stay my baby
- YOSHINO-KUN!
AIUTO!
Ho da poco ripreso conoscenza. Faccio fatica ad aprire gli
occhi, tant’è che sono sconvolta. Mi sforzo un
pochino in più, e ci riesco.
Sento una voce quasi familiare. Un rumore di sottofondo un po’ distorto, direi
confuso. Non sono ancora del tutto sveglia.
Non appena i miei occhi si saldano un istante, mettendo finalmente a fuoco
quello che sta intorno a me, riesco a capire.
- Yo-Yoshino-kun…-
bisbiglio con un piccolo e flebile tono di voce.
- Come ti senti? Stai bene?- domanda
il ragazzo. Ha lo sguardo più incupito del solito. Sembra quasi preoccupato.
Anzi, lo è di sicuro. E’ seduto poco distante dal futon
che si trova disteso a terra, dentro il quale sono
stata comodamente adagiata prima di svenire. O forse.
Non ricordo quasi niente di ciò che mi è successo.
Abbozzo un sì con il capo. Cerco di tirarmi su facendo
leva sui gomiti, e portarmi in posizione seduta.
Vedo Yoshino sollevarsi da terra per venirmi
incontro.
- Ti aiuto.- esclama tenendomi una mano dietro la schiena.
Avverto un gelido brivido. Mi volto quasi di scatto. Alle
mie spalle c’è un armadio a muro di un giallino spento, pressoché pallido.
- AAAAAH!!!!!- urlo improvvisamente.
Mi copro il viso con le mani e mi volto nuovamente in avanti.
- Nakada! Che hai?!- domanda Yoshino, preso alla
sprovvista, con fare agitato. Abbasso il capo verso il suolo e mi lascio andare
in un libero pianto, cercando a piccoli passi il torace del ragazzo che mi
accoglie gentilmente, mentre mi stringo forte a lui.
- Lei, lei c’è ancora! C’è ancora!- dico singhiozzando.
- Chi? – ribatte il giovane, fissandomi con aria sconcertata.
- Ho visto…ho visto una donna, una
donna in un lago, nell’armadio! – farfuglio con voce affannosa e confusa,
mentre faccio muovere il braccio destro in direzione di quello stipo che sta
alle mie spalle.
- Nell’armadio?- replica Yoshino,
un po’ titubante.
Annuisco con un colpo secco.
- Mi ha tirata dentro, nel buio, voleva
farmi del male!- continuo a piangere stringendomi sempre di più a lui. Sento le
lacrime scivolare via con una leggera facilità, per poi svanire nei tessuti
scuri del maglione di Yoshino.
Lo sento sospirare. Poi di colpo, il suo respiro si zittisce.
- Sei svenuta all’improvviso. Quando
Momo ha smesso di piangere, mi sono girato verso di
te, e ti ho trovata a terra.- dice con un tono di voce che a me da subito
appare scettico.
Mi scosto di qualche centimetro dal suo torace, con il viso ancora
rigato dalle lacrime:
- Tu… non mi credi?- pigolo con
voce un po’ roca e un forte senso di vuoto che sento accrescere dentro me
stessa.
Yoshino scuote il capo.
- Ti credo.- dichiara con decisione. I suoi occhi non
mentono- Adesso però devi soltanto calmarti, ok?
Una voce fa capolino dalla porta di entrata.
- Ah, ti sei ripresa finalmente!- esclama la sorella di Yoshino, entrando nella stanza con un vassoio composto da una tazza di tè e dei biscotti. – Sapessi
che spavento! Non ho mai visto Kazuhiko
così preoccupato, almeno non capita spesso!- dichiara mettendosi in
ginocchio sul pavimento per adagiare il vassoio. La donna si sofferma per un
attimo su noi due. – Ho forse interrotto qualcosa?- fa con un’intonazione che
sa di maliziosa allusione.
Fisso il giovane con un po’ di imbarazzo. Sono sicura
che lui ne ha più di me. Riesco a capirlo dal suo sguardo che si discosta dal
mio, per finire dritto sulla parete affianco. Ci sciogliamo all’istante
dall’abbraccio per assumere una posizione più consona, mentre il viso ci si
colora leggermente di rosso.
- Bevi, ti farà bene!- dice Kyoko porgendomi una tazza di tè caldo.
Bevo a piccoli sorsi, ma dentro di me non ho tanta voglia di farlo. Lo stomaco
mi si è chiuso. Ho troppa paura. Forse ha ragione Kazuhiko, devo calmarmi. Sarà stato un incubo, probabilmente
un’allucinazione, la mia immaginazione non ancora calmatasi da tutto quello che
mi è successo prima. Sarà così, o almeno deve essere
così.
Vedo Kazuhiko alzarsi da terra, per poi raggiungere
l’uscita della camera.
Sua sorella si volta verso di lui:
- Dove stai andando?- gli domanda un po’ perplessa.
- Sarò di ritorno tra meno di un’ora. Nakada,
tu resta qui, e aspettami!- dice fissandomi dritto negli occhi.
- Si!- enuncio con un piccolo sorriso. Quel suo modo di
fare, questo suo senso di protezione che ha nei miei
riguardi, mi fa stare molto bene. Con lui mi sento davvero al sicuro.
La porta d’ingresso si richiude alle sue spalle, e non
appena lui sparisce, io mi sento nuovamente sola.
- Non preoccuparti. Ci siamo io e Momo,
qui con te! – esclama Kyoko, stringendosi la bimba
fra le braccia.
Le sorrido appena un po’ perché entrambe mi fanno tenerezza.
Soprattutto sua figlia. E’ piccola ed indifesa, ma tra le braccia della sua
mamma è al sicuro. Anch’io vorrei essere come lei. Piccola ed indifesa, ma al sicuro tra le braccia di una persona
cara.
Il trillo del telefono inizia a squillare ed io riprendo
coscienza di me.
Kyoko mi affida
la piccola, dopodichè si appresta a rispondere.
- E’ per te, Naoko! – esclama in
seguito. – Tuo padre.- bisbiglia poi, non appena mi avvicino all’apparecchio.
Le consegno gentilmente la bambina prima di afferrare la cornetta.
- Papà!- esclamo fiduciosa, nella speranza che mi dia qualche notizia positiva sulla mamma. Fortunatamente ciò
che desidero accade. Il mio viso riprende colore, e finalmente ritorno a
gioire. Quando però la telefonata volge al termine,
qualcosa fa calare istantaneamente il mio umore.
Se i miei torneranno a casa questa
sera, ciò significa che anche io dovrò farlo. Dovrò riaprire nuovamente le
porte di quell’armadio situato nella mia camera, prendere il futon, distenderlo a terra e dormire. Cercare di dormire. E se ritornasse quella donna che ho visto galleggiare in
quel lago?
- Cosa ha detto tuo padre?- mi
domanda Kyoko, all’improvviso.
- Loro…loro torneranno questa sera.- le rispondo con un po’ di entusiasmo.
Kyoko si rallegra:
- Quindi tua madre sta bene! Mi fa
tanto piacere, Naoko!
La osservo portare la piccola Momo
nel suo lettino. Getto uno sguardo all’orologio appeso in cucina. Segna le 21 e
07. Tra non molto mi toccherà lasciare la calda atmosfera di questa casa, e far
ritorno alla mia. Anche se dentro di me, non vorrei.
Faccio per raccattare le mie cose, ma la voce di Kyoko mi blocca:
- Vai già via?- chiede sorpresa- Se si tratta di dare
fastidio, sappi che qui sarai sempre la benvenuta! Inoltre mi tieni compagnia quando svolgo le faccende domestiche!
Accompagno le sue parole con un sorriso:
- Grazie per la sua ospitalità! E’ molto gentile. Ma devo
tornare a casa a sistemare il letto per quando ritornerà
mia madre.
Kyoko annuisce.
- Capisco. Però- s’interrompe volgendo il capo all’orologio
della cucina- Kazuhiko a detto di attendere il suo
ritorno…non tarderà molto!- conclude.
Kyoko ha ragione. Gli ho promesso
che sarei rimasta qui ad attenderlo. Però la
telefonata di mio padre ha la precedenza su tutto.
Decido di restare ancora cinque minuti, nella speranza che
lui rincasi, purtroppo il tempo passa, e la porta dell’ingresso non si
spalanca.
- E’ tardi. Devo
proprio andare!- dico con un tono di voce un po’ malinconico.
Kyoko si appresta a venirmi
incontro.
- Hai ragione. Beh, dirò a mio fratello che ti ha chiamata
tuo padre e sei dovuta ritornare a casa per accogliere il ritorno di tua madre.
Sono certa che capirà!
Annuisco e mi dirigo al lettino di Momo
per salutarla. Raccolgo la borsa con la tracolla lunga dal tavolo, e mi accingo
a lasciare l’abitazione.
Saluto Kyoko con un abbraccio e la
ringrazio nuovamente per l’ospitalità.
- Per me potevi tranquillamente restare qui questa notte. A
me e mio marito fa piacere! Soprattutto Kazuhiko.-
dice facendo una breve pausa. In seguito riprende- Mio
fratello tiene molto a te!
Arrossisco all’istante al suono di quelle parole. Sento un
forte calore in viso, e me ne vergogno quasi.
Kyoko ridacchia un po’
furbescamente, dopodichè mi accarezza la schiena, ed io allontano con tristezza
il suo appartamento.
