STORYTIME
It was the night
before,
When all through the
world,
No words, no dreams
Then one day,
A writer by a fire
Imagined all of Gaia
Took a journey into a
child-man’s heart…
[Era la notte
prima/ quando in tutto il mondo/non ci furono più parole,
né sogni/Poi un giorno/ uno scrittore davanti a un fuoco/
Immaginò tutto di Gaia/ e fece un viaggio nel cuore di un
uomo-bambino]
Una Ford
Mustang, serie 1988 rosso fiammante, parcheggiò accanto al
marciapiede che costeggiava la villetta stile liberty dalle assi di
legno color crema. La donna al volante spense il motore, sbuffando per
la pioggia incessante che le stava creando non pochi disagi. Ovviamente
era sprovvista di ombrello, visto che l’ultimo acquistato,
alla prima folata di vento, aveva deciso di abbandonarla, lasciandole
come ricordo solo un misero scheletro metallico. Si strinse nel trench
leggero, sollevandone il bavero fino a coprirsi la testa.
“Ok,
adesso o mai più.” Si fece coraggio ed
aprì la portiera con un movimento deciso, richiudendola poi
con violenza. Corse velocemente verso la casa, cercando di proteggersi
alla bene e meglio dalla pioggia battente. Salì i quattro
gradini di legno fino a raggiungere il patio, tirando un sospiro di
sollievo. Si scrollò di dosso sommariamente le
gocce d’acqua e bussò alla porta bianca.
“Arrivo!”
gridò una voce all’interno.
Quando
sentì il clic della serratura, sulla soglia comparve un
uomo. Era alto, dai lineamenti delicati, con folti capelli biondi e
occhi di un azzurro intenso.
“Sarah!
Non ti aspettavamo oggi!” esclamò sorpreso, per
poi squadrarla da capo a piedi. “Avanti entra, guarda qui
come sei conciata…” scosse il capo dinanzi
all’abbigliamento fradicio della donna.
“Ciao
a te, fratellino Toby. Sorpresa!” disse festosa gettandosi al
collo del fratello e stampandogli un bacio sulla guancia.
Come da
programma, restando nel solco della tradizione, lui fece una smorfia
disgustata pulendosi la guancia con il dorso della mano. Sarah,
intanto, si fiondò in casa, ma si bloccò
osservando quanto l’atmosfera fosse estremamente silenziosa.
“Dove
sono Mary e Cathy?” chiese.
“Oggi
Cathy aveva il corso pomeridiano di teatro a scuola e Mary è
andata a prenderla, poi dovevano sbrigare alcune commissioni in
città.” La informò suo fratello.
“Scommetto che sarà contentissima di trovare la
zia Sarah quando tornerà”.
“Anche
io non vedo l’ora di vederla.” Replicò
lei con un sorriso enorme stampato sul viso.
“Avanti,
sali su e vatti ad asciugare, non voglio che ti becchi un
raffreddore.”
“Oh,
ma come sei premuroso!” cinguettò lei salendo di
filato le scale.
“Solo
perché poi potresti attaccarmelo, strega!”
dichiarò lui dal piano inferiore.
E Sarah non
poté fare a meno di rispondergli con una sonora risata.
Sarah
entrò in quella che era, di fatto, camera sua, ma che
all’occorrenza si trasformava in stanza degli ospiti per la
famiglia di Toby Williams, anche se lei era la frequentatrice
più assidua di quella casa.
Quando i suoi
genitori decisero di trasferirsi in campagna, per potervi trascorrere
serenamente la vecchiaia, la loro casa passò a Toby,
l’unico dei due Williams ad aver messo su famiglia. Sarah non
obiettò a quella decisione (che riteneva tra
l’altro molto saggia), poiché lei non necessitava
di una casa così grande e per giunta abbastanza lontana
dalla metropoli. Lei viveva in un semplice appartamento a New
York, vicino alla sede del giornale per il quale lavorava.
Sì, Sarah Williams, al tempo ragazzina ingenua, sognatrice e
con la passione per la recitazione, era finita a fare la giornalista
per una testata importante. Si occupava della rubrica di arte e
spettacolo, cosa che comunque le permetteva di stare a contatto con la
sua passione primaria. E a volte capitava, quando riusciva ad
anticipare la consegna di un articolo, che andasse a trovare suo
fratello e famiglia, nella sua città natale.
