10 - Capitolo 10: Donald Flack Junior
Non potevo proprio non
dedicargli un capitolo... Buona lettura a tutti.
Capitolo 10: Donald
Flack Junior
Mac: "We'll get you through this, Don"
Episodio 02x24:
Charge Of This Post
La caduta prese subito velocità. Flack si lasciava cadere
senza cercare nemmeno di opporsi - cosa del tutto inusuale per lui - tenendo
gli occhi chiusi e sentendo le lacrime sfuggire ai suoi occhi per perdersi nel
vortice che lo avvolgeva. La sua mente suggeriva che non sarebbe finita bene: si sarebe sfracellato
al suolo e stop. Tuttavia il suo cuore gli diceva che avrebbe dovuto fidarsi di
Jess, lei non l'aveva mai tradito e mai gli aveva raccontato storielle per
prenderlo in giro. E lei è la tua Jess, la donna con cui avevi scelto di
stare, quella del rischio, quella che avrebbe potuto danneggiare la tua
carriera. Lei. La tua personale Ottava Meraviglia del Mondo.
***
Entrò in casa con circospezione, i sensi all'erta. C'era
qualcuno nel suo appartamento, ne era matematicamente certo. Si mosse lento,
guardando a destra ed a sinistra, i muscoli tesi pronti a reagire.
Dalla camera da letto balzò fuori, in un turbinio di follia e risate, Jess,
che si scaraventò a tutta forza tra le sua braccia. Flack perse l'equilibrio e, insieme,
caddero sul tappeto. Lui la tenne stretta, sospirando di sollievo, sentendosi
finalmente solo Don e non più detective Flack.
"Sei matta... e
se avessi avuto la pistola?"
Lei gli toccò una
guancia, per nulla spaventata dalla sua ipotesi: "Nahh... so che non potresti
mai farmi del male"
***
Ma non fidarsi della
sua parola, mettere in dubbio ciò che gli aveva detto, non era forse farle del
male? Lei si era sempre fidata di lui. Perché lui non poteva fare la stessa
cosa? E, se anche lei si fosse sbagliata, non per ferirlo, ma per un semplice
errore di valutazione, sarebbe stato così terribile morire con il suo sorriso
come ultimo ricordo? Sarebbe stato agghiacciante spegnere la propria vita con il
suono del suo Ti amo ancora nelle orecchie? No. Non è quello che
gli uomini cercano da sempre? Qualcuno che ti ama e ti fa sentire speciale,
unico?
Continuava
a cadere, solo in parte stupito del corso filosofico dei
suoi pensieri, lui che di filosofia non ci aveva mai capito niente. Ma era
tutto molto strano, doveva ammetterlo, e cadere non faceva poi così paura. Non
con la mente focalizzata sul volto di Jess e le mani ancora scaldate dal suo
calore.
E così sia,
allora... allargò le braccia, a mo' di angelo e sognò di volteggiare
leggero, pronto e deciso. Che poi lui mai aveva amato l'indecisione.
Sarò fedele a me stesso fino alla fine, fino all'ultimo momento che ho a
disposizione.
Solo in quel momento,
con la testa finalmente sgombra dai dubbi e dalle paure, riuscì a percepire
una serie di voci che sussurravano attorno a lui. Erano dialoghi
smozzicati, mezze risate, calde preghiere imbevute di speranza. Ed erano tutte
per lui. Fosse stato uno di quegli uomini che si commuovevano per un
nonnulla si sarebbe certo commosso, si disse fingendo di non notare le
lacrime che, ancora, si impigliavano momentaneamente nelle sua ciglia prima di
scappare e perdersi nel nulla in cui stava precipitando.
Si concentrò; le voci
sembravano avvicinarsi.
Danny, il suo accento di Staten Island a sporcare le parole,
le frasi solo per lui, solo nel nome della loro amicizia:"Io sono qui, con e
per te, e non me ne andrò stavolta. Starò qui e quando ti sveglierai ti
racconterò tutte le ultime notizie sportive dei tue Rangers,
ok?"
