La storia che state per leggere è un lungo missing moment
di Harry Potter e il
Principe Mezzosangue dedicato, prevedibilmente trattandosi
di me, a Ron ed Hermione.
Avete presente la scena che apre il capitolo 14 del libro?
Durante la lezione di Erbologia, Hermione acenna alla prossima festa
del Lumaclub, e, in modo decisamente bizzarro, finisce per invitare Ron
a quella festa.
Sappiamo che poi non se ne farà nulla, e il capitolo 14
finisce in modo atroce per i kicker, con Ron attaccato da un nugolo di
canarini dopo essersi 'mangiato la faccia' di Lavanda Brown ed Hermione
in lacrime, ma credo che quell'invito sia davvero l'inizio di
tutto.
Dopo ci saranno una serie di avvenimenti che, sì, li
allontano per un po', ma fanno capire perfettamente, a loro prima di
tutto e poi a noi lettori, che 'E'
Ron ed Hermione' per citare una frase di mamma Rowling.
Questa storia racconta, riprendendo una frase del libro, quello che
succede nei giorni successivi (ma vedrete che la storia si sviluppa
quasi totalmente durante quello stesso giorno) a
quell'invito, quando ancora non c'era stata Lavanda,
nè
Mclaggen, nè l'incidente che li ha fatti riavvicinare.
Non cercate romanticismo, discorsi articolati o emozioni forti in
questa storia. Non ne dà.
Non nasce per questo, non è con queste intenzioni che ho
iniziato, ormai parecchi mesi fa, a scriverla. Il mio è solo
un modo, personalissimo, di rendere omaggio ancora una volta a due dei
miei personaggi preferiti in questa serie, quando ancora tutto non era
così complicato tra loro e la guerra era una cosa presente,
sì, ma anche lontana.
Quando ancora
non avevano il coraggio di toccarsi o di guardarsi negli occhi troppo a
lungo. Quando, però, dopo quell'atto inatteso, i dubbi e le
preoccupazioni di sempre iniziavano a mischiarsi in modo mai
successo
prima ad una sottile eppure euforica speranza.
Un breve viaggio alla scoperta di due degli adolescenti meglio
raccontati dalla letteratura, tra i corridoi poco illuminati e le
grandi aule del castello di Hogwarts..
Vi va?
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In
the following days
Harry osservo'
attentamente i due amici nei giorni che seguirono,
ma Ron e Hermione non sembravano diversi,
a parte il fatto che erano un po' piu' gentili
del solito l'uno con l'altra.
(Da Harry Potter e il
Principe Mezzosangue, p. 262)
1. Hermione
Parole
e pensieri di troppo
Hermione sbadigliò e si stiracchiò per bene
portando le
braccia sopra la testa. Poi si ricompose e guardò
l’orologio. Le cinque e un quarto. Mancava ancora un
po’
all’ora di cena.
Si alzò dal tavolo a cui era seduta e andò alla
finestra
più vicina. Fuori il sole volgeva già al tramonto
e le
acque del Lago Nero avevano assunto un colore caldo e intenso. Tirava
un forte vento ed Hermione immaginò che fosse gelido visto
che
in quei giorni faceva molto freddo anche se il cielo era sempre limpido
e il sole brillava oltre l’orizzonte.
Non c’erano studenti in giro, tutti rintanati nelle proprie
sale
comuni a studiare oppure in biblioteca, come lei. Solo in lontananza si
distinguevano appena alcune sagome muoversi attorno agli anelli del
campo di Quidditch.
Hermione non riusciva a riconoscere nessuno a quella distanza, ma
sapeva che lui
era là ad allenarsi con il resto della squadra in
vista della prima partita della stagione. L’aveva sentito
dire ad
Harry dopo la lezione di Erbologia della mattina.
Sospirò.
Quella lezione era stata davvero strana. Non era successo niente di
eclatante, in realtà, eppure non riusciva a non pensarci. E
il
motivo era molto semplice: un attimo prima stavano tentando di aprire
un baccello di Pugnacio,
un attimo dopo aveva invitato Ron alla festa
del Lumaclub.
Si sentì arrossire al solo pensiero.
Come diavolo le era venuta in mente una cosa del genere?
Poggiò la fronte contro il vetro della finestra e fece un
respiro profondo. Chiuse gli occhi gustando la quiete attorno a
sé.
A voler essere del tutto sinceri, non era stato proprio un colpo di
testa.