Lo faceva
principalmente per vedere sua nipote Catherine, che ammetteva, senza
riserve o remore, di viziare parecchio.
Lei non aveva
avuto altrettanta fortuna come suo fratello nel campo sentimentale, ma
non ne era preoccupata. Aveva la sua famiglia, un lavoro che amava e
parecchi amici.
E poi non era
mai troppo tardi per trovare la dolce metà, ripeteva di
tanto in tanto a chiunque le dicesse di sistemarsi.
Prese dalla
cassettiera un ricambio pulito e, fischiettando un motivetto,
andò in bagno.
Il getto di
acqua calda fu come una manna dal cielo, le cancellò quel
freddo che le si era instillato nelle ossa a causa del vento e della
pioggia. Una volta che si fu sistemata, scese di nuovo al piano
inferiore, dove trovò Toby assorto a leggere un libro.
“Te
la sei presa comoda, eh sorellona?”
“Quel
tanto che bastava per tornare ad essere presentabile.” Lo
rimbeccò dopo quella frecciatina. Poi continuò in
tono mellifluo: “Dì un po’, non
è che andresti a prendere i pensierini che vi ho portato e
che ho lasciato nell’auto? Nella fretta di scappare dalla
pioggia non li ho presi.”
“Già
fatto, è tutto sistemato.” Le agitò la
mano dinanzi agli occhi, tornando con il naso nel suo libro. Sarah
sorrise soddisfatta.
“Sei
più adorabile adesso, rispetto a quando eri piccolo e
frignavi in continuazione.”
“Grazie,
eh!” replicò l’altro piccato, abbassando
il libro per incontrare gli occhi verdi e canzonatori di sua sorella.
“Su
su, non essere permaloso, consolati sapendo che nemmeno io ero una
persona facile da trattare.” Si giustificò lei.
“Nemmeno
adesso…” borbottò Toby.
“Cosa?”
La domanda di
Sarah rimase però sospesa nell’aria, dato che una
piccola furia dodicenne entrò in casa come una furia.
“Zia
Sarah!!!” esclamò fiondandosi tra le braccia della
donna.
“Ciao,
mia bella pel di carota! Come stai?”
“Benone!
Ho visto la macchina parcheggiata ma non pensavo potessi essere davvero
tu. Papà non aveva detto che saresti venuta a
trovarci…” la bambina scoccò
un’occhiata obliqua a suo padre con quegli occhi tanto simili
ai suoi. L’uomo sospirò sconfitto.
“Vi
ho fatto una sorpresa, sei contenta?” domandò
invece sua zia scostandole la frangia che le ricadeva sugli occhi.
“Certo!
Per quanto ti tratterrai?”
“Resterò
per il fine settimana, poi tornerò a casa mia.”
“Oh,
così poco…” abbassò lo
sguardo, triste.
“Dai,
sai che passo a trovarvi appena posso…abbiamo tre giorni per
stare insieme e divertirci, godiamoceli!”
L’entusiasmo
di sua zia la tirò su di morale, facendole comparire un
largo sorriso sulle labbra. Poco dopo entrò anche Mary, che
reggeva tra le braccia due buste stracolme di prodotti.
“Sarah,
che sorpresa!”
“Ciao
Mary, sono venuta ad infastidirvi.” Disse lei mentre si
apprestava ad aiutarla con la spesa, posandola velocemente sul tavolo
della cucina, seguita da cognata e nipote.
“Ma
no, cosa dici, è sempre un piacere averti con noi. Ora
Cathy, vai a farti il bagno mentre preparo la cena, ok?”
“Sì
mamma.” Obbedì la bambina. “Zia Sarah,
mi accompagni?”
“Certo
cara.”
Toby le
spiò mentre risalivano le scale, mano nella mano, zia e
nipote. Con aria annoiata si alzò dalla poltrona,
dirigendosi da sua moglie.
“Quando
sono insieme sono una furia distruttiva.” Dichiarò
pizzicandosi il naso.
