Dead
and waitin' for the Black Parade
“...kaaaayyyy,
You Wear Me Out”
Il
mio I-pod cacciava le note ad un volume altissimo, strano come quella
canzone mi rendeva così su di giri, anche ora che mi potevo
accontentare solo di quella, ero felice.
Lacrime
bollenti mi scendevano dall guance, ma ero comunque contenta,
perchè
c'era almeno una cosa nella mia vita di merda che mi strappava un
sorriso non dico a 32 denti ma a venti sicuro.
Ero
arrivata fino qui, da sola, prendendo in prestito la sfascitissima
macchina del mio insegnante di bon ton. Pronta a fare l'ultima
cavolata di una vita triste e infelice. Dovevo farlo. Non potevo
perdermi la loro ultima data del tour.
Cosi
mi ritrovo a Newark, la loro città natale sotto una pioggia
battente ed un freddo che non se ne vede da anni, seduta sotto un
impalcatura a guardare le persone che sciamano via tristi e
sconsolate. La pioggia troppo forte ci ha appena rovinato la serata a
tutti.
“Siamo
spiacenti, la pioggia ed il vento hanno appena distrutto le
impalcature elettriche, per motivi di sicurezza il concerto non
potrà
aver luogo”
Un
coro di urla aveva accolto la terribile notizia che ci era stata
comunicata mezzora prima. Non poteva essere, la mia sfiga continuava
a tormentarmi, dopo essere scappata dalla mia casa nell Upper East
Side, aver preso una macchina col cambio non automatico, guidato fino
nel Jersey, solo per vederli, almeno una volta nella vita, la
maledetta pioggia mi distrugge tutto. Qualcuno deve avermi lanciato
contro una macumba o qualcosa del genere.
Non
sempre i soldi fanno la felicità.
Sinceramente
non so chi abbia detto questa frase, ma nessuno ha mai avuto piu
ragione, perchè altrimenti non mi troverei qui a prendermi
una
pioggia torrenziale per cercare di vedere una band sperando che le
loro note possano portare un po di gioia, un lampo di luce nella mia
vita fatta solo d'ombre e meschinità. Perchè si,
sono
ricca, schifosamente ricca, tanto ricca da potermi comprare tutta
Newark senza chiedere nemmeno in banca. Ma non sono libera. E' il
2007 ma io vivo nel medioevo.
“Le
donne sono buone solo a starsene a casa e curare la famiglia”
mi sembra di sentirle le parole di mio padre e di mia nonna come lama
che trafiggeva il mio piccolo cuore di dodicenne, che guardava con
occhi luccicanti ad una futura carriera da brillante ingegnere, o
medico, o scrittrice o maestra d'asilo...qualsiasi cosa, pur che mi
portasse via di li.
Ma
non è mai stato così, sono stata educata nelle
migliori
scuole d'America, ho vissuto coperta dallo sfarzo, sempre sapendo che
un giorno sarei passata dalla gabbia di casa mia a quella del mio
futuro marito.
Sembrano
pensieri alieni, eppure è vero. Loro, i my chemical romance,
dovevano regalarmi un pizzico di cielo azzurro prima del buio. Ma
sono svaniti anche loro.
Il
tifone ormai è passato, la notte del Jersey torna ad essere
chiara. Troppo tardi.
Mi
accingo a tornare a casa. A sentirmi le urla per la mia fuga, le
strilla e tutto cio che concerne il fatto che una brava signorina di
buona famiglia come me sia fuggita per venire da sola a vedere un
gruppo rock nel pericoloso Jersey.
Passando
davanti all'entrata laterale dell'arena all'aperto dove avrebbero
dovuto suonare, mi accorgo i cancelli sono aperti, potrei provare a
entrare, ma poi cambio idea, non sono una fan esagitata che deve per
forza incontrarli, è la loro musica che mi salva la vita
ogni
volta che la sento, è quella che volevo sentire.
In
quell istante mi squilla il telefonino.
Maurice
Cazzo
Merda
Non
ci posso credere.
Doveva
dormire a quest'ora, è in Francia, li è notte
fonda.
Non stava accadendo a me, no, no,noooo.
“Elizabeth,
sono Maurice”
Eccola,
la mia fine.
“Si
dimmi, è successo qualcosa?Non dovevi essere in
Francia?”
“Si
sono qui a Parigi, ma tua madre mia ha chiamato in preda al panico,
dice che non ti trova piu”
“Dove
sei?”
“Sono
in giro”
“In
giro dove di preciso?”
Perchè,
perchè, perchè? Perchè non so
raccontare bugie.
Lo devo fare ora, devo mentire.
“Sono
qui a Soho a fare un giro con Katrina”
“ELIZABETH”il
suo tono di voce si faceva pericolasamente più alto.
“Ho
appena parlato con Katrina, dice che non ti sente da
stamattina”
Dannata
assistente, le avevo detto di dire che ero con lei.
“Ora
dimmi dove sei, che mando qualcuno a prenderti, lo sai che non voglio
che ti muovi senza avvisarmi”
“Sono
a Newark, nel Jersey” non potevo trattenere le lacrime.
“Non
voglio sapere cosa stai facendo li, ne parleremo domani, quando
l'autista sarà li ti chiamerà per trovarti, vedi
di
rispondere”
“...”
“Lo
prendo come un si”
Click
La
conversazione era finita. Le gambe non mi reggevano. Sentivo ogni
parte del corpo urlare di dolore. Non avrei retto un minuto di piu.
Mi
accasciai per terra. Senza forze, senza voglia di proseguire. Di
muovermi. Di vivere.
“Serve
una mano?”
Ora
chi cazzo rompeva l'anima, non potevo nemmeno stare li in mezzo a
piangere che qualcuno doveva pretendere che mi spostassi, certo mi
sembra ovvio.
“No
grazie, mi sposto da qui, non aggiungere altro”
“Ok,
come preferisci”
Alzai
lo sguardo. Una risata mi infiammò la bocca.
Non
ci potevo credere, ero morta e stavo in paradiso, ero svenuta e stavo
sognando, la caramella che avevo in bocca doveva essere un
allucinogeno.Qualcosa di questo genere comunque.
Perchè
la persona che mi stava chiedendo se avevo bisogno di aiuto, era
Frankie, Frank Iero, chitarrista dei My Chemical Romance, e gran
pezzo di ragazzo.
Di
tutto quello che mi poteva succedere nella vita devo dire che
incontrare Frank Iero mentre ero buttata per terra di fronte ad un
arena, piangendo disperata, era l'ultima cosa che mi sarei mai
aspettata.
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