Stavo leggendo l'ultimo concorso, creato
su acciofanfiction e ormai scaduto, dove si richiedeva di creare una storia,
partendo da una citazione tra quelle proposte. Ho sfogliato le varie citazioni,
annotandomi le più significative, e questo è ciò che ne è scaturito. La storia è
incentrata sul rapporto Draco/Hermione, in particolare su ciò che prova lui e su
come lei riuscirà a fare breccia nel suo cuore, ma ovviamente lascerò spazio
anche agli altri personaggi e alla guerra finale contro Voldemort. Non ci sono
spoiler del settimo libro, e la storia parte dalla fine del sesto anno. Sperando
che vi piaccia, attendo fiduciosa i vostri commenti! Bacioni!!
KiaraRowling.
Ogni grande errore ha un momento a metà
strada, una frazione di secondo in cui si può annullare e, forse,
rimediare.
Ma lui, quell errore, non l’aveva
rimediato. Aveva lasciato trascorrere quel secondo, segnando per sempre il suo
destino.
Tu non sei un
assassino.
Gliel’aveva detto fin da subito, appena
si erano ritrovati faccia a faccia; e gliel’aveva detto fino alla fine, con il
sorriso sulle labbra.
Tu non sei un
assassino.
Lui sapeva che non avrebbe mai avuto il
coraggio di uccidere l’uomo che aveva di fronte, lo sapevano entrambi; e alla
fine, quasi a voler convalidare la tesi di quel vecchio pazzo, aveva abbassato
la bacchetta.
Tu non sei un
assassino.
Non lo era, ma sarebbe stato costretto
a diventarlo; sul suo braccio era marchiato il simbolo del suo destino. Non era
un assassino, ma incarnava in sè l’idea del Male: ed era proprio quel marchio a
dimostrarlo, fungendo da simbolo.
Tu non sei un
assassino.
Non aveva più importanza, ormai: lo era
diventato, agli occhi degli altri.
Questo pensava Draco Lucius Malfoy,
fissando la propria immagine riflessa nello specchio. Il ragazzo, l’uomo, che la
sua immagine gli presentava, pareva ai suoi occhi il fantasma di colui che era
stato un tempo. Lo sguardo era vuoto, il volto incavato, la pelle pallida,
spenta. Respirava, ma sembrava fosse privo di anima. Si passò una mano tra i
capelli, in un gesto tanto lento quanto privo di significato: ma, in quel
momento, quell’unica azione era fondamentale per lui; era l’unica cosa che gli
era rimasta del Draco di un tempo.
Tu non sei un
assassino.
La voce di Silente continuava a
rieccheggiare nella sua testa, i suoi occhi erano offuscati dalla sua figura,
nell’istante in cui Piton aveva posto fine alla sua vita.
Draco si alzò la manica della camicia,
passando un dito sul Marchio Nero: avrebbe voluto farlo sparire, sarebbe stato
disposto a tagliarsi il braccio, se solo fosse servito a qualcosa.
Si sentiva sporco, si sentiva marcio.
Si sentiva un’ombra, che scivola lenta sulle pareti: lui viveva l’ombra della
sua vita.
Tu non sei un
assassino.
Non era nulla, guscio vuoto di anima
corrotta, cuore trafitto dai pugnali dell’odio.
Era buio, era freddo, era odio. Era
Male: a quel punto, essere o meno un assassino non aveva importanza.
Gli occhi gli divennero improvvisamente
lucidi: si era conficcato le unghie nel braccio, come se stesse cercando di
strapparsi il Marchio dalla pelle. Faceva male, ma era esattamente ciò che
voleva: voleva soffrire, voleva sanguinare, voleva eliminare tutto ciò di
sbagliato che c’era in lui, quella bestia che divorava ogni più piccolo
spiraglio di luce, che trasformava tutto in qualcosa di marcio.
Tu non sei un
assassino.
Quella voce non accennava a zittirsi:
la odiava, odiava il suo tono dolce, così come odiava lo sguardo comprensivo di
Silente che gli balenava nella mente. Quello sguardo, che pareva voler dire "non ti preoccupare, andrà tutto bene" . Odiava quella voce, odiava quello
sguardo, odiava lui. Eppure, non avrebbe mai voluto che
morisse.
Tu non sei un
assassino.
- E’ colpa mia se sei morto. Io ho
fatto entrare i Mangiamorte, nel castello, io ti ho trattenuto mentre stavi
male, io ho permesso a Piton di ucciderti. Non sono un assassino, ma non sono
certo meglio di lui. -
Draco chiuse gli occhi, lasciando
ricadere il braccio marchiato, che fino a qualche istante prima aveva trattenuto
con la mano, lungo il fianco.
Aveva avuto la possibilità di cambiare,
gli era stata concessa quella famosa frazione di secondo in cui l’errore poteva
essere rimediato.. e l’aveva buttata via.
Tu non sei un
assassino.
- Io non sono un assassino. Sono
peggio. Sono un codardo, un vile, un debole. Preferirei essere un assassino.
-
La porta della sua stanza si aprì,
lasciando entrare il servo più fedele del Signore Oscuro: Severus
Piton.
- Draco, sei pronto? -
Non era mai stato pronto, aveva
semplicemente lasciato che gli altri lo credessero.
- L’Oscuro Signore vuole vederti.
-
Uscirono dalla stanza insieme: l’uomo
davanti, il giovane dietro. Arrivarono in un ampio salone, riccamente arredato
con mobili antichi e finemente intagliati, pregiati tappeti orientali e pesanti
tende dai colori tenui.