Non appena sento la porta richiudersi alle mie spalle, un
vuoto tremendo mi assale.
Il sol pensiero di dover ritornare in quel posto, mi fa
rabbrividire.
Dopo il fattaccio non ho più messo
piede in quella casa. Adesso sembrerebbe un posto tranquillo, ma allora perché
provo questa terribile sensazione?
Percorro il lungo corridoio del palazzo a piccoli passi. Non
ho nessuna voglia di raggiungere alla svelta l’appartamento.
Scorgo la porta da lontano, e una brutta sensazione mi fa
arrestare.
Sono costretta a farmi forza. Tra poco arriverà la mamma, e
avrà bisogno di stendersi sul morbido futon, e non su
di un duro pavimento. Me ne faccio una ragione, e così in poco tempo mi trovo
d’innanzi a quella gelida porta.
Prendo le chiavi dalla borsa e prima d’inserirle nella
fessura, sospiro.
Giro il pomello poco per volta, ma la mano destra inizia a
tremarmi. Mi faccio forze fermandola con la sinistra, e poco alla volta inizio
a spalancare il portone. Lo spingo in avanti, piano piano.
Il gracchiare che provocano quei cardini è l’ultima cosa che vorrei ascoltare
in questo momento.
Sto per varcare la soglia, quando sento qualcuno alle mie
spalle gridare il mio nome.
Mi volto di scatto e scorgo la sagoma di Kazuhiko
venirmi incontro in tutta fretta.
- Nakada!- grida gesticolando a
più non posso.
Sono confusa e quindi senza un perché lascio d’istinto il
pomello della porta, ed arretro di un passo.
- Yoshino!?-
pronuncio il suo nome con un pizzico di felicità. Vederlo qui mi rassicura
moltissimo. Sorrido finché il ragazzo stesso, una volta raggiuntami, mi spinge
via ghermendomi gentilmente i fianchi e trascinandomi con sé, lontano dalla
porta dell’appartamento.
Inutile dire che l’impatto e la
goffaggine di entrambi, ci fa inciampare maldestramente non appena la spinta di
Kazuhiko mi trascina con se. Finiamo a terra.
- Stai bene? - mi chiede all’istante il giovane.
Assento con un cenno del capo:
- Sì…sto bene. – mi limito a dire. – Cos’è successo?
Kazuhiko si rialza porgendomi una
mano e tirandomi su.
Getta uno sguardo furtivo alla porta semi aperta dell’appartamento,
ed in seguito si rivolge a me:
- Non sei entrata, vero?
Scuoto semplicemente il capo.
- Stavo per farlo, poi ti ho sentito chiamare il mio nome e…
mi sono bloccata.
Yoshino si piega sulle ginocchia,
tirando un sospiro di sollievo e mormorando qualche
parola incomprensibile.
Lo guardo a lungo in silenzio, ho quasi paura di chiedergli
una spiegazione, poi decido di farmi avanti:
- Yoshino-kun, che sta succedendo?
– lo fisso negli occhi- Riguarda ancora questo appartamento,
non è così?
Kazuhiko ricambia lo sguardo. Poi
finalmente si decide a parlare:
- La donna che hai visto
nell’armadio a casa di mia sorella…si chiama Noriko Kitagawa.
Lo guardo dubbiosa, poi replico:
- Noriko Kitagawa?
Lui annuisce con un colpo di capo deciso,
infine prosegue:
- E’ morta circa dieci anni fa, in circostanze misteriose. I
giornali che risalgono all’epoca dell’accaduto, narrano di un suicidio dovuto a
causa della morte di sua figlia, scomparsa oramai da diversi giorni, il cui
corpo è stato poi rinvenuto l’altro giorno in quel masso nella veranda di casa
tua.
Un brivido mi attraversa la schiena.
- La bambina in kimono…-farfuglio appena- Quella donna è sua
madre?
Ancora una volta sento dirmi di si.
- Esatto.
- Ma allora…perché ce l’ha con me?-
ribatto all’istante- Ho ritrovato il corpo della piccola, e le abbiamo dato finalmente
una degna sepoltura! Il suo spirito dovrebbe essersi placato…o no?
- Evidentemente la signora Kitagawa
non ha gradito che ficcassimo il naso in faccende altrui.
Continuo a fissarlo ancora incerta. Yoshino
ha qualcosa tra le mani. A vederle sembrerebbero delle fotografie. Ad un tratto
si porta in avanti, e con passo lento, lo vedo venirmi
incontro. – Non è tutto…-mi dice- C’è dell’altro.
Questa è una versione creata dalla stampa di allora, che dopo l’accaduto ha rielaborato
il caso e ne ha tratto una conclusione ancora più attendibile. – Kazuhiko fa una breve pausa, poi prosegue- La piccola non è
stata rapita, bensì uccisa dalla sua stessa madre che in seguito ne avrebbe occultato il corpo in uno dei giardini che prima
riempivano questo terreno. Successivamente ne avrebbe denunciato
la scomparsa facendo pensare a un rapimento. In realtà però, come dimostrano
queste analisi, la piccola è stata seppellita in un composto di terra e ossido
di calcio, mentre respirava ancora.
Il ragazzo mi consegna un foglio di carta con delle parole
all’apparenza incomprensibili, e dei grafici per me indecifrabili. – E’ il
risultato delle analisi che hanno effettuato su quei
resti, subito dopo il ritrovamento. Volevo essere sicuro di una cosa, prima che
tu ritornassi a casa, così sono andato a prenderne una copia all’istituto di
medicina alle porte di Tokyo.
Resto per un po’ senza parole. Poi mi esce spontanea una
domanda:
- Come può una madre, seppellire viva sua figlia? E’
orribile ciò che ha fatto!
Yoshino mi dà ragione, poi chiede:
- Vuoi un mio parere? La madre ha ucciso sua figlia perché
frutto di una relazione extraconiugale che col passar del tempo le avrebbe potuto causare problemi con il marito che reputava quella
bambina come sua figlia legittima e non di un amante. Sono molti, infatti, quelli
a sostenere che Noriko avesse
un’amante, anch’esso morto poco prima della sua scomparsa. E
secondo me, ucciso da Noriko stessa.
- Pensi all’ipotesi di un duplice omicidio? Ma perché?- replico scuotendo il capo.
- Perché cancellare definitivamente
le tracce del proprio passato, è molto più facile che dimenticare e basta. E’
dura convivere ogni giorno con il passato stesso d’innanzi agli occhi. E purtroppo, quella bambina era una prova inconfutabile ed
insostenibile degli sbagli di una donna che aveva tradito il marito. Oltretutto
se hai già una mente instabile e sei fragile, l’unica soluzione per te è quella
più violenta.
Dopo questa terribile rivelazione, nel pianerottolo del
condominio cala un pesante velo di silenzio.
Sono atterrita ed impaurita allo stesso tempo. Cosa farò adesso? Mi sento quasi venir meno. Ho le gambe che
tremano, e la mia bocca oramai è paralizzata dal terrore. Quella donna non avrà
pace finché non porterà a termine la sua vendetta. E’ questo il prezzo che devo
pagare per aver reso giustizia ad un povero innocente? Se
ciò che dice Kazuhiko è vero, allora significa che…
- Mi ucciderà, vero?
- No. Finché ci sarò io.
Al suono di quella frase così spontanea, mi lascio cadere
sul torace di Yoshino come per cercare riparo da
qualcosa che solo lui è in grado di combattere. Mi sento
accarezzare il capo affettuosamente, e ben presto un abbraccio del giovane mi
avvolge tutta. – Non ti accadrà nulla. Farò quanto in mio potere per
aiutarti. Resta con me, Nakada, ok?
- Mh!- annuisco con gli occhi
pieni di lacrime. Lacrime di gioia.
Esattamente sono le 23 e 45. Lo segna la sveglia posta sulla
scrivania nella camera del fratello di Yoshino.
I miei genitori per il momento alloggiano a casa di Kyoko. Non gli ho detto la verità
per non farli spaventare, ma infondo è meglio che non sappiamo. Gli ho assicurato
che a causa di alcune perdite di gas nella nostra
abitazione, per il momento era meglio trasferirci a casa di quella donna e di
suo marito. Poi ovviamente saremmo ritornati nel nostro appartamento
quando fosse stato più sicuro.
Ma dubito che lo sarà. E di certo non per qualche tubatura che fa i capricci!
Kazuhiko invece ha ritenuto
opportuno tenermi lontana da quel palazzo e da qualsiasi ambiente limitrofo.
Così mi trovo a casa sua, una piccola villetta molto confortevole, situata a
forse cinque isolati dalla mia casa. Lui vive da solo con sua
zia, una tipa molto cordiale e tanto gentile proprio come Kyoko. Ho già fatto amicizia con Chuutaro,
un meticcio di circa 2 anni che Kazuhiko ha raccolto
un paio di mesi dopo la morte di suo fratello.
- Ti terrà lui compagnia, nel caso durante
la notte dovessi sentirti sola.- esclama il ragazzo, facendo chiaro
riferimento al suo cagnolino.
- Sono sicura che mi sarà di grande aiuto! E’ così
simpatico!
Accarezzo il pelo del cane, di un color miele davvero
brillante e soffice. I suoi occhi castani ricordano a tratti quelli del
padrone, davvero dolcissimi.
- Allora io vado. Ti lascio dormire. Domattina c’è scuola.
