Capitolo 10: sopravvivrà
Le
guaritrici correvano su e giù per la casa. Gli avevano espressamente vietato di
entrare nella camera, da dove non giungeva nessun rumore.
Il
Re era poggiato contro il muro, all’inizio del corridoio, a braccia conserte.
Avrebbe cacciato già da molto quelle donne dalla sua dimora. Come osavano
ordinargli di rimanere lì, in attesa, con le mani in mano?? Non potevano!
Eppure…
-
Mio signore – una voce lo richiamò e sentì una mano posarsi sulla sua spalla. Si
volse per osservare Delios davanti a lui.
-
Delios, amico mio- sussurrò chinando appena il capo.
-
Notizie, mio Re? – chiese preoccupato l’uomo.
-
No, ancora nulla...Vanno e vengono, senza dirmi nulla – rispose serio Leonida.
-
E la Regina,
come sta? – chiese poi Delios, preoccupato.
-
Nemmeno di lei mi dicono nulla. E’ lì da ore...è una tortura! – rispose
scuotendo appena il capo, senza mostrare al suo amico le proprie emozioni.
Delios gli posò una mano sulla spalla, incoraggiandolo.
-
So come vi sentite, mio signore, vi son passato anche io per ben tre volte! E’
come se fossimo in battaglia: questi sono i minuti prima dello scontro, dove
tutto è silenzio e una cappa d’ansia sopprime gli uomini. Poi, finalmente, da
lontano, s’ode il nemico giungere e le loro grida di battaglia risuonano nelle
nostre orecchie…- rispose, annuendo alle sue stesse parole. E, come se una
battaglia si fosse trasferita lì, un grido terribile squarciò il silenzio,
raggiungendo come una lama affilata l’udito di Delios e Leonida: era sua
moglie!
Era
tentato di correre nella stanza, per accertarsi che sua moglie stesse bene, ma
la ragione e la mano di Delios lo trattennero. I suoi muscoli sembravano
vibrare dall’agitazione, dall’ansia e dalla gioia. Suo figlio stava nascendo!!!
Le grida di sua moglie, come quelle del nemico, risuonavano nelle sue orecchie.
Ascoltava quel suono che chiedeva aiuto, pietà…Strinse in pugni, non volendo
pensare al fatto che lui, per la prima volta, non poteva far nulla per lei.
L’aveva salvata da un triste destino, dagli Efori, ma non poteva salvarla dalla
natura stessa. Resisti, amore mio, ti
prego…! Non lasciarmi proprio ora, resisti!, pensò disperatamente. Ben
sapeva che il rischio di morte era alto, sia per la regina sia per il
nascituro, ma lui sperava nella volontà e nella forza di sua moglie, una delle donne
più forti di Sparta.
I
minuti passavano velocemente, ma d’improvviso le grida sofferenti di sua moglie
cessarono, lasciando spazio ad un silenzio angosciante. Leonida spalancò
lentamente gli occhi, sconvolto…non voleva pensare a ciò che la ragione gli
stava suggerendo: è morta.
Il
suo cuore cominciò però a battere all’impazzata quando di nuovo il silenzio fu
rotto, ma non dalle grida di sua moglie, bensì quelle di…
-
Mio figlio…- sussurrò incredulo.
Si
volse velocemente verso Delios che sfoggiò un grande e felice sorriso.
-
Andate, mio signore! La regina e vostro figlio hanno bisogno di voi! – esclamò
felice il soldato. Leonida si lanciò subito verso la stanza, lasciando Delios
in compagnia del Contegno Spartano. Nelle sue orecchie giungeva nitido il
pianto potente del figlio, sempre più vicino, più acuto. Bravo figlio mio, hai già ottenuto una vittoria: quella contro la
morte!, pensò gioioso Leonida. Finalmente si trovò davanti la propria
stanza e una guaritrice gli fece cenno di entrare.