La verità era che pensava a quell’invito
dall’ultima
cena del Lumaclub, precisamente da quando Lumacorno aveva rivelato che
avrebbe dato una festa di Natale in grande stile, a cui avrebbe
invitato i professori della scuola e una serie interminabile di
personaggi famosi e potenti, la maggior parte dei quali, guarda caso,
suoi ex alunni che avevano scalato le vette del successo.
Hermione aveva sbuffato, poi, però, quando il professore
aveva
aggiunto, lisciandosi i baffi, che erano invitati anche loro e che,
ovviamente, erano liberi di invitare una compagna o un compagno, se lo
ritenevano degno di quell’onore, si era ritrovata a pensare,
che
– perché no? – avrebbe potuto chiedere a
Ron di
accompagnarla.
Un attimo dopo si era data mentalmente dell’idiota eppure,
mentre
continuava a mangiare il pasticcio di rognone che aveva nel piatto e
fingeva di trovare estremamente interessanti le chiacchiere inutili di
quella Gwenog Jones, l’idea, come un tarlo, aveva cominciato
a
farsi spazio nella sua mente fino a sembrare meno assurda di come era
parsa all’inizio.
Non ci aveva più pensato seriamente fino a quel mattino. In
un
certo senso l’aveva messa da parte in attesa di valutarne i
pro e
i contro, come era solita fare, e del resto, si era detta, a Natale
mancava ancora tantissimo tempo. Se davvero avesse deciso di invitare
Ron alla festa, avrebbe avuto tutto il tempo di preparare la cosa. Per
esempio, avrebbe potuto buttar fuori casualmente
l’invito mentre
erano da soli in Sala Comune, senza nessuno tra i piedi, magari una
sera in cui Harry si trovava nell’ufficio di Silente per una
delle sue lezioni speciali.
Hermione sorrise, staccandosi dal vetro della finestra. Non si
dovrebbero mai programmare queste cose, perché finisce
sempre
che facciamo tutto l’opposto di quello che abbiamo pensato...
Quella sera era arrivata ed Hermione l’aveva lasciata
scivolar
via. Pazienza, l’avrebbe fatto un’altra volta. Il
tempo, in
fondo, c’era ancora.
Quello che non aveva considerato era che con Ron non si potevano fare
programmi, perché quel benedetto ragazzo aveva
così tanto
potere su di lei – ed Hermione ringraziava continuamente il
cielo
che lui non se ne rendesse minimamente conto – che riusciva a
tirarle fuori tutto quello che lei, invece, voleva tacere.
Così, quella mattina, durante quella strana lezione di
Erbologia, ecco, l’aveva fatto.
Stavano parlando del Lumaclub, lei ed Harry, e Ron non aveva certo
nascosto il suo disappunto al riguardo.
Hermione aveva capito che il fatto di essere escluso da quel singolare
club aveva ferito il suo amico più di quanto lui stesso non
volesse far credere. Certo, per Hermione era una cosa assolutamente
inutile e l’unico motivo per cui frequentava quelle riunioni
era
che era stato un professore ad organizzarle e non presentarsi come
continuava a fare Harry quando invece era stata gentilmente invitata le
sembrava, in fondo in fondo, una mancanza di rispetto.
Per Ron, però, le cose stavano diversamente. Sapere che i
suoi
due migliori amici e persino sua sorella erano invitati e lui no, non
lo rendeva molto felice. Ovviamente, era dietro il sarcasmo che lui si
nascondeva.
Quella mattina Ron l’aveva presa in giro riguardo quello
strano
club. Le aveva addirittura proposto, beffardo, di invitare quel
presuntuoso di McLaggen alla festa. Probabilmente voleva solo
provocarla o farla sentire in colpa, alla ricerca di una sorta di
contorta rivalsa per quell’esclusione.
Hermione non lo sapeva.
Sapeva invece che il tarlo che fino a quel momento era riuscita a
tenere a bada, quell’idea folle eppure allettante, aveva,
infine,
preso il sopravvento.
Non era riuscita a trattenersi. L’aveva detto.
Hermione sospirò piano e osservò la vasta sala in
cui si
trovava. Madama Pince sfogliava un volume polveroso seduta dietro il
suo bancone e i pochi ragazzi che occupavano i tavoli della biblioteca
se ne stavano in silenzio, assorti, chi a leggere qualche grosso libro,
chi a prendere appunti.
Il grattare delle piume sulle pergamene era l’unico suono
presente.
