Nickname su
EFP:
Shi_Angel
Nickname
su Forum:
Shi_Angel
Titolo
della storia:
È una promessa
Rating: arancione
Lunghezza: One-shot
Vittima: Pacchetto n°4 Sakura
Haruno
Arma/Modo: Pacchetto H Strangolamento
Avvertimenti:
violenza
Note: AU
Note
dell’autore:
-
nota 1: Naruto
avrà prima il cognome Uzumaki rispetto a Namikaze in onore
della madre morta poco dopo il parto, per questo Minato ha voluto che
Naruto lo avesse come primo cognome.
-
nota 2: Mi
è stato fatto notare dalle giudici del contest che Sasuke
è IC, quindi mi pare giusto avvisare. Il mio, come al
solito, sarà un Sasuke teme, provocatore, geloso e
possessivo. Se qualcuno pensasse che in certi momenti sia
‘docile’(e qui rabbrividisco) consiglio di tenere
conto con chi sta parlando, perché anche il Sasuke del manga
quando era ancora al villaggio rispettava coloro che gli erano
superiori di grado.
È una promessa
Il suono degli spari
creava echi all’interno dell’ampio magazzino,
mentre le urla di Sakura s’avvertivano negli intervalli della
sparatoria a cui, a volte, si sovrapponevano.
Il biondo imprecava a
denti stretti.
La schiena era
accostata al legno delle casse che lo proteggevano inutilmente dai
colpi, visto che le pallottole le trapassavano con facilità,
provocando fori che a loro volta creavano pericolose schegge, ma almeno
lo nascondevano ancora alla vista del criminale.
La preoccupazione
saliva. Ogni urlo della rosa gli faceva stringere la presa sul calcio
della pistola, che attendeva solamente di essere utilizzata, o gli
provocava quel fremito che percorreva dolorosamente l’indice
posto sul grilletto, che lo implorava di venir azionato.
Il suo intero corpo
era rigido. L’adrenalina gli scorreva liberamente nelle vene,
facendogli diventare il respiro veloce ed affannato, mentre avvertiva
chiaramente il frenetico pompare del proprio cuore nelle orecchie. Si
stupiva quasi di non sentire lo scricchiolio dei denti da tanto li
stava serrando. Le mani gli dolevano, tanto erano contratte nel
tentativo di controllarsi per non saltare fuori da quel
‘riparo’, altrimenti si sarebbe solamente fatto
riempire di buchi.
Non poteva fare ancora
nulla. Aveva appena perso persino il numero dei colpi sparati, il suo
conteggio era rimasto a tredici, ma gli spari continuavano e
così anche le grida della collega che lo chiamava.
Accucciato
com’era dietro alle casse per via dei proiettili non poteva
vederla. Lei era nascosta dietro ad una parete in cartongesso, che si
trovava in obliquo rispetto alla sua di posizione, ma più
vicina al criminale.
Da un lato era quasi
rassicurante che il delinquente sembrasse star scaricando il caricatore
solamente su di lui, visto che la rosa era stata disarmata
all’inizio e si trovava ora ad essere indifesa. Proprio per
questo era ancora più preoccupato per la sua
incolumità ed ad ogni sparo temeva che la canna venisse
rivolta verso la giovane che era ovviamente impossibilitata a
difendersi.
Improvvisamente un
attimo di pausa più lungo degli altri.
Il biondo si
trovò ad ipotizzare che stesse sostituendo il caricatore,
uscendo così dal proprio riparo per approfittare di
quell’occasione propizia. Ma pochi istanti dopo essersi
scoperto, uscendo lateralmente dalla ‘protezione’
delle casse, quell’improvviso suono fendette l’aria.
Avvertì un
forte dolore al braccio destro e le sue ginocchia cedettero, mentre la
presa veniva meno e la pistola andò a scontrarsi col
pavimento producendo un tonfo che si propagò, in maniera
troppo lunga ed assordante per i suoi gusti, a causa
dell’acustica di quel magazzino.
Alzò lo
sguardo sul criminale che si stava lentamente avvicinando con quel
sorriso di scherno ad aprirgli il volto. La canna ancora puntata su di
lui.
Lanciò
un’occhiata a Sakura. Era rannicchiata a terra con la schiena
alla ‘parete’, le mani a coprirle la bocca.
Sembrava spaventata, ma almeno stava bene e non pareva ferita al
contrario suo.
Osservò
bene la pistola in mano al delinquente. Una Stechkin APS russa con
pallottole di 9 millimetri e con a disposizione venti colpi
più uno in canna.
Era dunque questa la
pistola che l’avrebbe dovuto ammazzare? Non si stupiva
d’aver perso il conto a tredici, ma non se lo sarebbe mai
aspettato, in fondo non è una pistola da tutti.
Questo significava
solamente che non aveva di fronte un semplice criminale come pensava,
ma un professionista.
Vide quel ghigno
ampliarsi, probabilmente l’assassino aveva capito che aveva
riconosciuto il modello di pistola e le conseguenti deduzioni, mentre
quel dito andava a premere il grilletto.
Il proiettile che
doveva attraversargli il cuore non partì mai da quella
pistola. Il killer stesso doveva aver sbagliato il conto, convinto che
gliene fosse rimasto un ultimo, altrimenti al posto del braccio
l’avrebbe colpito in pieno petto.
Il biondo dovette
ringraziare l’attimo di sorpresa del suo assalitore per
essere riuscito a recuperare la propria pistola, sebbene con la mano
sinistra. Tentò di alzare il bracco per cercare di colpirlo,
mentre il killer impugnava l’arma sottratta a Sakura e gliela
puntava contro.
L’ennesimo
sparo rimbombò nel magazzino. L’ultimo. Poi
c’era solo il rosso che si allargava velocemente sul grigio e
polveroso pavimento di cemento del magazzino, mentre in lontananza il
biondo avvertiva dei passi e le urla della rosa, che certamente non
sarebbero dovute sembrargli così lontane, assieme alle
sirene delle volanti. Avvertiva, poiché la vista si faceva
sempre più vacua.
