Un fidanzato dabbene

di Una Certa Ragazza
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Girellando nella categoria "concorsi originali" del forum di EFP ho trovato il concorso "Slasher si nasce, scrittori di slash si diventa", e ho deciso di partecipare perchè mi è piaciuta molto l'idea che ogni partecipante si dovesse ispirare ad una frase di un film di Totò.

Questa flashfic è incentrata su Enzo, co-protagonista di un mio romanzo. Dal momento che nel suddetto romanzo non ho mai direttamente narrato il momento in cui entra in casa dei suoi per dichiarare la sua omosessualità, ho deciso di fare ammenda qui.




 

Un fidanzato dabbene

 

"L'educazione tante volte è vigliaccheria"

Totò e Peppino divisi a Berlino

 

Era un dicembre falso, di quelli senza neve ma in compenso con troppo vento, ed Enzo marciava verso casa come se avesse l'intenzione di dar battaglia alla villa di mattoni gialli con il giardino ben curato, le siepi ben potate, il vialetto ben fatto.

Era tutto così tremendamente ben.

Benestante. Benpensante. Perbenista, benevolo, beneducato.

Oh, cielo, che cosa stava per fare!

Bastava pensarci perché la vista gli si velasse, mentre il cuore iniziava a dolergli – solo un po', ai margini – e le sue ginocchia provavano un'inspiegabile attrazione per il suolo, soprattutto adesso che era praticamente davanti alla porta.

Ma c'era Davide.

Allungò una mano verso di lui, che per qualche motivo era rimasto un po' indietro, e trovò le sue dita fredde, distanti. Quasi non risposero al suo tocco.

Enzo si voltò del tutto, smarrito «Che c'è?» disse, e senza preavviso sentì che aveva voglia di battere i denti e di tremare. Forse anche le sue ossa erano diventate vento, oppure il suo sangue.

«Beh non... Non è bello entrare così in casa tua, tenendosi per mano e tutto.»

Enzo rise, e forse rideva di nervosismo «E allora come vogliamo entrare?»

«Io non voglio entrare.»

Enzo sospirò «Avanti, Davide, che c'è?» ripeté «Davvero, intendo.»

«Lo sai che c'è.» disse Davide, un po' secco un po' smarrito anche lui «Ne abbiamo già parlato: stasera non è proprio il caso...»

«Perché, stasera che sera è?» fece Enzo, e se fosse stata una persona diversa – uno di quelli arrabbiati con il mondo quasi che ci fosse sempre qualcosa da mordere, uno di quelli che avevano sempre un concetto da dimostrare alle altre persone – lo avrebbe detto con aria di sfida e occhi di brace. Invece disse quella frase tranquillamente, come se davvero non capisse dove stesse il problema.

«Oltre quella porta ci sono i tuoi genitori, tutti i tuoi parenti... è Natale. Gli daresti un dispiacere, proprio stasera. E poi, entrare così... Insomma, non è educato.»

Educato.

Gli occhi di Enzo si spalancarono di botto al suono di quelle parole. Si chiese, con la distrazione dovuta alla sorpresa, come aveva fatto Davide a stare con lui fino a quel momento senza capire che non si vive, non si ama in punta di piedi per non disturbare gli altri, e che quando gli altri fingono di non vederti e di non sentirti per anni allora è per te solo che parli, che a loro dispiaccia o no.

I suoi baci, i suoi sguardi fondi in cui perdersi, il suo poggiargli la mano tra lo zigomo e l'angolo del viso... Eppure non lo aveva mai capito.

Allora si voltò. Non c'erano giustificazioni da dare né pensieri da formulare, era rimasta solo un'azione necessaria da compiere: percorse ad ampie falcate gli ultimi metri di vialetto e infilò la chiave nella toppa.

Senza aspettare un permesso spinse forte la porta, e sulle sue labbra già aleggiavano le parole che aveva da dire.

Mamma, papà, sono quello che chiamate un finocchio.






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