Seconda storia per la writing community a tema
CLAMP "Daisuki" ,
facente parte dunque della mia raccolta intitolata "Aenigma". Il mio set di temi e info
sulla raccoltina? Li trovate
qui. Siamo
di nuovo nel Regno di Clow, di nuovo ho scelto come protagonista Clow... e di
nuovo con la teoria che lui sia un personaggio unico in "Tsubasa", in "xxxHolic"
e addirittura anche in "CardCaptor Sakura". So che può sembrare un'opinione un
po' azzardata, e mi scuso ancora se la cosa vi dà fastidio, ma io continuo ad
esserne convinta...^^ La storia è dedicata a Wren, perchè condivide con me
questa teoria, e perchè entrambe le fic che ho dedicato a Clow (e Yuuko)
risentono moltissimo della sua meravigliosa "Un uomo malvagio", che dopo tanto
tempo ancora mi gira spesso in testa e mi ispira... Grazie, Wren. Grazie anche
ad Harriet per avermi trovato il titolo! A proposito di titolo, è tratto
dalla canzone "Samain Night", di Loreena McKennitt, e della stessa autrice è
anche la citazione che troverete in fondo -presa però da un altro brano, "Skellig"
(che, se vi interessa, è stata anche la mia colonna sonora mentre scrivevo... si
vede che Loreena+Regno di Clow è ormai un binomio indissolubile!).
Basta, ho parlato già troppo. Grazie di cuore a tutti voi per
essere qui.
Tema
scelto: (#36) 05. The moon beneath the castle walls
La luna che
questa sera adorna il blu sopra il deserto è una falce perfetta, una curva
disegnata da un artista infallibile. Incorniciata dalla finestra a ogiva del
palazzo, non sembra neanche vera, ma uno di quei simboli dipinti sugli stemmi,
sulle bandiere, o appesi ai monili.
Esattamente
identica al simbolo scelto da qualcuno che lui conosceva.
Esattamente
quella mezzaluna.
Ha sempre
pensato che fosse una metafora molto adatta, per lei. Quella luna, che con
precisione matematica si oscura ogni giorno un poco di più, fino a scomparire,
fino a ricrescere poi con la stessa puntualità, mistero che rinasce ogni mese,
adorna i secoli, e lontanissima posa la sua mano sugli eventi della terra –le
maree, le piante, la vita dentro al corpo di una donna.
Come lei, una
signora ammantata di enigmi, che attira l’occhio e le domande dell’uomo, un
sorriso immobile e onnisciente dall’alto del cielo.
Lui invece, a
suo tempo, come simbolo personale si era scelto quello del sole. Ricorda che i
suoi Guardiani qualche volta gli avevano fatto notare che forse era stato un po’
troppo presuntuoso, a prendersi per sé un tale emblema; in fondo, aveva fatto
come tutti i re pieni di sé di tutti i tempi… E ogni volta, lui aveva riso
dicendo che sì, probabilmente la modestia non era mai stata il suo forte. Che
gli piaccia o no, le cose stanno davvero così: lui ha sempre voluto che fosse
impossibile dimenticarlo, ha sempre voluto lasciare la sua impronta, il suo
sigillo sulle cose che sarebbero accadute, senza dubbio più simile a un sovrano
in maestà che non allo sfuggente mistero della luna.
Eppure,
quando aveva disegnato le sue Carte, nell’ordinato intrico del suo stemma aveva
inserito anche quella mezzaluna. Perché le loro due magie si completassero a
vicenda, perché non fossero trascurati né lo splendore del sole, né tutti gli
enigmi che sussurrano nell’ombra. Perché quei due simboli restassero l’uno a
fianco dell’altro.
Questa sera
però, mentre dal suo palazzo guarda la luna, si chiede se non abbia commesso un
errore, in quella scelta, o se sia stato anche questo un segno del destino.
Perché, riflette, quella meravigliosa mezzaluna può apparire soltanto quando il
sole discende, e mai essi s’incontrano nel quadro del firmamento, corpi celesti
ai due angoli opposti del visibile. Per quanto si cerchino, per quanto
s’inseguano, è scritto che non possano mai esistere insieme.
E lui avrebbe
dovuto saperlo, anzi, sì, lo sapeva, sin dall’inizio lo sapeva, che il loro
incontro era solo uno di quei momenti in cui la luna sorge un po’ prima, e trova
ancora per un poco il sole; avrebbe dovuto pensare che il suo tramonto era alle
porte, inevitabilmente, che l’apparire di lei significava per lui l’ora di
andarsene.
