UNO.
Give
me love, like her; 'cause lately I've been waking up alone.
-
Ehi, buddy! - gridò Taylor dal palco smettendo di cantare
improvvisamente, con grande disappunto di Amos, che alzò gli
occhi
al cielo per l'ennesima volta. Era da circa un'ora che quei due
provavano Stay Stay Stay, ma lei, quel giorno
stranamente
solare e più fuori di testa del solito, si interrompeva e si
distraeva fin troppo facilmente. Smetteva di cantare la canzone che
stavano provando, cominciandone di sua iniziativa un'altra; si
metteva a chiacchierare con Caitlin o con me, più
sovreccitata del
solito - a dir la verità stavo cominciando ad avere dei
dubbi sulla
sua sanità mentale. Nonostante fossi seduto sul bordo del
palchetto più piccolo, a più di cinquanta metri
di distanza, era lì
che si sbracciava e urlava frasi senza senso. Nel giro di cinque
minuti aveva inventato circa venti diversi animali mitologici. Tutti rossi. Tutti luccicanti. E tutti che amavano avere
l’ultima parola, come lei. Ed ecco che, ad un certo punto, la
vidi
balzare giù dal palco e mettersi a girovagare per lo stadio.
Più
che girovagare, a correre come una pazza. Sapevo benissimo
perché si
comportava così, probabilmente stava scrivendo una canzone:
ecco
spiegato perché era così svampita. La conoscevo
ormai da più di un
anno, fin troppo bene direi, come il palmo della mia mano; e mi ero
abituato a quei comportamenti, così come aveva fatto la sua
band,
con lei da addirittura più tempo.
Mi piaceva quando faceva la
pazza, in questo modo. Era così … serena. Era un
piacere non
vederla piangere, come era successo, spesso, nei mesi
precedenti.
Pain splatter teardrops on my shirt; I told you
I'd let them go.
Solitamente, Taylor non mi chiamava per
disperarsi sulle sue relazioni; per quello c'erano Selena, o Emma.
Con me, preferiva parlare di musica, o farsi quattro risate, proprio
come due vecchi amiconi. Ma quando aveva rotto con Harry - ed era
stata una brutta rottura - lei era corsa subito da me, a farsi
abbracciare, mentre si sfogava piangendo disperata, come non l'avevo
mai vista. Per me fu alquanto imbarazzante; dopotutto, sono un suo
amico, proprio come lo era lei. Era strano sentire lei così
terribilmente distrutta e disperata da una parte e, dall'altra,
Harry, sereno, forse un po' giù di morale, ma perfettamente
tranquillo. Non so bene come siano andate le cose tra loro due:
entrambi preferirono evitare l'argomento, la maggior parte delle
volte e Tay, anche quando si sfogava, rimaneva in silenzio,
singhiozzando; le parole e la rabbia sarebbero venute fuori solo
successivamente, in una canzone, ne ero sicuro. Comunque, ero felice
che stesse bene e che stesse, almeno apparentemente, passando sopra
quella storia, che era stata complicata sotto molti punti di vista;
non solo tra i due diretti interessati, quanto più tra la
ragazza e
le fan dei One Direction che, inviperite, l'avevano riempita
d'insulti senza esitazioni né ritegno. Ecco, se c'era una
cosa che
potevo rimproverare ad Harry, sarebbe stata quella: non aveva nemmeno
provato a difendere Taylor da quegli attacchi così meschini,
nonostante sapesse bene che la stavano distruggendo piano piano.
- Cosa strimpelli? –. La
sua voce mi giunse alle orecchie, facendomi girare e me la
ritrovai alle spalle. Feci un salto di cinquanta metri, rischiando
di cadere dal palchetto, mentre lei si metteva a ridere come una
squilibrata. Che effetivamente, era quello che era.
- Ma sei pazza! – le dissi. – Non
puoi piombarmi alle spalle all’improvviso! – .
Cercai di apparire
minaccioso, ma evidentemente la cosa non doveva riuscirmi molto bene
perché lei si buttò a terra e rimase
lì. Giù, ferma. A ridere.
