E come
avresti
potuto farlo? Ti guardavo come se fossi tutto il mio mondo. Ti guardo
così
ancora adesso, nonostante tutto.
«È
per Zayn, Annie? È per colpa sua che non vuoi?»
C’erano
un sacco di motivi per cui uscire con te non era una buona idea. Lo
sapevi tu,
e lo sapevo anche io. Ne eravamo consapevoli entrambi, eppure niente ci
ha
impedito di farlo.
Dovevamo
fermarci, Liam. Prima che fosse troppo tardi. Prima che smettessimo di
amarci.
«Zayn
è un amico, non potrei mai amarlo.»
«Potresti
amare me.»
«No,
non potrei.»
Lo
facevo già, in ogni ora, in ogni minuto, in ogni secondo
della mia stupida,
precaria e insipida vita. Ti amavo con ogni briciola del mio essere, ma
ero
terrorizzata.
Perché
l’amore fa così paura, Liam?
«Dimmi
perché.»
«Sei
più grande di un anno.»
E
poi c’era il tuo carattere, il tuo orgoglio e i tuoi occhi
dolci. C’erano le
tue mani calde, le tue spalle larghe e la tua risata contagiosa.
C’erano i tuoi
amici che ti adoravano, la tua famiglia che a volte c’era e a
volte no e c’era
anche Patrick, al quale avevi rotto il naso ed io non sapevo
perché.
E
poi c’ero io. C’erano le mie paranoie, le mie
fobie, i miei dubbi. C’erano le
mie gambe troppo piene, la mia insicurezza, le mie paure.
C’era Zayn che si
preoccupava per me, e c’era mamma, troppo apprensiva e a
volte assillante. E
c’era Jocelyn, che era così brillante e sarebbe
diventata un chirurgo entro i
prossimi due anni.
C’erano
un sacco di motivi, Liam.
«Non
me la bevo questa cazzata, Annie.»
Hai
sorriso di nuovo e ti sei inchinato in avanti per lasciarmi un bacio
sulla
fronte. Il mio cuore ha cominciato a galoppare, furioso.
Così forte che
probabilmente te ne sei accorto anche tu, vero? Cosa potevo fare Liam?
Non è forse
vero che bisogna seguire il cuore e non il cervello? Cosa te ne fai del
cervello, se non hai il sangue che scorre nelle vene, il battito
frenetico come
le ali di una farfalla e il fiato corto per le parole dette, e per
quelle
trattenute?
«Non
avere paura. Te l’ho già detto: io ti
vedo.»
Io
ti vedo, io ti vedo. L’hai sempre detto, eppure sei stato
così cieco, Liam. Non
ti sei accorto – non hai visto
– che
ci stavamo allontanando sempre di più, che il nostro amore
stava prendendo un
piega diversa, dolorosa e insopportabile. Una piega che né
tu, né tantomeno io,
siamo stati in grado di gestire.
I
let you see the parts of me
That
weren't all that pretty
And with every touch you
fixed them
«Cosa
ti spaventa, Annie?»
Il
caffè è bollente, contro il palato, ma berlo
è l’unica cosa che mi salva dalla
risposta immediata. Sapevo che ovviamente non ti saresti lasciato
ingannare. Non sono mai riuscita a nasconderti niente, nemmeno la festa
a sorpresa per il
tuo compleanno.
Sei
stato cieco, Liam, ma non completamente. All’inizio, ci
vedevi davvero. Mi vedevi.
Cosa mi spaventa?
Tu,
io, l’amore, il dolore, il pianto, la sensazione di aver
perduto tutto, il
rimpianto di non aver fatto il possibile. La vita, la morte,
l’abbandono. La
solitudine. I litigi, la rabbia, il rancore.
«Il
mio appartamento quando è vuoto, il silenzio, una pagina
bianca. Il nero, il
nulla e anche la metropolitana di notte.» ho elencato, dopo
un po’.
«Ed
io? Io ti spavento?» hai chiesto, prendendomi per mano. Ho
aspettato diversi
minuti, prima di risponderti. Mi sono concentrata sulle nostre dita
intrecciate, sulla protezione e sulla sicurezza che mi infondevi e
sulla tua
presa sicura, ma morbida.
«Tu,
Liam, mi terrorizzi.» ho confessato, sincera.
«Sono
tanto brutto?» hai provato a sdrammatizzare, ma sono certa
che avessi capito.
Perché, in fondo, anche tu eri terrorizzato.
L’amore fa questo effetto, no?
Prima ti porta in alto e poi ti fa sprofondare. Tu lo sai bene, non
è così?
Prima mi hai sollevata, e poi mi hai buttata in un baratro da cui
sembra
impossibile uscire. Non senza lasciare qualcosa indietro, almeno.
«Bruttissimo.
Assolutamente orribile.» ho confermato, stando al tuo gioco.
