Magic
"Mylittlecorner":
Ho scritto questa os per il "the G
factor"
indetto dal thegays e, anche se non sono stata
scelta, mi sono divertta un sacco a scrivere questa storia che per me
è molto importante, nonostante non ne sia quasi per nulla
soddisfatta.
Ad ogni modo, spero
che l'apprezzi qualcuno e che mi dia una sua opinione
Se volete potete
farmi tutte le domande che volete qui:
Full
of life il
mio ask. :)
Non faccio
pubblicità stasera perchè sono molto stanca, vorrei solo
dedicare questa os alla mai Gorgosprizzi
preferita!
Senza di lei non l'avrei mai scritta *lacrimuccia*
La sua storia è davvero carina, quindi vi
consiglierei di leggerla!
Tecnicamente sto facendo pubblicità, suppongo XD
Volevo anche ringraziare quelle meravigliose persone che mi sostengono
sempre, sia vicine che lontane.
Tutte quelle persone che mi scrivono e mi fanno domande e complimenti,
che sono dolcissime!
Ultimamente sono davvero tante!
Un abbraccio forte forte , poi alla mia _Alexld
perchè sì adoro lei, le sue storie e lei...l'ho
gà detto?
U.U, va beh
dai già che ci siamo, continuo con la pubblicità:
Passate anche da
questo meraviglioso ragazzo *mi manca
ç_ç* JustPierre perchè sapete le
sue storie sono speciali
^___^
poi...vediamo...passate da
Summer___97
che ha cominciato una nuova storia a cui ho promesso di
passare >//< sì lo so Fra *grande
cuore*
poi vi lascio altre meravigliossissime persone:
Bluelikethesea (amore) ,
WithJustOneLook
(tantissimo amore anche per la mia
Ni <3),
Some
Night :),
Firelight_ ( la mia fantasmagorica Jun **
è tutta mia uu *scherzo*),
poi ne ho altre due:
SunshineInTheMoonlight ( lo che che la principessa mi
ucciderà >< mi manchi anche tu!)
e la dolcissima Giulia23Love.
Ora credo di aver
concluso, anche perchè tra un po' finisco tutte le energie *come se
ne avessi*.
Sapete non so cosa dire, solo, ringrazio tutte le persone che mi
seguono, non fa nulla se le persone che mi hanno messo tra i preferiti
siano diminuite, voglio bene a tutti i miei lettori uno per uno. Mi
scuso per le storie che non ho ancora letto e recensito.
Un bacione
F.
p.s. Ora potete leggere la storia,
sempre se volete XD *come se qualcuno leggesse i miei sproloqui*
“Magic”
Ho
sempre pensato che il tempo passato a lavorare ed intagliare materiali
di ogni tipo e colore, fosse tempo perso, ma quando mi ritrovai quel
marmo rosa tra le mani la mia opinione cambiò radicalmente.
Come? Non sapevo
spiegarmelo allora, ma percepivo qualche influsso particolare provenire
da quel marmo. Era così …
“naturale”, grezzo, quasi morbido, da sembrarmi
vivo.
E come non avevo mai
fatto, mi prodigai per renderlo il più perfetto possibile.
Lavorai per tre giorni e per tre notti per renderlo liscio al punto
giusto e, forse, riuscii fin troppo nel mio intento dato che, arrivato
all’una di notte del terzo giorno, fui coinvolto in una
strana esperienza, mistica si potrebbe dire o, semplicemente, magica.
Una scritta
“ciao” mi apparve davanti agli occhi,
così, come se nulla fosse.
Non
l’avevo incisa io e, nonostante la tarda ora potevo
affermarlo con una certa sicurezza, ma allora chi?
In un primo momento
pensai che qualcuno fosse entrato, magari mentre ero in bagno, e
l’avesse incisa, ma subito dopo questa idea era
già sfumata dalla mia mente. Il tempo impiegato era troppo
breve per consentire a qualcuno di fare una cosa del genere e per
dargli quell’effetto di fuoco e non un semplice effetto.
Mi sembrava che dal
freddo marmo, uscissero quasi delle fiamme, eppure non riuscivo ad
attribuirne una spiegazione: pazzo. Forse ero solo stanco, pensai, ma
vedendo che la scritta continuava a muoversi, dedussi che o avevo io
qualcosa che non andava oppure che era quel marmo ad avere qualcosa di
strano.
E preferii optare per
la seconda, non appena vidi la scritta scomparire davanti agli occhi,
così, preso da un raptus improvviso, presi martello e
scappellotto ed incisi anche io la mia scritta:
“Ciao, come
ti chiami?” nuovamente rividi la magia di qualche istante
prima realizzarsi davanti ai miei occhi, mentre le lettere che avevo
impresso nel marmo roseo, si scambiavano di posto, trasformandosi in
una nuova scritta.