Agitava i piedi avanti ed indietro, come una bambina. Era
sovreccitata. Avrei voluto sapere che cavolo si era bevuta quella
mattina.
- Niente di che - risposi, posando lo
strumento sul palchetto e guardandola negli occhi.
-Cosa? – mi chiese, continuando ad
agitare i piedi. Sembrava una bambinetta. Stava sicuramente
scrivendo una
canzone.
- Sto rispondendo alla sua domanda,
signorina Swift. Resti connessa per favore, abbiamo bisogno di lei al
centralino –. Lei allora mi guardò;
tentò di rispondere a tono,
ma po ci ripensò. Doveva aver capito che era meglio per lei
ricomporsi. In un unico gesto elegante si alzò, fingendo di
pulirsi
i vestiti, dopo di che mi guardò e mi sorrise. Poi si volse
a
fissare il grande palco, il vero centro dello spettacolo, dove la sua
band, avendo ormai intuito l'andazzo della giornata, si era sistemata
comoda, posando gli strumenti e rilassandosi.
And that I'll find my corner, maybe
tonight I'll call you after my blood turns into alcohool. No, I just
wanna hold you.
- E tu, cosa scrivi? – le chiesi
piantandomi dietro di lei, senza dirle nulla, stile stalker, o
fantasma. Volevo farla saltare di trenta metri, come LEI aveva fatto
con ME. Ma ovviamente non ci riuscii. No, quella era come uno dei
suoi amati gatti. Aveva un sesto senso. E dei baffi. E probabilmente
anche una coda, nascosta da qualche parte.
- Non provarci neanche Sheeran, sai
benissimo che non ti dirò una parola - sogghignò,
saltando giù dal
palco con un gesto agile e sicuro. Certo che lo so, ti
conosco
quasi come il dorso della mia mano, avrei voluto dirle. Ma
lei lo
sapeva benissimo.
- Ehi, squilibrati! Perché vi siete
accomodati? Forza! Tutti a provare! Provare provare provare! Cavolo,
non vi posso lasciare soli un momento – urlò
mentre, mezza
saltellando e mezza correndo, tornava verso il palco grande. Ok,
cominciava a diventare quasi fastidiosa, tanta era la sua energia. E
poi... Aspettate. Squilibrati? Aveva veramente detto squilibrati?
Aveva chiamato loro squilibrati? La
fissai, ad occhi sbarrati, non sapendo se mettermi a ridere o a
piangere. Stava dando fuori di matto? Si, stava dando fuori di matto.
Magari mi ero sognato tutto. Oppure era la voce di Dio che mi
guidava. No, non stavo sognando. Ci aveva veramente chiamato
SQUILIBRATI, a noi. Ma si era guardata allo specchio quella mattina?
Anche i suoi capelli sembravano indovinare il suo umore. Erano ricci,
molto ricci, ribelli, e sparavano da tutte le parti, fuoriuscendo
dall'elastico con cui aveva cercato di tenerli in ordine.
Taylor cominciò ad accorgersi delle
nostre occhiate. A quel punto non ce la feci più a
resistere:
scoppiai a ridere, come ero capace di fare solo con lei. Risi
convulsamente, come un idiota - che in fondo, era quello che ero. E
il resto della band mi venne dietro, prima Amos, poi Paul, che si
piegò in due in preda ai crampi allo stomaco, provocati
dalle troppe
risate, e poi Caitlin, e gli altri.
Taylor, invece, restò ferma, a
guardarsi intorno quasi confusa. Non capiva, non riusciva a capire
che la fonte del nostro divertimento era lei. Ma alla fine, ridevamo
di lei perchè la conoscevamo, perchè ci piaceva
così, pazza, fuori
di testa, e le volevamo bene per quello che era.
E poi, tutto era meglio di quel brutto
periodo che aveva passato qualche mese prima.
La biondina aggrottò le sopracciglia,
sempre perplessa, poi scoppiò finalmente a ridere,
contagiata dal
nostro attacco isterico collettivo. L'aria era alleggerita,
l'atmosfera era piena di buonumore.
