COLANE - lg86 - cap 1
Accadde
tutto
così in fretta e
in modo così confuso da sembrare uno di quei sogni che si
dimenticano appena ci si sveglia. C’era qualcosa
là fuori,
me ne ero accorta dall’odore di sangue che impregnava
l’aria e mi rendeva difficile respirare senza essere
costretta a
tenere a bada l’istinto, che cercava di avere la meglio sulla
mia
parte razionale.
Fu allora, proprio
allora, che per la prima volta incrociai quegli occhi.
Neri. Iridi nere come la
pece,
circondate dal rosso sangue. Alcune venature bluastre si espandevano
appena sotto le ciglia, per poi diradarsi poco più in basso.
Il
viso era contratto in un’espressione terrificante, degna di
un
essere pericoloso come un vampiro. Le labbra erano tese a scoprire i
denti macchiati di sangue e, soprattutto, i canini aguzzi che bramavano
di perforare la tenera superficie del collo umano. Sembra impossibile,
ma alla vista di quella creatura, così simile a me ma
così diversa nell’agire, la prima cosa che pensai
fu:
"è una dea; questa è la dea del caos".
Sapevo cosa fare, avevo
una missione
da compiere, ma continuavo ad osservare quella scena come se non mi
appartenesse. Come se fosse distante anni luce ed io fossi solo una
spettatrice. La sensazione era la stessa di quando si guarda un
programma in tv: lo guardi, ti prende, ti coinvolge, ma non sei
realmente lì ad assistere dal vivo.
Nonostante ci avvolgesse
l’oscurità, la mia incredibile vista da creatura
notturna
mi permise di scorgere tutta l’essenza assolutamente unica di
quell’essere. I lunghi capelli neri ricadevano morbidi sopra
le
spalle. La pelle era scura, ma non troppo. Il viso, ora contratto,
doveva essere di una bellezza stupefacente. L’abbigliamento
era
semplice ed efficace: appariva una donna forte, dalla quale era meglio
stare lontani. La canottiera nera era infilata nei jeans scuri e
stretti e poi coperta da una giacca scura in pelle.
All’improvviso
l’espressione su quel viso ambrato mutò,
trasformandosi in
una maschera di rabbia; dalla sua gola esplose un ringhio di
frustrazione.
Mi aveva vista e
continuava a guardarmi sempre più furiosa, infastidita dalla
mia presenza.
Inspirai a fondo
quell’aria
dall’aroma irresistibile e serrai la mascella, lasciando che
la
mia vera natura emergesse.
Dovevo intervenire,
dovevo dire
qualcosa... ma prima ancora che riuscissi ad aprire bocca, lei mi fu
addosso. Mi sollevò, con le mani ancora sporche di sangue, e
mi
lanciò contro il muro poco distante. Mentre si avvicinava
per
riafferrarmi, la presi per un lembo della giacca e la scaraventai a
terra, bloccandola con le ginocchia e tenendo ferme le sue braccia con
le mani. Era in trappola.
Sulla sua bocca sporca
di sangue apparve un sorrisetto sadico decisamente fuori luogo.
“Lasciami in
pace, ragazzina. Potrei stravolgere la situazione in una frazione di
secondo” disse, sprezzante.
Sgranai
impercettibilmente gli occhi al suono di quella voce. Era incantevole,
melodiosa e leggermente rauca.
“Sto
aspettando che tu lo faccia”, soffiai arrogante.
Senza che me ne rendessi
conto, i ruoli si invertirono e mi ritrovai a terra, con le sue
ginocchia sul petto.
“Vuoi
uccidermi?”
“No, ma potrei
seriamente prendere in considerazione questa possibilità. Mi
hai rovinato la cena, lo sai?”
Mi scappò un
mezzo sorriso.
“Non si caccia
a Saint Angel”.
Di nuovo
quell’espressione sadica. Si leccò le labbra e
assaporò il sangue che le era rimasto sul viso.
“Brittany!”
strillò Mark, venendomi incontro.
Ci girammo entrambe
verso di lui e mi accorsi che aveva un paletto di legno in mano.
Scaraventò la
vampira contro il muro e ringhiò qualcosa a pochi centimetri
dal suo viso.
“Lasciala!”
gridai, mentre cercava di infilzare il suo addome con il pezzo di legno.
“Torna nel
locale!”
“Ti ho detto
di lasciarla!”
Lo presi per una spalla
e lo tirai via da lei. Mark non oppose resistenza, ma mi
guardò perplesso e confuso.
“Non mi ha
fatto niente, ok? So difendermi da sola.”
“Ti stava per
uccidere!” controbatté, aggrottando le
sopracciglia.
“Non mi ha
fatto niente!” scandii piano, severamente, sotto i suoi occhi
meravigliati.
Mi girai per andare da
lei, ma era sparita; non c’era più. Era tornata ad
essere un tutt’uno con la notte.
“Perfetto!”
strillai, in preda alla rabbia.
Mark si
avvicinò e mi cinse con le sue grandi braccia muscolose.
“Lo sai che
non tutti sono disposti a ragionare” mi sussurrò
dolcemente per rasserenarmi.
