NOTA: Fanfiction ambientata un giorno prima del Cell Game. Buona lettura^^
L’ultima alba
Chichi sedeva sola, lo sguardo rivolto verso l’orizzonte dove si era appena
spenta l’ultima stella.
Aveva visto innumerevoli tramonti nella sua vita. A volte in compagnia di un
figlio che era stato costretto a crescere troppo presto, raramente con l'uomo
con cui aveva scelto di condividere la propria esistenza; più spesso da sola,
ritrovandosi a pensare a come la sua vita assomigliasse tanto a quel lento
declino e presto si sarebbe spenta senza alcuna esplosione di luce.
Ma non aveva mai visto l'alba, prima.
Ne seguì i contorni con i profondi occhi neri dilatati dalla meraviglia,
incantata da quei colori sfumati che si accendevano a poco a poco, simili ad una
rinascita del cielo. Nella sua esistenza grigia e silenziosa, quello squarcio
rosso all’orizzonte pareva quasi doloroso, una beffarda rappresentazione di vita
che le ricordava ciò di cui sentiva disperatamente la mancanza.
Un sospiro simile ad un pianto si fece strada attraverso la sua gola,
nonostante tutti suoi sforzi di trattenerlo.
Goku e Gohan avevano trascorso la notte ad allenarsi e lei si era seduta su
un largo masso a pochi metri dalla sua casa, aspettando, come aveva sempre
fatto.
Al primo alito di brezza mattutina si passò meccanicamente le mani sulle
braccia, semplicemente per accertarsi di essere ancora viva, di non aver perso
se stessa in quel vuoto così terribilmente opaco che cercava di inghiottirla ad
ogni attimo di silenzio.
Non sentiva alcun freddo sulla sua pelle: un vento quasi tiepido col sapore
dell’estate non aveva alcuna rilevanza per chi portava delle gelide distese di
ghiaccio nel cuore.
Per un istante, mentre rientrava in casa, il suo sguardo cadde sullo specchio
appeso alla parete del corridoio. Lo distolse subito, come si era abituata a
fare nei mesi precedenti, ma non poteva cancellare ciò che i suoi occhi
invecchiati precocemente avevano scorto ancora una volta: il fantasma di un
sogno giovanile ormai sbiadito, l’immagine di una bambina a cui era stata tolta
ogni illusione.
I still remember the world From the eyes of a child Slowly those
feelings Were clouded by what I know now
Le faccende domestiche non le occuparono che una piccola parte della mattina
ed ancora l’attesa si fece strada in lei, disgregando la pace illusoria in cui
si era crogiolata mentre aveva le mani impegnate.
Per l’ennesima volta attese di sentire i passi dei due saiyan, ma la gioia
per il loro ritorno fu di breve durata.
Strinse le labbra non appena vide i capelli biondi del figlio, quell’oro che
lei aveva imparato a conoscere come la più grande delle maledizioni, un colore
soffocante, doloroso quanto una stilettata al petto. E subito dietro Gohan, con
occhi e capelli della stessa tinta, comparve Goku.
- Perché non tornate normali? Non vi state allenando adesso. - sbottò, dopo
un saluto pronunciato a denti stretti.
Subito sentì su di sé lo sguardo dispiaciuto del figlio, ma un’angoscia ben
più profonda si agitava nel suo petto. Dopo l’allenamento nella Stanza dello
Spirito e del Tempo, Gohan era cresciuto: più alto e con i tratti leggermente
più maturi, cominciava ad assomigliare sempre più all’uomo che sarebbe
diventato, lasciandosi alle spalle i segni dell’infanzia.
E lei aveva perso un altro anno con quel figlio che presto avrebbe raggiunto
l’età adulta.
La consapevolezza la colpì con una violenza tale da mozzarle il respiro.
Anche lui, come Goku, era ormai parte di quell’universo di combattimenti e
sangue che stava alla base dell’esistenza saiyan, anche lui aveva imboccato una
strada in cui non avrebbe potuto seguirlo.
Mangiò in perfetto silenzio, senza nemmeno ascoltare i discorsi monotematici
del marito sull’incombente torneo indetto da Cell e le risposte a tratti
preoccupate ed a tratti entusiastiche del ragazzino quando si parlava
dell’allenamento.
La fragile calma che la consuetudine del pasto aveva instaurato tra loro
venne spazzata via in un istante, quando Gohan fece esplodere un bicchiere con
una stretta troppo decisa.
Chichi si volse a fissarlo, mentre il sordo dolore che accompagnava le sue
giornate lottava contro le sue palpebre per esplodere in un pianto trattenuto
ormai da mesi.
- Perché non fai attenzione?! - urlò, nel tentativo di convertire in rabbia
l’opprimente disperazione che scavava nel suo petto, per quell'insensata
convinzione che una madre in collera è più rassicurante di una madre in
lacrime.
