Mi alzo
e trovo Gioia
mi aspetta in cucina.
Mi siedo con
la cautela
propria degli anziani
il mio pasto
già pronto.
Esco con calma.
Sotto un cipresso
mi seppellisco
prima del tempo
per augurio
di buona rinascita.
Che risveglio?
Che sonno?
Forse solo silenzio
e armonia.
Salgo sul colle
che sovrasta
il paese,
paese
destinato ad estinguersi.
Costrutto mostruoso
fatto intorno
alla terra, ai fiori,
al ragno
che salta
sulle pieghe dei miei pantaloni.
Loro non moriranno
e nemmeno questi vecchi
meno nichilisti,
meno tristi,
queste zappe
rastrelli fiaschi
sporte martelli
cappelli.
Toglieteveli
per salutarli,
ma non fatelo
per il paese,
che un giorno
sarà solo macerie.
Nessuna economia
piega lo spirito
e il suo fluire
per quanto lo possa
annientare
ai nostri occhi.
Torno a casa
e non trovo più
Gioia;
cambierebbe qualcosa
dire
che Gioia è mia
sorella?
E che mia sorella
sono io
come quel ragno
che in fondo
si stava
saltando addosso.
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