“Oh
Toby, ti prego, non fare il lagnone. Rendono casa nostra molto
più briosa.” obiettò invece Mary, che
adorava Sarah alla stregua di quanto la cognata adorasse lei.
“Lo
sai che si prospettano tre giorni tremendi, vero?” le fece
notare.
“Saranno
tremendi solo per un pantofolaio consumato come te.” Disse
sogghignando.
“Non
vedo l’ora di vedere il tuo regalo, evviva!!!” si
fece sentire dal piano superiore la voce argentina della bambina che
gioì contenta.
Mary sorrise
al marito. “Visto? Che ti dicevo?” e ancora gaia
cominciò a preparare la cena.
***
Dopo aver
cenato Catherine trascinò Sarah in camera sua, sistemando il
suo regalo tra gli altri mille che la zia le portava ogni volta. Era il
peluche di un cucciolo di husky dagli insoliti occhi eterocromatici.
Sarah
l’aveva preso senza pensarci su due volte, era stato un
impulso che non era riuscita a vincere.
“Grazie
zia, è davvero bellissimo.” La bambina se lo
strinse al petto, raggiante.
“Sono
contenta che ti piaccia. Allora, raccontami un po’ della
scuola e del teatro. Cosa state mettendo in scena?”
“La
Bella e la Bestia. Ed io sono stata scelta per essere la
Bella.” Affermò sollevando il mento con orgoglio.
“Ma
che brava! Sono davvero orgogliosa di te.” Si
complimentò scompigliandole con una mano i capelli rossi.
“Grazie
zia. Però sai, la maestra ci ha assegnato un compito. Visto
che ha saputo della recita, si è messa in testa di farci
scrivere un tema su un cattivo delle storie.” Disse con tono
profondamente seccato.
“Un
cattivo delle storie?” ripeté la donna.
“Già.
Ed io non so proprio chi scegliere.” Replicò la
bambina con aria affranta.
“Allora,
vediamo…” Sarah aggrottò le
sopracciglia in un’espressione di palese sforzo mnemonico
tanto buffa che fece ridacchiare sua nipote.
“La
scelta è davvero vasta, mia cara. Ci sono le streghe cattive
di fiabe come La bella
addormentata, Biancaneve,
Hänsel e Gretel
o Raperonzolo.
C’è il lupo cattivo di Cappuccetto Rosso,
de Il lupo e i sette
capretti, de I
tre porcellini. L’orco del Gatto con gli stivali
e di Pollicino.
Il cattivo nano Tremotino
o la malvagia scatola troll de Il
tenace soldatino di stagno. Il malefico Barbablù,
il pomposo Capitan Uncino di Peter
Pan, la matrigna e le sorellastre di Cenerentola, le
perfide anatre de Il
brutto anatroccolo, il gigante di Jack e il fagiolo magico,
Mangiafuoco di Pinocchio.
O anche…”
“Sì
zia, ho capito.” La fermò la bambina,
interrompendo quel torrente in piena che era diventato Sarah.
“Scusami,
mi sono lasciata trascinare.”
“Non
fa niente. Uffa, ma perché questi cattivi devono essere
così…noiosi
e banali?
Tutti quanti scriveranno di uno dei tanti che hai citato, ma io voglio
un cattivo diverso, un cattivo del quale nessuno abbia mai parlato!
Oppure sai che ti dico? Non voglio nessun cattivo!” mise su
un broncio che Sarah giudicò adorabile.
Lei la
abbracciò e fece segno di seguirla a letto. La bambina
salì, accoccolandosi al suo fianco.
“Un
cattivo nelle storie, Cathy, è indispensabile.
C’è sempre bisogno di un mostro in cui credere, un
nemico vero e orribile. Un bruto contro il quale scontrarsi per poter
sconfiggere le proprie paure e definire la propria
identità.”
“Non
sono sicura di seguirti, zia.”
Sarah aveva lo
sguardo perso in lontananza, oltre la finestra, nello sfondo scuro
della notte illuminata dalla pallida luna. Poi, d’improvviso,
la sua schiena fu percorsa da un brivido innaturale, tanto che
avvertì anche un leggero formicolio dietro la nuca. Oltre la
finestra, l’occhio fu rapito da un frullo d’ali. Un
barbagianni dalle candide piume si era appollaiato su un ramo.