Vorrei alzarmi e trovare un po’ di coraggio per chiedergli “andiamo insieme? Ti va se mi accompagni?”
però le parole non mi escono. Chuutaro sembra
quasi aver capito, così con qualche abbaio d’incoraggiamento e con un lembo
della mia gonna in bocca, mi sprona ad alzarmi e a parlare. Sto per aprir
bocca, quando il ragazzo mi precede:
- Andiamo insieme, ok? – dice come
se anche lui avesse già capito tutto.
Rispondo raggiante: - Sì! Va bene!
Dovrei sentirmi angosciata, intimorita per l’assurda
situazione che ha sconvolto il mio modo di vivere, ma…la presenza di quel
ragazzo un po’ chiuso, mi dà sicurezza. Con lui la
paura diventa soltanto una parola di tre sillabe.
Ci diamo entrambi la buonanotte, e, una volta che la porta
della mia nuova e provvisoria camera, è chiusa, mi lascio
cadere poco a poco sul pavimento della stanza. Mi sento così strana. Una
sensazione positiva, però.
Chuutaro mi raggiunge.
Lo accarezzo dolcemente, poi mi avvicino
al suo peloso orecchio:
- Beato te che puoi restargli accanto tutto
il tempo che vuoi!
Spengo la lucina della lampada con
un click, e mi lascio andare sotto le coperte poco per volta. Non tarda molto,
ed il sonno, nonostante tutto, giunge quasi subito.
La mattina arriva presto, e con essa
l’inizio di un nuovo giorno. Ed inizia così anche una
settimana fatta di bei ricordi, sveglie mattutine e ritardi a scuola dovuti
alla punta di pigrizia che prende il sopravvento nel dna di Yoshino,
e che trascina anche me a corse turbolente verso il cancello dell’istituto per
un soffio ancora spalancato. Dopo le lezioni si torna
a casa, prima passiamo da Kyoko, a salutare sua
figlia, e i miei genitori che si chiedono il perché di cotanto ritardo nelle
riparazioni del nostro appartamento. Dura mentire ai miei per
una che non riesce a giurare il falso. Fortuna che l’abile
copertura di Kyoko fa sì che la nostra commedia non
crolli come un castello di sabbia, e si frantumi.
Sono trascorsi già 8 giorni da quando
Kazuhiko mi ha presa e portata a casa sua. Non ho più
rimesso piede in quell’appartamento neppure per recuperare le mie cose. Kyoko mi ha gentilmente fornito degli abiti, e tutto
l’occorrente che si prepara normalmente quando si và
in vacanza. E’ stata davvero gentilissima. In cambio mi sono offerta di portare
un po’ la sua Momo al parco, quando lei è troppo
indaffarata con i lavori di casa.
Yoshino naturalmente è sempre accanto a me. Da quel brutto giorno, non mi ha mai
perso di vista per un solo attimo.
Anche oggi è qui.
Siamo ai giardinetti vicino casa
sua. La sua nipotina se ne sta seduta sulle mie ginocchia come una piccola
bambolina vestita di rosa. Ci siamo seduti su di una panchina, proprio sotto le
fronde di un grosso albero.
Si sta benissimo qui. C’è una tranquillità immensa.
Kazuhiko è all’opera. Sta scrivendo
le ultime strofe della sua “stay my
baby”, una canzone dalla melodia intensa ed unica.
Ricordo ancora quando la sentii per la prima volta, la sera
in cui Kyoko mi invitò a
passare la notte a casa sua.
Dallo spiraglio della camera in cui dormivo, filtrò un po’ di
luce.
Mi girai per sbirciare, e Kazuhiko
eri lì, seduto sul divano, con una chitarra tra le braccia che emetteva flebili suoni. Ad un tratto le sue labbra si
mossero. Il suono della sua voce accompagnò quello dello strumento musicale, per
poi diventare un tutt’uno. Fu quella sera che nacque stay my baby.
Anche se può sembrare sciocco, era
come se lui cantasse per me. Una delicata ninna nanna per tranquillizzarmi, per
infondermi calore. Perfino il testo sembrava parlare di me.
Che sciocchezze, adesso che ci
ripenso! E’ pur sempre una canzone! E non credo che fosse
riferita a qualcuno. Figuriamoci io!
Però, quanto desidero che qualcuno
canti davvero per me!
- Come va? – gli domando,
riferendomi alla canzone.
Il giovane annuisce.
- Bene. Direi che così può andare.
Mi manca solo qualche nota. – risponde tutto concentrato su quel pezzo di carta bianca, pieno di scritte.
Ad un tratto il ciuccio di Momo
cade per terra. Faccio per piegarmi, ma suo zio mi anticipa e lo raccoglie
prima di me.
Poggia i fogli della sua canzone sulla panca, e corre alla
fontana accanto per pulirlo.
La piccola intanto comincia a piangere.
- Guarda Momo-chan! Sta arrivando
lo zio con il tuo ciuccio! Sei contenta?- Indirizzo la
bimba verso la sagoma del ragazzo, in modo che possa vederlo arrivare. Yoshino si avvicina con una breve corsetta, e rimette il ciucciotto nella piccola boccuccia della sua dolce
nipotina. Poi le solletica il pancino per
tranquillizzarla, finché la piccola non si calma del tutto.
- Niente più scambi epistolari! Finalmente avete seguito il
mio consiglio! Ma fare di già un bambino, mi sembra
troppo!– esclama una voce all’improvviso.
Ci giriamo entrambi con l’espressione di chi sembra stato
colto alla sprovvista, e per un attimo i nostri occhi s’incrociano timidamente.
– Non arrossite, mi raccomando! Anche quello è fuori
moda! – esclama ancora una volta una ragazza con gli occhiali.
E’ la mia compagna di banco. La secchiona
della classe. Una persona gentile, ma forse un po’ troppo chiacchierona!
La saluto con un cenno di mano e con una smorfia sul viso
simile ad un sorriso confuso. Solamente in seguito, quando oramai la sua sagoma
è in procinto di sparire all’orizzonte, riesco a comprendere il significato di
quella sua pungente battuta. Quasi di scatto mi alzo dalla panchina come un
elastico lanciato verso l’alto.
Urlo a squarciagola: - E’ la nipotina di Kazuhiko!
Non è nostra figlia!
Al suono di quelle parole, la mano della ragazza si solleva
in aria sventolando allegramente. E’ un saluto scherzoso, ma come sempre
pungente. L’importante per me, è essersi chiariti!
Certo è che quel “non è nostra figlia”, mi è uscito così
terribilmente spontaneo… e adesso me ne vergogno tantissimo.
Le mie guance si arrossano in poco più di un secondo.
Un piccolo ridolino però mi trae fuori dall’impaccio.
- Hai un’ugola d’oro, direi.-
bofonchia Kazuhiko, sorridendo.
Sono poche le volte in cui lo fa. Sembra quasi che niente o
nessuno lo smuova del tutto. E invece non è così.
Che sia stata la mia goffaggine a
farlo divertire? Sono davvero così imbranata? Che imbarazzo!
- Vogliamo andare? – mi sento chiedere in seguito.
Ancora un po’ paralizzata per via dell’accaduto, annuisco
stringendomi la piccolina a me.
Yoshino raccoglie i suoi fogli e
li infila in una sottile cartellina di cartone.
Inconsciamente ci accostiamo a vicenda, fino a sfiorarci.
Sarà questo leggero venticello, o questa calda
atmosfera, ma per un attimo ho desiderato ardentemente che lui mi prendesse la
mano.
Saliamo le scale fino a raggiungere l’appartamento di Kyoko.
Momo è felice di rivedere la sua
amata mamma dopo una bella scorazzata nel parco. Ne approfitto
per salutare anche i miei genitori, ma non appena faccio per dirigermi nella
camera dove alloggiano, la sorella di Kazuhiko mi
dice che si sono diretti al centro di Tokyo per acquistare degli indumenti.
Pazienza. Li saluterò domani, non appena finita la scuola.
Usciamo poco subito, ed imbocchiamo la rampa di scale sulla
destra, che conduce verso il basso.
Kazuhiko è più
avanti di me. Avanza spedito verso l’uscita, continuando a stringersi a
sé la cartellina con il testo della sua canzone. Lo osservo in silenzio
percorrere i diversi gradini, con andatura svelta. Una delle poche volte che riesco a fissarlo senza imbarazzo, è proprio quando mi mostra
le spalle! Tra un pensiero e l’altro, mi accorgo di essere rimasta sola sul
pianerottolo che mi circonda. Il mio compagno di classe sarà già sceso al pian
terreno. Mi affretto per raggiungerlo, quando però all’improvviso le luci
dell’androne si spengono. Faccio per avvicinarmi all’interruttore proprio sulla
mia destra, ma quest’ultimo svanisce non appena le
mie dita lo sfiorano.
Sobbalzo.
- Com’è possibile?- bisbiglio.
Affronto il buio che non è poi così tanto,
e costeggio il parapetto sulla sinistra, aggrappandomi ad adesso per non
cadere.
Percorro così una rampa intera di gradini, fino a giungere
al primo piano. Accelero il passo, spedita verso la prossima ed ultima rampa,
con le gambe un po’ tremanti ma rigide.
Urto qualcosa nella semi oscurità.
Affino la vista e scopro che si tratta di una bambina. Le sue braccine sottili si avvinghiano con forza alle mie gambe,
trattenendomi con insistenza per non farmi proseguire oltre.