♥♠~~~~♥♠
“Non
guardarmi così… Non è colpa mia! Come
potevo sapere che quella pausa era una trappola?! Sì lo so
che t’ho fatto preoccupare e mi dispiace, ma sono ancora vivo
no?... ”
“Non
è questo il punto. E tu lo sai. Per prima cosa non saresti
dovuto uscire lateralmente, ma quel tanto che bastava per sparargli da
sopra la cassa, o per lo meno rimanere ugualmente coperto. Sei un
poliziotto e persino un Detective Naruto. Queste sciocchezze ormai non
dovresti farle, metti solamente a repentaglio la tua
incolumità inutilmente.”
Il tono era
controllato come sempre.
Il biondo, sin da
quando aveva memoria, non l’aveva mai sentito urlare. Anche
quando la sua voce si presentava in modo autoritario come accadeva
spesso, ma bisognava anche ammettere che fosse una persona che non
parlava se non ve ne era bisogno. Parlava giusto il necessario ed in
maniera concisa, venendo quindi considerato da tutti abbastanza
taciturno, ma sapeva fare anche dei lunghi discorsi che ti colpivano
direttamente al cuore quando, per l’appunto, lo riteneva
opportuno. E lui, Naruto Uzumaki-Namikaze, se c’era una cosa
che temeva erano proprio le sue ‘ramanzine’.
Non che durassero ore
ed ore, ma temeva quello sguardo da cui continuava a tentare di
sfuggire. Le parole che gli rivolgeva erano sempre incontestabilmente
vere e lo facevano sentire in colpa in maniera disarmante. Sentiva il
suo umore sempre sotto la suola delle scarpe, specialmente per il
timore d’averlo deluso.
“Mi dispiace
Gaara.”
Riuscì a
rispondere solamente, con tono depresso, sentendo pochi secondi dopo i
passi del rosso che si avvicinavano a lui.
Non osò
alzare la testa anche quando le scarpe entrarono nel suo campo visivo,
ma si azzardò ad immergersi in quelle due gemme verde-acqua
solamente quando quella mano bianca passò tra i suoi capelli
nel gesto affettuoso che dedicava solamente a lui. Quegli occhi non
erano più freddi come quando lo sgridava, ma si erano
addolciti e gli permettevano di vedere la preoccupazione provata.
“Va bene
Naru. Che non ci sia una prossima volta. Se non avessi avuto
così tanta fortuna come oggi saresti morto, al posto di
ritrovarti con solamente un braccio momentaneamente fuori uso. Dovresti
davvero ringraziare la dea bendata per essere riuscito a centrarlo
prima che anche lui premesse il grilletto… Ora torna alla
tua postazione… Comunque puoi venire qua in centrale i
prossimi giorni, se non vuoi rimanere a casa, ma ovviamente
finché non ti sarai rimesso del tutto niente più
missioni od allenamenti. Sono stato abbastanza chiaro?”
In risposta ci fu
solamente un lieve cenno del capo, mentre la mano del rosso abbandonava
la zazzera bionda.
Gli rivolse uno dei
suoi sgargianti sorrisi ringraziandolo con un semplice, ma sincero,
‘Grazie fratellone’ abbracciandolo. Ricevendo in
risposta quello che lo faceva sentire la persona più
privilegiata del mondo: uno stiramento di labbra che era
l’unica cosa più simile ad un sorriso che Gaara
sapesse fare e che ancora era l’unico a cui veniva rivolto.
Una volta uscito
dall’ufficio del rosso si avviò verso la sua
scrivania, ritrovandosi a pensare a quanto fosse fortunato ad avere un
fratellone come Gaara. Anche se in realtà non avevano reali
legami di sangue, si consideravano fratelli ed il rosso si era sempre
preso cura di lui. Sia da piccoli, sia quando era entrato in polizia ed
aveva scoperto che invece lui era già un detective e tra
poco sarebbe salito nuovamente di grado, in tempo record negli annali
polizieschi.
Avevano quattro/cinque
anni di differenza e, sebbene gli rodesse di non essere riuscito ad
essere altrettanto ‘prodigioso’, in fondo non si
poteva lamentare essendo riuscito a divenire Detective velocemente
rispetto ad altri ed ovviamente tutto con le proprie forze, visto che
Gaara non faceva favoritismi.
“…obe!
DOBE! Ma mi senti o gli antidolorifici ti hanno nebulizzato il
cervello?”
“Ma
cos…? TEME! COME TI PERMETTI! TEME CHE NON SEI
ALTRO!!”
“Se non
senti nemmeno quando la gente ti chiama… Te ne stai
lì con quel sorrisino ebete in faccia, prima di fare delle
smorfie ridicole… Mi sembra normale trarre certe conclusioni
D.o.b.e.”
“Ero
solamente perso nei miei pensieri, o non è più
consentito nemmeno quello? Eh teme?!”
“Non quando
ci sono io Dobe” Gli sussurrò direttamente
nell’orecchio con voce roca, prima di tirarsi indietro con
quel suo solito sorrisetto da ‘io sono superiore’.
Intanto il moro
contava mentalmente fino a tre. Osservava il volto del biondino farsi
sempre più rosso, fino a quando, allo scadere del
‘tre’, questo non cominciò ad urlare
come un matto continuando ad intramezzare un ‘Teme’
ogni quattro parole massimo.
L’ufficio
assistette ormai abituato alle urla del giovane Detective biondo,
c’era chi seguiva ancora le grida, che spesso si rivelavano
apparentemente insensate e sconnesse, con divertimento e chi le
ignorava perché troppo occupato col lavoro.
Era divertente vederlo
gesticolare impazzito con la faccia completamente rossa, ma osservando
il braccio destro del collega decise di intervenire, prima che
quell’idiota peggiorasse da solo la sua situazione.
“Dovresti
calmarti Dobe, o ti devo ricordare che sei ferito?”