Non ero pronta
nemmeno io, a dire tutta la verità. Non sarò mai
pronta, forse.
«Tu
invece sei bellissima.»
«Ci
sono così tante cose che non sai di me, Liam. Cose che non
ti piacerebbero,
difetti che odio, ma che fanno parte di me. Mi odieresti anche tu, se
solo
sapessi.» ho mormorato. Non volevo che ti facessi
un’idea sbagliata su di me.
Dicevi di vedermi, ma forse guardavi solo quello che preferivi e non
tutto.
Ed
io ho fatto la cosa che ho reputato migliore per entrambi: ti ho fatto
vedere
me stessa, in tutta la mia imperfezione, nella mia paura e nella mia
piccolezza.
Ma
tu non sei scappato.
Hai
preso le mie paure, la mia ritrosità, l’insolenza,
l’arroganza, l’acidità,
persino la mia codardia e le hai accolte e apprezzate come se fossero
la cosa
migliore che ti sia mai capitata.
Non
è ritrosità, è timidezza. Non
è arroganza, è intelligenza. Non è
acidità, è
diffidenza. Non è codardia, è amore.
E
allora ho capito che non eri tu, il cieco. Ero io.
Now
you've been talking in your sleep
oh oh
Things
you never say to me oh oh
Tell
me that you've had enough
Of
our love, our love
La
stanza è buia e silenziosa, ma non fa più paura.
Il letto non sembra più
enorme, ma è perfetto per noi due, per accogliere i nostri
corpi, il nostro
amore. È perfetto per i tuoi baci, per le tue carezze, per
le tue mani ruvide e
per i tuoi sorrisi.
È
perfetto per parlare e tu non parli mai, ultimamente.
C’è qualcosa che ti
preoccupa, ma non me lo vuoi dire ed io ho paura. Sono così
spaventata, Liam.
Perché
non mi dici la verità?
Ti
osservo, disteso sul lato sinistro, con un braccio infilato sotto il
cuscino e
l’altro posato morbidamente sul mio fianco. Neanche di notte
mi lasci andare.
Le
tue labbra sono dischiuse e ogni tanto ti agiti, come se qualcosa ti
turbasse,
come se non vedessi l’ora di portare alla luce il tuo
tormento.
Succede
da tanti giorni, ormai. Ed io non posso fare a meno di pensarci, ma
quando
provo a tirare fuori il discorso, tu mi dici che và tutto
bene, che mi ami e
che sei solo stanco per colpa del lavoro. Ma non è
così e prima o poi la verità
verrà a galla. E sarà così dolorosa,
Liam.
Tanto
dolorosa da spezzarmi, da ridurmi in brandelli e da lasciarmi senza
respiro. Ti
agiti di nuovo, la presa sui miei fianchi si stringe appena e dalle tua
labbra
sfugge un mugugno incomprensibile.
«Cosa
ci sta succedendo?» domando, più a me stessa che a
te. Non mi aspetto certo una
risposta, non in questo modo. Non quando le lenzuola sono ancora calde
e la tua
mente vaga nei sogni. Spero che almeno lì tu sia felice.
Perché con me non lo
sei, non più.
«Non
ce la faccio più, Annie. Credo di averne avuto
abbastanza.»
Ed
è questo, il momento esatto in cui me ne rendo conto: non
è abbastanza. Non
sappiamo più amare, abbiamo dimenticato come si fa e questo
ha distrutto
entrambi.
Come
ho potuto lasciare che succedesse?
«Non
mi ami più…» concludo. Ti alzi,
frastornato e ancora un po’ stordito dal sonno
che forse non era poi tanto profondo. Dovrei arrabbiarmi, urlare,
tirarti
qualsiasi cosa, accusarti di essere un vigliacco, ma non lo faccio.
In
fondo, sono una vigliacca anche io. Avrei dovuto insistere, fare
qualcosa di
più, ricordarti ogni giorno quanto tu sia fondamentale nella
mia vita, quanto
la tua presenza mi faccia stare bene. Non l’ho fatto ed ora
ne pago le
conseguenze.
E
le lenzuola sono diventate gelide, come i tuoi occhi.
«Non
lo so. È che sono così stanco, Annie.»
ti strofini gli occhi e mi guardi con
dispiacere. Lo sai, che mi stai spezzando il cuore e sai anche che ti
stai
facendo male, ma non ti importa. L’unica cosa che proprio non
capisco, è come
tu abbia potuto aspettare tanto. Come hai fatto a starmi accanto, se
non mi
ami? So che non sono una persona semplice, ma tu perché non
ti sei allontanato
prima? Perché siamo arrivati a questo punto?
«Forse
dovresti andare via.» ti consiglio.
Non
c’è rabbia, non c’è odio, non
c’è astio. Solo dolore, tristezza e la sensazione
di aver perduto tutto. Non posso insegnarti ad amarmi, non di nuovo.
