Un lontano ricordo

di fiorucci
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Chiusa in camera annoiata, guardo fuori dalla finestra.

È una giornata soleggiata.

Ideale per un giro in bicicletta.

Allora decido.

Esco. Prendo la bici e mi avvio.

Inizio a vagare senza metà.

Sento il vento tra i capelli e il sole sulla pelle.

Quante volte ho sentito queste sensazioni e quante emozioni diverse ho provato.

Torno indietro negli anni. Rivivo ricordi felici.

Come se fossi stata guidata da una forza invisibile, mi guardo attorno e mi blocco all’improvviso.

Davanti a me si formano immagini di un lontano passato.

Vedo due bambine su una bicicletta molto più grande di loro.

Quella che la guida è la più piccolina, magretta con capelli lunghi castani stretti in una coda alta. L’altra seduta dietro alla prima sul portapacchi reso meno scomodo da un cuscino malandato è più grandicella e capelli mossi castano scuro.

Ridono felici e spensierate.

Nessuna paura di cadere nonostante il loro andamento pericolante.

Le vedo correre su e giù per la stradina in terra battuta tutta infangata per il temporale terminato da poco e passare e ripassare sulle pozzanghere.

Nessuna preoccupazione di sporcarsi e ricevere una punizione dai genitori.

Anzi sembra che il sporcarsi renda il gioco più divertente, infatti ogni volta che ci passano sopra le loro risate aumentano, come i loro sorrisi luminosi.

La scena cambia improvvisamente.

Stessa stradina.

Stessa bici.

Stesse ragazzine, forse di qualche anno più grandi e stessi ruoli nonostante la guidatrice sia ancora molto più minuta del passeggero.

Sembra che non sia cambiato nulla.

Osservando bene però si nota l’andatura più sicura e il gioco diverso.

Le vedo correre cantando canzoni lontane lungo un campo di grano pieno di fiori selvatici.

Le vedo passare lungo esso e strappare più fiori possibili senza fermarsi.

Ad un certo punto però non contente le vedo fermarsi. Scendere e inoltrarsi in mezzo al campo.

Dopo un po’ escono. In mano stranamente tengono solo fiori ancora da sbocciare. Le vedo risalire in bici e partire.

Vedo che una alla volta fissando il bocciolo chiuso di un fiore cercano di indovinare il colore dei petali, giusto sbagliato che fosse ridono.

Ridono sempre.

 

Ritorno al presente e riprendo la mia passeggiata.

Mi volto un’ultima volta verso quella stradina sterrata e sorrido.





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