Piiiiccola
introduzione a questa long, la mia prima su scrubs, che spero davvero
possa essere di vostro gusto.
Anticipo
che ci saranno delle variazioni, rispetto alla serie originale e, in
particolar modo, riguardo alla famiglia di Elliot... ma se vi dicessi
altro finirei col rovinarvi la sorpresa, no? :)
Vi
lascio quindi alla lettura, ricordando che i personaggi di Scrubs non
mi appartengono e la storia non è scritta a fini di lucro.
Me
lo lasciate qualche commentino?
Cara
Sconosciuta
Il
mio paziente multicolore
Quando
le porte del Sacro Cuore si spalancarono davanti a lui, quel giorno,
John Dorian era davvero convinto di andare incontro a una giornata
come le altre, una qualsiasi giornata di quarto anno di tirocinio
ospedaliero.
Era
tutto così rassicurante, lì dentro... l'Inserviente gli avrebbe
giocato qualche tiro mancino e lui ci sarebbe cascato, più per gusto
che per ingenuità; il dottor Cox gli avrebbe impartito qualche
nuova, entusiasmante lezione senza volerlo realmente fare e i
pazienti avrebbero continuato ad arrivare, sempre per lo stesso
motivo.
E
poi c'era Elliot, naturalmente.
Elliot
che dal matrimonio di Carla e Turk non gli rivolgeva la parola
nemmeno sotto tortura.
Elliot,
che si era reso conto di non amare, ma che era tornata ad esercitare
su di lui quel fascino che, forse, non derivava da nulla che non
fosse l'impossibilità di averlo.
Per
quanto fosse duro da accettare, Danni aveva avuto ragione su tutta la
linea fin dall'inizio.
“Clarice,
hai finito?”
Lo
sguardo del dottor Cox, davanti a lui, era carico di fintissima
aspettativa.
“Finito
di...”
“Lascia
perdere, Barbara. Stanza centotredici. Marsch!”
Ciò
detto, Cox gli lanciò la solita cartellina grigia, che rovinò in
terra, seguita dal giovane dottore che aveva cercato maldestramente
di afferrarla.
Alzando
gli occhi al cielo, Cox scosse il capo e, un attimo dopo, scomparve
dietro all'angolo del corriodio.
“Quindi
questo l'hai fatto tu?”
“Questo
e quasi tutti gli altri, tranne quelli sulla schiena ovviamente.”
“Mh.
Ne hai mai fatto uno a qualcuno contro la sua volontà?”
“Ehm...
no, no... è un'esperienza che mi manca.”
La
conversazione proveniente dall'interno della stanza centotredici
suonava parecchio inquietante e J.D. decise che doveva essere
interrotta immediatamente.
La
vista, se possibile, superò il terrore suscitato dall'udito.
Sul
letto di destra, quello più vicino alla porta, sedeva un giovane
grosso modo della sua età, con una lunga coda di lisci capelli
corvini, due occhi di un verde intenso e la pelle quasi completamente
ricoperta di tatuaggi.
Nell'altro
letto, invece -e fu questo ad inquietarlo-, avvolto in un candido
camice da paziente ed infilato sotto alle coperte immacolate, non
c'era quella buon'anima del signor Emerson, ma l'Inserviente.
“Che
ne hai fatto di Emerson?” Domandò J.D., ignorando il giovane e
passando direttamente alla causa di tutti i suoi problemi.
“È
morto.” Replicò, serafico, l'Inserviente.
“Non
può essere morto per una gastroscopia.”
“Ne
sei certo?”
J.D.
strinse gli occhi in un'espressione indagatrice, mentre al ragazzo
tatuato sfuggiva una risatina.
Decidendo
che era giunto il momento di ricominciare ad ignorare J.D.,
l'inserviente tornò a rivolgersi al suo precedente interlocutore.
“È
a lui che voglio farlo. Quanto ti devo per tatuargli qualcosa di
umiliante?”
“ehm...
Inserviente!” Esordì J.D., come sempre in imbarazzo quando si
trattava di chiamare per nome il suo acerrimo nemico. “Perché sei
a letto? Non sei malato.”
“Sì
che lo sono.” A riprova della propria affermazione, l'uomo starnutì
sonoramente. “Ho la leshmaniosi.”
“È
una malattia canina.”
“Quindi?
Sei razzista? Discrimini chi si ammala di un morbo animale?”
“No,
io...”
“Senta,
John, perché non lascia per un momento che il dottore parli con me?
Dopo discuteremo di questo tatuaggio che vuole tanto farmi
eseguire...”
“John?”
Domandò J.D., perplesso.
“Certo.
John Dorian. È il mio nome.” Affermò l'Inserviente, picchiettando
con il dito un badge che portava attaccato al camice. “Come
l'hai... Lasciamo perdere.” Con un sospiro, il medico si rivolse al
suo vero paziente. “Perdona il siparietto. Io sono John Dorian,
quello vero, a cui lui ha rubato badge e identità. E lei è il
signor...”
“Reid,
Toby Reid,” Rispose il giovane, senza dargli il tempo di
controllare la cartella.
“Reid,
davvero? Si chiama come una mia collega.”
“Elliot,
sì, lo so. La conosco da un po'.”
“Oh.
Quindi le avrà parlato di...”
“Delle
notti di sesso rovente con tale John Dorian? Sì, lo ha fatto diverse
volte, e mi sembrava strano, in effetti, che John Dorian fosse lui.”
Sentenziò, indicando l'Inserviente.
“Ah.
Siete parecchio intimi, quindi...” “Non saprei... lei quanto
si riterrebbe intimo con sua sorella?”
Continua...
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