Nestol
Luce elfica nella Foresta di Notte, Beleg Cùthalion
riposa.
Se Tùrin potesse ascoltare, sicuramente il rumore del vento
tra le foglie non lenirebbe il dolore del suo cuore - se nel suo petto c’è ancora qualcosa
che batte - , né potrebbe distoglierlo dalla contemplazione di quegli occhi
grigi che, ancora, non ha il coraggio di chiudere.
Tra i rumori di una foresta in cui anche gli Elfi tremano,
Tùrin figlio di Hùrin giace, attonito.
Una superstite lampada di F?anor, accuratamente custodita
durante la sua fuga, diffondeva su di loro una costante luce cerulea, come un
leggero velo di lacrime. L’uomo teneva stretta la mano fredda dell’Elfo, come a
voler trattenere uno splendore che,
sapeva, mai più sarebbe brillato nella Terra di Mezzo.
Come se quella
fosse la cosa più importante di tutte, come se l’aver ucciso il proprio amico
più caro scendesse in secondo piano.
Eppure, nonostante tutti i suoi sforzi, il bagliore, non
tardava ad affievolirsi, e si concentrava nel centro del corpo di Beleg, nel suo
cuore immenso, e pulsava a ritmo
lento, sempre più lento. Tùrin tremava nell’animo, quando i suoi occhi
sfioravano Anglachel, così a suo agio tra le cortecce nere della foresta
d’incanto, così placida e indifferente alla sua vendetta che si mescolava al suo
rancore e a sua volta al dolore.
Restava a guardare, la responsabile dell’assassinio di un
amico perpetrato da un amico.
Gli orchetti, spaventati dal tuono scagliatosi a terra
fuggivano spaventati, disperdendosi, ma Tùrin era insensibile ad ogni cosa si
trovasse fuori di Bèleg, fuori di quel corpo ammantato di bianco, i capelli
color della luce dell’alba macchiati di fango e sangue, le piccole trecce
sfatte, la scia di un’introvabile lacrima che brillava al lato del suo occhio
sinistro e quegli occhi – occhi grigi, da Elfo – fermi in un'ultima visione,
fermi al cielo.
Tùrin, la mano dell’amico stretta nella sua, seguì lo
sguardo morto del corpo che gli giaceva accanto, cercando le stelle, poi lo
riabbassò , consapevole che mai più nessuna stella – non ora che la sua
personale si era spenta – sarebbe brillata per lui, nemmeno se Varda avesse
danzato nella Volta.
Beleg Cùthalion, luce orgogliosa di antico lignaggio, amico
sincero e costante, suddito fedele, soldato leale, difesa del Beleriand e fibbia
della cintura di Melian, custode di arti possedute da mai più altro Elfo
discendente dagli Esiliati, era morto.
Così, Luce elfica nella Foresta di Notte, Beleg Arcoforte
sotto una coperta di terra leggera, lontano infinite miglia dalla sua casa,
vegliato per poche ore dal suo assassino, riposa.
Amavo Beleg,
era costanza, fedeltà, sicurezza, un guaritore per i corpi e per le
anime.
Ed è
morto.
Artemisia