Lui era seduto su un divano, rivestito
di tessuto verde scuro, posto davanti al camino acceso.
- Ecco il ragazzo che ha ucciso
Silente. -
Ne era convinto, e Piton gliel’aveva
lasciato credere. L’uomo aveva fatto il lavoro sporco, e il ragazzo se ne
prendeva il merito.
Tu non sei un
assassino.
Lo era per Lord Voldemort, e tanto
bastava.
- Chiedimi ciò che vuoi. So premiare
chi porta a termine i propri compiti. -
E’ come un Dio, crudele e terribile,
generoso e misteriosamente magnetico. Punisce e premia, ma non
perdona.
- Voglio che mio padre esca da Azkaban.
-
Se era destinato a morire, Draco voleva
che suo padre lo facesse da uomo libero. Nessuno poteva permettersi
d’imprigionare un Malfoy.
- Sarà fatto. Tuo padre verrà liberato
quanto prima. -
- Grazie, mio Signore. Siete molto
generoso. -
Non importava se credesse veramente in
ciò che stava dicendo: l’importante era usare il tono più umile e convincente
possibile.
Piton guardava Malfoy con orgoglio:
teneva a Draco, nella misura in cui un uomo come lui potesse provare affetto per
qualcuno.
- Puoi andare ora, Draco. Prima che mi
dimentichi, però, ti suggerirei di dare un’occhiata alle persone catturate oggi
da Greyback. C’è qualcuno che dice di conoscerti. -
Il giovane s’inchinò, come uno schiavo
fa davanti al suo padrone, come un uomo fa davanti a qualcuno più potente di
lui.
Uscì dalla stanza, e fece ciò che il
suo Signore gli aveva detto: andò a controllare i prigionieri. E lì, lo vide:
capelli rossi, lentiggini, vestiti lacerati e sporchi di sangue.
- Weasley. -
Lui alzò lo sguardo, i suoi occhi si
tinsero d’odio e rabbia.
- Malfoy. -
Pronunciò il suo nome con disprezzo
infinito, accompagnando il tutto con una smorfia: era legato, prigioniero
inginocchiato di fronte a lui, eppure aveva avuto il coraggio di pronunciare il
suo nome, di sfidarlo con gli occhi. Cuore di vero Grifondoro. Cuore di un uomo
che non ha più nulla, se non la sua dignità.
- Cosa si prova ad essere in trappola,
Weasley? -
Draco voleva umiliarlo, voleva
dimostrare di essere padrone, voleva troneggiare su di lui.
- Strano che tu me lo chieda, Malfoy.
E’ una sensazione che dovresti conoscere molto bene. -
Sfrontato, orgoglioso, deciso,
coraggioso: aggettivi che Draco non avrebbe mai collegato ad uno come Ronald
Bilius Weasley.
- Malfoy.. devi fare una cosa per me.
-
Il ragazzo alzò un sopracciglio,
divertito: - Io dovrei fare qualcosa per te? Sei tremendamente esilarante,
Weasley. -
Lo teneva in pugno: godeva della sua
umiliazione, si fortificava con la sua immagine.
- Si tratta di Hermione. -
Ron pronunciò il nome dell’amica con
infinita dolcezza: una dolcezza che, alle orecchie di Malfoy, suonò come
sconosciuta.
- Sta morendo. -
Draco spostò lo sguardo sulla figura
stesa accanto a Weasley, a cui, fino a quel momento, non aveva prestato
attenzione.
Era una ragazza, lo s’intuiva dal
corpo: le gambe lisce e tornite, il seno, i lunghi boccoli castani, non potevano
certo appartenere ad un ragazzo.
- Perchè credi che la cosa m’interessi?
-
Non aveva nessuna intenzione di
aiutarlo, l’unico obiettivo che si era prefisso era quello di ferire il ragazzo
che gli stava di fronte: era sempre stato geloso di quel patetico pezzente,
perchè aveva posseduto l’unica cosa che, a lui, nessuno aveva mai concesso.
L’amore.
- Perchè ti conosco, Malfoy. E tu non
sei un assassino. -
Tu non sei un
assassino.
Di nuovo quella frase, di nuovo
l’immagine di Silente davanti agli occhi. Chiuse gli occhi: non voleva vedere,
non voleva ascoltare.
- Malfoy. Uccidimi, se ti diverte.
Torturami, non m’interessa. Ma aiuta Hermione. -
Draco aprì gli occhi e guardò il
ragazzo che aveva davanti: era disposto a morire per lei, era disposto a
soffrire, a sacrificarsi, in cambio della vita di quella ragazza. Qual era quel
sentimento talmente grande da dare ad una persona il coraggio di mettere in
pericolo la propria vita, per quella di un altro?
Non se ne capacitava, non poteva
credere che Weasley fosse pronto a morire per salvare la Mezzosangue. Ma, forse,
era l’amore che lo faceva agire così. Quell amore, a lui
sconosciuto.
Tu non sei un
assassino.
No.. non lo era. Non lo era mai stato,
e non lo sarebbe stato mai.
Aprì la cella dove Ron e Hermione
giacevano feriti, e prese la ragazza tra le braccia.
- Non è troppo tardi per cambiare,
Malfoy. -
Forse, Weasley aveva
ragione.
Forse, la frazione di secondo in cui rimediare al suo
errore, non era ancora passata.
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