***
"Ma tu...", Flack si bloccò a guardare quel giovane - mezzo
bandito, suggerì il suo cervello - che aspettava non troppo paziente di
parlare col capo della scientifica.
"Sì, Danny Messer", allungò la mano verso Flack
che gliela strinse. Doveva ammettere che, tolto lo sguardo da pazzo
dell'undici settembre, i suoi occhi riflettevano onestà e voglia di fare. Don
sorrise: "Benvenuto, allora... giochi a basket, per caso? Ci manca un elemento
per formare la squadra..."
***
Jo, che non riusciva a non mettere una
sfumatura materna in tutto quello che diceva.
L'ex-profiler praticamente fuggita dal FBI per finire nel covo di
matti che era la loro squadra: "Non si gioca con i cuori infranti. Ho
visto una sua foto, una volta... mi dispiace. Non so quanto valga, non so se
servirà, ma mi dispiace"
***
Nella sala break della scientifica
c'era un piccolo frigorifero che qualche anima gentile soleva riempire con squisitezze
varie. Voci di corrirdoio sostenevano fosse proprio il capo ad
occuparsene, anche se nessuno aveva mai trovato la forza di chiederglielo. A
Flack poco importava: se non etichettato col nome di qualcuno, quel cibo era lì
per chi aveva bisogno. E lui, da quel punto di vista, era sempre bisognoso.
Doveva fare attenzione, però: si trattava pur sempre di un furto tra
dipartimenti.
"Aehm..."
Flack si girò di scatto, sentendosi morire per
l'imbarazzo davanti all'espressione divertita di Jo Danville, l'ultima
arrivata.
"Io..."
"L'ultima volta che ho controllato non c'era nulla di
molto appetibile, ma se vuoi...", appoggiò su uno dei tavolini un contenitore di
plastica pieno fino all'orlo di biscotti.
Don ne afferrò uno, ringraziando di cuore la donna.
Lei lo osservò per qualche secondo: "Detective Flack, vero?"
Lui sorrise, inghiottendo: "Solo Flack"
***
Sheldon, che con la sua cultura, a volte, riusciva
a metterlo in soggezione, ma che comunque sapeva di poter considerare
un amico: "Noi scienziati abbiamo bisogno di calma per lavorare al meglio; e
tu non fai altro che garantirci in ogni modo la tranquillità
necessaria."
***
Flack entrò un po' titubante
nell'obitorio. Non riusciva a capire perché doveva andarci proprio lui, che
tanto dei paroloni del medico non ci avrebbe capito niente. "Dottor
Hawkes?", chiamò, non sapendo bene quale aspetto avesse il nuovo
patologo.
Da una delle barelle giunse
alle sue orecchie una specie di mugugno ed il detective non poté fare a meno
di guardare, paralizzato dal terrore, l'uomo che spostava il lenzuolo
che lo copriva e che, alzatosi, camminava verso di lui. Sorridendogli.
"Detective Flack? Sono Sheldon Hawkes, il patologo"
Flack strinse la mano al
medico, ancora un po' scosso. "Dormiva?"
"Solo un
riposino..."
"Intendo: dormiva... qui?"
"Che c'è di strano?"
***
Mac, che sembrava dire molto di più di quello che stava
dicendo a voce, come se ogni frase, in verità, ne racchiudesse altre
mille con significati talmente profondi da non poter essere pronunciate:“Io ti capisco,
Don, più di quanto tu possa immaginare. Capisco il tuo dolore, ed il senso di
vuoto causato dalla perdita”
***
Lo vide da lontano, intento
ad osservare un cadavere. Flack ancora non poteva saperlo, ma la posa del
tenente sarebbe diventata per lui molto familiare. Avvicinandosi, cercò di sembrare sicuro
ed a proprio agio, mettendo da parte le voci sulla
grandezza di Mac Taylor, la leggenda. 'Concetranti, Don, non vorrai fare la figura del giovane
inesperto...'
"Detective Taylor, sono il detective Flack", Don allungò
la mano, augurandosi di non tremare.