Le chiedo gentilmente di lasciarmi andare, ma proprio nel
momento in cui tento di abbassarmi per toccarla, lei svanisce davanti al mio
sguardo incredulo. Che fosse…quella
bambina?! Il panico prende il sopravvento delle mie
azioni. Inizio a correre a più non posso lungo lo
stretto andito senza luce, cercando di lasciarmi la paura alle spalle. Le scale
oramai sono vicine, le raggiungo alla svelta divorandomi due scalini alla volta,
ma una mano mi afferra all’improvviso, facendomi cadere.
- AHHH!!!- urlo a squarciagola.
Qualcuno dietro di me mi sta trascinando all’indietro, con una stretta che non
mi permette di scappare. Continuo ad urlare nella speranza che qualche
condomino mi senta. Ma nessuno mi viene in aiuto. E’
come trovarsi in una dimensione parallela. All’improvviso mi rivedo nel mio
appartamento, in quel fatidico giorno. Una distorsione temporale? Io urlo, chiamavo
Kazuhiko, ma lui non riesce a sentirmi. L’acqua
invade il mio appartamento, le luci si spengono, le fiammelle sono ovunque.
Tutte le scene più salienti di quel funesto giorno, mi
passano copiose davanti ai miei occhi increduli.
Mi copro il viso con le mani e comincio ad urlare.
- KAZUHIKO!!! KAZUHIKO!!!!!- grido ripetutamente.
E se non mi sentisse nemmeno questa volta? Lui è fuori
chissà dove, non sentirà mai la mia voce!
Non mi do per vinta, e continuo in tutti i modi a scalciare
a più non posso. La balaustra delle scale scoppia
all’improvviso, fino a cadere di sotto. Dietro di me c’è il vuoto. La creatura
misteriosa continua a trascinarmi verso il baratro. Faccio di tutto per trovare
qualche appiglio, ma la fortuna non mi assiste. Continuo a gridare il nome di Yoshino, anche ad un passo dal precipizio. La forza
misteriosa ha la meglio, e riesce nel suo intento.
Precipito nel vuoto, anche se l’altezza non è delle peggiori,
mi farò sicuramente molto male.
Serro forte le palpebre per non guardare, mentre il suolo è
a pochi metri da me.
- NAOKO!!!
Grida una voce. E’ Yoshino!
Riapro gli occhi nello stesso momento in cui il mio corpo
finisce sulla longilinea figura del ragazzo, che riesce ad attutirmi l’impatto,
prendendomi al volo tra le braccia.
Sono un po’ stordita dal colpo, ma faccio forza per
riprendermi e soccorrere il mio amico, travolto dal mio
peso e finito a terra.
- Kazuhiko! Kazuhiko!
- Ci sono, ci sono. Non c’è bisogno
di urlare. – scherza con una punta di voce un po’ roca, mentre si massaggia la
schiena.
Il mio viso riprende subito colore. Vorrei piangere, ma
prima di tutto lo aiuto a rimettersi in piedi,
cercando in tutti i modi di sorreggerlo come si deve. Se
solo Yoshino fosse meno alto… tutto mi sarebbe più
facile.
- Lascia stare. – ammonisce lui – Riesco
a stare in piedi anche da solo, non c’è bisogno di tanta attenzione. – conclude con una voce fredda e un po’ inasprita.
- Scusa io… volevo solo rendermi
utile…- faccio, giusto per spiegare le motivazioni del gesto.
- Che bisogno c’era di andartene a
zonzo da sola per l’intero palazzo? – sento dirmi all’improvviso.
Replico:
- Da sola?
- Mentre percorrevamo le scale mi
sono girato, ma tu non c’eri.
Scuoto il capo:
- La luce si è spenta! Mi sono solo fermata per accenderla,
ma…
- Spenta?- replica Kazuhiko, con
intonazione incredula.
- Spenta! All’improvviso!
Il giovane è pensieroso.
- Durante la mia permanenza nell’androne del palazzo, la
luce non si è mai spenta. – Yoshino si passa una mano tra la
zazzera ribelle – Noriko ci ha fregato ancora
una volta. – conclude quasi a voler scherzare.
Ci avviamo a casa, dopo aver chiamato Kyoko
e avere avvisato l’amministratore del crollo del parapetto.
“Com’è possibile? Quella balconata era nuova! L’avevano montata una decina di giorni fa…” ci ha confidato il
tizio, chiedendosi ancora il perché di quel disastro.
“Forse non l’hanno messa bene. Uno
dei cardini cigolava già da un bel po’“ ha replicato Kazuhiko,
facendo in modo di essere credibile.
Il palazzo per me non è un luogo sicuro.
Ma se così fosse, ciò
significherebbe allontanarmi dai miei genitori? Da quel posto?
- Come lo spiego ai miei che non posso più rientrare a casa?
Le bugie hanno le gambe corte…- faccio con voce cupa e
rattristata.
- Tutto ciò finirà molto presto, sta
tranquilla. Tutto si risolverà presto. – ribatte Yoshino,
cercando di tranquillizzarmi.
- Ma in che modo? – m’impunto con
decisione sull’asfalto. Kazuhiko si volta verso di
me, stupito dal mio comportamento. – Non sappiamo quasi nulla di questa Noriko, ed inoltre… è uno spirito! Come facciamo a farla smettere? Lei mi darà la caccia finché non avrà
ottenuto ciò che desidera! Finché non mi avrà trascinata
con lei!
Due mani mi si posano sulle spalle.
Il gesto di Kazuhiko mi fa
scuotere. Sollevo appena il capo, e lo guardo dritto negli occhi. Le mie
pupille tremano, oscillano come una foglia spinta dal
vento. Le sue, al contrario, sono ferme, stabili su di me.
- Se quello spirito dovesse
soltanto provarci, allora dovrà prendersi la briga di trascinare anche me!
Abbraccio il ragazzo, con una stretta fortissima. Lui
ricambia con qualche carezza affettuosa, pur mantenendo un’aria rigida ed
impacciata.
Facciamo ritorno a casa.
Chuutaro ci accoglie gioiosamente,
abbaiando qua e là.
Dopo aver cenato, ci dirigiamo di sopra. Ognuno nella
propria stanza.
Tolgo i vestiti, sporchi ancora di polvere, e m’infilo il
pigiama.
Mi lascio cadere sul letto, mentre ripenso alle parole di Yoshino. Sorrido timidamente, arrossendo. Chuutaro abbaia, dirigendosi poi alla porta. Mi volto verso
di lui, e tendo le orecchie.
Qualcuno sta cantando.
Seguo il cane che mi conduce d’innanzi alla soglia socchiusa
che dà accesso alla camera di Yoshino.
- E’ lui!- bisbiglio sommessamente, avvicinandomi sempre di
più all’uscio semiaperto.
Chiudo gli occhi e mi lascio andare avvolta dalla melodia
inconfondibile della canzone. E’ proprio “stay my baby”. Non ci sono dubbi.
“Stay my baby, stay with me. Sia domani, che dopodomani.
Stay my baby, affianco
a te…”
Canticchio piacevolmente il ritornello, dondolando il capo a
ritmo.
Chuutaro abbaia all’improvviso.
Le note della chitarra s’interrompono. La voce di Yoshino si spegne. L’uscio socchiuso si spalanca.
Faccio segno al cane di fare silenzio,
ma è troppo tardi.
Il giovane ormai mi è davanti.
- Io stavo…- tento di spiegare, arrossendo tremendamente.
Kazuhiko allarga la porta:
- Vuoi entrare?
Annuisco con allegria.
Il giovane mi fa accomodare sul
letto. Mi siedo con molto imbarazzo, mentre saetto lo sguardo da un capo
all’altro della camera.
Non nascondo che sono molto tesa. Chuutaro
si accoccola sul tappeto. Lo fisso di sottecchi. “Se
mi trovo in questa situazione, è per merito tuo” Vorrei rimproverargli.
Non so che dire. Per qualche attimo scende il gelo tra le
quattro pareti della stanza. Poi all’improvviso, osservando il ragazzo,
esclamo:
- E’ bella! La canzone… intendo.- preciso.
Yoshino sorride appena,
compiaciuto.
- Eri tu che cantavi, poco fa?
Sussulto all’istante. Mi ha sentito?
Annuisco con impaccio.
- Eh già… non ho potuto resistere! Sono stonata, però…!–
dico ridacchiando, giusto per farmi forza. Kazuhiko
mi segue a ruota, trascinato molto probabilmente dalla mia goffaggine.
Per un breve istante, i nostri sguardi s’incrociano, fino a
rendersi fissi, gli uni negli altri. Sento qualcosa avvampare dentro me.
Diventiamo entrambi rossi, ma il tempestale intervento di Chuutaro, ci fa destare
dall’imbarazzo.
- E’ proprio un tipetto
adorabile!- esclamo accarezzando il capo del cagnolino. – Ha degli occhi vispi
che osservano sempre tutto!
Kazuhiko fissa il proprio animale,
con un espressione a tratti malinconica, ma rassegnata
allo stesso tempo.
- Mio fratello mi guardava spesso in quel modo. Era un tipo
assai distratto, che adorava divertirsi! – conclude
scherzando un po’.
Il suono della sua voce, nonostante l’esclamazione, lo
tradisce. Superare una perdita di una persona così importante, non è facile.