“Louis,
piacere. Tu?” Non ci credevo, non potevo. Insomma come era
solo pensabile una cosa del genere? Che poi avrei capito se fosse
accaduta ad uno come Zayn che di stranezze nella sua vita
adolescenziale ne aveva avute fin troppe, a partire da quella specie di
cagnolino/ maggiordomo che si portava appresso da tempi immemori.
“Maggiordomo da compagnia” lo chiamava lui.
“Lecchino”, lo avevo apostrofato invece io. Ed
avevo ragione. Più volte avevo intravisto la sua figura
inginocchiata tra le gambe del mio amico a fare chissà cosa,
con uno sguardo languido e pieno di desiderio, mentre gli occhi semi
lucidi del moro, tradivano già il suo aspetto severo e
composto di futuro capo famiglia. Dalla sua bocca, però, non
avevo mai sentito nessun suono se non un lieve cigolio di denti,
pronti, quasi, ad evaporare nell’aria ispida della sera. Ogni
volta, ovviamente, me ne andavo con mille pensieri per la testa,
pensieri per nulla dissimili da quelli che stavano sfiorando le mie
meningi nel momento stesso in cui “Harry” incisi e
mi vidi apparire davanti la scritta “Hazza”. Cosa
avrei dovuto fare? Nessuno mi aveva mai chiamato così prima
del mio incontro con il moro, il quale, ancora piccolo e privo dei
denti davanti, si era appellato a me con “Hassy”,
poi diventato “Hazza”, perché a sua
detta più eccitante e rozzo, proprio come avrebbe voluto lui
che io fossi.
“Hazza?”
ormai sconsolato, dalle mie stesse elucubrazioni mentali, mi costrinsi
a rispondere, per poi trovarmi la scritta di una grossa risata ad
ergersi diritta, diritta verso le mie iridi.
“Ahhh! Al
diavolo tu stupida lastra di marmo ed io che ti ho comprato! Me ne vado
a letto!” rovesciando tutto, quasi, sul pavimento, mi diressi
verso la mia stanza, notando delle lievi macchioline trasparenti,
scrosciare giù dalla lastra. Lacrime forse? Non me ne curai,
troppo accecato dalla rabbia, più per me stesso che ero
incapace di relazionarmi anche con una misera lastra di marmo, che con
la lastra in se.
Arrivato a letto, mi
addormentai profondamente, pensando a quello che sarebbe potuto
accadere l’indomani, cercando di auto-convincermi che fosse
tutto un sogno e infatti qualcosa me lo fece anche credere.
Sarà stata
l’aria del mattino, la luce campestre che si rifugiava tra i
miei stipetti in legno, modellati da me medesimo, sarà stato
il profumo di fiori freschi, o il ronzio delle api nel giardino di
casa, ma mi sembrava tutto tornato alla normalità.
Nessuna scritta era
impressa su Louis, o almeno così mi pareva si chiamasse, e
nessun cambiamento di temperatura era avvenuto sul freddo marmo.
Un sogno, doveva
essere stato per forza tale quello che mi era successo la sera prima,
eppure c’era sempre quel margine di dubbio che mi portava a
pensare il contrario.
Sogno, eppure
realtà, ne ero sicuro. I sogni non sono forse la riflessione
dei nostri pensieri?
E io penavo forse che
quella lastra avesse nome Louis e che fosse un essere …
vivente?
O forse era un mio
desiderio?
Potevo io essere
talmente disperato da cercare la vita in una fredda lastra di marmo?
Eppure mi sembrava
talmente calda, talmente bella, morbida quasi. Sì, quella
lastra, la sera prima, mi era sembrata fin troppo viva e, forse, anche
più di me.
Ma
d’altronde non ci voleva poi molto. Anche il
“cagnolino” di Zayn, pur essendo suo servo, era
più vivo di me. Glielo leggevo negli occhi ogni volta che mi
guardava con quel languore penetrante fin troppo, fino a mettermi i
brividi.
Già
brividi …”Buongiorno” gli stessi che mi
salirono lungo la schiena, non appena una nuova incisione mi si accese
davanti gli occhi, o meglio, mi si spense.
Era talmente
… ghiacciata. Di quel calore che avevo percepito la sera
prima, non era rimasto altro che una parvenza. Sembrava quasi triste.
Sì era
triste. Non sapevo il perché, ma riuscivo a percepirlo
perfettamente.
“Buongiorno”
provai, comprensivo e, dopo aver riflettuto un momento, arrivai ad una
conclusione:
“ Senti
carissima lastra. Parliamoci chiaro. Tu mi dici cosa vuoi da me ed io
vedrò di fare del mio meglio. Va bene? Ma prima ne
parlerò con Zayn e poi deciderò di conseguenza.
