C’era finalmente riuscito. Erano mesi che la inseguiva. Le
aveva dato la caccia per tutta l’Inghilterra. Era stato difficile scovarla. Lei
era una metamorfomagus; proprio come la cara Tonks. Ed era proprio merito di
quest’ultima se oggi era riuscito a scovare la sua preda, grazie alla
preziosa rivelazione di un piccolo
segreto: “C’è solo un elemento della nostra persona che non possiamo
trasformare o modulare, ed è il nostro odore. Possiamo camuffarlo, ma l’odore
caratteristico della nostra pelle è immutabile”.
Lui aveva fatto tesoro di questo prezioso consiglio e si era
allenato per mesi interi. Si bendava
lasciandosi guidare semplicemente dai suoi sensi. Ed ora era pronto,
sapeva che lei era lì: Avrile Bellatrix.
Figlia dell’assassina colpevole della morte dell’unico padre
che aveva mai conosciuto: Sirius.
Ora era il momento della vendetta. Aveva sconfitto il temuto
Voldemort, erano oramai passati sei lunghi anni. Era stato venerato, mitizzato,
ma non aveva ceduto alle lusinghe di un mondo troppo invadente.
Era diventato un Auror. L’addestramento era stato duro, era
costato enormi sacrifici; ma alla fine ce l’aveva fatta, e ora era il migliore
agente che il ministero possedesse. Negli ultimi due anni aveva vinto il premio
“Miglior Auror dell’anno”. Ancora una
volta: un modello, l’esempio da seguire. E lui, in fine, se ne stava
convincendo. Era una vita che tutti non facevano che ripetere: “Tu sei un
eroe”….
Aveva dato tutto per il suo lavoro, molto di più di quello
che gli era stato chiesto.
Aveva persino perso il suo migliore amico: Ron. Era quasi un
anno ed ancora non si parlavano. Dalla sera in cui a casa di Hermione, il suo
ex migliore amico aveva presentato a tutti la sua nuova ragazza: Pansy
Parkinson.
Litigarono. Si urlarono a dosso parole taglienti, rancori
soppressi, e paure crescenti.
Da quella sera non si erano mai più sentiti. Era troppo
impegnato con il suo lavoro, con la sua forsennata ricerca di assassini e
traditori. La settimana successiva a quella cena la madre di Pansy si trovava
rinchiusa ad Azkaban. Lui considerò così, chiusa la faccenda.
Tagliare i ponti con Ron significò chiudere i rapporti anche
con la famiglia Weasley e di conseguenza eliminare anche le sue uniche
motivazioni di uscita e svago. Lavorava 24 ore su 24. L’unica persona con cui
aveva ancora dei contatti sociali era la solita cara Hermione che una volta a
settimana lo invitava, o meglio lo costringeva ad andare a cena
nell’appartamento che condivideva con il suo fidanzato: Bill Weasley, il quale
si era oramai definitivamente trasferito a Londra e lavorava come impiegato per
la Gringott. A quelle cene si divertiva, ma non riusciva a staccare, non vedeva
l’ora di tornare a casa, nel suo minuscolo appartamento di fronte al Ministero,
a scartabellare le ultime schede segnaletiche.
Aveva lavorato anni: giorno e notte, solo per potersi
vendicare.
Aveva ucciso Voldemort, catturato Lucius Malfoy, ma
Bellatrix Lestrange era fuggita e non era riuscito ad avvicinarsi a lei, fin
quando un grigio gufo in un’assolata giornata gli aveva recapitato una semplice
lettera, con scritto: “Lei è morta. Avrò la mia vendetta. Tu pagherai con la
vita..” Non aveva impiegato molto per capire il mittente. Avrile. La misteriosa
figlia di Bellatrix, di cui non si era mai saputo molto. Ma nell’ultimo anno era
riuscito a raccogliere diverse informazioni su di lei, oltre ad averla già
incontrata ed affrontata un paio di volte. Era un’ossessione. Una questione
personale. Ed ora lei era in trappola, dietro l’angolo, mancava così poco.
Sguainò la bacchetta e camminando lentamente, adeso con il corpo al muro, ne
seguì la linea e girò l’angolo ritrovandosi faccia a faccia con una ragazza
poco più giovane di lui. Le bacchette si sollevarono in aria, rotearono e si
udì un sol grido: “Crucio”.