Adoro la poesia ma impararle a
memoria a chi piace?? Niente in contrario ma è difficile. Forse questo potrà
esservi d’aiuto. L’altro giorno in classe la prof spiegava questa poesia
tristissima certo ma talmente bella che offusca la
struggente storia di questi versi e io…bhè mi sono
subito venuti in mente Ranma e Akane.
A SILVIA di
Giacomo Leopardi
Silvia, rimembri ancora
quel tempo della tua vita mortale,
quando beltà splendea
negli occhi tuoi ridenti e fuggitivi,
e tu, lieta e pensosa, il limitare
di gioventù salivi?
Ormai sono solo
ricordi mia cara Akane. Quel periodo successivo al nostro primo incontro,
quante emozioni! Ripensandoci non posso fare a meno di sorridere. E i tuoi occhi…così vivi, carichi di quella passione che solo tu
sai mettere in ogni tuo gesto, ma al contempo così timidi da farti voltare ai
miei primi sguardi d’affetto. Sembravi così felice durante quel lieto
periodo. Finzione? Forse. Ora lo so. Quanti affanni ti ho
procurato.
Sonavan
le quiete
stanze, e le vie d'intorno,
al tuo perpetuo canto,
allor che all'opre femminili intenta
sedevi, assai contenta
di quel vago avvenir che in mente avevi.
Era il maggio odoroso: e tu solevi
così menare il giorno.
Avevi
tanti difetti amore, con la cucina non potrai fare mai a meno di combattere e perdere
ogni giorno. Ma ti amo anche per questo tuo saperti
rialzare, fiera, dopo ogni sconfitta e ricominciare, ogni volta più agguerrita
di prima solo per la tua voglia di essere una moglie degna di questo nome. Volevi essere degna di me forse? Le mie sono solo illusioni poiché tu sei perfetta mentre io… Hai fatto tutto
questo per me e non l’ho mai capito. A me bastava sentire la tua voce melodiosa
provenire da sotto la doccia, giovane e con tanta voglia di vivere e costruirti
un futuro luminoso e raggiante come te.
Io gli studi leggiadri
talor lasciando e le sudate carte,
ove il tempo mio primo
e di me si spendea la miglior parte,
d’in su i veroni del paterno ostello
porgea gli orecchi al suon della tua voce,
ed alla man veloce
che percorrea la faticosa tela.
Mirava il ciel sereno,
le vie dorate e gli orti,
e quinci il mar da lungi, e quindi il monte.
Lingua mortal non dice
quel ch’io sentiva in seno.
I miei
allenamenti hanno occupato tutta la mia fanciullezza
ma da quando vivo con te spesso mi concedo attimi di lieve distrazione lasciano
i miei kata per affacciarmi nella tua vita. E vorrei prenderti con me anche solo per allenarci insieme e
poter udire la tua voce e il tuo riso senza dovermi nascondere sul tetto o
fuori la porta della tua stanza. Mentre ti alleni
emetti anche quei piccoli mugolii che tanto mi fanno eccitare. Quando sono con
te il mondo mi sorride e anche se non posso vederti
sempre mi basta fermarmi a riposare sul tetto sopra la tua stanza e saperti
vicina. Allora vedo il mare oltre l’orizzonte e i monti; ho il mondo a portata
di mano ma è vuoto senza la tua presenza accanto a me.
Contemplare le stelle è inutile senza te accanto a me.
Che pensieri soavi,
che speranze, che cori, o Silvia mia!
Quale allor ci apparia
la vita umana e il fato!
Quando sovviemmi di cotanta speme,
un affetto mi preme
acerbo e sconsolato,
e tornami a doler di mia sventura.
O natura, o natura,
perché non rendi poi
quel che prometti allor? perché
di tanto
inganni i figli tuoi?
Allora immaginavo
tanto che in un futuro non troppo lontano sarei potuto
essere felice magari in tua compagni e ripenso con tanta angoscia a quei giorni
tristi dove ogni speranza era morta come te mia cara Akane. Perché
a volte la vita si prende gioco di noi. E solo
allora ci rendiamo conto degli sbagli. Quanto tempo ho
sprecato…
Tu pria che l’erbe inaridisse il verno,
da chiuso morbo combattuta e vinta,
perivi, o tenerella. E non vedevi
il fior degli anni tuoi;
non ti molceva il core
la dolce lode or delle negre chiome,
or degli sguardi innamorati e schivi;
né teco le compagne ai dì festivi
ragionavan d’amore.
E poi la malattia. Mancava così poco al tuo
diciottesimo compleanno…e tu eri stanca di combattere. Contro
la malattia, contro i tuoi spasimanti, contro di me, contro il tuo orgoglio.
Finalmente avevi smesso di nasconderlo e con le tue compagne cercavi un modo
per render leggeri quelli che sembravano i tuoi ultimi giorni.
Anche
perìa fra poco
la speranza mia dolce: agli anni miei
anche negaro i fati
la giovinezza. Ahi come,
come passata sei,
cara compagna dell’età mia nova,
mia lacrimata speme!
Questo è il mondo? questi
i diletti, l’amor, l’opre, gli eventi,
onde cotanto ragionammo insieme?
questa la sorte delle umane genti?
All’apparir del vero
tu, misera, cadesti: e con la mano
la fredda morte ed una tomba ignuda
mostravi di lontano.
Stava morendo con
te la speranza di amarti quando finalmente la dichiarazione. Non io a te ma il
contrario. Lo sapevo che io non ce l’avrei mai fatta
sono troppo timido e testardo. Tu sei stata la mia compagna, protagonista di
tutti i miei giorni adolescenziali. Felici
insieme a te. E ora? Cosa
mi rimane? Tutto quel inutile parlare. Mi sento
colpevole. Come al solito sono sempre io che mi prendo
tutte le responsabilità. Perché ti amavo Akane e ti amo
ancora. E piango. Si, io, l’imbattibile Ranma Saotome piange al pensiero della tua mano fredda fra le mie
grandi e calde incapaci di stringerti a me e salvarti dal triste destino. E
sulle labbra le parole che mai scorderò- Ranma, ti amo ma
ora và e vivi. Vivi anche per me.- con un sorriso e l’augurio di vivere felice
si spense così il mio unico, vero e grande amore: Akane Tendo.