Si chiede
ancora come abbia potuto far finta di niente.
Come abbia
potuto non parlarne mai con lei, non dirle nemmeno addio.
Quell’ultimo
giorno, quel giorno che non vuole neanche ricordare, aveva chiacchierato come al
solito, le aveva fatto i soliti complimenti, le abituali battute. Gli sarebbe
rimasto impresso nella mente per sempre lo sguardo di lei, che lo trapassava, lo
inchiodava, tremava appena di dolore e di rabbia. Ma lui aveva preferito fare
come se niente fosse, uscire salutandola come se il giorno dopo sarebbe tornato.
Non aveva
avuto il coraggio di dire ad alta voce quello che entrambi sapevano.
Aveva pensato
che per lui era meglio così, ma non si era interrogato se lei avrebbe condiviso
la sua scelta. L’aveva compiuta senza consultarla.
E così, alla
fine, senza una parola si erano allontanati per sempre, si erano voltati le
spalle per non rincontrarsi mai più, sole e luna opposti nello stesso cielo.
Lui ha sempre
accettato l’onore e l’onere di possedere la conoscenza con sufficiente fermezza,
e anche in serenità, crede. Ma ora lascia andare la fronte contro il muro, e
pensa che semplicemente non è giusto, che a un essere umano tocchi di apprendere
in anticipo ciò deve accadere.
Non è giusto.
Ma è
ugualmente così bella, quella mezzaluna lassù in alto, anche se lui già sa che
quando essa si assottiglierà fino ad eclissarsi, lui non sarà più in questo
mondo.
E gli
dispiace che non vedrà più quello spettacolo, anche se nella sua lunga vita vi
ha assistito innumerevoli volte; gli dispiace lo stesso sapere che non ci
saranno più per lui cavalcate nella steppa, feste di mezza estate, conversazioni
sotto le stelle. E’ da molto tempo ormai che si sente un po’affaticato, e pronto
ad andare, eppure adesso si rende conto che non riuscirebbe mai, neanche in
tutta l’eternità, a stancarsi delle cose che ama, a ritenere di averne
abbastanza. Tanti si stupirebbero, crede, se fossero al corrente di quel suo
pensiero, perché lui è considerato il sapiente, il saggio, l’uomo che sempre
conosce la misura; ma lui invece in cuor suo forse è anche contento di provare
questo sentimento. Perché significa che, nonostante tutto, lui è ancora quello
che deve essere: un uomo, con le sue debolezze e qualche desiderio impossibile
da realizzare.
Risolleva lo
sguardo, e sorride alla falce di luna alta sopra il castello. Spera che prima o
poi lei riuscirà a perdonarlo. E spera anche che quella presenza non lo
abbandonerà in quegli ultimi giorni, ma che lui possa contemplarla come stasera
ancora un paio di volte, e immaginare tutte le parole che non ha detto,
immaginare tutto ciò che nel futuro non ha visto –la forza con cui la signora
dei secoli, non ha dubbi, saprà affrontare l’avvenire.
Lui morirà in
una notte senza luna, quando il sole sarà tramontato, nella solitudine di un
cielo vuoto senza confini, la solitudine assoluta in cui un uomo di potere come
lui ha sempre, per forza di cose, vissuto. Ma sa che neanche allora dimenticherà
che non è sempre stato così, che ha avuto la fortuna d’incontrare, seppure per
poco, l’unica persona in grado di attraversare quella barriera; l’unica persona
che poteva capire tutto di lui, l’unica che poteva ricambiare, il suo opposto e
il suo completamento dall’altra parte del cielo.
In
quell’ultima notte, ne è certo, non scorderà che anche quando la luna non mostra
il suo viso, in verità è sempre al suo posto. Sarà necessaria un poco di
fantasia, per immaginarsela anche quando non potrà scorgerla, ma lui sa bene che
non tutto ciò che esiste si vede, e poi d’immaginazione, loro due, ne hanno
sempre avuta molta.
Morirà
guardando quell’esatto punto del cielo, morirà immaginando il domani. Quando,
nel profumo della sera, dietro al volo di mille colombe, la luna tornerà, pian
piano, a sorridere.
“Now take the
hourglass and turn it on its head
for when the
sands are still, ‘tis then you’ll find me dead.”
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