Non scrivo questa
storia per fini di lucro, è solo un innocente divertimento.
Non intendo offendere nessuno. E non conosco Jared Leto, quindi è
ovvio che la mia è una storia di pura invenzione
L'autunno era sceso su New York in
punta di piedi quell'anno, le foglie degli alberi resistevano ancora
sui rami e davano sfoggio di tutta la loro sfolgorante bellezza
tingendosi di rosso e oro, l'aria aveva cominciato a farsi fresca e
l'asfalto riluceva sotto le carezze di una tenue pioggerellina nella
sera ormai inoltrata.
Viola salutò come ogni sera
Martin che chiudeva la piccola libreria in cui entrambi lavoravano e
incamminandosi lentamente lungo la strada insolitamente tranquilla
del Village si accese una sigaretta cercando ripararla con la mano
dalle sottili e leggere gocce di pioggia.
Quello era il suo angolino di mondo, il
posto che si era scelta. Aveva attraversato l'oceano dalle splendenti
campagne toscane alla grande mela un paio di anni prima per
frequentare un master alla Columbia, ma poi aveva trovato molto di
più. Niente di così eccitante e metropolitano, anzi, si
poteva tranquillamente dire che il suo mondo era geograficamente più
piccolo adesso che le sue giornate si dividevano tra il suo piccolo
appartamento condiviso, la libreria ed il Moby's Bar. Ma era la gente
che la conquistava, quell'ambiente così intellettualmente
stimolante in cui si era trovata e che l'aveva accolta come mai le
era successo prima.
Aveva cominciato a frequentare il
Moby's con la sua coinquilina Maggie, una minuta ragazza della
Luisiana grande appassionata di Jazz e letteratura russa, perché
in quel locale si faceva musica dal vivo, letture di poesie, si
proiettavano film espressionisti e qualsiasi altra cosa stuzzicasse
la fantasia di Robert, il proprietario, e della sua affezionata
clientela. E adesso quella era la sua famiglia, l'avevano aiutato a
trovare un lavoro dopo il master che le permettesse di vivere nel
quartiere e le lasciasse il tempo di scrivere, la sostenevano e le
coloravano l'esistenza con le loro idee, la loro fantasia, la loro
arte. Viola sapeva che questo era solo un periodo della sua vita, che
prima o poi ognuno di loro avrebbe preso strade diverse, ma per
adesso, a 25 anni, credeva di poter rimandare scelte più
importanti e definitive e godersi a pieno quella fase di vita da
moderna Bohemien Newyorkese. Da qualche tempo, poi, pareva che
l'Italia e la lingua italiana fosse di moda negli states, e così
Viola aveva trovato un modo per arrotondare il suo stipendio: ogni
giovedì sera suonava e cantava al Moby's la musica dei
cantautori italiani, ed ogni serata era arricchita da una
presentazione dell'autore e da opuscoli con i testi tradotti delle
canzoni che avrebbe interpretato, come da tradizione del locale. Si
era lanciata nel progetto con passione e i “suoi giovedì
sera” come li chiamava Bob, stavano riscuotendo un certo
successo.
Ma adesso, mentre tornava a casa sotto
la pioggia autunnale, era solo mercoledì e lei camminava
leggera stringendosi nel suo cappotto verde acido preso per pochi
dollari al mercatino, pensando che avrebbe mangiato velocemente
qualcosa prima di passare al bar per incontrare gli amici e ascoltare
il concerto di quella sera.
Quando entrò al Moby's quella
sera si accorse subito che c'era qualcosa che non andava. Il piccolo
palco in fondo al locale era vuoto e questo era strano, a quell'ora
il gruppo di supporto avrebbe già dovuto cominciare a suonare.
Il robusto uomo di mezzaetà si
voltò e non appena la vide qualcosa gli brillò negli
occhi:
- è il cielo che ti manda –
le disse prendendola per le spalle – il gruppo di supporto non
si è fatto vedere e gli Strinkes sono in ritardo. Sali sul
palco e canta qualcosa!
- E cosa?! - chiese la ragazza stupita
- qualsiasi cosa, improvvisa...ma
intrattienili!- concluse mettendole una chitarra in mano
- Ok... - rispose prima di salire sul
palco e recuperare il suo sgabello dall'angolo, sfoderando il più
meraviglioso dei sorrisi imbarazzati ad un pubblico che praticamente
conosceva uno per uno.
Il taxi lasciò Jared all'inizio
di una strada del Village. Era a NewYork per girare un film. Le
riprese in città sarebbero cominciate da lì a pochi
giorni per durare poche settimane prima di ripartire per una location
meno costosa. Ma lui era voluto arrivare con qualche giorno
d'anticipo per rilassarsi, riordinare le idee e cercare di
concentrarsi sul suo personaggio: un giovane squattrinato che
sopravviveva a New York nutrito dai suoi sogni. C'era stata una fase
della sua vita in cui quella realtà era stata veramente la
sua, ma erano passati anni, aveva avuto successo e le cose erano
cambiate. Così adesso provava a ritornare sui suoi passi, a
rituffarsi ancora in quelle situazioni per cercare di ricordare e
rivivere appieno le sue emozioni di allora.