Ora stai calma qui e non muoverti. Ok?” Un momento. Stavo
dicendo ad una lastra di marmo rosa che l’avrei aiutata e che
avrei anche consultato un mio amico per avere maggiori certezze sul da
farsi?
“ Va
bene” ancor prima che potessi realizzare i miei stessi
pensieri, apparse la scritta e mi rassegnai al mio destino. Dopotutto
quella era l’esperienza più stimolante di tutta la
mia esistenza, quindi, cosa avevo da perdere?
Ma
dall’altro lato, c’era anche il fattore
“Zayn-cucciolotto-ciuocciotto”, cosa avrei potuto
dirgli?
Sai Zayn
c’è una lastra di marmo rosa che mi parla. Sto
diventando pazzo vero?
Forse non era proprio
una brutta idea … no. Harry, no, non farlo.
“Zayn
c’è la lastra di marmo su cui sto lavorando che mi
parla tramite delle incisioni sulla sua superficie. Secondo te cosa
dovrei fare?” ok, o ero pazzo o ero pazzo. Una era la
soluzione e di certo il moro era d’accordissimo con me.
Non solo avevo detto
il tutto fin troppo velocemente rispetto alla mia solita lentezza
abitudinaria, ma mi ero ritrovato anche ad interrompere una di quelle
scenette intime di cui non avrei mai voluto godere, non direttamente
per lo meno.
Perché una
cosa erano le circostanze anomale in cui io li avevo beccati senza che
loro se ne accorgessero. Un’altra era … quello:
un Niall chinato in
corrispondenza della patta dei pantaloni di Zayn, un sorrisone dipinto
in viso e la lingua a pregustarsi già il momento della
“vittoria”, mi si pararono davanti, mentre il moro,
con quel suo solito sorriso da superiore, mi guardava soddisfatto.
“Harry
sicuro di stare bene? Secondo me avresti bisogno di usufruire di un
po’ di sesso. Non è che per caso vorresti unirti a
noi?”deglutii. Mi aspettavo una domanda del genere, ma avrei
cento volte preferito restare a parlare con una stupida lastra di
marmo, che poi tanto stupida non sembrava, piuttosto che stare in
compagnia di un “cane “e del suo padrone dato che
avrei potuto diventare il loro caro “guinzaglio” e
preferivo di no.
“Ehm…No,
grazie Zayn! E poi è possibile che devi sempre pensare a
quello!?” era un buon amico, l’unico tra
l’altro, ma quando faceva così proprio non lo
seguivo e non riuscivo assolutamente a sopportarlo.
“Dov’è
finito lo Zayn tutto baci e abbracci? Quello che mi consolava quando
avevo un problema, qualunque esso fosse? Quello che aveva sempre la
parola giusta? Eh? Dov’è? Ormai hai il tuo
giocattolino e…” non riuscii a finire il mio
sfogo, che uno schiaffo mi arrivò subito dritto dritto in
pieno viso.
“Non
rivolgerti mai più così al mio Nialler, hai
capito? Lui per me è molto più di un giocattolo!
Per me quel biondo lì che tu chiami spregevolmente lecchino,
è vita, soffio d’anima, è
ciò che mi completa dopo tanto tempo, da quanto ti sei
spento Harry. Lo capisci? Hai 23 anni e non pensi ad altro che
intagliare legna ed altri materiali dalla mattina alla sera. Non esci
mai, non sorridi più, non sei più quello di una
volta. Mi spieghi cosa ti è successo? La tua ragazza ti ha
tradito e allora? Si vive Harry! Ti avevo offerto il mio amore e il mio
sostegno, perché davvero Harry io ti ho amato con tutto il
cuore e mi sono distrutto anima e corpo per farti stare in piedi, ma tu
no. Non era mai abbastanza. Una volta riuscivi a vedere cose che
neanche gli altri con cent’anni addosso, sarebbero riusciti a
percepire ed ora sei così… morto, Harry. Ho
tentato, ho tentato davvero di ravvivarti, ma ora sono stanco. Per
cui… lasciami solo e vattene dalla tua lastra che ti sta
aspettando”.
Spezzato, mi sentivo
spezzato in non so quanti pezzi. Non era la guancia, ormai rosso
porpora, a farmi male, ma tutto il resto e, soprattutto,
l’orgoglio ferito.
“ Va bene
Zayn. Scusate l’intromissione” non dissi
null’altro, non ce la facevo, e piansi, piansi come non mai,
cominciando a correre verso casa, in attesa che qualcosa o qualcuno mi
dicesse cosa fare della mia stessa vita.
E lui, lui non mi
fermò e non disse altro se non un “scusami
Nialler” sussurrato tra i denti, come se avesse detto o fatto
all’altro qualcosa di imperdonabile, mentre si parlava di me
e della mia stupida cecità.
Possibile che fossi
la causa di tanto male? Non me ne ero mai accorto, eppure Zayn aveva
detto di avermi amato ed io? Lo avevo solo fatto soffrire! Un mostro
ecco cos’ero!