Lei rimarrà in te, continuerà a vivere nella tua mente, nei tuoi
ricordi, e anche se questi ultimi diventeranno sempre più sbiaditi, il ciò che
resta del passato non potrà mai sfiorire.
Anche il mio sguardo si fa triste. Accarezzo ancora una volta Chuutaro, poi
osservo Kazuhiko.
- Ti manca tanto, vero?
Il ragazzo annuisce flebilmente, quasi a volerlo nascondere.
Poi, d’un tratto si lascia andare.
- La musica della sua chitarra, continua
ancora a riecheggiare tra le mura della sua camera.
- Eravate un gruppo?
- Suonavamo così, un po’ per divertimento e un po’ per piacere.
Non abbiamo mai pensato di sfondare seriamente. Non eravamo di certo dei
professionisti! – ride lui, amaramente- Ogni tanto scappava
l’errore… una nota sbagliata, una stonatura… piccole sbavature da dilettanti,
insomma.
- Tu però sei bravo! Almeno per me, che ti
ho sentito cantare. La tua voce e le tue melodie, si sono stampate alla
perfezione nella mia mente, e ti giuro che toglierle è
un’impresa impossibile! Sono indelebili più dell’inchiostro!
Yoshino ascolta attento le mie
parole, sorridendomi perfino con gentilezza.
- Vorresti imparare a suonarla?- mi chiede con garbo,
riferito alla chitarra che tende verso di me appena.
L’espressione della mia faccia si fa titubante:
- Mi piacerebbe ma… non penso di
esserne in grado. – faccio giù di tono, chinando il capo verso terra.
Sento ad un tratto un braccio che mi avvolge, passandomi
dietro la schiena. La mia espressione sorpresa punta dritto verso il faccino
calmo e tranquillo di Yoshino.
- Guarda…- esclama gentile, mettendomi la chitarra tra le braccia,
e cingendo me stessa tra le sue.- Questo è il manico tastato sul quale corrono
le sei corde.- mi dice prendendomi la mano e portandola fin sopra le funi di
nylon. Ho un attimo di mancamento. Sono così vicina a lui che posso sentirne
perfino il respiro!
La testa mi si gira come di scatto fissa sul suo volto,
meccanicamente. Yoshino si volta, seguendo quasi i
miei movimenti. Ci fissiamo l’uno nell’altra, lo sguardo mi oscilla, non sta
mai fermo. Quello del ragazzo, troppo vicino al mio, così come la sua bocca, è stabile.
Comincio a tremare impercettibilmente. Dentro di me scoppia il caos. Cosa sta succedendo?
Poi, d’un tratto la dolcezza di
quel momento viene meno:
- Domani andrò al vecchio appartamento di Noriko. – dice fissandomi negli occhi. Il suo sguardo
deciso però mi ferisce.
- Noriko Kitagawa…?
Quella… donna…?- balbetto
appena, con un brivido di paura che mi congela la gola e i movimenti.
- Quella donna.- sentenzia lui, ancora deciso. – Ho trovato
su internet dei siti che parlano di lei. Molti la considerano una psicopatica,
altri invece la reputano una semplice vittima, e la biasimano. Pensano che si sia suicidata per la perdita della figlia, come dissero le
tv e la stampa di quei tempi. C’è chi dice perfino che sia stata uccisa dal suo
amante, durante una lite furibonda. Ad ogni modo, il mistero è in quella
vecchia abitazione. E’ lì che è stato trovato il suo corpo. Nell’armadio della
sua camera. Da li è iniziato tutto. Se gli do fuoco,
lei sparirà per sempre, e tu sarai finalmente libera.
- Vengo con te, allora! – ribatto d’un
botto, con forte determinazione, senza dargli neanche l’aggio di respirare.- Il
problema mi riguarda personalmente!
Yoshino è da subito tassativo:
- Non puoi! E’ troppo pericoloso. Saresti come nella tana
del lupo… rischieresti troppo. Sei più al sicuro qui. – dice guardandosi
attorno, nella sua camera, e facendo per l’appunto riferimento ad essa.
Scuoto la testa con testardaggine:
- Io non ti lascio rischiare al posto mio! Non posso permetterlo!
Finirei con lo star male…! Mi sento il dovere di fare
qualcosa! Ti prego, portami con te!
Yoshino mi scruta con quel suo
sguardo indagatore ma tanto dolce che mi fa sempre sospirare. Dopodichè, quello
stesso sguardo si sofferma ad osservare l’orologio che c’è nella sua camera,
appeso proprio d’innanzi a noi. Lo guardo, e capisco all’istante di averlo
convinto:
- Se proprio ci tieni a venire, ti
consiglio di andartene a letto. Domani si parte alle 7. Scordati però di
seguirmi all’interno di quella casa.
Gioisco con un piccolo sorriso di trionfo, mentre lo guardo
con gratitudine ed immensa devozione.
Abbraccio il cane che mi accoglie con un
abbaio festoso, mentre scodinzola allegramente e mi fa le feste. Tra un
attimo di euforia e l’altro, mi lancio a stringere
forte anche Yoshino, che non può non arrossire e
provare imbarazzo.
Dovrei essere angosciata per ciò che mi attenderà nella
giornata di domani, ma in realtà non lo sono.
Yoshino sarà con me, pronto a
sostenermi. E’ questo che mi dà le energie giuste, e che mi sprona a
continuare, proprio come il suo canto.
Prendiamo il treno delle 7 in punto che parte dalla
stazione principale di Tokyo e che ferma a Nagaoka. Da
lì successivamente saliamo sul pulmino locale che
ripercorre le cittadine limitrofe che si trovano nell’entroterra, tra campi di
grano e selciati di campagna, per arrivare a Tsubame,
paesino non eccessivamente grande, ma fornito di tutto.
Tra un kilometro
e l’altro ogni tanto sbadiglio, lasciando perfino che le mie palpebre si
abbassino un poco per riposare. Kazuhiko è
seduto di fianco a me, con un’espressione assolta in chissà quali pensieri,
mentre fissa il paesaggio d’innanzi a lui, dal parapetto che c’è oltre i sedili
di quel mezzo semi scoperto.
Oggi fa caldo. La temperatura non è eccessivamente alta, ma
si sta bene. Odo il rumore delle cicale che cantano dietro le
mie spalle, in qualche campagna o campo di grano.
Mi lascio accarezzare da questo piacevole sottofondo che mi fa
letteralmente sprofondare sulla spalla sinistra di Yoshino.
E’ come la comoda spalliera di un divano!
Una delle quattro ruote del pulmino incappa in qualcosa. A
giudicare dallo scossone, azzarderei un sasso.
Mi scuoto all’improvviso dal sonno, e riapro gli occhi con
fare confuso.
- Siamo arrivati?- pigolo poco
dopo, guardandomi attorno spaesata.
- Non ancora. Ma manca poco ormai.-
mi risponde il ragazzo, squadrandomi con un mezzo sorriso.
- Che c’è?- faccio confusa,
osservandolo desiderosa di sapere.
- Hai davvero uno strano modo di dormire! – fa lui, con gli
zigomi alti e la bocca curvata in un flemmatico ghigno.
- Mi sono appisolata? Accidenti! Eppure
ho chiuso gli occhi solo per pochi secondi! Ti ho forse reso il tragitto più
scomodo? – chiedo dispiaciuta, facendo vedere la mia faccia addolorata.
Kazuhiko scuote la testa.
- Affatto. Anzi…- si lascia sfuggire,
quasi di proposito.
Lo fisso con insistenza, come per volergli chiedere un
perché. Poi d’un tratto la brusca frenata del pulmino
fa sì che Yoshino stesso mi finisca addosso.
Scivolo indietro, con la schiena sulla lunga poltrona di
posti vuoti che mi sta dietro. La bocca del ragazzo
struscia di poco la mia. E’ un attimo dalla durata di un vero e proprio attimo.
Avvampo. Mi agito. Sono tesa, appaio impacciata, trattengo il respiro, ma solo
per qualche istante, nella speranza di rallentare i battiti del mio cuore,
oramai in ascesa. Non vorrei mai che Kazuhiko lo
sentisse palpitare così forte. Potrebbe farsi strane illusioni.
E lui? Come ha reagito a questa
specie di contatto che ha coinvolto così da vicino le nostre rispettive
labbra?
Lo vedo rialzarsi alla svelta, mandandomi una rapida
occhiata, come per dileguarsi. I suoi occhi talmente intensi lo tradiscono. Se
non avesse provato anche un benché minimo di imbarazzo,
certamente il suo sguardo non si sarebbe spostato con così tanta velocità dal
mio. Mi rialzo facendo altrettanto, quando entrambi ci sporgiamo dal parapetto
dell’abitacolo per osservare curiosi.
- Siamo arrivati?- chiedo ansiosa, scorgendo a malapena
delle case in fondo a un sentiero, e facendo del tutto
affinché la mia mente non ripensi al fuggevole tocco di prima.
- Sembra proprio di sì.- dice il ragazzo, troppo alla svelta
e in un evidente stato di disagio, raccogliendo un borsone blu scuro da terra,
ed avviandosi a scendere.
Lo seguo a ruota, ancora stordita da quel contesto
così strano, mentre faccio attenzione al grande gradino che separa il furgone
dal suolo.
- La prossima volta una bella revisionata ai freni.- sbotta Kazuhiko all’autista, un tipo anziano dal volto simpatico
che si adopera solamente a sorridere.
