Dedicata
alla regina della oscurità Elyforgotten
Eccoti,
in ritardo, il mio orripilante regalo di compleanno.
-In
Venere Veritas-
Have
no fear, there are wounds that are not meant to heal at all
And
they sing in venere veritas....
Katerina
Petrova.
Elijah
non avrebbe mai potuto dimenticare il momento i cui i suoi occhi si
erano posati sulla figura leggiadra della bellissima fanciulla giunta
dalla Bulgaria,la quale guardava con occhi sognanti quel nuovo mondo
in cui inaspettatamente era giunta. Il vampiro ricordava sopratutto
la luce nel suo sguardo e quel sorriso tenero e allo stesso tempo
malinconico con cui era solita rivolgersi agli altri. Così
come ricordava il modo in cui quella ragazza era quasi riuscita a
scalfire l'armatura di pietra che per millenni lo aveva protetto,
allontanandolo da tutti quei sentimenti che erano stati assopiti dopo
la morte di Tatia.
Ma
Katerina Petrova non si era fidata di lui.
Elijah
era certo che non avrebbe nemmeno potuto dimenticare quel momento:
quello in cui Niklaus gli aveva rivelato che la preziosa doppelganger
era scomparsa dalla sua stanza, dileguandosi nel nulla.
Ricordava
anche gli occhi collerici di suo fratello, quando lo aveva spinto
contro il muro, ordinandogli di non mentirgli su quella faccenda.
Cosa che lui non lo aveva mai fatto.
Mentire
non era nella sua indole; non lo aveva mai fatto, nemmeno per
Katerina. Era pronto a salvarla dal sacrificio a cui era destinata ma
senza ostacolare i voleri di suo fratello. E lei era scappata.
Katerina
Petrova non si era fidata di lui. Ed era nata Katherine Pierce.
“Per
quanto tempo ancora vuoi restare lì ad osservarmi?”
Katherine
Pierce era sempre stata una pallida ombra di quello che Katerina era
stata.
Katerina
era pura. Katherine era subdola e manipolatrice.
Katerina
amava il prossimo, e il più delle volte lo anteponeva al
proprio bene. A Katherine non importava nulla di nessuno che non
fosse se stessa e, pur di sopravvivere. era disposta a tutto.
Si
era presa il cuore di numerosi uomini, stritolandoli fino a privarli
dell'ultima goccia di sangue.
Poi
era fuggita.
Aveva
creato alleanze e false amicizie, coltivandole come fossero fiori,
per poi lasciarli appassire non appena l'inverno sarebbe arrivato.
Poi
era fuggita.
“Per
tutto il tempo che mi aggrada.” le rispose Elijah, restandosene
in piedi sulla soglia della cella in cui Katerina era imprigionata da
mesi. Si tenne con la spalla sinistra contro la parete in pietra
umida e polverosa, non schiodando nemmeno per un istante lo sguardo
dal corpo provato di Katerina.
Katherine
era solo una pallida ombra di quello che Katerina era sempre stata.
Quella che gli stava di fronte in quel momento, invece, non era
nemmeno la cenere di quello che entrambe erano state.
La
ragazza era seduta sul pavimento freddo e sporco della cella, con le
gambe nude distese e le braccia deboli e flosce accanto al corpo.
Portava indosso una vestaglia scura che scendeva generosamente sulle
curve del suo esile e quasi scheletrico corpo; questo le lasciava le
gambe nude e le spalle scoperte.
Il
suo viso aveva perso parte della bellezza che, un tempo, aveva
incantato migliaia di uomini. Era scarnito e più pallido del
solito; le labbra secche e violacee e i lunghissimi capelli scuri
ricadevano scompigliati attorno al bellissimo ovale del suo volto.
Ma
la cosa che colpì maggiormente Elijah furono gli occhi neri
della vampira.
Quelli
erano stati la parte migliore di Katerina, perché esprimevano
tutto ciò che ella era.
Quelli
erano stati la parte peggiore di Katherine, perché
rispecchiavano tutto quello che ella era diventata.
Ma
in quel momento, quelli non rappresentavano alcuna parte di lei.
“Lasciatelo
dire, Elijah...se questo è il tuo modo di torturarmi, tuo
fratello sa farlo meglio.” Katherine osò sfidarlo, ma la
sua voce uscì in un sussurro roco e quasi impercettibile, che
Elijah riuscì comunque a catturare.
Il
vampiro abbozzò un sorrisetto; la verve che Katherine
possedeva gli procurava sempre e comunque quell'effetto. “Credimi
Katerina...” disse, staccandosi dalla parete. Con un gesto
elegante si pulì la polvere dalla spalla e camminò in
direzione della vampira, accorciando le distanze tra di loro. “Il
mio eterno disprezzo è la tortura peggiore che io possa
infierirti.”
Le
distanze arrivarono ad annullarsi quasi del tutto, e Katherine tremò
percettibilmente, come una foglia in balia del vento. Elijah pensò
che fosse dovuto alla paura che nutriva per lui, o forse
semplicemente perché quella cella era troppo buia e fredda
persino per un vampiro.
