VIII.
Non ho mai creduto nel
lieto fine. Mai,
nemmeno una volta. Nemmeno nei cartoni animati, quando il principe
(che, guarda
caso, è sempre assurdamente bello) salva la principessa
(anche lei una gran
figa) e vissero tutti felici e contenti.
Insomma, Ariel ha
rinunciato alle pinne e
alla vita nell’oceano per stare con Eric. Aurora ha dormito
chissà quanto tempo
ed ha finito comunque per stare con Filippo. Quell’altra
tonta di Biancaneve ha
mangiato una mela avvelenata – che poi, lo sanno tutti che
non si accetta cibo
dagli sconosciuti – ed è stata risvegliata dal
bacio di… ce l’ha un nome, il
suo principe? Per non parlare, poi, di Belle, che diventa principessa
insieme
ad Adam e blablabla. Tutte felici e contente, dalla prima
all’ultima fottuta
principessa. E, in genere, la gioia arriva dopo il magico bacio del
vero amore.
Che gran cazzata.
Il bacio del vero amore non
esiste. Esiste,
invece, Louis Tomlinson, che ti sbatte contro la porta di camera sua e
ti bacia
come se dovesse morire l’indomani, poi se ne và
senza dire niente, mollandoti
come una deficiente e con il cuore che batte tanto forte che potrebbe
uscire
dal petto.
E il lieto fine, direte
voi? Be’, spiacente
di darvi questa gran brutta notizia, ma non c’è
nessun cazzo di lieto fine. Per
una volta, il principe sceglie di stare con la strega (compresa di
appendice
nasale gigantesca e manico di scopa).
Scommetto che volete i
dettagli. Non che ci
sia poi così tanto da dire, comunque. Dopo che Louis mi ha
baciata – causandomi,
tra parentesi, un mezzo infarto – si è
volatilizzato al piano di sotto, ma solo
dopo avermi lasciato una carezza sulla guancia e un altro bacio lieve
sulle
labbra, a fare chissà che cosa.
Io, povera illusa,
l’ho seguito qualche
secondo dopo, giusto il tempo di ricompormi e recuperare
qualche funzione cognitiva. Quando
l’ho raggiunto, indovinate un po’? Stava parlando
con Eleanor ed erano tanto
vicini che se lei si fosse sporta in avanti, l’avrebbe
baciato senza difficoltà.
Parlavano, e sembravano così interessati l’uno
all’altra che io, ancora una
volta, mi sono sentita di troppo.
Non so come sia andata a
finire, perché me ne
sono andata prima che la situazione si facesse piccante: non avevo
nessuna
voglia di arrivare al momento in cui Louis le ripeteva, di nuovo, che
non
avrebbe mai pensato a me in un certo modo.
Naturalmente mi sono
beccata tanti di quegli
insulti (e, fidatevi, Noah ci và giù pesante) che
probabilmente i miei nipoti
nasceranno col mal di testa, ma non potevo più stare
lì.
Perciò, ho
chiamato un taxi e mi sono fatta
portare a casa. Quando sono arrivata, mi sono buttata a letto, ho
pianto per
un’ora buona, ho insultato Louis, Eleanor e la loro storia di
merda e mi sono
mangiata mezzo chilo di gelato.
Dopodiché ho
vomitato, perché ho mangiato
troppo in fretta ed ero così nervosa che il mio stomaco si
è rifiutato di
digerire. Ed allora l’ho capito: l’amore fa schifo
e Louis è uno stronzo di
dimensioni cosmiche.
Dopo una settimana,
l’unica cosa ad essere
cambiata è il mio peso sulla bilancia. A furia di ingozzarmi
di cibi
antidepressivi, ho preso un chilo e mezzo e sembro più
grassa che mai. Ma, in
ogni caso, chi se ne frega. Non devo più piacere a nessuno,
perciò potrei anche
tramutarmi in una balena spiaggiata e a nessuno importerebbe.
Di positivo
c’è che oggi c’è il sole e
che,
di conseguenza, posso anche trascorrere l’intero pomeriggio
in giardino, con un
buon libro, del succo di frutta ghiacciato e il buon vecchio Black che
ringhia
a chiunque si avvicini troppo alla staccionata. Sto già
degustando il momento
in cui staccherà la mano a qualcuno. Non vedo
l’ora.