“Già”.
Appena mollò
la presa, andai
dall’umano che giaceva a terra senza forze, ma pur sempre
vivo.
Era un ragazzo, probabilmente sui venticinque anni, senza alcun dubbio
un cliente del locale. Mi morsi il polso e lo costrinsi a bere il mio
sangue: in questo modo, almeno, si sarebbe ripreso.
“Dimentica
tutto e torna a casa. Hai passato una splendida serata e bevuto tanti
alcolici”.
Il ragazzo
uscì da quel vicolo buio e si incamminò verso
casa, com'era giusto che facesse.
Io e Mark tornammo nel
locale e lo
chiudemmo poco prima del solito: in fondo, nessuno si era fatto niente.
Per tutto il resto della serata non feci altro che pensare a quegli
occhi, così neri, oscuri almeno quanto la creatura che li
aveva
in viso. Quegli occhi sarebbero stati in grado di bucarmi
l’anima, se mai ne avessi avuta una.
*
“Allora,
com’è andata al locale?” chiese Puck,
appena aprimmo la porta di casa.
“Male”
risposi, secca.
“E’
perché non vi
abbiamo raggiunti? Pensavamo che fosse meglio lasciarvi da soli,
piccioncini” disse, ridacchiando assieme a Quinn e Kurt.
“Ho avuto un
incontro con un’altra vampira”.
“Più
che incontro, direi scontro”, aggiunse Mark.
Il sorriso di Puck
sparì e
lasciò il posto a un’espressione stupita e
preoccupata, la
stessa che apparve anche sul viso degli altri.
“State
bene?” chiese Quinn, preoccupata.
“Sì”
risposi, seccata.
“Brittany ce
l’ha con me
perché gli ho fatto scappare la vampira” disse
Mark,
alzando gli occhi al cielo e appoggiando la testa sulla mia spalla.
“Ti poteva
uccidere” dichiarò Kurt, con un tono di voce
più alto del necessario.
“Non
l’avrebbe fatto! Ok?”
“Forse
è meglio che andiate” annunciò Mark,
accennando alla porta.
“Ci vediamo
domani” affermò Puck, dando un pugno amichevole
alla spalla del vampiro al mio fianco.
“Ciao,
Britt” mi salutò Quinn, abbracciandomi.
*
Era l’aprile
del 1930. Come
poteva una ragazza giovane, ricca e bella, curarsi dei tanti pericoli
infidi ed oscuri che il mondo nascondeva dietro ogni angolo? Non
c’era niente, assolutamente niente che non andasse nella mia
vita. Fidanzata con il figlio del più ricco imprenditore
della
città e aspirante ballerina, la mia intera esistenza era
costellata da sogni che parevano facili da realizzare a una giovane
viziata e innamorata della sua stessa immagine come me. Passavo le ore
a provare, provare e riprovare, aspettando ansiosamente il giorno in
cui mi sarebbe stato assegnato il ruolo di protagonista in uno dei
più celebri spettacoli di Broadway.
”Promettente”,
così mi aveva definita quello che allora fu il mio
insegnante di
danza... ripensandoci ora, forse ad esser promettenti erano tutti i
soldi che mio padre sganciava affinché il mio più
grande
sogno potesse diventare realtà.
Paul Hughes era quel che
si definiva
un vero artista. Affascinante, talentuoso e con un curriculum in grado
di far diventare verdi di invidia tutti coloro che avessero avuto modo
di conoscerlo, durante la sua scalata verso il successo. Egli mi era
stato affiancato per provare una difficile coreografia, che sembrava
sarebbe diventata presto l’attrazione principale di tutti i
teatri della zona. Ero così presa, assuefatta dal talento di
Paul, che non mi accorsi di una cosa a dir poco fondamentale. Lui era
diverso, ma non perché fosse l’unico a riuscire a
trasmettere tanta emozione con un solo sguardo o passo di danza: lui
era diverso proprio perché tutta quella bravura non era
umana.
“Sei
così bella, Britt” disse, con lo sguardo che si
perdeva velocemente tra le curve del mio corpo.
“Lo
so” risposi, accarezzandogli il petto freddo e scolpito.
Non era mio solito
tradire, ma con un
uomo così bello e innamorato di me, sarebbe stato
impossibile
non cedere alle tentazioni. Mi rialzai dal gelido pavimento e presi a
rivestirmi.
“Sai,
è da un po’ che ci penso”.
“A
cosa?” chiesi, ammirando per l’ennesima volta il
suo corpo nudo e perfetto.
“A me e te.
Dovremmo fuggire
insieme. Magari potremmo andare a vivere in Francia, tentare la fortuna
nei suoi meravigliosi teatri, e potremmo sposarci... non ti sembra
fantastico?”
“Ma sei
pazzo?” domandai, ridacchiando delle sue strampalate idee.
“Sono
innamorato di te, Brittany Susan Pierce, e voglio trascorrere la mia
eternità al tuo fianco”.
“Sono parole
importanti Paul,
dovresti destinarle ad una persona che sia disposta a cedere alle tue
follie... e soprattutto, che non sia già impegnata con un
uomo”.