“Hey
mostro! Se proprio devi autocommiserarti, perché non farlo
davanti ad una tazza di tè?” Tazza di
tè? Assieme ad uno sconosciuto con … delle ali?
“Un
momento! Hai detto mostro?” ero sicuro di averlo solo
pensato. Ed era vero che dopo la lastra parlante non mi stupivo
più di nulla, ma incontrare per strada un ragazzo con le ali
che ti legge anche nei pensieri, non è da tutti i giorni.
“Sì.
Non era quello che stavi pensando? Lo avrebbe capito chiunque, anche un
bambino! E poi il leggo nel pensiero, quindi non puoi mentirmi. E poi
scusa, perché saresti un mostro?”mi sembrava di
avere davanti una macchinetta che sapeva leggermi alla perfezione. A
quelle parole infatti, alzai lo sguardo, lentamente, come esterrefatto,
anche se ormai non mi sarei più stupito di nulla.
“Ho fatto
piangere persino una lastra di marmo e sì, ne sono sicuro al
cento per cento! Quelle erano lacrime e… a proposito di
lastre …” mi fermai un attimo, guardando
l’essere alato che avevo di fronte dritto negli occhi
“stamattina mi ha risposto senza che incidessi nulla,
capisce? Vuol dire che può sentire! Può sentire
cavolo! Ecco perché ieri sera è diventata
improvvisamente fredda! Capisce!?“ dissi in modo sempre
più frenetico.
“Sì
capisco benissimo, Harry” Harry? Ah si poteva leggermi nel
pensiero! Ma io non avevo pensato affatto al mio nome …
“ Ma come
…. “
“Io so
tutto di te, Harry. Comunque sono Liam. Piacere” tendendomi
una mano, mi rivolse un sorriso raggiante e, sapeva davvero tutto di
me?
“ Allora
questo tè?” Sorrisi.
“Vada per
il tè, ma perché non un caffè? In
genere si offre quello, no?”
una risata intinse l’aria come la rugiada fresca imprime se
stessa sulle foglie del mattino. Era meravigliosa, ma così
meravigliosa, da non poter essere descritta, quasi. Non conoscevo
quell’uomo,ma sapevo già di amare la sua risata e
tutto quello che mi avrebbe insegnato quella sera, perché me
lo suggeriva l’istinto. Sapevo che mi avrebbe detto qualcosa
che mi avrebbe cambiato la vita ed io non aspettavo altro.
“Sì,
ma qui siamo a Londra e a Londra si beve tè, non
caffè. Non è forse vero?” stavolta fui
io a ridere dopo tanto tempo e a ricordare i bei tempi a cui si
riferiva Zayn e , finalmente, capii quale fosse il punto: avevo smesso
di vivere e solo per un tradimento subito quattro anni prima.
Solo per un
tradimento! Dov’era finito il vero Harry?
Dove tutti quei
sorrisi sinceri e quel modo spensierato di vedere la vita? Forse lo
avevo perso, forse, ma quelle ali, quel sorriso e quegli occhi di
piombo, apparsimi davanti in pieno pomeriggio, mi avevano fatto capire
che avrei potuto riprendermi tutto, se solo lo avessi trovato quella
scintilla, quell’elemento che in quel momento mi mancava. E
Liam ne era la chiave. Ne ero sicuro.
“Vada per
il tè!” dissi allora e già ci trovavamo
in un bar a bare, l’uno di fronte all’altro.
Non avevo mai provato
una sensazione di rilassamento tale da non vedere nient’altro
se non ciò o chi avevo davanti e Liam mi dava questa
sensazione di benessere ed era … assurdo.
“Allora,
Harry. Come va con Louis?” quasi sputai il mio tè,
non appena sentita quella frase.
“Ehm
…” aveva detto di conoscere molte cose di me, no?
“ Non lo
so! Non so cosa fare e Zayn non mi ha aiutato affatto!”
sbuffai, quasi alzandomi, ma c’era qualcosa, forse quello
sguardo, che mi teneva ancorato alla mia sedia.
“ E pensi
che Zayn avesse ragione quando ti ha cacciato via da casa
sua?” sgranai gli occhi. Lui non mi aveva cacciato, o forse
sì? La scena mi scorreva nitida davanti agli occhi e, come
se fosse scritta su un foglio bianco, componeva lettere su lettere che
poi, d’improvviso, si andavano sgretolando in un abisso di
fiocchi di sabbia, inconsistenti.
“Sì”
mi aveva cacciato e sì, Zayn aveva ragione. Io ero solo uno
di quei tanti granelli di sabbia che si posano sull’asfalto
pretendendo di essere la spiaggia del mare, mentre l’unico
mare che esiste, non è quella distesa azzurra che tutti
amano, ma solo un vuoto involucro di macchine e accozzaglie di ferrame,
di accozzaglie di ferrame e macchine e … uomini vuoti, come
me.