Niklaus
aveva deciso di privarla non solo della libertà, ma anche
della luce del sole che brillava sul nuovo mondo che loro avevano
creato.
Il
loro mondo. Quello che aveva
reso prigioniera Katherine.
La
ragazza sbuffò. “Tu non mi disprezzi Elijah.”
Katherine si alzò in piedi, barcollando leggermente come fosse
ubriaca. Le pallide e magre gambe per poco le cedettero e la vampira
fu costretta ad appoggiarsi alla parete alle sue spalle per non
cadere. Elijah fu tentato dall'aiutarla, ma si trattenne, sforzandosi
di ignorare l'innata cavalleria che aveva sempre posseduto. “Ricordo
che una volta mi hai amato.”
“Ti
prego non giocare questa carta.” Elijah nascose le mani dentro
le tasche dei suoi pantaloni, distogliendo lo sguardo dal volto
smorto di Katherine. “Non sono uno di quegli allocchi che puoi
abbindolare con il tuo amore fasullo.”
Katherine
scosse la testa. Quella volta fu lei a sfidarlo, avvicinandosi a lui
malgrado le catene ai polsi e alle caviglie. “So che non lo
sei.” gli disse; ogni sua parola venne accompagnata da un passo
in direzione dell'Originario. “Non lo sei mai stato.”
Elijah
restò immobile, curioso di vedere in che modo quella donna
avrebbe continuato a giocare. Il suo sguardo scorse sui lembi della
sua pelle nuda, ricoperti di abrasioni e ferite sia fresche che non.
Segni delle torture che le erano state inflitte e di cui lui era ben
consapevole.
Katherine
riuscì ad avvicinarsi abbastanza da potergli prendere il volto
tra le mani, con una delicatezza-o forse era meglio definirla
debolezza-che fece credere ad Elijah che lei temesse di
poterlo ferire.
“Tu
sei sempre stato l'unico, Elijah.” Katherine lo guardava in una
maniera insolita per lui, con del sentimento che l'uomo aveva deciso
di dimenticare per non cedervi ancora una volta. “Sei l'unico
che mi ha conosciuta per davvero, per ciò che realmente sono.
Sei l'unico...ad essersi curato di Katerina Petrova.”
Elijah
attese in silenzio, mentre Katherine distolse una delle mani dal suo
volto, probabilmente la catena le pesava troppo sul polso. Ma
continuò comunque a mantenere l'altra sulla guancia,
accarezzandogli lo zigomo lentamente. Si fece più vicina a
lui; se avesse respirato, Elijah era certo che il fiato di lei gli
avrebbe baciato le labbra. “E so che puoi vedere ancora quella
fanciulla il cui unico desiderio era vivere. So che la vedi
ancora in me. E puoi salvarla.”
Elijah
non volle più ascoltare, ma Katherine non gli permise di
desistere: non appena fece per voltarsi, gli riprese il viso con
entrambe le mani e avvicinò il viso a quello di lui.
Occhi
dentro occhi, pensieri incatenati, desideri perduti che riemersero in
quel contatto.
Tutto
in una semplice vicinanza.
“Salvami
Elijah.” Katherine lo stava supplicando, con voce flebile e
debole, abbassando gli occhi sulle labbra di lui. Il vampiro,
d'altro canto, lo tenne fisso sugli occhi di lei.
“Fallo.”
Dette
quelle parole, le labbra di lei si avventarono su quelle
dell'Originario, in un contatto improvviso e pieno di calore.
Inizialmente quello fu un singolo contatto di labbra che si
sfioravano e di respiri che non osavano scontrarsi. Ma quella quiete
durò pochi secondi: Elijah sentì la lingua di Katherine
farsi largo nella sua bocca mentre una mano di lei andava a
stringergli i capelli e l'altra scendeva lungo il suo petto,
prendendo ad accarezzargli la pelle da sopra la camicia.
Allora
Elijah chiuse gli occhi, lasciandosi andare a quella passione
infuocata, che sembrò non poter essere contenuta in quella
piccola cella. Il vampiro prese parte al gioco di lingue in cui
Katherine volle dilettarsi; le cinse i fianchi con entrambe le
braccia, attirandola a sé e costringendola a sollevarsi sulle
punte dei piedi per avvicinarsi a lui.
“Katerina...”
Elijah pronunciò il suo nome quasi fosse un bellissimo
segreto che egli avrebbe voluto tenere per sempre custodito tra le
proprie labbra. Per un attimo pensò alla ragazza che aveva
conosciuto mezzo secolo prima e le sembrò di rivederla nel
corpo di Katherine Pierce, mentre si spingeva contro di lui, mentre
cercava nelle sue labbra quel respiro che gli era stato portato via
tempo addietro e che lui non le avrebbe potuto ridare.
La
labbra della vampira gli rubarono un sensuale, doloroso morso sul
labbro inferiore, prima di portarsi sul collo dell'Originario
infuocandolo con i suoi baci, e disegnando invisibili segni del
passaggio delle sue labbra. I canini di Katherine gli accarezzarono
la pelle dell'incavo del collo, per poi dirigersi in prossimità
del lobo dell'orecchio, stuzzicandolo maliziosamente. Elijah tirò
la testa all'indietro, mantenendo il proprio autocontrollo.