Poi, con un gesto improvviso, Tay prese
la chitarra - per la precisione, la MIA chitarra, sì esatto,
quella
con la zampina di gatto. Quante volte le avevo detto di NON TOCCARE
LA MIA CHITARRA?! - e inziò a suonare Stay Stay
Stay; non
dal punto dal quale aveva smesso, bensì, dall'inizio.
- I’m pretty
sure we almost broke up last night. - canticchiò,
in falsetto, prendendosi letteralmente in giro. Sembrava un
chipmunck.
Nel
frattempo Amos, dopo aver ridotto l'attacco isterico ad una ridarella
contenuta, aveva ripreso la sua chitarra e si era messo a suonare,
seguendo il ritmo della bionda; lei, che aveva risalito le scalette
del palchetto e si era messa a volteggiare in tondo, si
lasciò
cadere ai miei piedi, strimpellando senza pietà le corde
della mia
povera chitarra, in chiaro segno provocatorio. Alzò la
testa,
sorridendo come un gatto sornione. Quanto avrei voluto
schiaffeggiarla di santa ragione!
- I throw my
phone across the room... - continuò,
chiudendo gli occhi e cessando all'improvviso di cantare. Sapevo che
stava aspettando che continuassi. Volevo davvero darle questa
soddisfazione?
- At you - cedetti
infine, con uno sbuffo. La mia voce, rauca e più profonda,
contrastava nettamente con il suono leggero ed acuto della chitarra e
con la vocetta di Taylor. Lei aprì di nuovo gli occhi e mi
sorrise,
un sorriso sincero e divertito; “a questo
punto”, direte
voi, “si sarà tirata su e avrà
continuato la canzone, come una
persona normale. O, meglio ancora, si sarà alzata per
tornare nel
palco principale e continuare le prove, in modo decente”.
Invece
no; insomma, stiamo parlando di Taylor Swift.
Infatti, con uno
scatto da gatta, si buttò all'indietro, sdraiandosi
completamente
sul B-Stage, con le gambe penzolanti. Sui miei piedi.
E di nuovo si mise a sorridermi, in tono di sfida, continuando a
suonare - come diavolo faceva?! - in quell'astrusa posizione.
Non c'erano dubbi; tutta quella farsa era una chiara vendetta, un
modo per rispondere a come ci eravamo presi gioco di lei, poco prima.
Ero quasi tentato di muovere i piedi e di buttarla di sotto. Quella
sì che sarebbe stata una vendetta degna di questo nome.
- I was expecting
some dramatic turn away -, continuai
io, fissandola, a mia volta, con aria di sfida, - but
you...
- STAYED! -, gridiamo insieme,
senza nemmeno coordinarci. Un sorriso da ebete mi si dipinse sul
viso; evidentemente lei se ne accorse, perché
ridacchiò sotto i
baffi e continuò a cantare.
- This morning I
said we should talk about it cause I read you should never leave a
fight unresolved - disse
lei, con fare
da maestrina. Le mancavano solo gli occhiali sulla punta
del
naso, poi sarebbe stata perfetta. Da qualche parte doveva averli,
quei suoi occhiali da secchiona. Magari nel camerino. Stupida,
stupida Taylor. Non cambiava mai. Decisi allora che la cosa stava
andando un po' per le lunghe. Volevo indietro la mia chitarra - ci
tenevo - ora, subito; dovevo quindi comunicarglielo, nel miglior modo
possibile.
- That’s when
you came in STEALING MY OLD, OLD GUITAR AND PUT THIS GRIN ON YOUR
FACE. -, sparai,
cambiando sul momento le parole. D'altronde, ero o non ero un
compositore di grande talento? Volevo proprio vedere cosa mi avrebber
risposto, adesso.