Il moro lo
osservò mettere quel suo solito broncio, mentre si lasciava
cadere pesantemente sulla sedia, borbottando l’ennesimo
‘Maledetto Teme’.
Passarono pochi
istanti prima che Naruto gli domandasse cosa ci facesse lì.
Istanti di cui l’Uchiha approfittò per sedersi
comodamente sulla cattedra del collega.
“Oh, sono
solo venuto a controllare come stesse il mio Dobe, visto che mi
è arrivata voce che stamattina s’è
fatto quasi ammazzare.” Il tono si era fatto più
duro al pensiero che sul pavimento di quel magazzino, in una pozza di
sangue, per un pelo non c’era rimasto il biondo invece
dell’assassino. Vedendo che il collega non accennava a
rispondere, scelse di continuare. “Sai Dobe, sono davvero
curioso di sapere per quale motivo hai deciso di rischiare di andare
all’altro mondo.”
“Ero
preoccupato, ok?!” Vedendo l’eloquente inarcarsi
d’un sopracciglio corvino decise di spiegarsi meglio.
“Era per Sakura, sai la novizia che mi hanno affidato qualche
mese fa… era più vicino di me al killer ed era
disarmata… Sasuke dovevi sentire come urlava e mi chiamava
terrorizzata durante la sparatoria. Non potevo permettere che
l’ammazzasse ed a quella che credevo la mia unica
possibilità… ho tentato.”
Terminò con una semplice scrollata di spalle che gli
costò una lieve fitta di dolore.
“Tzè
il solito Dobe.”
“EHI!!”
“Ho solo
detto la verità. A proposito credo ti convenga imparare ad
utilizzare decentemente la mano sinistra per il momento, sempre se non
vuoi che ti dia una mano io.” A quel celeste sguardo confuso
proseguì con tono malizioso, avvicinandosi al suo orecchio
per assicurarsi che nessuno degli altri agenti potesse sentirlo
“…ad imboccarti, a cambiarti, a-”
“TEMEEEEE!
Non ho bisogno del tuo aiuto! Sono in grado di arrangiarmi da solo e
volendo potrei batterti anche adesso, solo con la mano
sinistra.” L’interruppe velocemente il biondino col
volto paonazzo, agitando gli davanti il pugno sinistro come se glielo
volesse dimostrare.
“Non credo
sia fattibile, ma se vuoi tentare… Mi domando solo se
sarà d’accordo anche il tuo caro fratellone con
questa tua brillante
idea” L’osservò impallidire velocemente
con soddisfazione, prima di rincarare la dose “O ti devo
ricordare il giorno e mezzo che ti ha tenuto chiuso a chiave nella sala
degli interrogatori, notte compresa, perché gli avevi
disobbedito?”
Doveva ammettere che
effettivamente il rosso era una delle poche persone verso cui provava
un rispetto sincero. Sì, lui il grande Detective Uchiha
Sasuke provava rispetto verso qualcuno che non apparteneva alla propria
famiglia, ed ad essere onesti anche timore, visto che non ci teneva a
venir castrato dal Fratellone
del Dobe, anche se non l’avrebbe mai ammesso nemmeno sotto
tortura.
Però non
poteva fare a meno di ricordare quella volta nell’ufficio di
Sabaku. Era successo poco dopo aver cominciato a provarci col
‘fratellino’ che, una volta finito il rapporto, il
rosso, al posto di liquidarlo con un cenno del capo o della mano come
al solito, l’aveva trattenuto per chiarire delle cosette. Si
ricordava ancora le sue esatte parole.
“Uchiha,
mi sono arrivate voci di corridoio che tu stia cominciando a provarci
col mio fratellino per via di una stupida scommessa tra
colleghi.”
Lo
sguardo del rosso si posò su di lui con la sua solita
freddezza. Rimase in silenzio, non perdendo nemmeno tempo a confermare,
visto che quella non era una domanda.
Lo
vide voltargli le spalle e dirigersi verso la finestra. Osservava la
pioggia cadere o, magari, guardava in strada i pochi agenti che avevano
appena finito il proprio turno dirigersi verso le proprie auto per
tornare finalmente a casa, oppure entrambe le cose. Non lo sapeva e non
gli interessava neppure.
“Credo
sia meglio chiarire le cose Uchiha. Sarai pure un bravo Detective, ma
azzardati a far soffrire Naruto e ti posso assicurare che rimpiangerai
di non aver prestato ascolto ai miei avvertimenti. Fossi in te mi
assicurerei che non sia uno stupido capriccio, causato da questa
stupida scommessa o per via della testardaggine dimostrata dalla
‘preda’, a farti continuare. Nel caso ti rivelassi
invece serio, ti augurerei buona fortuna per i tuoi tentativi nel farlo
cedere e vi potrei concedere la mia benedizione.”
Acconsentì
con un semplice cenno del capo. Era comprensibile per certi versi,
anche se non se lo aspettava realmente.
“Ora
che ci siamo chiariti… Prenditi cura del mio fratellino
idiota, faccio affidamento su di te. Ora puoi andare.”
Dopo
il breve assenso formale mi diressi alla porta, ma prima che potessi
abbassare la maniglia la sua voce pacata ed allo stesso tempo
autoritaria mi fermò un’ultima volta.
“Uchiha,
mi raccomando, è una promessa.”
“Sì
capo.” È tutto ciò che risposi prima
d’aprire definitivamente la porta dell’ufficio ed
uscirne, portando a termine ufficialmente la mia giornata di lavoro.
Stetti ancora
lì a guardarlo per qualche minuto sorridendo felino. Lui era
rimasto pietrificato nella stessa posizione, probabilmente per via
dello shock. Scesi infine dalla cattedra, soffiandogli un ‘a
dopo Dobe’ direttamente nell’orecchio e
mordicchiandogli quasi distrattamente il lobo. Per poi andarmene
scocciato verso quella piattola rossa, che risponde al nome di Karin,
che mi stava irritabilmente chiamando ed a cui non potevo sfuggire
essendo questa una mia sottoposta.