Gohan chinò il capo.
- Scusa, mamma.
- Dai, Chichi, non esagerare. In fondo è solo un bicchiere. – intervenne
Goku, con la voce arricchita da una nota falsamente scherzosa.
La donna si girò ad incenerirlo con un’occhiata assassina.
- Non è solo un bicchiere! Tu hai trasformato mio figlio in un teppista! Non
studia più, non fa più i compiti, come potrà poi andare all’università?!
- Ma non può studiare adesso, se non sconfiggiamo Cell il mondo verrà
distrutto. - rispose il saiyan, con la voce paziente e timorosa che adottava da
sempre nei suoi confronti.
- Non m’interessa! Non voglio che mio figlio rischi la vita e metta a
repentaglio il suo futuro! Che ci pensi qualcun altro a salvare la Terra!
- Chichi, sai bene che non c’è nessun altro.
La donna gettò a terra il proprio grembiule e s’incamminò a passi pesanti
nella sua stanza, chiudendosi dentro a chiave dopo aver sbattuto violentemente
la porta.
Strinse i pugni, mentre le ultime parole del marito echeggiavano nelle sue
orecchie simili ad una maledizione.
Non ci sarebbe mai stato nessun altro, finché Goku non si fosse deciso a
cedere il testimone di protettore della Terra.
Perché non poteva capire il suo disperato bisogno di una vita normale?
I compiti di Gohan, la sua istruzione, il suo futuro erano solo i suoi
estremi tentativi di parlare di qualcosa di ordinario. Per fingere di essere una
famiglia come tante altre, una famiglia in cui non sarebbe mai stata lasciata
sola.
Un famiglia in cui poteva sentirsi felice.
Sentì il marito chiamarla e poi provare ad aprire la porta, ma lei rimase
muta.
Un altro guerriero con la sua forza probabilmente avrebbe utilizzato una
goccia del suo potere per sfondare quella risibile barriera di legno, ma sapeva
che il marito non si sarebbe mai servito della violenza in un simile
frangente.
Lui era troppo rispettoso e puro di cuore.
Troppo dannatamente buono.
Un timido singhiozzo sfuggì alle sue labbra strette in una piega severa,
l’unica dimostrazione della sofferenza che le attanagliava il petto e la
divorava dall’interno, con una crudeltà pari al più spietato dei nemici.
Un tempo aveva amato Goku proprio per il suo cuore puro ed il suo desiderio
di giustizia.
Strinse i pugni, mentre la prima lacrima scendeva sul suo volto simile ad una
ferita incolore che le bruciava le guance.
Un tempo non sapeva che la moglie di un eroe può solo aspettare il suo
ritorno.
La sera giunse dopo un tempo che le sembrò infinito.
I due saiyan erano tornati tardi dopo l’ennesimo allenamento e lei aveva
lasciato la cena ormai fredda sul tavolo, senza nemmeno salutarli quando aveva
sentito le loro voci allegre in sala da pranzo.
Questa volta non aveva chiuso a chiave la porta della camera, si era limitata
a stendersi sul letto con gli occhi spalancati nel vuoto, seguendo la scia
confusa dei suoi pensieri senza la forza di cambiarne la direzione.
Dopo quelle che parvero ore, sentì il pesante incedere del marito farsi
sempre più vicino e si rimise in piedi.
- Sei ancora arrabbiata, Chichi?
La donna si voltò a fissarlo con uno sguardo privo di ogni calore,
riconoscendo alla prima occhiata i rimasugli di cibo sulla tuta
d’allenamento.
Anche quella sera era riuscito a sporcarsi la maglietta.
Per un attimo provò un folle desiderio di scoppiare a ridere istericamente,
dando sfogo a tutta l'amarezza che l'aveva accompagnata per l'intero giorno.
L'eroe che aveva salvato più volte il mondo, l'uomo più forte dell'universo, era
incapace di mangiare una ciotola di riso senza sporcare in maniera irreversibile
i vestiti che indossava.
Gli diede le spalle senza rispondergli ed aggrottò la fronte in uno sguardo
incollerito, sentendo quella ruga che ormai si era incisa sulla sua pelle negli
anni passati e le ricordava quotidianamente l'amarezza di un matrimonio carico
di rimpianti e disillusione.
Sussultò impercettibilmente quando le mani del saiyan le circondarono la
vita, stranamente delicate per essere due strumenti di morte che avrebbero
potuto distruggere l’intero pianeta.
- Chichi, perché sei arrabbiata?
Ancora una volta rimase muta.
Come spiegargli l’angoscia, la preoccupazione, il dolore di essere sua
moglie?
Lei stessa non l'aveva compreso durante quello che avrebbe dovuto essere il
giorno più bello della sua esistenza, quando l’inizio della sua vita di coppia
aveva sancito il primo, inesorabile passo verso la solitudine.