Per un momento, la bionda rimase
spiazzata, poi scoppiò a ridere - il tutto continuando a
suonare,
tanto che le sue risa si coordinarono con la musica - e non
attaccò
con la strofa dopo, troppo impegnata a sbellicarsi. Quando fu sicura
di esssersi ripresa, si alzò in piedi - finalmente
- e
riprese la canzone dal ritornello.
- Stay stay stay - cantammo
allora insieme, mentre lei improssiva un balletto, girando su se
stessa, sul piccolo palco - I've been loving you for quite
some
time time time - continuò;
a quel punto mi unii anch’io: - You
think that it's
funny when i'm MAD -; c’era un leggero punto di
domanda nella
sua voce, lo sentii. Come se stesse aspettando una conferma. - MAD,
MAD! - le risposi io - tanto per assicurarle che
sì, era pazza,
da legare - ridacchiando come un bimbetto e ballando insieme a lei -
sì, sono instancabile.
- But I think that it's best if we
both stay -, e questa fu la conclusione del nostro duetto.
Sì,
perché lei, slacciatasi la mia chitarra dal collo, fece per
scendere
dal palco, ma mi accorsi ben presto che non ci sarebbe riuscita, in
quanto i nostri balletti scatenati ed la nostra momentanea pausa dal
“duro lavoro” avevano provocato una specie di
grosso disastro con
i fili presenti sul palchetto; ed è per questo che Taylor
non si
accorse di dove stava mettendo i piedi. Non ci mise molto, infatti,
ad aggrovigliarsi con quella massa informe di plastica nera. Quando
notai che stava per ruzzolare malamente al suolo, corsi in suo aiuto.
Grosso errore.
Infatti,
proprio mentre stavo per darle una mano ad uscire da lì, lei
perse
l'equilibrio, ed indovinate un po' dove andò a finire?
Esatto.
Addosso a me. Con tutto il suo peso - che non è poi
granchè, alla
fine -. Fu inevitabile, a quel punto, cadere entrambi come due sacchi
di patate. Sentii subito il dolore alla schiena appena toccammo
terra, e sentii anche il breve urletto di Taylor. Dopo mezzo secondo,
mi ritrovai i suoi capelli in faccia, i suoi riccissimi e fitti
capelli; stavo per soffocare. Qualcuno, dal palco grande, ci urlava
se stessimo bene. Io continuai a dimenarmi, a cercare di
alzarmi, ma la biondina mi schiacciava, impedendomi qualsiasi
movimento.
- Taylor! Sto soffocando, qui sotto! -
la informai, con voce roca. Lei, dal canto suo, stava ridendo. Di
gusto. Si sollevò sui gomiti e si spostò i
capelli all'indietro,
dandomi finalmente modo di respirare.
- Tu lo sapevi, Eddy Rosso! – . Sì,
mi chiama così. Non chiedete nulla. Avete avuto modo di
constatare
con i vostri occhi quanto sia fuori di testa. – Lo
sapevi!
Mi hai teso una trappola, con tutti quei dannatissimi fili! Te lo
leggo in faccia!
Stavo tentando l'impossibile per non
scoppiare a ridere. Una vocina, nella mia coscienza, mi stava dicendo
che Taylor me l'avrebbe fatta pagare se mi fossi azzardato a lasciar
uscire anche solo una piccola risatina. Ma d'altronde, anche lei
stava ridendo come un'ossessa, quindi mi unii.
-Sei un impostore, Eddy Rosso! Un
impostore! Stavo quasi per chiederti di cantare Stay Stay Stay
con me stasera, ma non te lo meriti! Mi hai quasi ucciso! -
protestò,
tra una risata e l'altra.
-Veramente, ci tengo a precisare, sono
stati i tuoi capelli che hanno tentato di assassinarmi, Saylor
Twift. –. Oh, bene, e questa da dove mi era uscita?
Fatto sta
che sembrava un’altra meravigliosa vendetta, in quanto lei
smise di
ridere e mi piantò gli occhi addosso, fissandomi arcigna.
