Questa
one-shot vorrebbe essere una Missing Moment della 03x06, The
Climb. Da morbosa fan di Petyr Baelish, il suo
monologo
finale mi ha praticamente sciolto d'amore. Sì, io mi sciolgo
d'amore
per Littlefinger e le scene agghiaccianti e splatter, che posso
farci?
Velatissimi
accenni Petyr/Sansa – perché è cosa
giusta e meravigliosa – ma
decisamente one-sided.
Il
titolo è preso dal monologo di Petyr.
*
Until
it's too late
Il
sapore dolciastro del vino che scendeva lungo la gola era inebriante.
Petyr
lo sorseggiava lentamente da un costoso calice d'oro, passandosi la
lingua sulle labbra sottili per godersi ancora di più quella
raffinatezza da lord. Amava i piaceri che
costavano – e con
il trascorrere del tempo aveva scoperto che ciò che
più costava più
recava piacere.
Davanti
a chi riteneva la ricerca del piacere una strada fatta di gusti
personali, Petyr sogghignava appena sotto i baffi. Non c'era alcuna
soggettività nell'estasi: c'erano solo i denari con cui
comprarla e
una folla di sciocchi che non potevano permettersela.
Una
volta anche lui aveva creduto che i desideri andassero oltre la mera
economia, e a ricordargli di non commettere ancora quell'errore gli
era rimasta una lunga cicatrice. Attraversava interamente il suo
torso magro dalla scapola al fianco, proprio dove la lama di Brandon
Stark era affondata nella carne e aveva rigirato in
profondità nel
suo orgoglio. La contemplava spesso. La sfiorava con i polpastrelli,
ne seguiva la linea scabra e tentava di soffocare l'immagine degli
occhi di Catelyn accesi dalla pietà.
Pietà.
Non
affetto, non dedizione, non amore... solo una miserevole luce pietosa
che brillava sul volto della giovane di cui era sempre stato
innamorato.
“ I
ragazzini sono così prevedibili” si diceva in quei
momenti. “E
io non lo ero certo meno di loro”.
Se
solo all'epoca non fosse stato il piccolo lord minore delle Dita, se
fosse stato grande, la storia avrebbe visto un
seguito ben
differente. Ma il glorioso signore del Nord era Stark, non Petyr
Baelish – il ragazzino che non avrebbe mai dovuto essere
tanto
avventato da scommettere su se stesso.
Eppure,
Brandon giaceva sotto le pietre gelide di ciò che restava di
Grande
Inverno; il suo orgoglioso Nord aveva perduto la testa nel medesimo
istante in cui l'aveva perduta Ned Stark; l'eroico Robb vinceva ogni
battaglia senza poter vincere la guerra e Catelyn... povera,
bellissima Catelyn. Niente più di un fiore sciupato da
troppe scelte
sbagliate.
Chissà
se Sansa avrebbe commesso gli stessi errori della madre. Petyr lo
dubitava: Catelyn era una Tully nata per essere una Stark, mentre
Sansa... Sansa era una Stark nata per essere molto di più.
Scrutò
il contenuto sanguigno del calice. L'angolo sinistro della sua bocca
si sollevò in un vago sorriso di scherno. “Rosso.
Come il riflesso
del sole di Approdo del Re fra i capelli di Sansa. Come le sue labbra
da ragazzina o le gote accese dal timido pudore giovanile”.
Aveva
avuto un debole per le donne dalle chiome ramate fin dalla
più
tenera età. Meravigliose e apparentemente inarrivabili... ma
anche
loro avevano un prezzo. Ogni cosa aveva un prezzo.
Il
prezzo per Catelyn si era rivelato più alto di quanto
avrebbe potuto
permettersi. Dopo quel fallimento aveva scoperto il modo di comprarne
molte altre, ma nessuna di loro si era rivelata inarrivabile quando
la lady di Grande Inverno – né altrettanto
meravigliosa. Qualcuna
si era mostrata più docile, qualcuna più
voluttuosa, qualcuna
perfino più preziosa... e qualcuna più sciocca.
«Desiderate
altro, mio Lord?».
Petyr
appoggiò il calice al tavolino accanto al comodo divano di
cuscini e
sollevò lo sguardo sulla giovane donna in piedi davanti a
lui.
La
bellezza era la più innegabile virtù di Ros. I
riccioli rossi le
incorniciavano il volto aggraziato e scivolavano sulle sue spalle
nude, sfiorando la spilla dorata che stringeva l'elegante veste di
seta celeste. Prima di piazzarla nel più rinomato dei propri
bordelli, Petyr non aveva mai dato molta importanza alle donne del
Nord. Il freddo rendeva la loro pelle poco piacevole al tatto e la
loro lingua gelida e immobile quanto i ghiacci della Barriera:
pessime condizioni per prostitute ricercate quanto quelle di cui lui
faceva vanto. Ros si era rivelata una sorpresa particolarmente
piacevole. E quando gli occhi di Petyr si erano posati su Sansa
Stark... oh, i fiori nati dalla terra arida erano davvero i
più incredibili.