Perché io
ero vuoto. Non potevo essere pieno, non in quel momento, non prima di
aver conosciuto una stupida lastra di marmo.
Ma, si può
conoscere una lastra di marmo? Le persone si conoscono, non gli oggetti
, le piante, gli animali, ma non una lastra! O forse sì?
“ E cosa
pensi di fare, ora, Harry?” mi soffermai a pensare, ancora
una volta. Cosa avrei fatto? Sarei diventato un granello riciclato e
pronto per essere posto davvero davanti al mare, o sarei rimasto un
freddo involucro di calcare buono solo per disintegrare emozioni? Tutto
dipendeva dalle mie scelte e, lo avevo capito, da quello che avrei
fatto con Louis.
“Cosa
dovrei fare, Liam?” chiesi allora, in cerca di risposte: lui
me le avrebbe date. Ne ero sicuro.
“ Devi far
diventare Louis un umano e poi gli devi insegnare. Vedi Harry. Gli
oggetti, come le persone e tutti gli altri essere viventi, sono fatti
per essere conosciuti, sperimentati e osservati soprattutto. Cerca di
imparare da quella lastra, perché, mi spiace dirlo, ma
è molto più umana di quanto non lo sia tu ora.
Per cui … perché non provi a diventare umano
insieme a lei? Ascoltala, capiscila e trasformala, ma soprattutto,
ascolta te stesso, capisciti e trasformati. Ed ora va da lei e
insegnale!” non sapevo bene cosa rispondere o come rispondere
e non ne ebbi nemmeno il tempo,che quell’essere alato e tanto
strambo, si era già dissolto come la polvere dei miei
pensieri.
Cosa fare? Stetti
ancora qualche secondo seduto, ma poi, preso un respiro profondo, mi
fiondai verso casa e, colto da un istinto irrefrenabile di
urlare,entrai in casa esclamando: “Louis! Louis!”.
Mi guardai attorno e
solo a quel punto realizzai quello che già avevo capito
guardando Liam. Non serviva incidere per parlare con lei, ma solamente
dar voce ai miei pensieri. Quella mattina lo avevo fatto
inconsapevolmente e non me ne ero nemmeno accorto, ma quella
… fatina, sì forse lo era, mi aveva aperto gli
occhi: ora sapevo cosa fare.
E allora
“Louis, Louis, Lou” continuavo ad esclamare, ma la
lastra era sparita. Cercai da per tutto e poi, non trovandola, gettai
fuori dal mio esile corpicino, uno di quei gridi che si sarebbe potuto
sentire anche dall’altra parte della città, per
quanto grande Londra fosse.
Era tutta colpa mia,
in fondo. Me lo meritavo no? Ero riuscito a far piangere anche una
lastra di marmo, rosa per giunta, che era un colore che io amavo alla
follia. Ed ora? Forse avevo deluso anche me stesso.
Solo un involucro di
carta pesta ero, vuoto dentro e splendente fuori. Sembravo bello, ma
non lo ero.
Sembravo luccicante,
ma non lo ero.
Sembravo vivo, ma in
realtà ero più morto di uno stupido spaventa
passeri. Almeno quello aveva la compagnia degli uccelli che gli
beccavano attorno. Io neanche quello. Ero … solo con me
stesso e questo era quello di cui avevo più paura di tutti.
Essere morti
può essere anche un bene se non si è soli, ma
quando non si ha più nessuno, allora la morte diventa ancora
più orribile.
Un corpo tremante,
ormai, reggevano le mie gambe instabili ed un viso contratto nelle
lacrime e nel dolore, mi stava sciogliendo a fuoco lento,
così piano e in modo incisivo da farmi quasi sentire
bruciore vero, come se una fiamma reale mi stesse cuocendo, ma non
c’erano fiamme.
Sarebbe stato troppo
pretendere anche un piccolo fuocherello, perché avevo perso
anche quello.
Nessun calore avrebbe
potuto eguagliare quello emanato da Louis e... quanto mi mancava!
Era solo una lastra,
no, non solo, era un compagno fedele su cui poter contare in ogni
istante, eppure si era dissolto proprio come Liam.
Mi accasciai sul
pavimento vicino al mio angolo di lavoro. Non mi importava della
polvere o degli oggetti sparsi qua e là, perché
anche un minuscolo granello di quella sostanza allergizzante era
più viva di me e tutto quel brulicare di insetti, acari, al
suo interno, non smentiva la mia idea e in fondo non me ne dispiaceva:
mi facevano compagnia.
Notai anche un
piccolo ragno camminare su una matassa di scarti in legno e per
curiosità, forse, o per distrarmi dal mio dolore, mi
soffermai a seguire il suo percorso.