E' in quel momento che successe. Mentre
io stavo ancora ridendo, tentando di togliermela di dosso, lei si
chinò verso di me, con uno scatto così improvviso
che cominciai a
sudare freddo. Che diavolo
stava combinando, questa volta? Eravamo vicini, fin troppo. Dieci,
quindici centimetri separavano i nostri nasi. Mi sentii arrossire.
Oddio, odiavo arrossire. Era una cosa poco mascolina.
Fatto
sta che alla fine, Taylor si chinò vicino al mio orecchio e
mi
sussurrò, con un tono a metà tra l'ironico e il
serio: Eddy
Rosso.Il suo
fiato caldo mi
fece, stranamente, rabbrividire.
-Stai attenta che ti faccio cadere,
Saylor Twift – le sussurrai di rimando, riprendendomi un
poco. Lei
ridacchiò, ancora; ma poi, vedendo che non la seguivo, smise
pian
piano, e restammo lì, a fissarci, occhi negli occhi, come
due
emeriti idioti. Le guance di Taylor, lentamente, andarono ad
imporporarsi, specchio delle mie.
-Vuoi una mano, Ed? –, fece una voce
strana, distorta da una risata contenuta, alle mie spalle. Rischiai
di sobbalzare per la sopresa e l'imbarazzo, cosa non molto adatta in
quanto l'equilibrio di Taylor, ancora comodamente distesa addosso a
me, era già abbastanza precario. Con una forza che non
sapevo di
avere, riuscii a tenere a freno i miei nervi, resi suscettibili da
quella cosa strana che era appena successa - che poi, cosa diamine
era successo?! - e mi voltai verso sinistra; era Amos, accorso in
nostro aiuto insieme a Paul e Caitlin. Tutti e tre, si vedeva,
trattenevano a stenta le risa. - Anche se vedo che voi due
piccioncini state
benissimo
dove siete, sbaglio?
Bella figura, Ed. Bella, bellissima
figura. Taylor, sopra di me, trasalì, imbarazzata quanto me.
-Sì grazie – gli risposi. Con
delicatezza, spostai Taylor da una parte, in modo che potesse
rialzarsi, e agguantai la mano che Amos, visibilmente divertito, mi
offriva; nel contempo, cercai di riprendermi dalla situazione
abbastanza grottesca che si era creata.
D'improvviso, sembrava che l'allegria
fosse scivolata via da Taylor. Aveva il viso rosso, per il troppo
ballare e scatenarsi ed anche per quello che era accaduto. Mi
lanciò
uno sguardo, uno sguardo strano, che non riuscii a decifrare; ma non
mancai di arrossire, ripensando a come mi si era avvicinata, prima.
Ma che diavolo mi era passato per la mente? Taylor era mia amica, la
mia migliore amica. Certi pensieri non dovevo nemmeno sfiorarli.
Era stato un grosso equivoco, ma era
ovvio che, in un certo senso, aveva rovinato l'atmosfera
esageratemente gioiosa di quella mattina. Taylor, fattasi
d'improvviso mogia, non mi lanciò nemmeno uno sguardo
d'intesa prima
di saltare giù dal B - stage e di urlare al resto della sua
band,
che la guardava esterefatta: - Ragazzi? Forza, riprendiamo a suonare.
Angolo
Autrici.
Buongiorno! Se
siete arrivati fin qua, vi ringraziamo vivamente! In questa storia
mettiamo tutte noi stesse, ed è bello sapere che qualcuno la
legge, ahahhaha.
Comunque. Sì, avete capito, questa storia parla proprio di
Ed Sheeran e di Taylor. Una coppia che noi due - a proposito, siamo
Liuba e Arianna! - ameremmo vedere insieme. Così, abbiamo
deciso di scrivere questa ff, a due mani. Arianna, la tipa simpatica,
ci mette l'ironia e la fantasia, ed io ci metto la depressione.
Ovviamente sto scherzando.
Se state leggendo, vuol dire che siete stati incuriositi o che, come
noi, shippate questa coppia. In ogni caso, speriamo vivamente che vi
piaccia :3
Detto questo, vi ringraziamo di nuovo, e ci vediamo... al prossimo
capitolo!
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