Mac guardò il poliziotto che
aveva di fronte, sembrava così giovane, ed alzò un sopracciglio - un altro gesto che avrebbe fatto parte della sua
quotidianità: "Piacere. Cosa può dirmi della vittima?", dritto al punto, senza un minimo accenno
all'altra leggenda presente, anche se non fisicamente, sulla scena:
Donald Flack Senior. Il giovane detective apprezzò all'istante l'atteggiamento di Taylor,
così come apprezzò lo sguardo serio, ma gentile, che vide nei suoi
occhi. Decise che gli sarebbe piaciuto lavorare con lui.
***
Lindsay, la dolce e gentile Lindsay. La ragazza
venuta dal nulla che aveva fatto sembrare una robetta da niente cambiare vita e gestire
amorevolmente - e con passione - Danny Messer: "Ti volevo bene anche prima,
vorrei che fosse chiaro. E te ne vorrò sempre, non dubitare. Ma non lasciarmi
qui"
***
"Mi scusi?".
Il detective Flack si voltò, trovandosi davanti un
faccino carino su cui spiccavano due enormi occhi castani. "Sì?"
"Lei è un poliziotto?", chiese la giovane con una
vocetta un po' incerta, ma per nulla intimorita.
"Detective Flack. Posso aiutarla?", lui sorrise un po'
strafottente, pensando si trattasse di una giormalista.
"Lindsay Monroe, inizio oggi a lavorare col detective
Taylor. Me lo può indicare?"
Solo in quel momento Don notò il
distintivo agganciato al fianco magro della giovane. Si sentì arrossire, ma non perse lo smalto:
"Sempre dritto, fino alla gabbia circondata dai nastri gialli"
Lei annuì e si
incamminò. Dopo pochi passe la raggiunse la voce del detective: "Mi
raccomando, non confonderti tra le due belve: il
detective Taylor è quello senza strisce nere"
***
Stella... Stella? La sua voce giungeva come una sorpresa
inaspettata e bellissima: "Il punto è, mi dispiace per Jess. Per la sua
morte assurda e per non esserti stata vicina come avrei dovuto. Sapevo che non
stavi bene, ma non ho fatto nulla. Nulla."
***
Era una dea. Una meravigliosa, incredibile,
inimmaginabile dea. Flack osservava la donna sul tapis roulant senza poter
credere di essere tanto fortunato. Non gli era mai successo di andare in
palestra e di riuscire ad unire in quel modo l'ultile al dilettevole. Che fisico
snello, e che gambe...
"Guarda che la cyclette funziona meglio se usi i
pedali...", lei commentò senza quasi degnarlo di uno sguardo. Lui non disse
nulla, limitandosi a scrollare le spalle e cominciando a pedalare. Chi
avrebbe potuto biasimarlo per avere ammirato una donna tanto
bella?
La sconosciuta, nel frattempo, era scesa dall'attrezzo
e stava camminando verso di lui, i ricci vaporosi che cercavano di sfuggire
dall'elastico col quale li aveva legati. Non rallentò quando gli fu accanto ma,
prima di uscire, si girò verso di lui, che, chiaramente, stava studiando la sua
uscita.
"Ci vediamo su qualche scena... detective Flack", e, con
un sorriso strabiliante, abbandonò il palcoscenico.
Don era troppo sbalordito per ribattere: donna misteriosa 1 - Don
Flack 0
***
Adam, persino lui, che neppure nell'intimità
del momento abbandonava l'insicurezza che sembrava essere un suo tratto
distintivo:"Tu mi ricordi uno dei super
eroi dei miei videogiochi. Qualcuno uscito da Call Of Duty. L'erore
senza macchia e paura che va a salvare il mondo. Hai persino l'aspetto fisico di
uno di loro."
***
Flack era abbastanza basito, e non era una cosa che accadeva molto
spesso. Stava di fronte alla parete trasparente del laboratorio ad
occhi sgranati, intento a non perdersi nulla di quello di cui era
testimone involontario. All'interno del laboratorio, un giovane dall'aspetto un po'
hippie - camicia colorata fuori dai pantaloni, jeans un po' sdruciti, bracciali
di pelle ai polsi ed anello vistoso al dito - si stava esibendo
in una specie di coreografia al ritmo della musica sparata dagli auricolari
ficcati nelle sue orecchie.