“Ti prego,
Britt, lascia quel ragazzino viziato e vieni via con me. Posso renderti
felice.”
“Carl
è un bravo ragazzo
e quando sarò diventata una ballerina famosa, ci sposeremo.
E’ così che deve andare la mia vita.”
Gli occhi di Paul si
accesero dalla rabbia e in un attimo, non so come, mi fu sopra.
“Sto per
renderti la ballerina più brava di tutti i tempi”,
mi sussurrò all’orecchio.
“Lasciami,
Paul! Che vuoi fare?!”
Non ebbi risposta e
rimasi
paralizzata alla vista del suo vero essere. Si morse il polso e mi
costrinse a ingoiare il sangue che ne fuoriusciva. Ero terrorizzata,
pietrificata nelle mie emozioni incontrastabili. Non poteva essere vero
quel che i miei occhi stavano vedendo sul suo volto. Era un demone quel
che si celava sotto l’aspetto di un ragazzo bello e pieno di
talento.
“Così
staremo sempre
insieme, per l’eternità”, disse
un’ultima
volta, prima che le ossa del mio collo si rompessero.
Quando ripresi
conoscenza, non
riuscii a ricordare immediatamente quel che era successo. Sentivo solo
un fortissimo dolore alla tempia, e il respiro interrotto a tratti da
un intenso bruciore, che partiva dalla gola e si espandeva fino a
diventare quasi visibile, anche al di fuori del mio corpo. Era
impressionante, la confusione che mi governava: mi sembrava di
ricordare qualcosa, ma subito dopo quelle immagini sfocate svanivano
nel nulla, come se fossero sempre state frutto della mia fantasia. Mi
alzai a fatica da terra e davanti all’uscita trovai Paul che
mi
guardava sorridendo.
“Ti
riaccompagno a casa” disse, come se non fosse successo nulla.
Annuii e, prima ancora
che capissi
cosa fosse successo, mi ritrovai nella zona più malfamata
della
città. Non so perché, ma nonostante avessi capito
che la
destinazione non fosse Villa Pierce, non opposi resistenza. Ero troppo
concentrata sulle immagini confuse che mi balenavano in testa, ero
troppo concentrata su quello strano senso di fame che sentivo: sembrava
diverso, struggente.
“Vieni”
disse, gentile, aprendomi lo sportello di quel vecchio prototipo di
macchina.
Lo seguii in un silenzio
assordante e terribilmente strano.
Poco distante da noi
apparve un uomo,
che correva via con una borsetta in mano. Doveva aver appena rapinato
qualche povera signora, ma d’altronde, da quelle parti, era
una
cosa giornaliera. Di notte era meglio non farsi trovare per quelle
strade, eppure Paul mi aveva portata proprio lì... ma a
quale
scopo?
“Aspetta
qui” disse, per poi sparire
nell’oscurità.
Come aveva fatto a
spostarsi
così rapidamente? Di nuovo mi colpì un dolore
tremendo
alla tempia e fui costretta a chiudere per un istante gli occhi. Quando
li riaprii, Paul era in piedi davanti a me, con la bocca sporca di
sangue e il rapinatore proprio davanti i miei piedi.
“Bevi”
disse, indicando il profondo morso sul collo dell’uomo.
Annusai l’aria
e sentii quella nuova sensazione di bruciore divenire ancora
più forte e intensa.
Mi chinai sul corpo
dell’uomo e
ingoiai, sorso dopo sorso, tutto il suo sangue. Era come una droga, e
nonostante i suoi gemiti soffocati, non ero in grado di fermarmi. Era
così caldo, così buono... e più ne
bevevo,
più pareva che il bruciore incontenibile si placasse.
*
“Ripensi
ancora a quella vampira?” chiese Mark, interrompendo i miei
ricordi.
“Mi dispiace
di essermela presa”.
“Sta’
tranquilla” disse, baciandomi sulla fronte. “Ti ho
preparato la vasca”.
“Grazie,
è stata una giornata un po’ pesante.”
“Lo so,
amore”.
Mi spogliai, entrai
nella vasca e
lasciai che l’acqua calda e piena di schiuma allentasse la
tensione, mentre cercavo di cancellare dalla mente il volto di quella
dea.
Carissimi fan di Glee,
salve a
tutti. Avete presente quando avete un'idea fissa in testa e non
riuscite a fare a meno di pensarci in continuazione, senza che vi lasci
in pace? Beh, è proprio così che è
nata questa ff
e alla fine ho deciso di cimentarmi nella scrittura. Non è
la
prima ff che scrivo, ma quest'idea in particolare ha ottenuto tutta la
mia attenzione poiché amo alla follia Glee e il Brittana.
"Come l'Agata nera"
è un
racconto che prende come spunto i vampiri del telefilm "The Vampire
Diaries", ma distaccandosi dalla stessa trama di questo e dando vita ad
un qualcosa che spero venga apprezzato e seguito da tutti voi. Fatemi
sapere che ne pensate, al prossimo capitolo!
Ladygleek86
BETATO
DA HSwall
|