Sarah sorrise.
Lei conosceva
il cattivo perfetto.
“Sai,
una volta, uno scrittore seduto davanti al fuoco, scrisse una storia
capace di penetrare a fondo nel cuore di chiunque la leggesse. Un
racconto sopravvissuto allo scorrere del tempo. È quella che
potremmo definire come storia senza età.”
Esordì.
La bambina
pendeva dalle sue labbra, improvvisamente interessata a ciò
che sua zia aveva da dire.
A painter on the shore
Imagined all the world
Within a snowflake on
his palm
Unframed by poetry
A canvas of awe
Planet Earth falling
back into the stars
[Un pittore
sulla riva/ immaginò tutto il mondo/ dentro un fiocco di
neve sul palmo della sua mano/ Tolto dalla cornice dalla poesia/ Una
tela di timore/ Il pianeta terra ricadeva tra le stelle]
“Chiesi
ad un mio amico pittore di dipingerne un quadro. Un quadro emerso
dall’immaginazione racchiusa in una cornice di pagina bianca,
con solo il nero delle parole a fare da protagonista. Lui ha fatto
rivivere quella che, da sempre, considero come la mia storia. Ti ho
mai parlato del Labirinto?”
Il solo
pronunciare quella parola la riportò indietro di quasi quarant’anni, a quando ne aveva solo quindici. Si
sentì fremere sotto il peso di emozioni contrastanti quali
eccitazione e timore. Si umettò le labbra traendo un
profondo respiro. Quella storia, verso la quale nutriva una
profonda reverenza e soggezione, era un indelebile marchio
impresso nel cervello. Quel sogno così vivido-
perché all’epoca pensò che non potesse
trattarsi di altro- che aveva fatto anni addietro.
E che non
aveva mai dimenticato.
La bambina si
tamburellò il mento con l’indice.
“No,
non me ne hai mai parlato. Raccontami.”
“Beh,
narra di una ragazza che viveva con suo padre e la sua matrigna, i
quali avevano avuto un bambino. Il bambino era però viziato
e voleva tutto per sé, e la ragazza era ridotta praticamente
ad una schiava. Ma ciò che nessuno sapeva, era che il Re dei
goblin si era innamorato della ragazza e le aveva donato alcuni poteri.
Una sera, in cui il piccolo era stato particolarmente cattivo, lei si
rivolse ai goblin chiedendo che lo portassero via. E dopo aver
pronunciato le parole giuste, il Re lo prese, portandolo al suo
Castello oltre la Città di Goblin, a centro del Labirinto.
Il sovrano offrì alla ragazza una sfera di cristallo in
cambio del bambino. Ma lei la rifiutò, partendo alla ricerca
del suo fratellino in un Labirinto magico ricco di insidie.”
“E
questo Re dei goblin com’era? Un brutto, orripilante e
viscido goblin, con un nasone storto e lungo, i denti gialli ed una
pelle verde squamosa?”
“No,
affatto. Era un mago umano bello ed affascinante, con capelli biondi
lunghi fino alle spalle, e due occhi molto particolari, tanto da
sembrare di colori diversi.”
Sarah
immaginò solo cosa potesse provare Jareth nel sentirsi
definire orripilante e
viscido, e trattenne una risata.
“Zia?”
“Sì?”
La bambina
ridacchiò: “Sei arrossita.”
Sarah si
sentì ancora più avvampare, colta in flagrante
delicto.
“Ma
che dici, non so proprio di cosa tu stia parlando!”
protestò.
“Allora,
continua.” La incentivò Catherine.
“Nel
Labirinto la ragazza incontrò alcune creature che divennero
sue amiche, ed insieme riuscirono ad arrivare al Castello. Va detto
però che il Re non è quel tipo di cattivo che
solitamente ti aspetti. Lui non faceva altro che accontentare la
ragazza in ogni sua richiesta. Era molto generoso: lei
voleva che prendesse il bambino, e lui l’aveva preso; lei
voleva un nemico e lui era arrivato, spaventoso e terribile tanto da
farla tremare al suo cospetto, seducente ed ammaliante tanto da
stregarla; voleva un’avventura e lui gliel’aveva
regalata. Ma dopo tutte quelle richieste, il Re era esausto, non voleva
più vivere secondo le aspettative della fanciulla. Alla fine
lei volle solo riprendersi il bambino, e lo sconfisse, dopo che le
aveva nuovamente offerto ciò che tutti desiderano.”