«Bevi
con me, Ros, mia cara» propose con tono accomodante. Le
indicò
brevemente di prendere un altro calice. «Oggi
brindiamo».
La
vide deglutire appena, ma le sue labbra carnose gli rivolsero un
largo sorriso affabile. Avvicinò il volto al vino con
incredibile
lentezza e lo tenne immobile davanti al naso per un secondo quasi
impercettibile. Petyr trattenne una risata.
“ Mia
cara, credi davvero potrei mai avvelenarti?”.
«A
cosa brindiamo, mio Lord?».
«Alla
vita. Ai suoi piaceri. Agli amici». Sollevò appena
il calice e fece
una smorfia ironica. «Ma soprattutto ai nemici, Ros... a chi
più di
tutti vuole vederci fallire. Avevi dei nemici a Grande
Inverno?».
«Le
prostitute non hanno mai nemici, mio Lord. Solo amici che le
pagano».
«Oh,
talvolta la differenza fra di loro è molto sottile. Ti
scivolano fra
le dita, ti girano attorno e ti colpiscono alle spalle».
«I
nemici o gli amici?».
Petyr
sogghignò.
«Entrambi».
Si alzò in piedi e si diresse a passi misurati verso l'ampia
finestra che si affacciava sul giardino interno del bordello.
«Ti ho
mai raccontato della mia terra natale, Ros?».
«No,
mio Lord».
«Le
Dita. Una misera dimora arrampicata sulle scogliere a est di Nido
dell'Aquila. Rocce dimenticate dalla corona che non hanno mai
generato che sterpaglie e colture di inutile polvere. Io ne sono
l'unico erede. L'erede di niente».
«Mio
Lord...» s'intromise con voce flautata Ros. «Ora
possedete
Harrenhal».
«Un
castello altrettanto polveroso e inutile». Si
voltò per concederle
un sorriso vago. «Mio padre mi mandò a istruirmi a
Delta delle
Acque. Ero lo scudiero di Edmure Tully... un piccolo idiota a modo
suo simpatico, ma pur sempre un Tully. L'idiozia scorre nelle loro
teste quanto l'acqua nei loro fiumi». Sfiorò
distrattamente il
vetro, mentre un garzone scalzo entrava dal portone con una grossa
cesta di frutta fresca fa le braccia robuste. «Ma di certo lo
saprai
meglio di me. Tu vieni da Grande Inverno: in tutti i Sette Regni non
credo sia mai esistita una famiglia più stolta e meno
avveduta degli
Stark».
«Ned
Stark era un uomo onesto e leale, mio Lord».
Petyr
le rivolse una blanda occhiata in tralice.
«E
se non lo fosse stato, ora sarebbe ancora fra le mura gelide del suo
castello con una testa sul collo. Onesta e lealtà sono pregi
sopravvalutati, non trovi?». Si concesse una breve pausa,
godendosi
il lampo di confuso timore che si era acceso sul volto di Ros.
«L'onestà non è altro che una pancia
piena che può permettersi il
lusso di declinare un'offerta altrimenti vantaggiosa. Un uomo
affamato non ha onestà: ha solo fame. E la fame ha un prezzo
ben
preciso, naturalmente».
Ros
si umettò nervosa le labbra, sforzandosi di non distogliere
lo
sguardo dalla schiena di Petyr. I palmi delle sue mani avevano
iniziato a sudare. L'uomo si voltò e le rivolse un sorriso
amabile.
«E
la lealtà?» riprese con un sopracciglio inarcato.
«Cos'è la
lealtà, Ros?».
«I-io...
io non lo so, mio Lord. Sono solo una prostituta».
«Esattamente.
La lealtà è una prostituta.
La più costosa e volubile fra
tutte». Girò attorno alla sedia sulla quale sedeva
Ros e le sfiorò
appena le spalle. La sentì tremare sotto al suo tocco.
«La più
effimera». Le sua dita si conficcarono con forza nella sua
pelle
candida. «La più pericolosa».
«Mio
Lord, io...».
«Qual
è stato il prezzo della tua lealtà, mia
cara?».
Ros
scattò in piedi con un balzo agile, ma Petyr si
rivelò più rapido
e forte: le strinse con rudezza la nuca e la sbatté
duramente contro
la scrivania, schiacciandole la guancia contro il legno di mogano. Le
sue unghie si piantarono nel suo collo. La giovane tentò di
liberarsi, si divincolò con tutte le proprie forze e
cercò di
colpirlo con qualunque parte del proprio corpo, ma quando
avvertì la
gelida lama di un coltello appoggiarsi alla gola, ogni sua resistenza
parve dissolversi nel nulla. Si morse il labbro e serrò con
forza le
palpebre mentre gli occhi iniziavano a bruciare di lacrime di
terrore.
«Qual
è stato il prezzo della tua lealtà,
Ros?».
La
voce di Petyr non era che un sussurro appena udibile, ma fendette
l'aria come l'ascia di un boia.
«M-mio
Lord, io...».
«Qual
è stato il tuo prezzo?».