Saluto il guidatore con un inchino accennato, e andiamo via,
immettendoci ai lati di una stradina di campagna che conduce dritta in paese.
Il cammino che ci separa dalla casa di quella donna è ancora tanto.
Un cammino che, dato gli eventi, si prospetta tacito e
silenzioso così come mi appare dà subito Yoshino.
Lo fisso di sottecchi, stando ben attenta a non farmi
scoprire. Non sembra irritato, tuttavia il mio viso s’imbrunisce ugualmente.
La colpa è stata di quella brusca frenata, di certo non mia!
Eppure mi sento lo stesso sporca. Non volevo baciarlo ma… non voglio neanche che lui pensi una simile
cosa.
Mi do una bella scrollata del capo, e continuo a camminare
affiancandolo con passo quasi sincronizzato.
Ho quasi paura a parlare per prima. Tutto ciò che potrei anche solo pronunciare, si potrebbe in qualche modo
ricollegare a quell’evento imbarazzante. Tuttavia, anche il silenzio è una
prova più che inconfutabile di questo nostro disagio.
Raccolgo quindi tutto il coraggio possibile, e mi faccio
avanti:
- Yoshino…
Riesco soltanto a pronunciare il suo nome pochi istanti
prima che lui pronunci il mio:
- Naoko…
Ci fissiamo entrambi, infine sorridiamo.
- Prima tu…- mi esorta lui, da bravo gentleman.
Annuisco di poco, non senza provare un alito di vergogna, e
apro bocca:
- Cosa c’è in quel borsone?- chiedo
curiosa, indirizzando gli occhi sulla grossa saccoccia di colore blu.
- Ah, questa?- fa lui, sollevandola di poco con la mano- Per
appiccare un incendio ci vogliono i mezzi adatti. Due taniche di benzina ed un
accendino serviranno a velocizzare le cose.
- Du-due taniche? – replico sbigottita, guardandolo dritto in faccia - Peserà
tantissimo allora!
- Meno di quanto tu creda. – emette Yoshino,
senza scomporsi neppure un pochino.
Mi porto una ciocca di capelli dietro l’orecchio, e ritorno
alla carica:
- Tocca a te adesso! Che cosa
volevi dirmi?
Aspetto fiduciosa una risposta, con il cuore in tumulto e
mordicchiando il labbro inferiore. Faccio del tutto per non dare
nell’occhio. Non voglio che Kazuhiko mi veda
tesa.
Finalmente le sue labbra si schiudono e il battito del mio
cuore aumenta vertiginosamente.
- Mmh…- sibila lui, facendosi
vedere smarrito- Niente. – dichiara alla fine, e il palpitare incessante nel
mio petto si blocca.
- Ma tu prima…- riesco solamente a
dire, con incaglio.
- Soffro di perdita di memoria a breve
termine.- si permette di scherzare lui, con uno sguardo birichino che lo
fa uscire subito allo scoperto.
Sbuffo e poi replico secca:
- Bugiardo!
Riesco a strappargli un sorriso, di quelli larghi e pieni,
quando mi avvicino per sferrargli un affettuoso colpetto sulla spalla sinistra.
- Hey!- ammonisce subito, contraendo la fronte per finta,
facendo credere di essersi fatto male- Vacci piano!
- Bugiardo! – replico ancora, dandogli un altro schiaffetto.
Kazuhiko stavolta distende la
fronte e sorride. Lo fisso e non posso fare a meno di ridere anch’io.
Cominciano a punzecchiarci a vicenda, io lo spintono e lui restituisce il
colpo. Andiamo avanti così, finché il ragazzo non si blocca di colpo.
La sua faccia felice non c’è più. Al suo posto, una tesa
smorfia di sbigottimento la fa da padrone.
Seguo i suoi occhi, incurvando appena le sopracciglia della
mia faccia, e scorgo un viottolo tetro e deserto, che conduce dritto ad una
vecchia abitazione oramai in disuso.
E’ una casa abbastanza grande, con un terrazzo lunghissimo
ma ciondolante, e con poche finestre.
Il tetto non è in pessimo stato, ma l’entrata è praticamente sbarrata da una grossa spranga di ferro.
- E’…- mormoro appena, cogliendo al volo il perché dell’espressione
angosciosa di Yoshino.
- E’ quella.- mi dà conferma lui, mentre lo osservo
deglutire a fatica. – Aspettami qui.- sentenzia poco
prima di lasciarmi lì, ai lati della stradina deserta.
Senza pensarci gli corro incontro, e mi aggrappo con tutte
le forze al suo braccio.
- Che stai facendo?! – sbotta lui,
opponendo una leggera resistenza.
Scuoto il capo ripetutamente, e stringo a me ancora più
forte quell’arto.
- Non andare! – lo supplico io, avvertendo quasi subito un
pungente bruciore agli occhi.
- Naoko…-
pronuncia il giovane, sussurrando il mio nome e facendosi vedere sorpreso.
- Non mi importa di quella donna!
Non mi importa se dovrò vivere segregata tra quattro
gelide mura! Non ti voglio perdere, Kazuhiko!
Alla fine il mio essere donna ha prevalso su tutto. Le
guance mi si riempiono alla svelta di grossi lacrimoni,
gli occhi si fanno rossi bruciati dal fuoco di quel pianto che comincio a
singhiozzare senza sosta. L’interno della bocca mi s’impasta, si scioglie, io
stessa mi sciolgo d’innanzi ad una simile situazione.
- Naoko, ascolta…- tenta di
spiegare lui, ma invano.
- Non voglio ascoltare!
La mia ragione è impazzita, non c’è
più. La vista di quella fatiscente dimora, me l’ha portata via. Forse chissà, è
un bene.
Continuo a tenermi stretta il mio Yoshino, senza remore. Non
ho intenzione di mollare la presa, sono decisa più che
mai a stargli vicino, a non perderlo mai di vista un solo secondo.
- “Stai con me, piccola mia, sia domani che
dopodomani. Stai affianco a me”! Lo dice anche la tua
“stay my baby”! – pronuncio
con la voce caparbia rammentandogli una frase della sua canzone, pur
continuando a versare copiose lacrime che incedono a bagnarmi le guance.
Sento Kazuhiko emettere un
sospiro. Fa cadere il borsone blu notte a terra, dischiudendo di poco le dita
della mano destra, quella stessa mano che poi mi
rivolge una carezza affettuosa sul capo.
- “Sempre di più, e ancora di più, voglio proteggere tutto
ciò che ti riguarda. Perciò, vieni accanto a me e
fammi vedere un sorriso”! – mi sussurra, come se stesse recitando, avvicinando
la sua bocca ai lati del mio viso.- Dice anche questo la mia
“stay my baby”.
Alzo il capo in direzione del suo, con gli occhi che
continuano a grondare dolore e disperazione.
Yoshino è un tipo testardo. So già
che non mi darà ascolto. L’ho capito adesso, guardandogli l’espressione serena
e sicura di sé che mi ostenta.
Continuo a singhiozzare, senza però sorridere. Come puoi chiedermi
di farlo, in un momento così terribile per me?
- Portami con te.- dico attaccandomi con forza alla sua
maglia. Un’altra nota di dolore pervade la mia mente. So già che non lo farà.
E’ troppo impegnato a proteggermi, per fare un simile gesto.
Come temevo. I miei pensieri prendono forma non appena quel
taciturno ragazzo scuote il capo.
- Non erano questi i patti. – mi ricorda amaramente, pur con
tono calmo e gentile.
Stavolta quella che scuote il capo sono io. Ricomincio a piangere, e a fissarlo dritto in viso, non so
più cosa dire, o fare. Poi d’un tratto ricordo. La mia
bocca inizia a tremare visibilmente, nella speranza di fermare quel pianto. Lo
sforzo è tanto, non da impedirmi però di parlare per un’ultima volta:
- Ho sempre desiderato che qualcuno cantasse per me.
Quel ragazzo capisce al volo il significato delle mie
parole.
- Vedrai… - accenna, prendendomi il viso
tra le mani, dolcemente - Continuerò a farlo.
Kazuhiko mi bacia per la prima
volta. Un bacio vero. Non un fuggevole struscio come
quello avvenuto nello scomodo pulmino.
Io chiudo gli occhi lasciandomi carezzare dalle sue labbra. Tutto
attorno a me sembra fermarsi di colpo.
Mi sento stordita, ma nello stesso tempo so cosa faccio. La
mia mente si apre, d’innanzi vi trovo però un
paesaggio vuoto. Da riempire con le mie emozioni.
La bocca di Yoshino si allontana
dalla mia. Timidamente cerco di osservarlo, ma non ci riesco e così calo lo
sguardo verso terra.
Le sue mani poi mi tirano a sé, mi stringono forte e mi
abbracciano. Mi lascio sprofondare in quell’abbraccio. Prego con tutte le mie
forze che non sia l’ultimo. Prego con tutta me stessa
che quel bacio, dal sapore così intenso e rassicurante, non sappia
poi d’addio.
- Aspettami qui!- esclama in seguito Kazuhiko,
fissandomi con intensità un’ultima volta, per poi raccogliere quel borsone blu
notte e correre via.
Le sue gambe lo portano lontano da me, su quel sentiero
deserto, in quella casa diroccata e pericolosa.
Resto ferma sul ciglio della stradina, ad osservarlo in lontananza,
mentre si accinge a stradicar via la spranga di ferro
che tiene chiuso il passaggio.