“Ossia?”
“I
propri sogni. Immagina come sarebbe vivere per sempre in un sogno dove
puoi far realizzare tutto ciò che voi.”
Cathy ci
rifletté su, giungendo ad una conclusione:
“Sarebbe bello, davvero. E lei perché ha
rifiutato?”
“Perché
non era giusto. Il bambino non aveva colpe, e doveva riportarlo a casa.
Doveva tornare nel mondo al quale apparteneva. Era tempo di mettere da
parte le fantasie e crescere, nonostante le fosse stata offerta la
possibilità di vivere come una regina. Perché
sì, il Re dei goblin, oltre ai suoi sogni, aveva offerto
anche se stesso.”
Sarah
provò una punta di rimpianto nel pronunciare quelle parole,
e tacque.
Il silenzio
che si creò fu spezzato dalla voce di sua nipote.
“Beh,
il Re dei goblin con quest’ultima proposta avrebbe potuto
ingannarla facendola cadere in un tranello. Oppure ha offerto se stesso
solo per compiacerla e fare proprio ciò che lei si
aspettava, un’ultima volta. Forse era anche a conoscenza del
fatto che, alla fine, non avrebbe tenuto con sé
né il bambino, né la ragazza. Così ci
ha provato lo stesso, anche se ne è uscito
sconfitto.”
Quelle parole
spiazzarono Sarah. Possibile che una ragazzina così giovane
riuscisse a vedere più lontano di lei? Ne fu piacevolmente
stupita.
“Anche
questo è possibile, chissà. Nel Labirinto tutto è
possibile.” Rispose la donna dolcemente.
“Ma
quindi se il Re non era il vero cattivo, in realtà
cos’era?”
Sarah sorrise.
Aveva pensato talmente tante volte a questo, che, alla fine, era
riuscita a trovare una risposta.
I am the voice of
Never, Never Land
The innocence, the
dreams of every man
I am the empty crib of
Peter Pan,
A soaring kite against
the blue, blue sky,
Every chimney, every
moonlit sight
I am the story that
will read you real,
Every memory that you
hold dear
[Io sono la
voce della terra che non c’è/
L’innocenza, i sogni di ogni uomo/ Sono la culla vuota di
Peter Pan/ Un aquilone che vola nel cielo blu/ Ogni camino, ogni luna
piena/ io sono la storia che tu leggerai come reale/ il ricordo a cui
terrai di più]
“Lui
è qualsiasi cosa tu desideri: è la voce della
terra che non c’è, l’ innocenza e i
sogni di ogni uomo. È la fanciullezza eterna che risiede in
ognuno di noi, quella parte che non è cresciuta ma che vive
silente e continua a sognare. Lui si muove attraverso il mondo dei
desideri, agitando le sue sfere di cristallo con sapiente
abilità. Appare a te illuminato da un raggio di luna
stagliato contro il cielo blu della notte, con il manto nero
svolazzante nella brezza notturna; vola con le sue ali da rapace
notturno, planando attraverso ogni camino. Lui è la persona
che può rendere la tua storia reale e farne una memoria che
conserverai in eterno. È un sogno misterioso fatto di paure
e speranze, di passato e futuro.”
I am the journey,
I am the destination,
I am the home
The tale that reads you
A way to taste the
night,
The elusive high
Follow the madness,
Alice you know once did
[Io sono il
viaggio/ io sono la destinazione,/ io sono la casa/ il racconto che
legge in te/ Un modo per assaporare la notte/
L’inafferrabile/ Segui la follia/ Alice, lo sai, una volta lo
fece]
“Lui
è la bellezza del viaggio ed insieme la destinazione,
è la casa alla quale vorresti appartenere, dove la notte non
è un regno di ombre e spettri, ma di avventure inaspettate.
Riesce a leggere dentro di te con i suoi penetranti occhi azzurri, ti
lusinga con la sua voce melodiosa e profonda. È
l’illusione che sei costretto ad inseguire, è
l’inafferrabile consistenza dei tuoi sogni ad occhi aperti.