Solo un sussurro
fuoriuscì gelidamente dalle mie labbra mentre percorrevo il
corridoio, ripensando a ciò che era accaduto al mio Dobe.
“Haruno
Sakura, ehh?”
♥♠~~~~♥♠
La notte apriva i
cancelli che portavano a Morfeo per coloro che lo ricercavano, ma
donava anche la possibilità di svagarsi a chi lo desiderava,
attendendo il ripristino della routine portata dall’alba, od
ancora donava rifugio a coloro che non conoscevano tregua.
In uno dei locali, la
cui insegna contribuiva a rischiarare la notte, vi era un gruppo di tre
giovani che discutevano ad un tavolo vicino al bancone. La musica
assordante faceva sì che le urla, portate
dall’ebbrezza dell’alcool ingerito, non attirasse
l’attenzione su di loro e sulle loro discussioni.
Era da più
d’un ora che la giovane con gli occhi verdi e lucidi
continuava a parlare a vanvera, per via dell’alcool,
lamentandosi un po’ di tutto assieme all’amica
bionda. Anche se questa la seguiva anche lei mezza sbronza. E per
finire c’era la pacata mora che, essendo astemia, non aveva
toccato nulla d’alcolico, ma che si intrometteva timidamente
solo per cercare di calmare la situazione quando questa degenerava, o
esprimeva i suoi pareri con la voce bassa ed insicura.
Era più o
meno l’una quando le ultime lamentele uscirono dalla bocca
della rosa, con gli occhi dello stesso colore d’una foglia
ricoperta di rugiada.
“Perché!!!
Non è giusto! Dovrebbe guardare me, mica
quell’inutile biondino!!”
“Io te
l’avevo detto fronte spaziosa, avevi più
possibilità d’attirare l’attenzione
dell’Uchiha se fossi andata a fare le autopsie, piuttosto del
Detective. Non ci sei affatto tagliata, ma tanto non ci dai mai retta,
non ho forse ragione Hinata?”
Rispose
tranquillamente la bionda col suo solito tono un po’ spaccone
nella voce, portandosi il boccale alle labbra. Mentre la mora si
limitava ad un timido assenso del capo Ino insistette, forse per via
dell’alcool, ignorando lo sguardo infuriato
dell’amica d’infanzia.
“E poi non
capisco di che ti lamenti. Uzumaki è ugualmente un bel pezzo
di ragazzo, sei stata fortunata a finire nella sua squadra. Tanto non
saresti mai capitata in quella d’Uchiha e poi lo vedi
ugualmente più spesso di tutti, visto che è
sempre appresso al biondo… Ho sentito d’una
scommessa, mi domando come stia procedendo ihihich” Un
singhiozzo terminò la sua risatina.
“MA QUALE
FORTUNA E FORTUNA! Sasuke vede solo quel maledetto biondino! Non
m’interessano le qualità di Naruto, io voglio che
Sasuke guardi me, solo me! Quel maledetto è sempre tra i
piedi, se non ci fosse sono certa che Sasuke sarebbe mio! Eppure non
pensavo che fosse così duro a morire. Ma quale
professionista e professionista, quel deficiente mi ha trovato un
idiota che non sa nemmeno tenere il conto dei propri proiettili e io
che l’ho pure aiutato. È meglio che mi trovi una
soluzione il prima possibile o lo rispedisco al fresco!
Tzè, perché devo sempre avere a che fare con
incapaci?”
Le due stettero in
silenzio ascoltando l’amica, ma non capendo che stesse
dicendo, pensando poi d’accantonare la cosa considerandola
uno dei vaneggiamenti insensati portati dalla sbornia.
Ma al bancone qualcuno
non la pensava così.
Aveva ascoltato per
tutto il tempo la discussione del trio, prestando più
attenzione ai ‘vaneggiamenti’ della rosa,
sorseggiando con tranquillità il suo Rusty Nail dal gusto
nobile e profondo.
Rimaneva lì
all’angolo del bancone con quel bicchiere in mano a
sorseggiare il liquido ambrato che circondava il ghiaccio. Quasi
crudele il fatto che il nome di quel cocktail significasse chiodo
arrugginito. Quella sua punta di dolcezza data dal Drambuie e
l’aroma del Whiskey che s’armonizzavano nel
bicchiere, per poi diffondersi con complessità sulla lingua.
Pareva che nessuno lo
vedesse, era ormai da anni un maestro nel divenire come
un’ombra che non veniva notata o registrata, sebbene la
normalità avrebbe richiesto il contrario. Non
l’aveva fatto perché Haruno era entrata in quel
locale, quella era stata una coincidenza, era solamente una sua
abitudine. E come un’ombra nessuno notò quando
lasciò il bancone per seguire il trio che abbandonava il
locale. Solamente quel bicchiere, con all’interno
ciò che rimaneva del ghiaccio che luccicava sinistramente
sotto quelle luci, ed i soldi del conto abbandonati sul bancone erano
l’unica traccia rimasta del suo passaggio.
♥♠~~~~♥♠
Il suono della voce
dell’Haruno era divenuto rauco, era chiaro che le bruciasse
la gola a furia d’urlare ed implorare pietà. Tagli
più o meno profondi laceravano la pelle e le imbrattavano di
rosso gli abiti. Seduta su d’una sedia, con le mani bloccate
dietro lo schienale.
L’ennesimo
grido, l’ennesima implorazione e l’ennesimo dito
che si tingeva di cremisi, tra cui risaltava l’osso della
falangetta di un inquietante bianco.
Le lacrime che
scorrevano sul volto della ragazza sembravano non avere fine. Gli occhi
erano tanto gonfi che quasi non si vedeva l’iride annebbiata
od il bulbo oculare che s’era ormai tinto di rosso.
Ormai la rosa aveva
perso persino la percezione del tempo. L’effetto della
sbornia le era stato portato via ore ed ore fa dal dolore, dalla paura,
mentre stava costretta a sedere su quella sedia di legno che pareva
mezza scassata, sebbene avesse resistito per tutto il tempo. Lo sguardo
annebbiato era fisso su quel pavimento sporco di quel colore scarlatto.