Oltrepassò
facilmente un primo ostacolo e poi subito un altro per fermarsi, poi,
vicino alla finestra.
Fu lì che
lo vidi intrufolarsi dietro uno stipo e… lo vidi, anzi la
vidi!
La lastra di marmo
rosa! Louis!
Non mi capacitavo di
come potesse essere finita là dietro, ma non ci pensai.
Lascia perdere il mio piccolo amico e senza neanche curarmi di
asciugare le lacrime che ancora ricadevano lungo il mio viso, tirai
fuori Louis, facendo molta attenzione a non fargli male,
perché me lo sentivo: lui percepiva il mio stesso dolore.
“Louis”
dissi una volta averlo posato delicatamente sul divano. Era lui,
l’avevo lavorato io, lo avrei riconosciuto anche tra mille.
“Oh Louis!
Non so come scusarmi con te! Ma Liam mi ha fatto capire! Ti prego
rispondimi!” nulla.
Mi sembrava solo una
lastra spenta e fredda. “Morto” pensai, ma non
poteva essere. Come poteva essere successo? Cercai di auto convincermi
che semplicemente non mi sentisse, provai ad incidervi un
“ciao” sopra, ma rimase lì, fermo e
immobile e nessuna magia accadde se non quella che mi portò
a credere, nuovamente, che fosse tutto un sogno e che io avessi
litigato con Zayn per … un sogno? E se fosse stato proprio
quel sogno a farmi aprire gli occhi?
Stetti in silenzio
per un’ora forse, ascoltando solamente il mio respiro flebile
ed accarezzando quel pezzo di vita roseo che io stesso avevo creato con
tanta cura e dedizione, finché non accade: la vera magia.
Una luce
così potente da accecarmi, quasi, mi illuminò il
viso e “mmm…” un mugolio, forse, apparve
scritto sulla superficie della lastra.
“Adoro le
tue coccole. Har” Har? Non feci caso al nomignolo quando alla
frase, ma mi soffermai su quel calore che potevo percepire nuovamente a
pelle.
“Louis! Oh
Louis!” esclamai.
“Quando mi
dispiace! Posso fare qualcosa?” e intanto muovevo la mano
come ad accarezzarlo e ancora e ancora, senza stancarmi.
“Vorrei
diventare verde” lessi. Verde?
“Perché
verde?” Quasi risi per quella affermazione, ma qualcosa,
forse il pensiero delle parole di Liam, mi trattene dal farlo.
“ascoltala “ mi aveva detto ed io avrei ascoltato,
ero pronto.
“ Il verde
è il colore dell’amicizia, della speranza
e… è un magnifico colore” sorrisi.
Amicizia? Speranza?
“Ma Louis!
Il rosa è il colore dell’amore, della dolcezza,
della nascita e della gioia! E’ un bellissimo colore ed
è … il mio preferito. Ma se tu lo vuoi,
io…” non riuscii a finire la frase che un
“va bene così” mi apparse davanti agli
occhi e non ebbi bisogno di altro, perché lo avevo convinto.
“Ascoltami
Lou, tu sei bellissimo così come sei. Ne sono sicuro! E non
hai bisogno di nasconderti dietro ad un mobile o di cambiare colore.
Capisci? Che poi … come hai fatto?” mi fermai a
fissarlo in attesa di risposta.
“Sono
scivolato giù da mobile a causa del tuo gatto che poi mi ha
spinto fin dietro il mobile” Gatto? Ma io non avevo un gatto!
“Forse era
il gatto del vicino” pensai ad alta voce e
“Sì. Mi ha fatto tanto male Har! Così
male che sono svenuto e… sono state le tue carezze a
… “ ogni qual volta le scritte si interrompevano
per mancanza di spazio, rimanevo con il fiato sospeso, in attesa della
frase o solo della sillaba successiva. Ero matto, forse, ma dopo quel
che era successo sentivo che solo Louis avrebbe potuto darmi le
risposte che cercavo. Sì, una lastra di marmo, rosa per
giunta.
“
A?” chiesi impaziente, ma lui non scriveva nulla.
“A
… nulla voglio un tè Harry!” un
tè? Perché un tè? Possibile che anche
le lastre di marmo bevessero tè?
“ Lou, ma
io voglio sapere!E poi perché proprio un tè e non
altro?” sgranai gli occhi non appena
“perché siamo a Londra e a Londra si beve il
tè!” lessi. Possibile che tutti quel pomeriggio mi
dessero la stessa risposta?
Lasciai stare la
frase in sospeso, per soffermarmi sul resto.
“
Sì, ma ammesso che io ti prepari il tè, poi come
intendi berlo?” dei puntini sospensivi furono subito
sostituiti da una frase che mi fece quasi arrossire:
“ Non puoi
farmi bere tu, Har?” Io? Come avrei potuto fare una cosa del
genere? Così mi ritrovai a sorridere nel chiedergli
“Io? Come?” già.
