Note: Questa
breve storia è dedicata a Rota, che shippa questi due almeno
quanto me. Non è un lavoro perfetto, ci devo prendere la mano,
ma è stata lei a spingermi a scrivere. Tra le altre cose,
inondandomi di immagini carine.
Ovviamente,
pur essendo breve, contiene SPOILER per chi non segue le uscite
originali del manga. Lo ripeto: ci sono tanti SPOILER quanti sono i
capelli di un Rivaille/Levi con l'afro.
Anche
Rivaille è uno SPOILER, scusate. Ma giuro che non ha l'afro.
Non sa cosa lo terrorizzi di più,
tra il dolore ed il rumore dell'esoscheletro che si sbriciola.
I denti affondano nella gamba con un
suono che gli ricorda la morte e, al contempo, lo fa sentire fragile
e minuscolo come uno scarafaggio. Lo scricchiolio cede il posto al
sibilo strascicato della carne -tenera e fragile- strappata via con
troppa facilità e la gamba fa male.
Anche se ormai non c'è più,
trattiene un grido perché brucia, lo sente con ogni fibra
fantasma.
L'altro titano lo lascia cadere e
lui tenta di trascinarsi via, di riprendere la propria forma umana e
scappare. Un umano si nasconde con più facilità, riesce
a passare dove un titano non arriva.
Non riesce a mettersi in piedi,
però, l'angoscia che gli appanna la vista, il dolore troppo
forte ma ancora sopportabile, che però non riesce proprio a
ricordargli che non può più appoggiarsi con la destra.
D'istinto, alza lo sguardo verso le alte mura che circondano il
territorio degli umani. Non c'è altro che il sole, lassù.
Cosa si aspettava di vedere?
Chi si aspettava di vedere?
Sente un grido e non fa in tempo a
voltarsi. Vede però i compagni umani di quel cacciatore di
titani -volti sfocati, cancellati- accerchiarlo e sa che non ha tempo
per proteggersi.
Cerca ancora qualcuno oltre le mura,
prima di tentare un contrattacco disperato.
La fitta alla nuca lo risveglia.
Reiner si mette a sedere di scatto,
guardandosi intorno, smarrito. Ci vogliono un paio di minuti per
rendersi conto che quello era solo un sogno, che si trova nel
dormitorio, tra i nemici, ma salvo.
Controlla prima la gamba e poi la nuca,
come se qualcuno potesse davvero averlo ferito nel sonno. Ma nessuno
sa e nessuno deve sapere. È ancora al sicuro.
Sente dita conosciute sulla mano,
ancora ferma a proteggere quel punto debole, dita che lo accarezzano
appena, facendogliela spostare, scoprendolo. Abbassa le difese e
riceve in cambio un bacio.
"Incubo." mormora Bertholt,
scivolando con le mani intorno alla sua vita mentre le sue labbra
fanno una mappatura completa del retro del collo, scivolando lungo la
spina dorsale finché la maglietta non intralcia quel percorso.
La sua non è una domanda. Si
conoscono abbastanza bene da non avere bisogno di troppe parole per
capirsi.
Il compagno è l'unico a cui
offrire quel punto debole con tanto entusiasmo, l'unico a
rassicurarlo al punto di fargli chiudere gli occhi e rilassarlo.
Sente che potrebbe addormentarsi anche così, da seduto.
E forse, allora, guardando il cielo,
vedrebbe l'altro titano fissarlo dall'alto e calare la mano per
proteggerlo, come sempre.
Bertholt lo fa cadere all'indietro sul
materasso, producendo un suono buffo che, per un momento, teme svegli
l'intero dormitorio. Ma è soltanto il silenzio ad amplificare
i suoni e nessuno sembra accorgersi nemmeno dello schiocco dei baci
del compagno, i denti che appena sfiorando la pelle, i brividi che
gli appannano la vista quasi più dell'adrenalina della
battaglia.
È solo un momento, poi il
compagno sposta entrambi su un fianco, stringendoselo al petto e
posando la guancia sul suo collo, solleticandolo con il respiro.
"Nessuno può colpirti,
così." spiega, anche se non ce n'è bisogno. Non ha
bisogno di altre rassicurazioni, oltre a quella stretta. Si dice che
non avrebbe neppure bisogno di quella, ma è una bugia troppo
grande anche per lui.
Reiner sbuffa, non troppo contento di
essere trattato come un bambino. Il braccio che gli passa intorno
all'addome è scomodo e la gamba che lo blocca non gli permette
di rannicchiarsi ed evitare di cadere in avanti, ma quando chiude gli
occhi sa perfettamente che non ci saranno incubi a tormentarlo
ancora.
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