“Fammi
scappare, Elijah.” gli sussurrò lei, soffiando la sua
disperazione nell'orecchio del vampiro che restò immobile,
valutando le sue suppliche. “E poi vieni via con me, come
avremmo dovuto fare secoli fa.”
Katherine
si separò da lui, tenendogli le mani sulle clavicole e
portando il viso di fronte a quello del vampiro. Elijah la fissò
intensamente, colpito dal luccichio in quegli abissi oscuri in cui
avrebbe tanto voluto lasciarsi annegare quando aveva conosciuto
Katerina Petrova.
“Katerina...”
Elijah ripeté ancora una volta il suo nome, ma quella volta
accompagnò quel sussurro ad una carezza sulla guancia destra
della vampira. Lasciò scorrere il dorso della mano sulla pelle
fredda di lei, mentre Katherine sorrideva con dolcezza, abbandonando
il viso contro le dita di lui.
“Quale
tortura può essere migliore del vederti supplicare per
qualcosa che non avrai mai da me?”
Una
volta udite quelle parole, il sorriso di Katherine si spense. Ella si
ammutolì e corrugò la fronte confusa, mentre Elijah
ritraeva la mano come scottato dal fuoco che ardeva sul viso della
vampira.
I
suoi occhi fissarono quelli di Katherine, e un sorriso asimmetrico si
delineò sulle sue labbra. Dopo tutto quello che lei gli aveva
fatto, dopo tutti i danni che gli aveva causato, credeva ancora di
poterlo persuadere con frammenti di ricordi che avevano vissuto
decine di vite fa?
“Elijah...”
“Preghi
nell'ottenere la libertà giocando su cose che non esistono e
che non sono mai esistite.” Elijah non le permise di
parlare; riportò le proprie mani dentro le tasche dei
pantaloni e mosse dei passi, indietreggiando.
Katherine
iniziò a tremare e a scuotere la testa, consapevole di stare
per perdere di nuovo la possibilità di fuggire. O forse era
per altro? “No, ascolta...”
“Tu
resterai qui Katerina fino a quando non avrò deciso il
contrario.” Elijah indietreggiò ancora, la sua voce si
alzò di qualche tonalità e alzò una mano come
per ordinare a Katherine di non dire nient'altro.
Il
vampiro si avvicinò alla porta della cella, aprendola
lentamente. I suoi occhi scrutarono la paura in quelli di Katherine.
“No,
Elijah!” Katherine gridò disperatamente; le catene
trillarono non appena ella cercò di allontanarsi troppo dalla
parete.
Elijah
piegò la testa da un lato, fissando con muto disinteresse la
disperazione di Katherine. “Addio Katerina.” disse.
E,
non appena il rumore metallico della cella che si chiudeva terminò,
l'Antico sentì la voce della vampira scoppiare in un grido
disperato, misto a lacrime silenziose che lui era certo di poter
sentire scorrere sulle guance di porcellana della ragazza.
Restò
per qualche istante immobile davanti alla porta, restando ad
ascoltare i suoni oltre di essa e riuscendo ad immaginarsi Katherine
cadere sulle ginocchia e rannicchiandosi su se stessa,nella
consapevolezza di essere di nuovo sola nel buio.
Pazzesco.
Elijah aveva intravisto Katerina
in quel lieve breve bacio e qualcosa in lui si era riacceso.
Ma
il tutto era durato solo per un secondo.
Katherine
Pierce poteva forse tornare Katerina Petrova, ma Elijah non sarebbe
mai potuto tornare quello che era stato per lei secoli prima. Il
vampiro chiuse gli occhi, senza sapere se accettare quella
consapevolezza con gioia oppure con malinconia. Ma visto il nuovo
mondo che lui e i suoi fratelli avevano creato, forse avrebbe dovuto
accettarla con semplice disinteresse.
Attese
che le grida della sua Katerina cessassero e, solo quando sentì
che la disperazione di lei si era placata, decise di allontanarsi da
quella porta.
Let's
fall apart together now.
*Si va a nascondere dopo
aver disonorato Elyforgotten, la sua fanfic e persino i due
protagonisti di questa one-shot”
Ma...buonasera a tutti!
Spero che questa piccola
storia, basata sulla bellissima “White Darkness” di
Elyforgotten, vi sia piaciuta.
Ringrazio tutti coloro che
spenderanno dieci minuti del loro tempo per leggere questa storia.
Spero di ricevere commenti e pareri al riguardo, per potermi
migliorare in futuro e per sapere se qualcuno ha gradito, o meno,
questa storia.
Con questa vi lascio, e ci
tengo a ringraziarvi tutti per l'attenzione e....Elyforgotten? Di
nuovo auguri!
Alla prossima, buon fine
settimana!
Ps:
Le frasi in inglese derivano dalla canzone degli H.I.M, “In
Venere Veritas”
http://www.youtube.com/watch?v=uByoq1z49hQ
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