«Sì,
dovrei.»
Ti
guardo, mentre indossi di nuovo la tua maglietta grigia, i pantaloni
della tuta
e le scarpe, in completo silenzio. Seguo la linea della tua schiena, le
braccia
muscolose, ma non troppo, i capelli, resi più scuri dalla
luce gialla della
lampada sul comodino.
E
mi sento così piccola, impotente e inutile, che quando te ne
vai riesco solo a
piegarmi su me stessa. Non ho nemmeno lacrime.
Non
ho più niente.
Just
give me a reason
Just
a little bit's enough
Just
a second we're not broken just
bent
And
we can learn to love again
It's
in the stars
It's
been written in the scars on our
hearts
We're
not broken just bent
And
we can learn to love again
Sono
passati dodici giorni, da quando te ne sei andato. Duecentoottantotto
ore,
diciassettemila duecentoottanta minuti, un milione trentaseimila e
ottocento
secondi, da quando non ti parlo, non ti vedo e non ti ho con me.
Eppure
continuo a pensarti, continuo a chiedermi cosa abbia fatto, di male,
per
meritarmi tutto questo dolore.
Ci
ho pensato a lungo, ho avuto tanto tempo per farlo e sai
cos’ho capito? Che,
semplicemente, non siamo più capaci di amarci come prima.
Forse è stata colpa
dell’abitudine, forse è stata colpa dei tuoi
genitori, che non sono presenti
come dovrebbero o forse è colpa di mia madre, che presente
lo è fin troppo.
Forse
è colpa di Zayn, di Jocelyn, di Patrick o dei tuoi amici.
Forse è colpa mia, o
forse è colpa tua.
Oppure
era destino, no? Magari non siamo fatti per stare insieme. Le stelle
non ci
hanno mai guardato con benevolenza, nessuno l’ha mai fatto.
Secondo
i tuoi amici sono troppo timida, secondo mia madre sei troppo grande
per me.
Anche se quella dell’età è una cazzata,
vero? Me l’hai detto tu, che bisogna
guardare oltre, che le apparenze ingannano e che niente è
come sembra.
E
se invece fosse esattamente come sembra? Se io fossi troppo piccola, e
tu
troppo grande?
Se
io non sapessi amarti? E se tu non sapessi amare me?
Le
lenzuola sono di nuovo fredde, da quando non ci sei. Così
gelide, che ormai
dormo sul divano, perché ho paura di trovare il posto vuoto
accanto al mio. È
tutto freddo, in effetti. Le mie mani, la mia voce, i miei occhi.
Jocelyn
dice che sono depressa, che devo guardarmi intorno e cercare qualcuno
che mi
faccia stare bene. Vuole presentarmi un ragazzo, un certo Harry, ma io
non ne
voglio sapere. Non voglio imparare ad amare un’altra persona,
voglio amare te.
Chi
è questo Harry? Lui non ha il tuo sorriso, i tuoi occhi, la
tua voglia sul
collo. Non ha le tue mani grandi, le gambe lunghe, il tatuaggio sul
polso. Lui
non è te.
Eppure
mi basterebbe una sola ragione, un solo istante, per capire.
Perché forse è
scritto nelle stelle o sulle bende che fasciano i nostri cuori feriti:
siamo
piegati, distrutti, ma non spezzati. Non ci arrendiamo, vero?
***
«Posso
entrare?»
«Dammi
una ragione. Una sola.»
«Voglio
imparare ad amarti di nuovo.»
We're
not broken just bent
And
we can learn to love again
***
Questa
One Shot è… be’, non lo so.
E’ una delle cose più strazianti che abbia mai
scritto, non so perché, visto che alla fine non è
niente di eccezionale.
Ma
ci sono certi punti che mi fanno venire da piangere, senza nemmeno una
ragione
precisa. Sono stata molto in dubbio, ed ero indecisa se pubblicarla o
meno.
Poi
Jas mi ha detto “credo che sia una delle più belle
che tu abbia mai scritto” e
mi ha fatto il banner bellissimissimo che vedete qui sopra; Cati mi
dice “sto
piangendo. Aiuto fede vaffanculo ciao” e Ale mi legge una
riga alla volta,
praticamente e dice che è bella.
Perciò,
io l’ho pubblicata.
E
poi questa canzone è assolutamente meravigliosa. Se non
l’avete mai ascoltata,
fatelo. E’ un obbligo, sì. (Il link è
all’inizio della One Shot)
E
niente, spero che vi sia piaciuta e vi ringrazio se siete arrivate fino
a
quaggiù.
Se
vi và, fatemi sapere che ne pensate!
Un
bacio,
Fede
♥
P.s.
Per chi volesse, su Twitter sono @FTheOnlyWay
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