Il mio telefono vibra,
distraendomi dalla
lettura di un capitolo particolarmente interessante, in cui la
protagonista,
una certa Allison, capisce finalmente di essere stata presa in giro da
Colin,
il ragazzo di cui è innamorata.
Penso
che questo diventerà il mio libro preferito. Anche se non so
come andrà a
finire, ma spero per Allison che non ricaschi nella trappola di Colin.
5 Nuovi SMS
“Hazel, ti prego,
potresti rispondere ad una
cavolo di telefonata? Ho davvero bisogno di parlare con te.”
“PER FAVORE. Dico
sul serio, Hazel. È
importante.”
“Dio, certe volte
mi fai così incazzare che
mi verrebbe voglia di… rispondi, per piacere?”
“Perché
devi essere così testarda? Dai, ti ho
già chiamato un centinaio di volte e mi sento sempre
più stupido. Perché non mi
vuoi parlare?”
“Sono da te tra
cinque minuti.”
Ah, non ve l’ho
detto?
Louis ha cercato di
contattarmi una marea di
volte, ma non ho mai risposto a nessuna delle sue telefonate.
Né ai messaggi,
alle e-mail, ai segnali di fumo. Scherzo, quelli non li ha fatti, anche
se
sarebbero stati molto d’effetto, secondo me.
Il motivo è
molto semplice: dopo il bacio,
non avrei sul serio
retto un rifiuto. Avrei finito per commettere
un Louiscidio e so per certo che me ne sarei pentita. Perciò
ho optato per il
silenzio stampa. Non ho idea di quanto Louis sia offeso, o arrabbiato,
ma ne ho
comunque una vaga impressione, a giudicare dai suoi messaggi.
Sorrido soddisfatta,
leggendo quel “mi sento
sempre più stupido”. Fa bene a sentirsi stupido,
perché lo è; almeno su una
cosa siamo d’accordo.
Non mi preoccupo nemmeno
del suo “Sono da te
tra cinque minuti”, perché me
l’avrà detto almeno una ventina di volte e non si
è mai presentato. Chi l’avrebbe mai detto che
avrei trovato un lato positivo
alla sua fama? E poi, com’è che si dice? Lontano
dagli occhi e lontano dal
cuore. E via dalle palle.
Perciò quando
Black comincia a ringhiare
sommessamente con il muso puntato verso il cancelletto, comincio a
capire che
qualcosa non và. Qualcosa che corrisponde a Louis, che con
un coraggio degno di
nota varca la soglia del giardino, incurante del fatto che Black
potrebbe
saltargli addosso e sbranarlo, sebbene lo conosca da quando
è un cucciolo.
Eppure, chissà perché (sarcasmo),
lo
odia.
Io non mi muovo dalla
coperta, per una
semplice ragione: Louis indossa la camicia più brutta che
sia mai stata vista
in tutta la storia delle camicie orribili ed io vorrei ridere e
rotolarmi per
terra, ma mi sto sforzando di guardarlo male e di non scoppiare a
piangere allo
stesso tempo. Dio, sembro una squilibrata.
È che vederlo mi
provoca tante di quelle
sensazioni contrastanti – e tutte nello stesso momento
– che non so a quale
dare retta.
Perciò rimango
in completo silenzio e lo
guardo. Lui ricambia e la sua espressione è un po’
tesa, come se non sapesse
bene che fare. Black continua a ringhiare, in modo rassicurante. Per
me,
ovviamente, non per Louis.
«Ti ho chiamata
così tante volte…» mormora
Louis.
Inarco un sopracciglio,
perché con tutte le
cose che può dire, decide di optare per
quest’ovvietà. È romantico come un
carciofo, per la miseria. E questo non è decisamente il modo
migliore per farsi
perdonare. Che poi, chi l’ha detto che voglio perdonarlo?
«Davvero? Non me
ne sono accorta.» rispondo,
rivolgendogli un sorrisino così ingenuo che per un attimo
Louis non capisce se
io sia seria oppure no. Poi scuote la testa e fa un passo avanti, verso
di me.
Black ringhia, esattamente a metà strada ed io annuisco in
segno di
incoraggiamento.