Ansante,
varcò lentamente la soglia della stanza. Subito gli occhi si posarono su una
scena che gli fece morire il fiato in gola: sua moglie, la splendida e forte
regina Gorgo, era seduta sul letto, quello stesso letto dove avevano concepito
il loro figlio. Aveva le gambe distese, il volto imperlato di sudore, l’aria
stanca. Ma sulle sue labbra un dolce e materno sorriso, mentre gli occhi velati
di lacrime si posavano su un piccolo fagotto bianco che appena si muoveva tra
le sue braccia.
Il
Re avanzò, titubante e al contempo meravigliato, sorpreso, estasiato. Si
avvicinò al letto, sprofondò nello sguardo dolce di sua moglie, poi si sedette.
Allungò appena il collo, per vedere oltre i bianchi panni intorno ad una
piccola figurina rosea che, ad occhi chiusi e i pugni stretti, annusava
timidamente il profumo del mondo. Gorgo si volse lentamente verso il marito,
quindi gli porse in silenzio il bambino che gemette appena nel sentire un nuovo
profumo, quello del padre, forte, virile, potente.
-
Benvenuto a Sparta, figlio mio. Hai già ottenuto una gloriosa vittoria contro
la morte…mi aspetto che tu ottenga anche un’altra vittoria contro la vita…Mi
aspetto da te ciò che ho sempre immaginato aspettarmi da mio figlio. Il tuo
nome sarà Plistarco, principe di Sparta, nato dal leone e dalla lupa…- disse
con tono sommesso, osservando il piccolo che poi ripose nelle braccia della
moglie. La osservò di nuovo negli occhi, la regina sorrise dolcemente e posò il
capo sulla sua spalla. Solo quando le donne uscirono dalla stanza, si lasciarono
dall’ebbrezza della gioia, dell’amore, dei baci e delle carezze.
D’improvviso,
grida e passi veloci giunsero alle loro orecchie, provenienti dal corridoio.
Subito Leonida si alzò, imperioso come Zeus, mentre osservava con sguardo
tagliente alcuni membri del Consiglio che erano irrotti nella stanza.
-
Come osate entrare nella stanza mia e della mia regina, Spartani! Fuori! –
sussurrò furioso Leonida.
-
Dobbiamo condurre via il bambino, Leonida! La prova che tutti i figli di Sparta
devono affrontare, vale anche per tuo figlio! – ribatté un membro del
Consiglio, sollevando al cielo un dito. Entrambi i sovrani stavano per
ribattere, ma Plistarco li precedette e nella stanza risuonò il suo pianto
potente. Leonida abbozzò un lieve sorriso:
-
Non so se avete inteso, ma mio figlio non vuole essere disturbato dalla vostra
presenza…- disse con una lieve nota di sarcasmo.
-
Leonida, la legge è…- cominciò a rispondere con calma un altro anziano, ma la
regina prese subito parola, con il suo solito tono pacato e diplomatico.
-
Miei signori, come ogni genitore spartano, anche noi ubbidiremo alle leggi ed
esporremo nostro figlio fuori le mura della città. Tuttavia la legge dice che
ciò deve accadere solo al calar del sole, quando è buio…o sbaglio? Dunque
andate via e lasciate a me e al vostro Re ancora alcuni momenti con nostro
figlio - . Gli anziani osservarono la donna, poi il bambino, poi il Re; infine
s'inchinarono e uscirono dalla dimora.
-
Ma come osano entrare nella nostra dimora, nella nostra stanza!! Non sanno che
è sacrilegio invadere il talamo nuziale! Se l’avesse fatto un qualsiasi altro
Spartano, sarebbe già morto! – esclamò furioso Leonida, senza alzare la voce
per non disturbare Plistarco. Gorgo, sorridendo appena, gli fece cenno di
sedersi con lei.
La
Regina
posò il capo sul suo petto, sorreggendo il bambino dormiente.
-
Ce la farà…vero? – sussurrò Gorgo, sollevando poi gli occhi sul viso dell’uomo.
Leonida la osservò e le baciò la fronte, affettuosamente, poi annuì:
-
E’ nostro figlio, è figlio di Sparta, è nato sotto il volere di Eracle e di
Atena. Ce la farà…sopravvivrà….- rispose speranzoso, accennando un sorriso.