Poteva urlare quanto
voleva, il suo ‘aguzzino’ glielo aveva detto
chiaramente, tanto nessuno sarebbe venuto ad aiutarla in quel magazzino
abbandonato, dove il giorno prima c’era stata
l’aggressione. Ora stava lì a vedere il suo sangue
che si sovrapponeva a quello rimasto del mercenario, tanto la
‘scena del delitto’ era stata liberata
definitivamente poche ore prima che lui la portasse lì.
L’ennesimo
dolore e l’ultimo dito che le rimaneva ancora del suo normale
color rosa si tingeva di scarlatto ed il bianco si presentava
insolente. Prese un po’ di coraggio, sebbene le paresse
d’avere la gola in fiamme e con le poche forze che le erano
ormai rimaste riuscì a gracchiare quel
“Perché?”.
La rosa lo
guardò con fatica mentre raccoglieva il sangue che
gocciolava dalle sue dita in un piccolo contenitore che si poteva
tranquillamente chiudere senza temere che il suo contenuto si
rovesciasse. Era di plastica leggermente opaca, ma si vedeva
chiaramente il rosso che ne tingeva le pareti interne.
Lo vide chiudere il
piccolo contenitore, il volto ancora impassibile. Non l’aveva
nemmeno degnata d’uno sguardo, così insistette.
“P-perché?...
T-tutto questo è per Uzumaki, vero?! Cos’ha di
così speciale?!!”
Il terrore invase il
suo corpo già sconquassato dai tremiti di dolore quando
quello sguardo gelido si posò su di lei, facendole
desiderare di non aver parlato.
Il suo volto era
rimasto impassibile, come lo era stato anche durante le torture che le
aveva inflitto. Il suono improvviso di qualcosa che
s’incrinava, si frantumava, risuonò
nell’aria, seguito subito dalle grida straziate.
Si muoveva come se
attorno a lui non stesse succedendo nulla. Si allontanò quel
poco necessario per raggiungere la cassa sopra cui erano posati tutti i
suoi ‘attrezzi’. Lo guardò tornare con
passo lento, permettendole di vedere del semplice tessuto nero tra le
sue mani guantate.
Non passò
molto che avvertì la stoffa di una cravatta avvolgerle il
collo, come quella della sua uniforme, che pian piano si stringeva.
Presto l’aria cominciò a mancarle, la stretta si
faceva sempre più salda comprimendole la gola. La vista le
si era ormai del tutto sfocata, mentre quella voce fredda e calma le
giunse alle orecchie.
-È una
promessa.- ripeté mentalmente solo quelle ultime tre parole,
mentre vedeva il nero sostituire il rosso.
♥♠~~~~♥♠
Era in ufficio prima
dell’inizio del suo orario lavorativo, come tutti i giorni,
quando il telefono squillò.
La voce della sorella
si faceva avvertire agitata, mentre l’informava di un
cadavere ritrovato nel bosco da una giovane che faceva jogging. Il
sopracciglio gli si arcuò in maniera molto esplicita sebbene
nessuno lo potesse vedere.
“Cos’ha
questo di così speciale da richiedere la mia
presenza?”
Domandò con
tono piatto, mentre avvertiva il respiro di Temari bloccarsi, come se
temesse di parlare.
Sospirò
rumorosamente prima di avvisare la ragazza di prepararsi ed anticiparlo
per dare un’occhiata generale al corpo, lui sarebbe sceso tra
pochi minuti e l’avrebbe raggiunta con Kankuro; per poi
riattaccare.
Finì
velocemente di controllare alcune pratiche e lasciare le direttive per
evitare l’eventuale caos portato dalla sua assenza.
Scese con passo lento
dalle scale, sistemandosi la giacca, vedendo suo
‘fratello’ mentre provava a rimorchiare la giovane
al bancone d’ingresso, per poi scattare
sull’attenti una volta che l’ebbe notato.
♥♠~~~~♥♠
Dopo aver visto il
corpo non gli fu difficile capire perché i piani alti
avessero chiesto esplicitamente di lui per quel caso.
I poliziotti di turno
erano parsi sollevati quando l’avevano visto arrivare, chi di
potersene finalmente andare il più lontano possibile da
lì, chi della sua presenza.
Non aveva comunque
battuto ciglio quando lo avevano condotto al corpo, capendo anche
perché Temari era così reticente: avevano
ammazzato un poliziotto.
Osservò il
corpo esanime dell’Haruno. L’esibizione inusuale
del corpo faceva certo intuire l’accuratezza con cui era
stata montata la scena, come se stesse tentando di fare
un’opera d’arte. Sembrava quasi una bambola rotta
in quella posa.
Il corpo lievemente
rialzato da terra pareva come impigliato in una ragnatela di fili che
laceravano la pelle mentre lo sostenevano ai rami.
Si legavano sulle
articolazioni alzando il polso destro, facendo però piegare
la mano ad accostare la testa. Il sinistro invece era lascio
più basso e più lontano, con il gomito che veniva
alzato al livello dell’altro polso. Mentre
l’articolazione angolare dell’arto destro veniva
tenuta il più distante ed in alto che l’anatomia
potesse concedere.
Osservando meglio
l’avambraccio destro si poteva notare una sporgenza che
perforava persino la pelle con un puntino bianco, mentre nel sinistro
questa strana conformazione era presente sulla parte del braccio. Le
dita erano lievemente contratte ed incrostate d’una sostanza
rossiccia.
Gli arti inferiori
invece erano avvolti strettamente da quei fili trasparenti,
così da tenerli uniti, a partire dalla coscia, sino a
giungere alle caviglie ed ai piedi, affondando nella carne durante
tutto il suo percorso, tenendo i muscoli tesi ed irrigiditi in quella
posa.