Vedova già all'altare, madre di un bambino che le sarebbe stato strappato via
quando avrebbe dovuto essere la sua unica consolazione per la perdita del
marito, non aveva mai provato il calore di quella famiglia che sognava fin da
bambina.
Sospirò al pensiero di quella ragazzina allegra e innamorata in cui non si
riconosceva più.
Ormai non credeva nemmeno più di amarlo.
Durante i primi tempi, quando ancora possedeva parte dell’entusiasmo e
dell’innocenza della sua infanzia, si chiedeva se davvero quell'uomo tanto
simile ad un bambino fosse in grado di comprendere l'amore, di ripagarla con lo
stesso sentimento che lei era convinta di provare nei suoi confronti.
Adesso che l'infatuazione adolescenziale verso un guerriero più grande e
forte di lei si era placata, erano altre le domande che le insidiavano la
mente.
L’innocenza della sua giovinezza era scomparsa, cancellata da anni di
sofferenza e solitudine. Ed anche l’entusiasmo per la vita e lo struggente
sentimento che l’aveva legata al saiyan si erano affievoliti fino a lasciare una
traccia quasi invisibile nel suo cuore ormai troppo stanco per battere
ancora.
Amava Gohan come solo una madre poteva fare e si sentiva straziata quando lui
si allontanava ancora di qualche centimetro dalla sua natura umana, rinnegando
lei ed ogni barlume di normalità.
Ma non poteva asserire di amare anche Goku.
Qualcosa si era spezzato nel suo petto quando il saiyan aveva scelto di
abbandonarla per continuare il proprio cammino di eroe, si era infranto più e
più volte, fino a farle dubitare di poterlo ricomporre di nuovo.
L’ammirazione e l’orgoglio per quel guerriero senza macchia né paura si erano
tramutati nel terrore di non vederlo più tornare e poi nella rabbia di essere
sempre abbandonata in favore di un mondo di cui aveva imparato ad essere
gelosa.
Aveva pianto la sua angoscia per notti infinite, sentendosi egoista per il
bisogno struggente di essere messa al primo posto, mentre Goku continuava per
quella strada che le era preclusa, lo stesso cammino che ingenuamente aveva
creduto di poter compiere al suo fianco.
Aveva cercato disperatamente di recuperare l’antico amore per il marito e la
giustizia, la spensieratezza con cui affrontava ogni giornata, l’incoscienza che
ostentava nell’accompagnarlo in mille imprese pericolose.
Ma nella realtà ogni fantasticheria si era infranta tra le crudeli spire
della solitudine. La fiaba del principe azzurro era rimasta incompleta, priva
del lieto fine, con le ultime pagine ridotte in cenere dalla bruciante
sofferenza delle sue lacrime
Ed alla fine la bambina sognatrice si era dovuta arrendere.
Where has my heart gone An uneven trade for the real world I want to
go back to Believing in everything and knowing nothing at all
Sentì le mani del marito accarezzarle i fianchi e poi risalire timidamente
verso il seno, forse nel tentativo di riappacificarsi con il contatto
fisico.
Mentre lei rimaneva immobile, Goku le baciò il collo, con la stessa
impacciata dolcezza della notte in cui avevano scoperto per la prima volta
l’amore, e finalmente Chichi si girò a fissarlo, l’espressione gelida ancora
saldamente ancorata ai suoi lineamenti.
Si lasciò spogliare da lui per poi togliergli i vestiti quasi con violenza, e
baciarlo, graffiarlo, morderlo, come se segnargli il corpo con la sua collera
potesse lenire in qualche modo la divorante disperazione che ormai
l‘accompagnava quasi quotidianamente. Il saiyan continuò a baciarle le labbra,
accarezzandole i capelli come il più dolce degli amanti e rispondendo alla
violenza con l’affetto, come se desiderasse scusarsi per quella rabbia di cui si
sentiva responsabile e che tuttavia non comprendeva.
La fece sua lentamente, in perfetto silenzio, fino a quando la delicatezza
con cui la stava scoprendo venne sommersa dalla passione e la stanza si riempì
di sospiri sommessi e gemiti a stento trattenuti.
Alla fine giacquero esausti, l’uno a fianco dell’altra.
Con un movimento dolce e possessivo al tempo stesso, Goku l’adagiò contro il
proprio petto, vicino al cuore, tuttavia un contatto così intimo non bastava a
cancellare il baratro sempre più profondo che li divideva.
Chichi si sentiva svuotata, la rabbia che le avvelenava le giornate era stata
dissipata dal suo sfogo, ma nessun’altra emozione ne aveva preso il posto.