«Possiamo
parlare, per piacere?» incalza
Louis, passandosi una mano tra i capelli castani. Quanto è
bello, santo cielo. E
quanto mi è mancato sentire la sua voce strana.
Be’, che c’è? È vero che
è
strana! Ogni tanto è un po’ acuta, soprattutto
quando è imbarazzato.
Come in questo momento. Non
ci posso credere,
non pensavo che avrei vissuto abbastanza a lungo da vedere Louis
Tomlinson
imbarazzato. Ed è così carino, che mi viene
voglia di corrergli incontro e
abbracciarlo. E baciarlo. Ma non lo farò, perché
ho una mia dignità da
mantenere o, almeno, ci provo.
«Stiamo
già parlando, Louis.» gli ricordo.
«Hazel.»
mi ammonisce, con gli occhi stretti
in un’espressione un po’ spazientita.
Sbuffo, poi mi alzo in
piedi e stendo le
pieghe sui jeans con alcuni scatti secchi e, quando sono abbastanza
soddisfatta, incrocio le braccia al petto e faccio cenno a Louis di
continuare.
«Prego, Altezza.
Sentiamo cos’ha da dire.» lo
invito, serafica. Louis si morde il labbro inferiore ed è
evidente che stia
trattenendosi dal rispondere alla mia frecciatina. E questo
è un punto a suo
favore, glielo concedo.
«Te ne sei andata
e non mi hai lasciato il
tempo di spiegare, la sera della festa.» sento le mie
sopracciglia alzarsi così
tanto che probabilmente si sono confuse con l’attaccatura dei
capelli, ma non
rispondo perché se aprissi bocca probabilmente finirei per
pentirmene.
E, comunque, alla prima
mossa sbagliata,
ordino a Black di attaccare Louis e chi s’è visto,
s’è visto.
«Ho parlato con
Eleanor e, be’, l’ho lasciata.
In realtà le cose tra di noi non andavano bene
già da un po’.»
«Fammi
indovinare, colpa mia?» domando,
scettica.
«Be’,
sì.»
Che strano. A quanto pare
sono responsabile
di più cose di quanto pensassi: la fame nel mondo, la guerra
mondiale, il buco
nell’ozono, l’effetto sera, la rottura della storia
di questi due deficienti.
Sempre colpa mia.
«Black. Al mio
tre, attacca.»
Louis sgrana i suoi
bellissimi occhi azzurri
e agita le mani per aria, impaurito. Lo sa che Black mi obbedirebbe e
sa anche
che non esiterei a farlo attaccare. Oddio, forse poi proverei un
po’ di
rimorso, ma non è importante. Ciò che conta
è che la mia pazienza si sta
rapidamente esaurendo e giungendo agli sgoccioli. Datemi cinque minuti,
e sarò
in grado di compiere una strage.
«Aspetta!
Aspetta, devo darti una cosa che ho
scritto.» fruga nella tasca posteriore dei jeans blu e tira
fuori un foglio di
carta stropicciato. Inarco un sopracciglio, senza capire dove voglia
andare a
parare. Insomma, già sono abbastanza sorpresa dal fatto che
sappia scrivere, se
poi mi dice che l’ha fatto addirittura per me, non so
più che pensare. Dovrei
commuovermi, probabilmente, ma sento che ancora non è giunto
il momento di
perdonarlo. Le cose vanno guadagnate, no?
«Qui ci sono
tutti i motivi per cui ho scelto
te.» spiega, con un tono di voce morbido. Mi guarda negli
occhi e accenna un
sorriso che, santo cielo, mi fa tremare le ginocchia.
«Hai scelto
me?» ripeto, stordita. Sento che
la poca salute mentale che mi è rimasta sta andando a quel
paese.
Louis ride, poi si stringe
nelle spalle.
«Sì,
ho scelto te.»