Sulla pelle
bianca-grigiastra risaltavano i tagli cremisi-violacei che la
ricoprivano e che si vedeva non essere dovuti alla
‘ragnatela’ che l’avvolgeva. Gli abiti
ormai rossicci e quasi brandelli facevano intravedere la carne con cui
s’immergevano e quasi si compattavano.
Una cravatta nera
annodata alla perfezione risaltava attorno al collo, l’unica
cosa in perfette condizioni che avesse indosso, oltre a non essersi
ormai tinta di rosso.
Persino il capo era
stato messo in posa. Lievemente inclinato verso destra a posarsi sulle
dita.
I capelli, che era
solita tingersi di rosa, avevano delle ciocche che s’erano
sporcate a loro volta con qualcosa d’un color
marrone-rossiccio.
Gli occhi erano
sgranati dal terrore e resi opachi dalla morte. Tra le ciglia erano
ancora imprigionate delle lacrime che avevano tracciato a lungo il
volto, come dimostravano le scie che si riuscivano ancora a vedere
grazie alle linee nere del trucco della ragazza.
E, come tocco finale,
la bocca che era stata certamente spostata così da farla
socchiudere, mentre le labbra erano state dipinte di rosso. Certamente
col sangue a notare dal piccolo rivolo era sceso dall’angolo
sinistro del labbro, facendo così dedurre che
l’assassino fosse destrimane e non mancino.
Spostò lo
sguardo sulla bionda che, mordendosi il labbro, aveva atteso il suo
cenno per parlare.
“Sembra che
il decesso risalga a poche ore fa, ma per esserne certa dovrei prima
fare le mie analisi… di certo la tortura è durata
ore a giudicare dai tagli e dal colore degli ematomi, oltre ai
differenti incrostamenti di sangue. Tuttavia al momento posso presumere
che la causa definitiva del decesso è lo strangolamento a
giudicare dal segno nascosto sotto la cravatta che
l’assassino le ha messo post mortem. Chiunque sia stato
è uno che conosce bene l’anatomia umana: ha
evitato vene ed arterie principali così a evitare che
morisse per dissanguamento durante quella che sembra una lunga serie di
torture.”
“Quelle che
l’avvolgono sono fili di pianoforte?”
La sorella parve
sorpresa dalla domanda, che era in realtà solo una richiesta
di conferma che lei gli diede, domandandosi ancora una volta come il
fratello potesse essere così freddo e calmo anche davanti ad
uno spettacolo del genere.
Vide Kankuro
avvicinarsi di fretta per avvertirlo del ritrovamento d’un
pennello sporco di sangue trovato poco distante.
Tutto lo videro
avvicinarsi al corpo componendo un numero, ma nessuno osò
avvicinarsi per ascoltarne la conversazione. Sussultando quando, una
volta terminata la chiamata, si voltò verso di loro
ordinando di tirare giù il corpo se avevano terminato con le
foto, in modo tale che il medico legale potesse esaminarlo, per poi
salire in macchina ignorando il fratello che lo seguì
velocemente.
Ignorando infine il
maggiore che gli chiese dove erano diretti, facendogli comprendere che
doveva stare zitto.
♥♠~~~~♥♠
Entrò
sicuro nell’edificio, proseguendo dritto nel corridoio a
sinistra sino a voltare infondo a destra ed entrare nella quarta porta
dallo stesso lato, dando direttive al fratello.
Quando
entrò nella stanza vi era un ragazzo con gli occhi ed i
capelli rossicci che in qualche modo gli somigliava, anche se era
chiaramente più grande di lui.
“Devo
ammettere che mi ha stupito la tua richiesta, comunque ho quello che
volevi… noto che non li hai ancora perdonati. Gaara, sono
pur sempre i tuoi fratelli.”
“Fratellastri
Sasori, fratellastri. Comunque ti ringrazio per tutto e mi scuso per il
poco preavviso.”
“Nessun
problema. Vienimi a trovare qualche volta, ok cuginetto?” Gli
domandò porgendogli dei fogli.
“Vuoi farmi
conoscere quel biondino che correva sgolandosi nel chiamarti?”
Un sorrisetto
increspò le labbra del maggiore.
“Non ti si
può nascondere realmente nulla. Mi raccomando, prenditi cura
anche di te stesso qualche volta”
Furono le ultime
parole del cugino prima che lo lasciasse da solo in aula, a prepararsi
per la successiva ora di lezione.
Richiamò
Kankuro per lasciare l’istituto di belle arti Akatsuki e
tornare alla centrale, impartendogli già le direttive delle
mosse che avrebbe dovuto eseguire.
♥♠~~~~♥♠
Passarono le ore ed il
rosso era incastrato tra indagini, burocrazia e la caccia che i piani
alti stavano facendo per tentare d’incontrarlo, felici di
sapere che avevano già un sospettato quasi assicurato come
colpevole.
Solamente quando non
gli restava che attendere andò a controllare la situazione
del commissariato.
Tutti si erano
informati delle torture subite dalla collega: bruciature, ossa rotte,
tagli, lacerazioni, estirpazione delle unghie e della parte finale
delle dita, a quanto pare certe ferite erano state anche bagnate con
acidi, traumi e per finire lo strangolamento, oltre alla perdita di
sangue.
Le due amiche che
facevano i medici legali erano ancora singhiozzanti, come quando erano
venute a riferirgli dei discorsi della rosa l’ultima volta
che l’avevano vista. Naruto pareva incredulo e variava tra
momenti d’ira e momenti di smarrimento, tutti ovviamente
sopportati e gestiti dall’Uchiha.
Ma da una cosa tutti
parevano rassicurati: il caso era assegnato a lui, quindi il colpevole
sarebbe stato catturato velocemente.
Quando lo notarono li
avvertì che entro pochi minuti il presunto colpevole sarebbe
stato scortato nella stanza interrogatori e che lui stesso
l’avrebbe gestito.
Solamente Naruto e
l’Uchiha rimasero vicino a lui, chiedendo chi fosse e quali
prove avesse.