“
Attraverso le tue lab-b-r-a?” in quel momento, su quella
frase, avrei tanto voluto sentire la sua voce, ma era solamente una
scritta in colore quella che vedevo, mista alla percezione di un calore
forse più intenso di quello che aveva emanato in precedenza.
“Labbra,
Lou? Dovrei ..baciarti?” Rossore.
La lastra era
diventata così rossa da farmi pensare potesse prendere fuoco
da un momento all’altro, ma non me ne preoccupai e, ancora
una volta, sorrisi: anche le lastre si imbarazzano!
“Sì,
ma perché proprio il tè, Lou? Fin ora non mi hai
chiesto nulla da bere o da mangiare, perché adesos e
perché proprio … tè?”
curioso mi avvicinai anche troppo, forse, per conoscere la risposta che
non tardò ad arrivare.
“Odori di
tè”già; ma come poteva percepirlo in
modo tanto nitido? Neanche quel “cane” di Niall ci
sarebbe riuscito a meno che non si trattasse di Zayn. Il suo profumo lo
avrebbe sentito anche a chilometri di distanza, ne ero sicuro.
“E si sente
così tanto?” diedi allora voce ai miei pensieri.
Tenerli dentro non sarebbe servito a nulla dopotutto.
“No”
ed ero sicurissimo che se avesse avuto un corpo, avrebbe scosso la
testa in un modo talmente tenero da farmi sciogliere, eppure il solo
immaginarlo, mi fece venire le palpitazioni.
Palpitazioni? Andiamo
Harry non puoi innamorarti di una lastra di marmo! Già non
potevo, ma il solo guardarla, mi faceva sentire in paradiso e se non
era innamoramento quello, non avrei saputo dargli altro termine.
“ E allora
cosa?”chiesi.
“ Il tuo
profumo … il materiale di cui sono fatto contiene la resina
di una pianta da cui si estrae il tè verde e tu hai lo
stesso odore. “ le scritte si muovevano veloci, colorate,
davanti alle mie iridi verdeggianti, per poi fermarsi e stare fisse
sulla parola “profumo”.
Profumo. Quella
fragrante sensazione che ti avvolge la pelle e ti fa sentire bene e lo
trovi così buono da non volertene separare. Sì,
quel profumo particolare o quei profumi particolari che sanno regalare
al cuore una dolcezza tale da suggerirgli quiete.
Intendevo benissimo
cosa volesse dire Louis.
“E va bene
Lou! Vuoi il tè e il tè
avrai!”alzandomi di scatto, mi fiondai in cucina a rovistare
tra pentole e stoviglie. Ero sicuro di avere delle foglie di
tè, proprio di quel tè, tra le mensole. Eppure
non riuscivo a trovarle, non finché non mi riapparse davanti
quel ragno.
Era strano come anche
solo un momento prima di vederlo non trovassi nulla e poi tutto mi
sembrava così chiaro come quando avevo parlato con
…
“Liam”.
Un ragazzo alato mi apparve seduta stante davanti agli occhi pieni di
stupore.
“Mi hai
scoperto Socio!” e come se nulla fosse, mi fece apparire tra
le mani una tazza di tè verde fumante.
“Beh
sì Hazza, Har e poi Socio! Come mi chiameranno ancora oggi?
“ feci finta che non fosse accaduto nulla, ma ero rimasto
comunque sconcertato da tutto quello.
“Su, su
vai. Soc-i-o!” e poi ancora. La sentii quella risata,
così piena e movimentata, così amabile e quasi
appetibile, avrei detto.
“Sì,
si, ok, ok vado!” una spinta, due e già non
c’era più. Quel ragazzo aveva la
capacità di sparire e apparire in un modo fin
troppo repentino e questo, non sapevo il perché, ma
continuava a stupirmi ogni volta.
“ Eccomi
Lou! Scusami ma una fatina pasticciona mi ha tenuto
occupato!” sorrisi nel sentire, come in un eco lontano
“pasticcione ci sarai tu!”, ma non me ne curai e,
con calma, inglobai lentamente il liquido caldo tra le labbra, per poi
avvicinarle a Louis e farlo bere.
Una sensazione di
freddo improvviso mi pervase fin dentro le vene, ma fu un attimo,
perché subito dopo mi sentii bruciare e mi ritrovai con un
peso addosso: Louis.
Non più
una lastra di marmo, rosea, ma un corpo, vivo, umano e …
nudo.
Le sue labbra erano
pressate contro le mie, le sue gambe agganciate al mio bacino ed io mi
sentivo strano.
Potevo toccarlo,
carezzarlo e assaggiarlo: fantastico. Era a dir poco fantastico.