Il detective aveva tanto sentito parlare di Adam Ross,
il mezzo genio informatico assunto dalla scientifica, che si era sentito
persino un po' intimorito dal doverlo incontrare. Tutto si sarebbe aspettato
tranne che un tipo del genere. Tipo che, in quel preciso istante, stava
arrossendo furiosamente per essere stato scoperto. Flack entrò nel laboratorio,
sorridendo.
"Ross... Adam Ross"
Flack sorrise ancora di più, allungando una mano e
scuotendo la testa, divertito. Non poteva non notare che il rosso delle gote del
tecnico era diventato più inteso dopo la sua battuta di
presentazione.
***
Sid e, stranemente, la voce del patologo non lo spaventò:
se poteva sentirlo allora non poteva essere troppo male: "È
sicuro, e credimi, che l'ho rispettata, che l'ho trattata con cura. Non le ho
fatto del male."
***
"Probabilmente ci saranno anche ingenti danni agli organi
interni...", il nuovo patologo, Sid Hammerback, commentò guardando il corpo
semi maciullato della vittima. Flack si limitò ad annuire, cercando di controllare
la nausea. Non era la prima volta che si trovava davanti ad una scena
del genere, ma non gli era mai successo un macello tale il giorno del
suo rientro dopo aver combattuto contro una brutta gastrite.
"Se ti può mettere più a tuo agio", il medico continuò, occhieggiando
il pallore della pelle del dtective, "I suoi organi non sono per nulla diversi
dai tuoi... che, in questo esatto momento, stanno facendo il loro lavoro
all'interno del tuo corpo..."
Flack non fu mai più felice di doversi allontanare
per rispondere ad una telefonata del suo Sergente.
***
Sempre cadendo, Flack tese l'orecchio aspettando l'ultima
voce che avrebbe voluto sentire. Dai, piccola, ho bisogno che mi
parli... ma lei non c'era più, relegata ancora in quella specie di
Paradiso che lui si era immaginato. Capì che era un posto che aveva disegnato
per loro due, un posto dove passare giornate a spingerla sull'altalena solo per
sbirciare le sue caviglie sottili che si svelavano quando l'orlo della gonna si
alzava. E, per quanto volesse tornare lì da lei, Flack sapeva che non era il
momento. Perché le voci dei suoi amici lo attiravano, perché loro erano lì
ad aspettarlo, pieni di speranza. E lui non voleva deluderli. Sapeva che, in un eventuale e futuro
altro Paradiso, poi non avrebbe più avuto il coraggio di guardarli negli
occhi.
Allora smise di
pensare, tenendo sempre gli occhi sigillati e tenendo a mente lo stupendo
sorriso che Jess aveva regalato a lui, ed aspettò. Sentiva che la
caduta era alla fine.
Toccare il terreno non fu per niente come si era
aspettato. Aveva immaginato uno schianto soloroso e mozza-respiro; aveva pensato
di provare male. Ed invece atterrò leggero, come se fosse precipitato in un
altissimo covone di grano morbidissimo e caldo. Non c'era dolore, solo dolcezza
ed un buonissimo profumo di cose buone ed affettuose. Aprì piano gli occhi, per
nulla preoccupato, pronto a tutto quello che ci sarebbe stato. Sperava in
qualcosa di bello, comunque. Ma la lucentezza del sorriso dei suoi amici,
tutti lì attorno a lui in quella che era palesemnete una stanza d'ospedale,
quella era una bellezza che mai avrebbe potuto immaginare o descrivere a parole.
Era amore, affetto, speranza. I suoi amici.
--
E così è finita. Vedete? Sono stata ancora
buona!
Un grazie immenso a tutti coloro che hanno
letto, commentato e messo la storia tra le preferite/seguite (Avah,
zarinaeka). Un grazie ancora più grosso a margheritanikolaevna per il suo
costante supporto, soprattutto in una storia così particolare e lontana dai
soliti canoni di CSI: NY.
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