Alla fine, si disse Hermione, non era stato un vero invito. In
realtà quello che aveva fatto durante quella lezione di
Erbologia era stato fare presente a Ron, anche piuttosto arrabbiata,
che stava pensando di invitare lui alla festa. Poteva bastare questo,
in effetti, ma quando lui, stupito, le aveva chiesto conferma, lei non
aveva potuto evitare di rispondergli con tutta
l’acidità
che era riuscita a mettere nella propria voce: sì, voleva (oh,
Merlino...), ma se lui preferiva, invece, sarebbe uscita
con McLaggen.
E addio inviti in serate speciali...
Hermione sospirò ancora. Non si era mai spinta
così oltre con Ron.
Dopo quella provocazione, davvero, non sapeva cosa aspettarsi. Il cuore
aveva iniziato a batterle forte, un po’ per il dispetto di
aver
tirato fuori la cosa suo malgrado, in un attacco di rabbia, ma
soprattutto per il timore che lui le rifilasse un altro dei suoi
commenti sarcastici, sfuggendo alla muta conferma che lei gli aveva
chiesto.
Aveva fatto un respiro profondo, per calmarsi, e aveva distolto lo
sguardo.
Stava ancora cercando di ricordarsi cosa ci faceva esattamente in
quell’aula, quando la voce di lui le era giunta
all’orecchio, quasi un sussurro.
“No che non
preferisco.”
Hermione scosse un po’ la testa, come a voler scacciar via il
ricordo che la tormentava ormai da parecchie ore. Tornò al
tavolo dal quale si era alzata pochi minuti prima e prese in mano la
pergamena su cui stava lavorando, con il tema di Trasfigurazione quasi
finito.
Lo scorse velocemente, facendo qualche correzione qua e là e
poi
lo richiuse con cura. Aveva ancora un paio di giorni per terminare il
compito e rifinirlo, non c’era nessuna fretta. Soprattutto,
al
momento, le riusciva piuttosto difficile concentrarsi.
Perché poi?
In fondo, lo sapeva, quello che era successo non voleva dir nulla ed
era assolutamente inutile che continuasse a pensarci. Harry li aveva
interrotti subito dopo quello scambio di battute e da quella mattina
non aveva più parlato con Ron.
Tuttavia non poteva evitare di pensare che se lei aveva, in modo strano
e decisamente inconsueto, fatto un invito, lui, in modo altrettanto
strano ed inconsueto, l’aveva accettato. Va bene, forse
proprio
accettato no, ma caspita, le aveva detto che non voleva che uscisse con
altri ragazzi! E anche se una fastidiosa vocina nella sua testa
continuava a ripeterle che McLaggen non era gli altri
ragazzi, lei non
riusciva a fare a meno di sentirsi almeno un po’ felice per
l’accaduto.
Una coppia di Tassorosso dell’ultimo anno le passò
accanto
e si diresse verso l’uscita. Si tenevano per mano e durante
il
tragitto il ragazzo prese la borsa che la sua compagna portava a fatica
e se la caricò in spalla, mentre lei gli sorrideva
riconoscente.
Hermione raccolse i suoi libri e li ripose con cura nella borsa. Le
sarebbe piaciuto se un giorno qualcuno avesse fatto la stessa cosa per
lei.
Sorrise, suo malgrado, perché quello era proprio il genere
di
frase che poteva star bene sulla bocca di ragazzine come Romilda Vane e
lei non era mai stata quel genere di ragazza.
Eppure, mentre si dirigeva verso la Sala Grande per la cena, con la sua
borsa carica di libri e uno strano sorriso che non voleva andar via sul
volto, si ritrovò a pensare che, chissà, magari
quel
giorno non era poi così lontano...
Continua...
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Una nota prima di finire:
Le parole di troppo sono ovviamente quelle che Hermione dice durante
quella lezione di Erbologia, parole che non vorrebbe farsi sfuggire e
che invece, senza che lei possa impedirlo, le escono di bocca. I
pensieri di troppo, invece, sono quelli che occupano la mente della
nostra Grifondoro e che la distraggono in modo quasi ineluttabile dal
suo studio. Allo stesso tempo, questo rimurginare sulle cose non le
è affatto d’aiuto per uscire dal dilemma che la
perseguita, per cui i pensieri, oltre che di troppo, sarebbero
probabilmente da definire anche ‘inutili’.
Chiudo questo aggiornamento ringraziando come sempre LaurenSmith, aka Encia, per l'aiuto insostituibile. Grazie mille, tesoro. ^_^
Se vi va, sarò qui la prossima settimana, con il capitolo 2. E se poi vi andasse di farmi sapere cosa vi è sembrato di questo primo capitolo, bè, non potrei che esserne felice.
Alla prossima,
patsan
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