Kazuhiko così sparisce,
inghiottito dalle tenebre di un luogo pieno di orrori.
Quelle stesse tenebre che inghiottiscono a ruota il mio cuore,
ed i miei pensieri.
Guardo l’orologio allacciato al polso, e sospiro
pesantemente.
Yoshino è lì dentro da almeno 30
minuti.
Cosa starà facendo?
I pensieri più cattivi prendono
prepotentemente il posto nella mia testa.
Che cosa sto facendo io qui, sola
ed immobile come un paletto di legno conficcato nel terreno e sul ciglio di una
strada?
Devo agire. Non posso fare finta di
nulla, non ci riesco proprio.
Rimuginare non servirà a nulla.
Senza che neanche me ne rendessi
conto, mi trovo di già ai piedi del fatiscente ingresso tutto cadente ed
oscuro.
Prima di entrare, getto un’occhiata all’interno nella vaga
speranza di intravedere Kazuhiko.
L’atrio a prima vista sembra deserto. Deglutisco ed incanalo
dentro me stesse le energie ed il coraggio necessarie
per varcare quella soglia.
Spingo l’asse che gracchia roco, e a lungo.
Sono all’interno.
Una parte del soffitto è caduta sul pavimento dell’ingresso.
E’ più che altro un enorme foro di circa un metro, al massimo
due.
Attraverso l’atrio con cautela, per evitare di inciampare in
qualche detrito o calcinaccio appiattito al suolo, e proseguo
dritta.
Mi fermo ai piedi di una scalinata che porta al piano
superiore. La percorro con lo sguardo e il cuore in gola. Venti, trenta
scalini, molto stretti e deteriorati. Quell’immagine
mi mette paura.
Do una rapida occhiata intorno a me. Kazuhiko deve trovarsi senza dubbio di sopra.
Lo deduco dal fatto che tutte le porte del piano sotterraneo
sono sbarrate da una spranga.
Proprio come il portone dell’ingresso.
Lui non si è lasciato abbindolare da tutte loro. E’ corso
dritto verso le scale. Come se qualcosa avesse attirato la sua attenzione.
Mi dirigo nuovamente con lo sguardo lungo la gradinata.
- Kazuhiko? Sei di sopra? –
pronuncio poco dopo, senza però avere risposta.
Muovo la gamba verso il primo scalino. Ci salgo
sopra è quest’ultimo si mette a cigolare. Un rumorino roco che dura giusto due secondi. Ne salgo
ancora un altro, e un altro ancora, senza distogliere mai lo sguardo dal punto di arrivo.
Finalmente eccomi, in cima alle scale, guardo attorno,
spaesata, e muovo appena tre passi in avanti.
Tutte le stanze del piano rialzato sono sbarrate da una
spranga di ferro.
La scena si ripete.
Aggrotto le sopracciglia, e mi guardo meglio in giro.
Tutte le porte sbarrate da una spranga, eccetto una, piccola e malridotta, situata alla fine del corridoio che
c’è sulla mia sinistra. Ho come un sussulto.
- Kazuhiko? – Chiamo il ragazzo
nella speranza che senta e che mi dia una risposta. Per l’ennesima volta
rimango delusa.
Prego in silenzio che non gli sia successo qualcosa, e mi avvio verso la fine dell’oscuro andito.
La suola delle mie scarpe fa scricchiolare
le assi di legno che rivestono il vecchio pavimento.
Incrinature e polvere sono
dappertutto.
Passo dopo passo, con un nodo alla gola e
le gambe messe in tensione, giungo ai piedi dell’uscio tutto sporco e
deteriorato.
Il pomello è arrugginito, pieno di chiazze grigiastre e
rugose. In origine doveva essere sul dorato.
Lo agguanto per poi girarlo con lentezza. Il cigolio è
inevitabile. Ci vorrebbe qualche goccia di olio.
La porta si apre non con qualche piccola difficoltà, e
l’uscio si dischiude.
L’incertezza nel mio sguardo è tanta. Vacillo, tergiverso e
poi mi decido a guardare.
Sento il respiro mozzarmi di colpo, il cuore battere
all’impazzata, e le palpebre aprirsi di getto.
- Yoshino! – esclamo presa in
pieno da una forte sensazione di sgomento. La paura prende forma, inizia ad
avere una propria solidità che mi attacca bruscamente venendomi contro.
Il ragazzo è riverso a terra, privo di sensi. Le taniche di
benzina sono rovesciate al suolo mezze vuote, distante da lui, così come
l’accendino. Mi giro attorno, confusa, e gli corro incontro.
Fletto le ginocchia a terra, e cerco di sollevargli il capo
con attenzione.
- Yoshino! Yoshino!
– esclamo a più riprese, mentre gli occhi cominciano a riempirmisi
di lacrime. Ne sento già il sapore, che mi accarezza la bocca. Scuoto ancora il
ragazzo, questa volta più forte. Mi sento persa. Ad un tratto il giovane riprende conoscenza, i suoi occhi si spalancano per poi
trovare i miei, lucidi e preoccupati, a fissarlo.
- Naoko! – pronuncia alla svelta, facendo
leva con la schiena per rialzarsi. – Vattene!
Vedo la sua faccia divenire strana. L’espressione agitata mi
fa sussultare.
Non faccio in tempo a replicare che sento afferrarmi per il
collo e tirare via da qualcuno giunto alle mie spalle.
La voce mi si spezza sul nascere. Mi agito, cerco di dimenarmi ma la presa per me è troppo forte.
Deve essere senz’altro quella di un
uomo.
La presenza che mi ha ghermito il collo molla la presa.
Yoshino si è lanciato in avanti, e
l’ha atterrato con una spinta.
Finalmente riesco a vedere il mio assalitore. E’ per
l’appunto un uomo, sulla quarantina d’anni, dal fisico asciutto e con il viso sporcato
da un accenno d’incolta barba.
Il tizio si rialza in fretta e furia, ha l’aria minacciosa,
inquieta.
Con foga si scaglia in direzione di Kazuhiko, ha un coltellino nella mano destra.
- Yoshino! – urlo io, in preda
alla disperazione, per metterlo in guardia.
Yoshino para il colpo, e si fa
sotto. Affonda l’uomo con un pugno ben piazzato nello
stomaco, quest’ultmo cade a terra tenendosi
l’addome dolorante.
- Andate via! – strepita lui, con voce singhiozzante ed
instabile, asciugandosi un canaletto di sangue
fuoriuscitogli dal labbro. – Via! – urla in seguito, stringendo la testa tra le
mani.
- Raccogli l’accendino e dà fuoco
all’armadio! – mi ordina Yoshino- A
lui ci penso io!
Fisso l’accendino che sta ai piedi della parete d’innanzi a
me, ed annuisco. Corro senza indugio a prenderlo, dopodichè
mi avvio all’armadio. I miei occhi lo riflettono con timore, paura.
Faccio per ruotare la rotellina dell’accendino, ma ho
le mani tremolanti e non ci riesco.
- Coraggio Nakada! – mi incita Kazuhiko, tenendo a bada
quell’uomo dall’aspetto trasandato.
- NO!!! – strepita il tizio
alzandosi di botto con l’intenzione di venirmi a fermare.
Yoshino lo anticipa, gli si para
davanti e lo blocca con una stretta. Vedo i due dimenarsi, lottare. Deglutisco
e faccio ancora una volta girare quella rotellina che
alla fine fa accendere la fiammella.
Una smorfia di gioia mi si dipinge sulla faccia, sono pronta
a dar fuoco a quel maledetto armadio, e a porre così
fine a quell’ incubo.
Porto il braccio in avanti, con uno scatto deciso, tutto
sembra filare per il meglio ma un boato molto simile a
un ruggito, mi coglie alla sprovvista. Le ante dell’armadio si spalancano di
botto,una forte raffica di vento investe in pieno quel
tipo ignoto, e lo scaraventa con foga sulla parete posteriore.
Yoshino mi corre incontro, io
faccio altrettanto, ma una forza misteriosa mi agguanta e trascina
all’indietro.
- Naoko!!!
– grida Kazuhiko, poco prima di venire colpito
anch’esso dalla raffica di vento rabbiosa.
La paura mi attanaglia, mi bracca.
Quella forza mi cerca, mi trova.
La vista mi si annebbia. Sprofondo sempre di più nel buio di
quell’armadio che d’un
tratto sembra mutare in qualcos’altro.
La stanza è sparita. Al suo posto c’è una vasta palude
lugubre, con l’aria che sa di muffa e accarezzata da una luce scura, distorta,
macabra. Un’atmosfera irrespirabile, simile a quella che
s’incontra nella casa delle streghe dei Luna Park. Un incubo in piena
regola.
E’ tutto come quel giorno.
Il lago, la donna impiccata… la scena è la stessa.
La probabilità di uscirne viva però, è l’unica cosa che non
resta invariata.
La forza misteriosa mi scaraventa a terra. Resto lì,
raggomitolata su me stessa, con gli occhi sbarrati e tutta tremante. Il respiro
è affannoso, troppo incessante, lo stomaco mi sembra
perfino contorcersi, la gola seccare.
Deglutisco più volte, ma provo dolore nel farlo. Le pareti
della mia bocca sono aride. Mi sento davvero una facile preda.
Qualcuno si aggrappa alla mia caviglia. Sobbalzo girandomi
d’istinto.
La donna del lago, la donna
impiccata, Noriko è qui! Mi ha raggiunta.