«Lo sai, vero,
che io non sono un
fottutissimo Pokémon? Non mi puoi scegliere e poi, quando ne
hai abbastanza, mi
richiami nella tua cazzo di Sfera Poké e poi scegli di nuovo
quell’altra. Io
non lo reggo, Lou. Non ce la faccio. Perciò, ti scongiuro, o
sei sicuro di
quello che stai per dire, oppure vai via e lasciami sola.» lo
supplico, con le
lacrime agli occhi. Black si volta a guardarmi, con
quell’espressione che in
genere terrorizza tutti, ma che io interpreto con un “Vuoi
che attacchi? Posso
sbranarlo, se vuoi!”. Louis fa un passo avanti, sempre con il
sorriso appena
accennato sulle labbra e aggira Black con cautela. Mi si avvicina,
così tanto
che se volessi potrei gettargli le braccia al collo, oppure tirargli un
calcio
nei paesi bassi. Ma, più di ogni cosa, vorrei baciarlo. E
vorrei che lui
baciasse me.
Mi accarezza dolcemente una
guancia, poi mi
allunga il foglio e mi fa cenno di aprirlo. Con mano tremante, lo
spiego e mi
ritrovo a fissare una pagina scritta in maniera così fitta
che non so nemmeno
da dove cominciare.
La presenza di Louis
è ovunque ed è così
forte che non posso fare altro se non fissare le parole cancellate con
rabbia,
quelle sottolineate e quella “c” che scrive sempre
in un modo tanto strano.
Alzo lo sguardo e lo ritrovo a fissarmi, imperturbabile.
«Cosa
significa?» domando, sventolando il
foglio.
Lui alza gli occhi al
cielo, poi me lo
posiziona davanti agli occhi e porta l’indice proprio
all’inizio, per indicarmi
da dove cominciare. E, prima che io possa leggere, lo fa lui.
Ma non guarda il foglio,
guarda me.
«Tu sei
insopportabile. Sei acida, cinica,
dici un sacco di parolacce e spesso non ti rendi conto che quello che
dici ha
effetto sulle persone. Anzi, te ne rendi conto, e la cosa peggiore
è che non ti
importa. Sei testarda, vuoi sempre aver ragione e, se non ce
l’hai ti comporti
comunque come se ce l’avessi. E poi sei sempre
così insofferente, odi tutto e
tutti e vuoi che chiunque lo sappia. Se potessi, litigheresti anche con
la
regina, solo perché beve il tè anziché
il caffè. Sei insolente, spesso
antipatica e, cielo, sei così stronza.» prende un
respiro profondo, poi mi
guarda e sorride.
Io non so cosa fare. Da una
parte, vorrei
picchiarlo, dall’altra vorrei suicidarmi, perché
se sono una persona così orribile,
come può avermi sopportato per tutto questo tempo?
«Sei anche
egoista – questo non l’ho scritto,
ma te lo dico adesso- e un po’ paranoica, insicura e ti
comporti come se tutto
il mondo ce l’avesse con te, quando è
l’esatto contrario.»
Altra pausa, altro sorriso.
«Ma sei la mia
migliore amica da un tempo
così lontano che nemmeno lo ricordo e mi dici sempre la
verità. Tranne quando
ometti di esserti innamorata di me, ma in questo caso ti perdono,
perché l’ho
nascosto anche io.»
Che cosa? Ora lo uccido,
dico sul serio. Una
coltellata alla giugulare, e tanti saluti.
«Sai
cos’altro sei? Sei bellissima, generosa,
gentile con chi vuoi e sai dare ottimi consigli, anche se tu non li
ascolti
mai, perché pensi che per te non valgano. Ed hai un sorriso
così bello che
potresti convincere anche un cretino come me a considerarti solo
un’amica.
Quante volte me l’hai detto, Hazel? “Sei il mio
migliore amico, Lou.” Ma quante
volte, con gli occhi, mi hai detto il contrario? Ed io non
l’ho mai capito. Ho
sperato che un giorno tu venissi da me e mi dicessi: “Cazzo,
Lou, io ti amo.”
Ma non l’hai fatto ed io ho conosciuto Eleanor. Ero
così arrabbiato con te, che
ho preso al volo l’opportunità di dimenticarti. Se
non potevo averti come
volevo, allora forse era meglio che ci lasciassimo un po’
spazio in più.
Eleanor era il mio porto sicuro: lei mi voleva, io…
be’, mi accontentavo. Poi
hai cominciato a mancarmi e tutti i periodi che ho trascorso lontano da
casa,
con i ragazzi, mi hanno fatto pensare a te e a come sarebbe stato se al
posto
di Eleanor ci fossi stata tu. E mi sono arrabbiato di nuovo. E poi tu
hai
cominciato a comportarti in modo così strano che io non ci
ho capito più
niente.