Non avendo voglia di
parlare permise a Kankuro di intromettersi fieramente, visto che aveva
finalmente capito la strada percorsa dal fratello. Oltre al fatto che
questo, spazientito dalle sue continue domande, glielo aveva brevemente
esposto durante il viaggio di ritorno dall’accademia Akatsuki.
“Bisogna
tenere conto che il corpo era stato ‘preparato’ con
estrema attenzione: questo porta a supporre che l’assassino
ha una tendenza a credersi ‘un’artista’.
In più lo strangolamento è un tipo morte
perpetrato da chi ha motivi personali e questo ci porta a considerare
che conoscesse ed avesse un legame abbastanza forte con il suo
assassino.
In zona ci
sarà al massimo un negozio che vende fili di pianoforte e se
qualcuno dovesse richiederne una simile quantità darebbe
certamente nell’occhio e sarebbe quindi ricordato con
più facilità. Allora come può esserne
entrato in possesso?”
Fece una pausa che
doveva essere ad effetto fissando il biondo, che era l’unico
che pareva come pendere dalle sue labbra, per poi continuare.
“Gli unici
in zona ad avere sia pianoforte, sia attrezzature messe a disposizione
degli studenti è l’istituto d’arte
Akatsuki, così Gaara ha chiesto a Sasori di fornirgli degli
elenchi.”
“Chi
è Sasori?” domandò curioso Naruto
fissando il rosso per qualche attimo prima che questo si decidesse a
rispondere.
“È
mio cugino. Insegna lì.”
“Ehm...
stavo dicendo… che in più ricontrollando i casi
in cui è stata coinvolta l’Haruno abbiamo notato
delle piccole manomissioni fatte da lei e che scagionavano il
‘sospettato’. In più il tutto
è stato accertato grazie alle testimonianze delle amiche che
ci hanno informato della discussione che ha fatto l’ultima
volta che l’hanno vista, fornendo così la
motivazione visto che l’Haruno aveva minacciato di far
saltare fuori tutto e di spedirlo in prigione.
Questo dovrebbe essere
tutto in grandi linee se non sbaglio… e poi è
stato così preso dalla fuga che ha persino perso uno dei
suoi pennelli vicino al corpo. Errore da principianti.”
Terminò tronfio.
“La
poliziotta non era proprio immacolata” aveva infine
assicurato anche l’Uchiha, per far capire al biondo che era
inutile colpevolizzarsi o rattristarsi troppo.
“Probabilmente
questa è stata la soluzione migliore, non preoccuparti. Ora
va pure dai tuoi colleghi Naruto e sta attento a non fare
danni.”
Intervenne anche lui
con voce che lasciava trasparire affetto fraterno, mentre gli
scompigliava la zazzera bionda, prima di vederlo fare come gli aveva
detto. E con un cenno freddo del capo fece allontanare anche il
fratellastro.
Quando rimasero soli
l’Uchiha volle semplicemente accertarsi se la rosa centrava o
meno con l’attentato subito due giorni prima da Naruto,
ricevendo da lui solamente un cenno affermativo.
Tutti osservarono Sai
Shimura, figlio del politico d’estrema sinistra Danzo
Shimura, entrare scortato da Kakashi Hatake e
‘sfilare’ sino alla sala interrogatori. Attendevano
che li raggiungesse per vederlo mentre lo faceva crollare, ottenendo
così una confessione come di consueto e lui non intendeva
certo venir meno al loro programma.
Guardò il
detective di fronte a lui per riferirgli ciò che doveva
ricordare prima che andasse a compiere il proprio dovere.
“Prenditi
cura di lui Uchiha. Ricordati, è una promessa.”
“Sabaku, tu
a chi l’hai fatta?”
Passarono pochi attimi
di silenzio, in cui lo sguardo si spostò sino a posarsi sul
biondo che discuteva in mezzo a Nara, Inuzuka e Hyuuga.
La sua mente
tornò al passato in cui non aveva un posto da chiamare
realmente casa, perché era un figlio illegittimo. Le botte
al posto delle carezze e lo scherno al posto della premura. Sino a che loro non si
trasferirono. L’avevano trattato come un figlio, facendogli
comprendere cosa fosse l’affetto. Non doveva essere stato
facile trattare con lui, specialmente con tutte le barriere che si era
eretto attorno, ma loro l’avevano fatto non volendo lasciarlo
abbandonato a se stesso. Ricordava lo sguardo preoccupato che gli
lanciavano ogni volta che doveva tornare in quella casa piena di
sconosciuti che eppure era costretto a rispettare.
Lo avevano anche
portato all’ospedale assieme a loro per farlo partecipare
alla nascita del loro vero figlio ed era stato quel giorno che gli fece
quella promessa. Non aveva importanza che avesse solo quattro anni, lui
comprendeva benissimo ed aveva accettato anche per ripagarli di tutto
quello che avevano fatto per lui. Tutto, persino la propria esistenza,
veniva dopo la vita, la felicità e la sicurezza di Naruto.
L’aveva promesso anche a se stesso, ma non credeva che
qualcuno lo riuscisse realmente a capire, considerandola solo una
promessa di un bambino che non conosce le conseguenze delle proprie
azioni.
Ma lui in fondo non
era mai stato un bambino ed aveva dovuto imparare sin
dall’inizio quali fossero le conseguenze delle azioni e delle
parole. Ma nessuno a parte i coniugi Namikaze l’avrebbe mai
capito.
“Ai suoi
genitori.”
La sua voce giunse
bassa alle orecchie del moro, mentre l’osservava voltarsi per
raggiungere il sospettato e cominciare l’interrogatorio.
Lo fermò
un’altra volta, la voce bassa per non farsi sentire da nessun
altro.
“Quindi sei
stato tu.”
“Non so di
che stai parlando Uchiha. …Non c’è
bisogno di preoccuparsi. Stagli accanto nella luce,
dell’ombra continuo ad occuparmene io.”