Ros
non riusciva più a trattenere il pianto. Petyr
continuò a fissare
il suo volto pallido con espressione imperscrutabile, mentre la lama
scivolava sulla sua pelle candida con crescente insistenza. La spinse
con più decisione, strappando alla ragazza uno strillo
acuto. Un
piccolo rigolo di sangue scivolò dalla ferita aperta fino
alla
clavicola.
«Di
certo quel maledetto eunuco non ti ha fottuta» la
schernì con una
risatina priva di allegria. «Cosa mai può averti
promesso che io
non potevo offrirti? Non ha denari, non ha titoli, non ha terre...
non ha nemmeno l'uccello, per la grazia degli Dèi».
La
lasciò andare con un gesto seccato e si accomodò
placidamente sulla
sedia, rigirando il manico del corto pugnale fra le dita. Ros si
lasciò scivolare con le ginocchia sul pavimento e si strinse
la mano
al lato sinistro del collo, laddove la lama aveva lasciato un
profondo taglio sanguinante. Alzò appena il capo su di lui,
guardandolo attraverso i riccioli rossi con espressione atterrita.
«M-mio
Lord...».
«Chiamami
un'altra volta “mio Lord” e il tuo prossimo cliente
sarà questo
pugnale» la ammonì impietoso. Poi scosse il capo e
si massaggiò
stanco la tempia destra. «Oh, Ros... perché mi dai
questo dolore?
Ti ho presa quando non eri che una misera ragazza del Nord
abbandonata per le strade di Approdo del Re e ti ho ricoperta di sete
e gioielli. Una come te dovrebbe forse pretendere di più?
Dimmi,
Ros: dovresti pretendere di più?».
Il
silenzio della ragazza lo irritò improvvisamente.
Rigirò il pugnale
nella mano e la colpì con l'impugnatura poco sopra
l'orecchio. Lei
cacciò un secondo grido e si piegò in avanti,
singhiozzando
disperata.
«M-mio...».
«Oh,
ti prego» la implorò Petyr con
un gemito spossato. «Non
aggiungere “mio Lord”: doverti picchiare mi
infastidisce».
La
costrinse ad alzare il volto con la punta dello stivale e fece una
smorfia fiacca. Gli occhi di Ros sembravano quelli di un cerbiatto
braccato da un lupo. “Ma io non sono un lupo”
pensò lui. “E
questa, mia cara, è proprio la tua sfortuna”.
«Cosa
ti ha offerto Varys?».
Lei
socchiuse sconfitta gli occhi. La voce le risalì la gola in
un
mormorio debole, ma c'era un nota di piccato orgoglio nel modo in cui
scandì ogni parola.
«Siete
un uomo spregevole...».
Petyr
inarcò un sopracciglio e storse le labbra in un sogghigno
divertito.
«È
per questo che mi hai tradito?»
ridacchiò brevemente.
«Perché sono un uomo spregevole?
Oh, Ros, mia cara... da te
mi sarei aspettato qualcosa di più originale».
«Voglio
essere libera, mio Lord... voglio tornare a Grande Inverno ed essere
libera» piagnucolò tremante. «Vi
scongiuro...».
«Libera
e povera. Uno scambio vantaggioso».
«Vi
scongiuro...».
Petyr
sospirò.
«Sto
pensando cosa mai dovrei fare con te, ma i tuoi scongiuri mi
irritano...».
Ros
si afferrò con foga alla stoffa del suo mantello nero e
abbassò
servizievole la testa riccioluta. Per diversi secondi il suo pianto
frenetico fu il solo rumore all'interno della stanza. Petyr
continuò
a guardarla con aria assente mentre si grattava il mento con la punta
del pugnale.
«Troppo
tardi: mi hai già irritato» commentò
infine. Mosse la mano a
mezz'aria e schioccò le dita con eloquenza.
«Distraimi».
Lei
aprì e richiuse la bocca senza capire, scuotendo febbrile il
capo.
Petyr alzò drammaticamente gli occhi al cielo e si
passò una mano
sul volto con un borbottio sconcertato.
«Tu
sei una puttana» le chiarì con
franchezza, schioccando ancora
le dita per enfatizzare il concetto. «Ti ho detto di distrarmi
mentre decido cosa dovrei farne di te, Ros».
Lei
rimase immobile.
«Ros...?».
«Come
desiderate».
«“Come
desiderate, mio Lord”» la
corresse ironico Petyr. «Quello
era il momento perfetto per dirlo».
Si
sistemò più comodamente sulla sedia e
appoggiò il capo al palmo
della mano, mentre scrutava pensieroso la lama sporca del pugnale. Le
dita di Ros tremavano nervose mentre slacciavano la cinghia delle sue
braghe. Non riuscì a trattenere un sorriso vittorioso
davanti al
terrore che incuteva nell'animo della giovane, ma distolse
l'attenzione da lei in fretta e prese a fissare il cielo azzurro di
Approdo del Re al di là della finestra.
Mentre
Ros si chinava fra le sue gambe, si domandò se un giorno
sarebbe
riuscito ad avere al suo posto la candida Sansa Stark.
Il
pensiero gli strappò una risata folle che s'infranse nel
silenzio
della stanza.
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