Sembravi gelosa, detestavi
El e facevi di
tutto per metterci i bastoni tra le ruote. Non capivo
perché. Ero solo il tuo
migliore amico, no? Poi abbiamo litigato, perché El si
è accorta che continuavo
a pensare a te e, sai, è dannatamente gelosa. Mi ha chiesto
di scegliere ed io
ero così confuso... Se tu mi avessi detto la
verità da subito, non avrei
esitato neanche un secondo. Poi, però, mi hai urlato che non
volevi saperne e
io mi sono sentito a pezzi, illuso, come se l’ultima speranza
che tu mi amassi
fosse volata via con le tue urla.
E allora è
arrivata Noah. Mi ha detto che
sono un coglione, che stavo gettando al vento la mia unica
possibilità di stare
con te e mi ha accusato di essere un codardo. Ed io ho capito, sai?
Perché tu
sei sempre stata convinta di non poter piacere a nessuno e ti sei
tirata
indietro prima ancora di tentare. Avrei dovuto arrivarci prima, ma ero
ferito
nell’orgoglio e, in più, non sapevo se tu provavi
ancora qualcosa per me, oltre
all’odio.
Poi, alla festa, ti ho
vista piangere in
camera mia e mi si sono aperti gli occhi. Io ti amo, Hazel. Ti amo da
prima
ancora che tu mi tirasti la palla in faccia, alle elementari e mi
dicesti che
ero uno stupido, perché non sapevo neanche bloccare un tiro
in porta. È strano,
vero? Che passi con una persona praticamente tutta la vita e ti accorgi
di
amarla solo dopo anni, quando sembra che tutto stia andando a
pezzi.» si
interrompe, prende fiato e mi guarda, in attesa che io ritorni a
respirare e
dica qualcosa. Ripenso a tutte le volte in cui mi ha detto di essere
insopportabile, ma dopo due secondi mi ha baciato la tempia e mi ha
detto di
essere la sua migliore amica.
Ripenso a quando mi ha
difeso da Callum
Pierce, in quarta superiore, perché mi ha dato della
grassona. Ricordo che gli
ha tirato tante di quelle botte che Callum è finito
all’ospedale e lui è stato
sospeso per due settimane.
Ricordo che ha passato la
notte con me, a
ripetermi che ero bellissima e che, se solo ne avesse avuto di nuovo la
possibilità, avrebbe picchiato Callum così forte
che i suoi figli sarebbero
nati con il mal di testa.
Perciò,
be’, non c’è tanto da dire.
«Cazzo, Lou, io
ti amo.»
Non ho mai creduto nel
lieto fine perché,
be’, è da sfigati. La vita ci mette davanti a
scelte difficili di continuo ed è
compito nostro decidere quale strada prendere ed affrontare le
conseguenze. Non
ci sarà mai il lieto fine perché, qualunque
direzione si scelga di seguire, dall’altra
parte c’è sempre un’occasione persa,
un’opportunità sprecata e, forse, un
futuro migliore.
Però, mentre Lou
mi bacia, io riesco solo a
pensare che la mia scelta l’ho fatta e che, per una volta,
è quella giusta,
anche se indossa camicie veramente orribili.
***
And that's all, folks.
Siamo giunti alla fine di Horrible Shirts. Sono mezza traumatizzata,
sul serio, e questo capitolo è stato un vero e proprio
parto. Sono morta, davvero.
E non ho niente da dire, se non che Louis e Hazel si meritavano un bel
lieto fine - anche se era scontato, perché mi conoscete
bene, ormai - e basta. Vado a ritirarmi in un angolo, preda della
depressione più assoluta.
Ma, prima di farlo, voglio ringraziarmi per avermi seguito anche
durante questa storia e per aver sopportato i ritardi
nell'aggiornamento, per avermi sostenuto e per tutti i complimenti che
mi avete fatto (la mia autostima ringrazia) e basta, vi adoro.
Spero che questo ultimo capitolo non vi abbia deluso e, per favore,
fatemi sapere che ne pensate, è importante per me, davvero:)
Grazie mille, davvero.
GRAZIE. <3
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