Il ritmo con il quale mi sta trascinando, è incalzante. Mi tengo stretta
all’erba rinsecchita che ricopre quel lugubre posto. I ciuffi sono però troppo
deboli, e alla fine si spezzano. Resto a fissare quei fili verdastri tra le
dita, confusa. Non so più cosa fare.
Sono sola, in una dimensiona parallela, con lo spirito di
una donna dal collo spezzato che mi trascina inesorabilmente verso la sponda
del lago.
Sento l’acqua, calda e cupa, che comincia a bagnarmi le
gambe.
Urlo d’istinto, muovo i piedi, faccio
del tutto per opporre resistenza, perfino gettare un pugno di terra verso lo
spirito, per guadagnare tempo.
Tutt’altro. Lei si
infuria, e strattona più forte, più veloce. Le intimo
di fermarsi, ma non serve a niente. L’acqua mi ricopre per
metà, è una sensazione davvero spiacevole.
Il mio ultimo pensiero è rivolto a Kazuhiko.
Non posso fare altro che pensare a lui, alla sua generosità, alla voglia di
aiutarmi, di proteggermi.
Comincio a piangere, ininterrottamente. Non doveva finire
così. Eppure è così che finirà. Oramai me lo sento,
seppur un flebile barlume di speranza continui a farmi compagnia e a tenermi su
di un prato fatto di spine, ad aspettare un miracolo, ad aspettare che qualcuno
venga in mio soccorso, un qualcuno che all’improvviso grida
a squarciagola il mio nome.
- NAOKO!
Alzo di getto il capo e vedo la sagoma di una persona,
avvicinarsi di corsa a me.
- NAOKO!!! – grida ancora, per la
seconda volta, più forte.
Ora non ho dubbi. So chi è che sta venendo a salvarmi. E non posso far altro che gioire, sentirmi rinascere.
- KAZUHIKO-KUN!!! – grido anch’io,
per fargli capire che ci sono, che lo sento forte e chiaro. – KAZUHIKO-KUN!!! – urlo il suo nome per l’ultima volta, poco prima di
sparire sotto la cupa superficie di quel lago.
Non riesco più a respirare. L’acqua è dovunque.
Dappertutto mi accerchia, mi sommerge.
Annegherò senza dubbio se la mano di quella donna non
lascerà una volta per tutte la mia caviglia dolorante.
Scorgo appena la sagoma di Yoshino
sfrecciarmi accanto e nuotare verso il fondo. Ha un coltello nella mano destra.
Vuole liberarmi?
Questo è quanto riesco a vedere, un attimo
prima di perdere i sensi, e lasciarmi andar giù.
Quando riacquisto conoscenza, e
riapro gli occhi, fuori è già notte.
Un cielo blu scuro, profondo ed immenso, costernato di
stelle qua e là, si riflette infinito sull’espressione sbalordita del mio
volto.
Che cosa è successo? Comincio a
divenire confusa, ma è guardandomi attorno che comprendo ogni cosa.
Sono sdraiata su di un prato, in una delle tante campagne di
Tsubame. In lontananza si scorge del fumo fuoriuscire
da una delle finestre di una decadente abitazione.
Mi giro poco alla volta verso destra, poi
sorrido.
Kazuhiko mi è accanto, che mi
sorregge amorevolmente tra le braccia.
Mi viene spontaneo piangere e abbracciarlo forte a me.
- Basta piangere, Naoko. – mi
sussurra dolcemente all’orecchio, accarezzandomi il capo con tenerezza.
Annuisco, anche se dentro di me non riesco proprio a
smettere di piagnucolare.
Sono scossa ma felice!
Tutto alla fine si è concluso nel
migliore dei modi. L’armadio maledetto si è trasformato in un cumulo di ceneri,
e quella donna ha smesso finalmente di perseguitarmi.
Lo strano tipo che ha tentato di aggredire sia me che Kazuhiko, altri non era che il
marito di Noriko.
L’uomo era a conoscenza del tradimento di sua moglie, da
molto prima che venisse alla luce quella figlia
illegittima che la donna portava in grembo. Tuttavia, amava troppo la sua
adorata Noriko per chiedere il divorzio.
“Quella donna si è suicidata perché
era matta!” Ha detto poco prima che venisse arrestato dalla polizia, quest’ultima chiamata da Yoshino,
e portato via. In realtà è stato lui ad uccidere l’amante di sua moglie, e quindi
non lei.
Kazuhiko inoltre mi ha detto di
aver percepito la presenza di suo fratello che lo ha preso
per mano e condotto in quella dimensione parallela, per salvarmi.
Se sono sana e salva, lo devo anche
a lui.
Il caso è stato risolto, e quella bambina può finalmente
riposare in pace.
Io e i miei genitori siamo ritornati nel nostro
appartamento, niente più rumori e presenze lì dentro. Tutto è ritornato alla
normalità. La vita quotidiana di sempre è tornata anche per me.
Non devo più scappare e avere paura. Me lo ha detto anche
Yoshino, che tutto sommato continua a vegliare su di
me, e a starmi vicino, molto più vicino.
Forse perché stiamo insieme?
Chi lo sa. Resta
il fatto che rimane il solito Kazuhiko, a
volte premuroso, e a volte taciturno.
Perfino adesso. Camminiamo entrambi per una stradina poco
affollata che conduce al nostro istituto scolastico.
Mancano appena quindici minuti alle otto. Tra non molto
inizieranno le lezioni.
Fisso Yoshino di sottecchi, ed un
po’ speranzosa. Non mi aspetto di certo che mi prenda
per mano! Anche se infondo ci spero.
Tutte le coppiette che si amano lo fanno, ma lui no. Sarà troppo difficile farlo per un futuro cantante come
lui?
Ci penso su, senza dare però troppa importanza alla cosa,
quando ad un tratto Kazuhiko mi parla in maniera
strana. E’ una melodia, non una semplice frase, ciò che le sue labbra
sussurrano.
Proprio come quella sera la sua voce comincia ad intonare le
parole di quella canzone che mai più scorderò.
Spontaneo è il mio sorriso nel sentire la nostra “stay my baby”.
Kazuhiko ha mantenuto la sua
promessa, ed io mi sento felice, piena di forze per affrontare il futuro, e con
la voglia di vivere questa vita, vivendola!
Chiudo gli occhi, mentre la melodia mi avvolge del tutto.
Adesso sì che va meglio!
Perché?
Qualcuno finalmente sta cantando per me!
fine
Dedico questa fanfiction ad una
delle persone che più mi ha fatto emozionare con la
sola forza delle sue recensioni:
Kaho_chan! Mi sento in debito con
te! Ciò che mi scrivi mi rende sempre felice, sei davvero una persona cara e
tanto gentile! Soprattutto con me! lo dico e penso
davvero!
Per ringraziarti e farti capire quanto ti sia
grata, ti dedico questa storia, forse una delle più importanti che io abbia
scritto fin ora, e ti abbraccio forte forte!
Anche se siamo lontane e ci
conosciamo poco, è come se in realtà ti conoscessi da sempre…!
E’ questa la sensazione che ogni volta mi trasmetti
attraverso le tue recensioni.
Sei un tipo unico. Una persona deliziosa.
Sei una speciale,
tu!
GRAZIE!
**************************************************
Questa fanfiction nasce dalla
voglia di creare una continuazione ed un finale decente ad uno dei film che più
mi ha conquistato in assoluto.
“Ikisudama-L’ombra dello spirito” non
ha ottenuto il successo tanto sperato qui in Italia, tutto sommato io lo
considero un buon prodotto, gradevole da seguire,in
particolare per la presenza dei due dolcissimi Yuichi
e Kouji, meglio conosciuti come “Doggy
Bag”.
Premetto che AMO questi due fratellini, perché semplici, con
dei modi così spontanei che li rendono degli innocenti bambini. AMO la loro musica, le canzoni sono tutte orecchiabili,
cariche di cose belle, indimenticabili. In particolare “stay
my baby” (mi raccomando! Si scrive tutta in
piccolo!).
Sono molto legata a questa canzone perché lei stessa è
legata ad una delle scene del film che più mi ha emozionato, e che continuerà
ad emozionarmi all’infinito. L’ho descritta anche
nella mia fanfic. Per farvi capire, è quella in cui Naoko osserva Kazuhiko che canta
seduto sul divano della casa di Kyoko, e che per
l’appunto compone per la prima volta il testo e la melodia della canzone.
Naoko se ne sta nel letto, e lo
guarda in silenzio tutta contenta. Quanto l’ho invidiata! Vedendo quella scena
ho desiderato tantissimo che anche qualcuno cantasse
per me! -___-,
Comunque, non mi aspetto che qualche
persona recensisca il mio racconto. Purtroppo questo film è troppo poco
conosciuto. Lo stesso vale per le guest star, i Doggy Bag. La cosa mi fa tanto triste! ;___;
Quei due si meritano di più! Io da sola non basto a venerarli
di continuo, ci vogliono più fans! Anche
perché è dal 2004 che non fanno più cd… Yuichi e Kouji, se state leggendo queste righe, sgranate bene le
palpebre: DOVETE A TUTTI I COSTI FARCI SOGNARE CON UN'ALTRA DELLE VOSTRE
INDIMENTICABILI COMPOSIZIONI!!!
Detto questo, grazie infinite per la vostra preziosa attenzione!
Un affettuoso saluto!
Botan