Qualche
ora dopo, quando il sole era scomparso oltre le montagne, Gorgo uscì dalla sua
dimora, pallida in viso ma piena di forze. Fra le sue braccia dormiva
Plistarco, ignaro di tutto. Al suo fianco v'era colei che qualche anno prima
veniva chiamata Oracolo, ora semplicemente Tygatera. Il Re Leonida uscì poco
dopo, ma due membri del Consiglio lo fermarono, scuotendo il capo.
–
E’ una cosa che spetta solo alle donne, signore – disse Terone, nuovo membro
del Consiglio, il più giovane ma il più influente. Leonida l’osservò per
qualche istante, poi chinò il capo, appena.
Dunque
la Regina
seguì il membro più anziano del Consiglio, Sofosanere. Giunsero fuori delle
mura, all’ingresso della città. L’aria era fredda, la notte buia, la luna una
piccola falce di luce nel cielo nuvoloso. Gorgo si morse un labbro, pregando
dentro di sé gli avi e gli dèi di salvare suo figlio.
–
Mia signora…- disse Terone, avvicinandosi a lei. Gorgo indietreggiò, stringendo
a sé il piccolo ma Tygatera la trattenne con estrema dolcezza e la osservò con
i suoi profondi occhi neri.
–
Mia signora…fatelo per Sparta…- un sussurro uscì dalla sua bocca, un dolce
sorriso si posò sulle sue vellutate labbra. Gorgo sentì le mani di Terone
posarsi su suo figlio. Fece un pò di resistenza, ma alla fine lasciò andare il
bambino che dallo Spartiato fu condotto fuori della città. Il cancello si
chiuse.
Vi prego, v'imploro, miei
antichi avi e voi tutti dèi…Ti prego, Eracle, gloria di Era, signore della
forza, magnanimo e benigno guardiano di Sparta…Ti prego, saggia Atena,
vincitrice di battaglie, padrona delle menti ingegnose….Salvate mio figlio,
proteggetelo dalla morte, dal freddo, dal pericolo. Fate che domani possa
trovarlo ancora vivo, sotto le mura,
pensò disperatamente la donna, mentre osservava la notturna natura dalla sua
stanza.
-
Mia Regina…- la voce di suo marito la richiamò alla realtà, strappandola alla
preghiera. Aprì gli occhi e si volse lentamente verso Leonida che si stava
avvicinando, senza abiti a celarle il suo corpo divino.
-
Hai pregato fin troppo, mia cara regina…Gli dèi si stancheranno di sentire le
suppliche di una Spartana…- le sussurrò Leonida dolcemente, con ironia,
posandole dolcemente le mani sulle spalle.
-
Lo so, perdonami, mio signore…ma queste preghiere sono di una madre, non di una
spartana…Se perdessimo Plistarco…- sussurrò Gorgo a voce pacata ma a capo
chino.
-
Non lo perderemo, ne sono sicuro. Chi l’ha concepito è forte, chi l’ha generato
è altrettanto forte. Non morirà…- sussurrò Leonida stringendola a sé. Rimasero
in silenzio, osservando i campi di grano oltre le mura, le montagne innevate, i
boschi dormienti. Gorgo si volse verso Leonida e si strinse a lui, senza una
parola sulle labbra, senza una lacrima sul viso…orgoglio spartano, dignità
muliebre.
Il
mattino seguente Leonida si svegliò di soprassalto, spalancando gli occhi. Vide
il viso di sua moglie, china su di lui, gli occhi che brillavano di gioia e un
ampio sorriso sulle labbra. Leonida la osservò…e capì…La voce della moglie
presto lo raggiunse, emozionata e commossa.
-
E’ vivo…!-
Bene, questa storia è terminata...Spero di non avervi
annoiato, né di essermi dimostrata ridicola. Si accettano, come sempre,
complimenti e critiche.
Vi ringrazio per aver letto questo mio racconto!