Un sovrano capace di grandi cose, con enormi poteri: può
capovolgere il mondo, può dare nuovo corso al tempo,
può lasciare il suo amore tra le stelle. Lui ci
sarà sempre perché vive in chi crede, e
vivrà in tutti noi, fino a quando il mondo
crollerà.”
“Wow.
E tutta questa storia del Labirinto da dove è
nata?”
Imaginarium, a dream
emporium!
Caress the tales
And they will dream
you real
A
storyteller’s game,
Lips that intoxicate
The core of all life
Is a limitless chest
of tales…
[L’immaginario,
un negozio dei sogni/ Accarezza le favole/ E loro ti faranno sognare
davvero/ Il gioco di un cantore di storie/ Labbra che intossicano/ Il
cuore di tutta la vita/ è uno scrigno illimitato di
favole…]
“Dall’immaginazione,
tesoro.” La informò la donna.
“L’immaginazione?”
“Sì,
un emporio illimitato di sogni! Se tu credi abbastanza in una storia,
puoi sognarla davvero.”
“Infatti
tu parli del Labirinto come se ci fossi stata sul serio.”
sogghignò divertita.
“È
l’abilità del cantastorie: deve far apparire il
racconto il più veritiero possibile. Deve avere gesti che
incantano e labbra che intossicano. Sai, Cathy, ci sono storie che si
disperdono con il tempo, che si spengono quando vengono raccontate,
perdendo il loro messaggio e la loro intensità, diventando
insignificanti e vuote. Altre invece restano impresse così a
fuoco nella mente che piano piano arrivano a consumare te.”
La bambina
guardò sua zia con occhi gioiosi.
“Credo
proprio che parlerò del Re dei Goblin nel mio tema. Sai,
vorrei vivere anche io la tua stessa storia!”
Dichiarò con impeto.
“No
piccola, ognuno di noi ha la propria storia. La vita non è
altro che un illimitato scrigno di storie, e tu dovrai vivere la tua.
Avrai il tuo nemico da sconfiggere, la tua persona da portare in salvo.
La tua storia si plasmerà su di te e la sentirai tua come
nessun altro potrà fare, quando sarà il
momento.”
“Come
te con il Labirinto.”
“Sì,
come me con il Labirinto.” Assentì Sara. Poi
guardò l’orologio, constatando che fosse
abbastanza tardi e che era tempo, per sua nipote, di riposare.
“Adesso dormi che siamo in ritardo sulla tabella di marcia.
Al tema penseremo domani e poi ce ne andremo al parco.”
Propose facendole l’occhiolino.
“ Va
bene zia. Ma se dovesse piovere?” chiese la bambina
guardandola con gli occhioni azzurri imploranti. Quanto somigliava a
Toby in quei momenti!
“Allora
correremo insieme sotto la pioggia.”
“Zia
Sarah, sei davvero la zia migliore del mondo!” le disse
dandole un sonoro bacio sulla guancia.
Sarah rise e
poi le rimboccò le coperte, augurandole la buonanotte.
Spense la luce
e si diresse in camera sua.
Una volta
entrata si avvicinò alla finestra aprendola ed inspirando
l’aria frizzante della notte. Guardò fuori con un
sorriso sul viso e gli occhi verdi illuminati da uno strano ardore.
Il cuore le
batteva forte nel petto, ma lei sapeva che ormai era giunto il momento.
I am the voice of
Never, Never Land
The innocence, the
dreams of every man
I am the empty crib of
Peter Pan,
A soaring kite against
the blue, blue sky,
Every chimney, every
moonlit sight
I am the story that
will read you real,
Every memory that you
hold dear
I am the voice of
Never, Never Land
The innocence, the
dreams of every man
Searching heavens for
another earth…
[Io sono la voce della
terra che non c’è/ L’innocenza, i sogni
di ogni uomo/ Sono la culla vuota di Peter Pan/ Un aquilone che vola
nel cielo blu/ Ogni camino, ogni luna piena/ io sono la storia che tu
leggerai come reale/ il ricordo a cui terrai di più/ Io sono
la voce della terra che non c’è/
l’innocenza, i sogni di ogni uomo/ che cerca nei cieli
un’altra Terra…]
“Lo
so che ci sei, Re dei Goblin.” Esordì.