Mi staccai piano per
bearmi dei suoi occhi celesti, senza fondo, così celesti da
non poter essere eguagliati nemmeno dal cielo stesso, perché
il cielo a loro confronto mi appariva sciapo e smorto, mentre lui, lui
era vita allo stato puro ed io non sapevo come altro descriverlo.
Gli carezzai la
schiena lentamente, vedendolo finalmente sorridere e arrossire, per poi
farlo poggiare sul divano e nascondere le due fossette che mi
minacciavano di uscire.
“ Torno
subito Lou. Aspettami qua” osservando lo spaesamento nei suoi
occhi, capii quando in realtà essi fossero occhi da bambino,
appartenenti ad una persona da amare, perché Louis aveva il
diritto di esserlo ed io sapevo bene cosa significasse non avere amore.
“Non
scapperò via, tranquillo. Non di nuovo” non sapevo
che abiti potessero piacergli, che vestiti potessero essere
all’altezza di quel celeste, così optai per una
semplice maglietta larga bianca e dei pantaloni neri, di tuta,
così che lui stesso potesse riempire quegli indumenti di
colore e significato, indossandoli.
“Lou vuoi
una mano?” avevo cercato di trattenermi, davvero, ma quelle
fossette spuntarono e con esse anche il sole dalla mia finestra.
E mentre lo vestivo,
pensavo a quando fosse tenero e bello allo stesso tempo, avere qualcuno
con me in casa dopo tanto tempo.
“Ti
insegnerò tutto, come ha detto Liam” pensai e non
persi tempo a reggerlo nel camminare o ad indicargli i meravigliosi
colori che la luce del tramonto filtrava attraverso le persiane, ma
prime fra tutte, gli mostrai l’importanza di amare,
perché l’amore è ciò che
muove il creato e che tiene tutti noi uniti sulla
terra,quell’amore che avevo ritrovato in lui.
E più
passavano i giorni, più me ne convincevo, più mi
sembrava di capire le parole di Zayn, più avrei voluto
tornare indietro da lui e dirgli quanto lui e Niall fossero belli
insieme, ma non potevo.
Lo avevo ferito,
umiliato, ucciso dentro con i miei comportamenti infantili. Come potevo
pretendere che ritornasse ad essere mio amico?
Ogni giorno era
diventata una lacrima nascosta dietro ad un sorriso rivolto a Louis o a
Liam che, puntualmente, veniva a farmi visita. Eppure sapevo che lui
capiva, lo aveva detto lui: mi leggeva nel pensiero, ma non muoveva
labbro per contraddirmi quando dicevo di stare bene. Perché?
Mi chiedevo e la risposta mi era subito chiara: era un buon amico. Ecco
tutto.
Ma questo non bastava
ed i suoi sorrisi e quelli di Louis non erano mai quelli di Zayn.
Certo avevo capito di
amare Louis, ma come pretendevo di amare qualcuno se prima non mi
mostravo un buon amico?
Per me Zayn era
sempre stato tutto eppure non lo avevo mai valutato abbastanza. Mostro.
Nuovamente mi sentii un mostro, nonostante i baci e i sorrisi del mio
Lou, nonostante i tè improvvisati di Liam, i pomeriggi
passati ad incidere statuette in legno da vendere, nonostante i giochi
al parco a cercare le mani di un piccolo esserino indifeso, nascoste
dietro ad un mazzolino fiori, non riuscivo ad essere felice, non senza
Zayn. E se non avevo il coraggio di andare oltre, non lo avevo neanche
per tornare indietro e questo mi faceva stare peggio, molto peggio.
Mi sentivo come se
stessi per implodere e forse lo avrei anche fatto, ma una mano posatasi
lentamente sulle mie lacrime, ben celate tra i circuiti della mia
testa, mi fece sobbalzare e insieme sorridere di stupore.
“Zayn”
era lui, con il suo federe cagnolino al seguito, mano nella mano, cuore
nel cuore, ne ero sicuro.
“ Harry.
Scusami io… forse ho esagerato. So come sei fatto
e…”
“E’
tutto a posto” lo interrupi. “Ho un sacco di cose
da dirti” andai poi avanti, ma il suo:
“non
c’è bisogno di parole, solo di gesti”
accompagnato da quel suo tipico scuotimento di testa, mi fece capire
che andava bene così in fondo, che solo gli sguardi possono
dire tutto quando li sai leggere e lui il mio lo aveva letto benissimo.
Così
“vi presento la mia lastra adorata e la mia fatina
pasticciona” una risata piena di significati, si impresse
nell’anima di tutti e nella mia mente, ormai, non
c’era altro che quella figura di mare capace di sconquassarmi
ogni piano, perché se non fosse stato per quella piccola
lastra, rosa, ne ero sicuro, non avrei mai più assaporato il
sapore della vita.
E “sono
state le tue carezze a … a farmi innamorare di te”
ancora un flebile eco lontano, un sogno, una magia.
Amore.
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