Detto questo si
allontanò verso la sala interrogatori. Le labbra gli si
sollevarono in un ghigno che non vide nessuno, mentre le urla e le
preghiere dell’Haruno gli tornarono alla mente.
Caso
concluso.
Angolo
della Sadica Sanguinaria
Rieccomi tornare
dopo...due anni sul fandom di Naruto.
Spero che mi farete
sapere anche il vostro parere.
Comunque sia questa
shot l'ho scritta per il contest 'Naruto Bloody Contest: Come suonano
le tue ossa?' in cui mi sono classificata 4° su cinque partecipanti, ma a cui ho
ottenuto il premio per il miglior detective per il mio Gaara ^-^
(ho dovuto aggiungere un P.S. che si trova dopo i risultati, se non siete interessati hai risultati vi pregherei comunque di saltarli e leggere il mio P.S. grazie)
spero che mi lascerete
i vostri pareri, e se vi interessa qui di seguito ci sono i parametri
ottenuti dalla mia storia, così da poter approfittarne
ancora per ringraziore ancora una volta le giudice per il tempo che
m'hanno concesso.
Quarta
classificata: È una promessa di Shi_Angel
Ortografia
e grammatica: 13,9/20
Hai fatto abbastanza
errori.
Vi sono poi frequenti
errori di consecutio temporum, in cui dovresti usare il congiuntivo, e
di distrazione, che hanno sicuramente aiutato ad abbassare il
punteggio.
Stile
e Lessico: 10/14
In linea generale
è scorrevole e gradevole da leggere, tuttavia in alcune
parti hai usato delle frasi troppo complesse e difficili da
comprendere, sei andata ad incastrarti in un giro di frasi contorte
senza le quali il punteggio sarebbe stato sicuramente molto
più alto. Il lessico di cui ti sei servita è
adeguato e ben utilizzato.
Intreccio:
8,5/10
L'intreccio rispetta
in modo complessivamente pertinente le richieste, all'inizio era anche
avvincente, tuttavia con il procedere si perdeva interesse per la
storia, per poi alla fine riscatenare un po' d'interesse, questa
discontinuità ha penalizzato il punteggio, il che dispiace
perchè come idee c'eravamo ed era ben pensata come storia.
Originalità:
8,5/10
Il colpevole
è stata una vera perla, mai avrei sospettato di lui! Anche
il movente è molto interessante ed è diverso dai
soliti schemi fissi e/o tradizionaliste che di solito vengono proposti.
La storia non è minimamente banale è
c'è sempre questa sottile linea di demarcazione che divide
la luce dalle ombre che mi è particolarmente piaciuta.
Legame
vittima-assassino: 7,5/13
Sicuramente non
c’è nessun legame forte fra Gaara e Sakura, che
non sono certamente da definirsi “amici”.
Ciò che ti ha penalizzata è però il
fatto di aver utilizzato due personaggi che, comunque, si conoscono nel
manga. Si sono incontrati infatti numerose volte nel corso della
storia, e Gaara è anche un caro amico di Naruto, compagno di
team di Sakura.
Efferatezza
del delitto: 12/13
Cara mia, questo punto
l’hai azzeccato sicuramente. La povera Sakura (che
sicuramente non ami, a quanto pare xD) è morta in un modo a
dir poco splatter e da vero thriller. La lenta tortura che precede la
morte, i fili di pianoforte a tenere il suo corpo sospeso, e alla fine
lo strangolamento, per mezzo di una cravatta. Perfetto, direi ;)
Gradimento
personale: 7,5/15
9/15 SunliteGirl:
La tua storia mi è piaciuta abbastanza. L’ho
trovata interessante, ricca di suspance e colpi di scena degni di un
thriller. La doppia faccia di Gaara, il segreto che si cela dietro la
sua figura, con il suo affetto morboso nei confronti di Naruto, suo
fratello, che ha promesso di proteggere. Hai creato davvero un
personaggio interessante, pur rimanendo I.C. Inoltre, la descrizione di
Naruto è stata a dir poco perfetta, quello era lui di certo,
e hai accompagnato il lettore alla conclusione mantenendo sempre e
comunque un’aura di mistero, fino al colpo finale.
L’unica pecca è Sasuke. Non ho nulla contro il
SasuNaru, anzi, in certi casi mi piace come coppia, ma penso che tu
abbia stravolto troppo il carattere di Sasuke. Quel ragazzo non
morderebbe l’orecchio di qualcuno, in pubblico tra
l’altro, nemmeno dopo quarant’anni di fidanzamento
xD In ogni caso non mi è dispiaciuta, anche se starei
più attenta alla grammatica e ai periodi, in quanto in
alcuni casi erano un po’ contorti. Per riprendere una frase
della tua storia, “giudizio concluso” ;)
6/15 Bani chan:
Sicuramente molto ben congegnato, tuttavia sono rimasta più
volte perplessa sulla figura di Sasuke, per carità anche a
me piace ogni tanto un Sasuke "tenero e affettuoso" però in
questo contesto stonava incredibilmente, anche perchè
caratterialmente Sasuke io lo immagino come il "bello e tenebroso" con
quella sua pacatezza e l'aria tranquilla, non me lo riesco sinceramente
ad immaginare mentre morde l'orecchio ad una persona, soprattutto se
è Naruto, e ancora di più se si è in
un luogo accessibile al pubblico, a mio avviso Sasuke è una
persona più intima e riservata che non reagirebbe mai in un
modo simile.
Totale:
67,9/95
P.S. mi è stato proposto di fare un piccolo spin off sul passato di Gaara, solamente che non mi pare il caso di farlo se poi non interessa quasi a nessuno, quindi vorrei sapere a quanti effettivamente interesserebbe, così da saper se ne vale la pena o meno. Ovviamente se è una cosa che interessa ed è attesa lo scriverò anche se più avanti vista la mia mancanza di tempo attuale. spero di non essermi dimenticata nulla e spero che la storia vi sia piaciuta, spero d'ottenere presto le vostre impressioni ed i vostri pareri. grazie ancora per l'attenzione
|