“Non te l’ho mai detto prima perché mi
ero convinta che tu esistessi solo nella mia testa, una creazione fatta
ad immagine e somiglianza di tutto ciò che volevo dalla mia,
troppo fervida, immaginazione. Ed infine ho creduto che tu non
esistessi affatto. Era tutto troppo assurdo per sembrare reale,
così ti ho abbandonato in questi ultimi anni, relegando il
tuo ricordo in un recondito cassetto della mia memoria. Ma stasera,
come sicuramente avrai notato, lusingandoti non poco, ho di nuovo
parlato di te. Ho raccontato la tua, anzi, la nostra storia. E mi
sono sentita davvero libera e leggera perché ho avuto solo
la conferma di ciò che alla fine ho sempre saputo, in fondo
al mio cuore: tu sei reale.” Sorrise alla notte.
“Quelle
cose che ho detto, le pensavo sul serio. Tu sei davvero la voce della
terra che non c’è. Sei stato l’ultima
tappa della mia innocenza, il custode dei miei sogni, quei sogni che io
volevo vivere sotto il cielo del tuo Labirinto.”
Le ultime
parole furono un flebile sussurro, poiché la voce le
morì in gola, incrinandosi sotto il peso di lacrime che
tentavano di farsi strada attraverso i suoi occhi. Sarah
tossì per riacquistare compostezza, ricacciando quel groppo
indietro.
“Così
te lo dico adesso, sperando che non sia troppo tardi.”
Il momento era
giunto, l’argine stava per rompersi.
“Grazie
Jareth.”
Avvertì
dentro di sé un guizzo caldo nel pronunciare quel nome, ed
una sensazione di pace.
Di fronte a
lei, dal ramo più alto, un barbagianni spiccò il
volo, librandosi con le sue ali nel buio della notte, per planare fino
alla finestra aperta, posandosi sul davanzale.
Nel vederlo
Sarah non provò paura.
Fu piuttosto
un tonfo sordo a farla trasalire. Una tonda, perfetta, liscia sfera di
cristallo apparsa dal nulla rotolò ai suoi piedi.
Il rapace
inclinò la testa lateralmente, fissandola con quei suoi
enormi occhi lucidi e splendenti come l’onice nera.
Un invito
silente.
Sarah si
abbassò prendendola tra le mani, studiandone la perfezione.
Poi inarcò un sopracciglio in direzione del barbagianni che
se ne stava in attesa.
“Sei
sempre il solito subdolo, avrei dovuto aspettarmelo.”
“Tutto quello che ho
fatto, l’ho fatto per te.” Pronunciò
quella voce.
“Lo
so.” Rispose Sarah quieta.
Sollevò
la sfera all’altezza dei suoi occhi, puntando lo sguardo
smeraldino all’interno, e pronunciò le parole
giuste.
“Vorrei che i goblin…”
***
La primavera
mi gioca brutti scherzi, tramutando la mia allergia stagionale in un
ritorno di fiamma verso Labyrinth. Non pensavo di tornare a scrivere di
Sarah e Jareth, e invece sorpresa XD.
Diciamo che
l’input mi è stato dato dai Nightwish e dalla loro
canzone Storytime.
Spero che
questo ennesimo parto della mia mente annebbiata dal cortisone vi sia
piaciuto. Una precisazione che posso fare è che, nel mio disegno mentale, Toby ha avuto sua figlia a 26 anni (si è sposato giovane), quindi Sarah ne aveva 41, supponendo sempre una differenza di età di 15 anni. Se Cathy ha 12 anni, Sarah ne ha, attualmente, 53 (ma questo non preclude certo a Jareth la possibilità di farle un bel lifting!). Vi dirò inoltre che il sopracitato medicinale sta
facendo pressioni affinché mi rimetta a scrivere una long
per questo fandom, ma è ancora tutto un work in progress.
Nel frattempo termino la mia storia originale, poi si vedrà.
Non mi resta
altro che augurarvi una buona domenica, e sperare che questa shot vi
sia piaciuta. Baci!
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