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CAPITOLO I
Naelin Edhelvedui
“Naelin Edhelvedui nacque a metà
della Quarta Era, a quanto si dice, prima che comparisse l’Ombra di Morgoth e
prima ancora della guerra tra Gondor e Rohan. Secondo gli Annali dei Re nacque
nel milleseicentoventottesimo anno della Quarta Era, ma questa data non è certa
a causa della riservatezza degli Elfi di Amon Lanc; certo è che fu l’ultimo Elfo
a nascere nella Terra di Mezzo, e per di più l’ultimo dell’antica stirpe dei
Noldor.
Suo padre, Lòmion figlio di
Glorfindel di Gran Burrone, infatti, perì nella battaglia di Edoras del
duemiladuecentoquarantaquattresimo anno della Quarta Era, salvando la vita a Re
Eomar di Gondor dalle frecce avvelenate dei mezz’orchi: a lungo il pianto di
Eomar risuonò sul campo di battaglia, poiché era legato a Lòmion da grande
amicizia. Più di questo io non parlerò, se non per dire che sua moglie Idriel
figlia di Celebrimbor dell’Agrifogliere ne morì di dolore, lasciando il figlio
Naelin l’ultimo Elfo Noldor al di qua del mare.
Dopo la fine della guerra,
Naelin pervenne alla corte di Thranduil di Boscoverde, ove erano rimasti una
manciata di suoi simili, poiché molti allora avevano già abbandonato la Terra di
Mezzo. Quando anche gli ultimi abitanti delle Aule di Thranduil decisero di
percorrere la Strada Dritta verso Aman, egli decise di restare, ultimo della sua
razza, a piangere il suo dolore e a ripercorrere la lunga storia degli Elfi
nella Terra di Mezzo. Fu allora, mentre alla foce dell’Anduin osservava sparire
l’ultima nave dei suoi simili, che scelse per sé il nome di Edhelvedui, che
nella lingua dimenticata degli Elfi significava Ultimo Elfo.
Naelin quindi tornò ad Amon Lanc,
ma quel luogo, dopo che i suoi l’ebbero abbandonato, era divenuto una fortezza
di Gondor, e tutte le tracce della cultura elfica, che nell’infanzia di
Edhelvedui abbondavano, erano ormai sparite.
Per un certo periodo allora
Naelin scomparve: forse rimase da solo nelle grotte di Thranduil, circondato da
uomini che lentamente, con il passare dei secoli, dimenticavano cosa fossero
stati gli Elfi e, le rare volte che lo vedevano camminare nel bosco, lo
scambiavano per uno spettro del passato e ne avevano paura. Quando però la
tristezza per il suo retaggio perduto fu troppo grande da sopportare, egli
abbandonò per sempre Boscoverde e pervenne alla corte del Re di Gondor, dove fu
trattato con tutti i riguardi riservati ad un sovrano. Qui poté parlare
nuovamente, dopo tanto tempo, nella sua antica lingua con quei pochi studiosi
che ancora se la tramandavano come un tesoro impolverato, e poté conoscere
qualcosa delle antiche leggende del suo popolo. Ma ovunque andasse il suo
passato lo tormentava, poiché le sue orecchie appuntite, il suo sguardo vecchio
di secoli, i suoi capelli neri e lucenti non trovavano pari tra le Genti del
Reame Unito, ed ogni volta che abbandonava un ambiente si sussurrava di lui.
Tre secoli prima della calata
dell’Ombra di Morgoth, Naelin abbandonò Minas Tirith per recarsi nelle antiche
terre che suo nonno Celebrimbor aveva governato, ai tempi della forgiatura degli
Anelli del Potere. Dovette ancora sopportare gli sguardi perplessi ed ostili
della Gente di Durin a Moria, ma lo sosteneva la speranza di ritrovare il
passato. Tuttavia, quando emerse dalla porta che recava le scritte argentee
vergate dal suo antenato e raggiunse l’Eregion, tutto ciò che restava degli Elfi
erano poche pietre sbrecciate ed alcune iscrizioni incise sbiadite dal tempo e
dalle intemperie.
Cosa sia stato di lui da quel
momento nessuno lo sa per certo: alcuni dicono che abbia raggiunto il Nuovo
Lindon e sia partito per Aman con l’ultima nave abbandonata ai Porti Grigi,
altri che se ne sia andato ad Est del mare di Rhûn, alla ricerca di quegli Elfi
che non partirono mai per le Terre Imperiture. Quale sia stata la vera sorte di
Naelin Edhelvedui però, tuttora, nessuno può affermarlo con certezza.”
Il vecchio Rosel tacque,
gustandosi l’aria meravigliata degli uomini e dei mezz’uomini che gli avevano
chiesto di parlare dell’Ultimo Elfo. Erano ormai passati migliaia di anni dalla
scomparsa degli Elfi nella Terra di Mezzo e nessuno, neppure il più anziano dei
Nani, ricordava di averne visto uno, per cui la curiosità verso di loro era ben
comprensibile, soprattutto da parte delle genti semplici della Contea e di Brea,
unite per la Festa del Raccolto.
Rosel si aspettava ancora
qualche domanda, di fronte alla quale avrebbe dimostrato ritrosia, ma che alla
fine avrebbe soddisfatto con una storia: in fondo era così che si guadagnava da
vivere quel vecchio Hobbit vagabondo, raccogliendo storie da un capo all’altro
del Reame Unito e raccontandole a pagamento a chi voleva sentirle. Quella volta
però le sue attese furono deluse.
Con un poderoso colpo di tosse,
una potente voce si alzò dall’altro capo della sala e zittì tutti gli astanti.
“Chi lo dice che nessuno può
affermare con certezza dove sia finito l’Ultimo Elfo?” tuonò un Nano dagli occhi
di fuoco e dalla barba e capelli bianchi, seduto di fronte ad una pinta di birra
e con una pipa fumante che gli pendeva dalle grosse labbra. Il suo vestito era
lercio ed indefinibile, e sul capo portava quelli che sembravano essere i resti
di una cotta di maglia arrugginita, tuttavia il suo sguardo, profondamente
infossato in un volto scuro intessuto di rughe, rivelava un’intelligenza ed una
perspicacia fuori dal comune. Di fronte all’attenzione che tutti i presenti
della taverna gli avevano finalmente rivolto, il Nano sfoderò un sorriso in cui
numerosi denti d’oro facevano compagnia ai loro omologhi naturali.
“Vi siete mai chiesti perché
l’Ombra di Morgoth sia calata dal Nord poco dopo la scomparsa di Naelin l’Ultimo
Elfo?” chiese, sogghignando.
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