Alzò gli occhi dai suoi passi e
lo sguardo gli cadde sull'ingresso di una piccolo locale da cui
arrivavano attutiti sulla strada le note di una chitarra che suonava
in versione acustica una canzone dei Nirvana. Decise di entrare. Si
sistemò ad un tavolo in fondo alla sala da cui poteva avere
una panoramica completa delle persone che bevevano e cantavano
accompagnando la giovane ragazza sul palco...era lì per
osservare dopotutto.
Viola si stava divertendo, aveva
cominciato a suonare qualche canzone che amava ed il pubblico
sembrava soddisfatto di quel fuori programma, cantavano con lei e
facevano richieste e l'atmosfera era diventata calda e piacevole.
Mentre le sue mani suonavano gli ultimi
accordi di About a Girl abbracciò con uno sguardo la sala e fu
allora che lo vide entrare, qualcosa scattò in lei: il suo
stomaco si contrasse ancor prima che il cervello avesse appieno
realizzato quello che aveva visto. Ma ne fu certa, in un attimo.
Quello che si era appena seduto ad un tavolo appartato in fondo al
locale era uno dei suoi musicisti e attori preferiti. Quello era
Jared Leto.
Gli applausi la riscossero mentre si
accorgeva con sollievo di aver comunque terminato la canzone
nonostante la sorpresa, cercò con lo sguardo Bob che gli fece
cenno di cantare un'ultima canzone.
Una sola.
Abbassò un attimo gli occhi e
sorrise tra sé. Aveva deciso quale sarebbe stata senza ombra
di dubbio.
Prese un bel respiro e cominciò
a parlare:
- bene, vi comunico che state per
liberarmi di me, a chi fosse interessato ricordo che domani sera
sarò di nuovo su questo palco con il mio solito repertorio
del giovedì... ma per concludere voglio suonare un ultimo
pezzo. Amo molto la prossima canzone, e siccome vedo che l'autore è
presente tra noi questa sera, credo che sia corretto chiedergli il
permesso di suonarla – una piccola pausa, decise che non
avrebbe detto il suo nome, non voleva creargli disturbo, anche se
era certa che nessuno lo avrebbe infastidito comunque in quel
locale, a volte capitava gente famosa ed erano tutti abituati a
rispettare la privacy degli altri. Riprese guardando dritto verso
quel ragazzo in fondo al locale – Signor Bartolomew Cubbins –
anche a quella distanza poté vedere che due brillanti occhi
azzurri si alzavano sorpresi su di lei – crede che potrei
suonare un suo pezzo?
Un sorriso disarmante ed un cenno della
mano che la invitava a procedere.
Gli sorrise a sua volta prima che le
note di Oblivion si spandessero nell'aria.
Viola cantò la canzone come
tante volte aveva fatto da sola nella sua stanza. Quando terminò
sorrise agli applausi e fece un piccolo inchino, guardò Jared
e vide con sollievo che anche lui applaudiva nella sua direzione.
Presentò il gruppo e scese dal palco, dirigendosi al bancone
dove Bob la aspettava con già una Corona's per lei in mano, le
strizzò l'occhio e le disse solo:
- Brava. E grazie.
le allungò con discrezione il
compenso che sarebbe dovuto essere dello scomparso gruppo di
supporto e tornò al lavoro. La ragazza si voltò
appoggiando i gomiti al bancone e bevve un sorso di birra, gli occhi
le tornarono ancora al tavolo in fondo al locale ma con una nota di
tristezza si accorse che era vuoto. Poi di scatto si voltò,
improvvisamente conscia di una presenza al suo fianco.
Jared era lì, e sorrideva.
Era ancora più incredibilmente
bello e affascinante di quanto avesse sospettato.
- forse è la prima volta che
sento suonare una mia canzone da qualcun'altro – esordì
- e ti è piaciuto? - chiese
lei, ormai senza più imbarazzo
- Si...mi è piaciuto, anche se
fa uno strano effetto. Come ti chiami?
- Viola
- Piacere, io sono Bartolomew
Lei rise, e Jared pensò che
aveva uno splendido sorriso, un sorriso sincero che le illuminava il
volto e le faceva brillare gli occhi.
Cominciarono a parlare, con
naturalezza. Jared le raccontò del perché fosse in
città, del film e del personaggio che doveva interpretare
- beh, se ti può essere utile
possiamo fingere che tu sia solo un giovane e interessante studente
del Village conosciuto una sera in un locale – disse allora
Viola, e adesso che parlavano vicini per sentirsi nonostante la
musica si chiese se in quel momento per lei c'era qualche
differenza...e si rispose che : no, in quel momento, se c'era, lei
non riusciva a coglierla.
- Si potrebbe fare – rispose lui
– e dimmi: cosa chiederesti adesso al...com'era? “Giovane
e interessante studente”?
- la verità? Gli chiederei se
non avesse voglia di bere un the a casa mia, visto che quasi non
riesco a sentire cosa dice con tutto questo rumore.
- E al musicista e attore famoso cosa
chiederesti? - disse lui dopo una pausa, guardandola dritta negli
occhi
- Niente probabilmente – rispose
sinceramente lei.
Jared parve riflettere un attimo su
quelle parole, ma quando i suoi occhi tornarono a guardarla era
sicuro, sereno
- benissimo allora, il giovane
studente dice che è una splendida idea...fammi strada.
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