Tra le braccia muscolose del marito si permise un breve momento di rimpianto
per ciò che il destino le aveva negato, per quella vita ricca di sentimenti ed
avventure a cui aveva davvero creduto di poter partecipare; presa dalla
nostalgia, cercò invano di ricordare i propri sentimenti nei confronti del
guerriero che aveva tanto ammirato in gioventù, mentre l’immagine sempre più
sbiadita di due ragazzini sorridenti a bordo di una nuvola dorata si spegneva
nel rapido flusso dei suoi pensieri.
Ed ancora, alla ricerca di una pace che non arrivava, si chiese se davvero
avesse mai amato l'uomo steso al suo fianco.
L'alba la raggiunse ancora sveglia, mentre contava i frammenti di quel sogno
perduto.
Per la seconda volta in quei giorni le sue ciglia riverberarono del riflesso
di un sole appena sorto, ma nessun calore giunse ad accarezzarle il cuore
stretto in una morsa di ghiaccio.
I still remember the sun Always warm on my back Somehow it seems
colder now
Si alzò senza nemmeno svegliare il marito ed anche a colazione non fece nulla
per alleggerire l’atmosfera cupa e carica di disagio che il suo mutismo e la
battaglia incombente avevano creato.
- Dobbiamo andare, Chichi. – mormorò Goku, dopo aver atteso invano che la
donna rompesse il silenzio.
Lei si rifiutò di guardarlo negli occhi.
Senza nemmeno rispondergli borbottò un paio di minacce sul fatto di non
comportarsi da teppisti ed intimò a Gohan di tornare in tempo per fare i
compiti. I due saiyan la fissarono stupiti, prima di esibirsi in un sorriso
carico di condiscendenza, lasciandola per un attimo senza respiro.
Conosceva bene quell’espressione, era la stessa che, in analoghe situazioni,
le riservavano le persone che per anni aveva chiamato amici.
Ed ogni volta lei si sentiva morire dentro, quando notava quegli sguardi
carichi di commiserazione, anche se la gelida maschera che convertiva in rabbia
il suo dolore continuava a celare le sue vere emozioni; ogni volta li ignorava,
fingendo di essere l’unica a non capire cosa stesse succedendo, mentre invece
nessun altro sapeva davvero cosa significasse una vita normale.
Strinse i pugni
Non si erano mai accorti che quelle stupide raccomandazioni erano l’unico
modo di cui disponesse per nascondere la profonda angoscia che anche adesso
l’attanagliava e l'aveva abbandonata unicamente nelle brevi ore in cui era
riuscita a tranquillizzarsi abbracciata al saiyan. Né avevano mai capito il
motivo della sua rabbia quasi folle nei confronti di Goku.
Nessuno di loro poteva comprendere ciò che si provava a vivere con un eroe
che non era mai stato un marito. Un eroe che, per la salvezza della Terra,
avrebbe sacrificato perfino il suo stesso figlio.
Per un attimo lo desiderò in maniera quasi dolorosa: tornare bambina, quando
le guerre ed i combattimenti rappresentavano un gioco più emozionante del solito
e la solitudine era solo una parola. Tornare a quando Goku rappresentava la più
bella certezza della sua vita e le bastava guardare il suo sorriso per sapere
che tutto sarebbe andato bene…
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Una morsa le strinse il cuore mentre ripensava ai tempi in cui possedeva
ancora dei sogni in cui credere, una sensazione di nostalgia tanto soffocante e
dolorosa da farla barcollare.
Per tutto la durata del suo breve monologo aveva sempre tenuto gli occhi da
un'altra parte: fissi sulla propria tazza ancora colma di latte, sul figlio che
continuava a mantenere quel colore assurdo sui capelli, quasi un monito a
ricordarle che ormai non le apparteneva più, o semplicemente liberi di vagare
all'orizzonte. Mai una volta si era degnata di guardare negli occhi il marito e
lui aveva capito: non era ancora stato perdonato.
Adesso, tuttavia, la maschera severa sul suo volto parve incrinarsi col
tremito che le pervase il corpo.
Abbracciò Gohan con una violenza che solo una madre poteva riservare ad un
figlio, in un momento tanto simile ad un addio, e forse una lacrima scese ad
infrangere la gelida compostezza dei suoi tratti.
Come consapevole di essersi lasciata trasportare troppo dalle emozioni, si
raddrizzò subito, senza rivolgere alcun saluto al marito.
- Bene... - esordì Goku, con voce incerta - Allora noi andiamo.
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Chichi strinse i pugni; poi, d’improvviso, fece un passo verso di lui.
Gli afferrò il braccio, un contatto che al guerriero parve più caldo ed
intenso di una fiammata. Ancora una volta si rifiutò di incontrare i suoi occhi,
ma la morsa convulsa con cui lo tratteneva rivelava tutto il suo turbamento,
senza alcun bisogno di parole né sguardi.
Non poteva dimenticare il rancore maturato in tutti quegli anni, tuttavia
c’era anche un’altra emozione che le agitava il petto e premeva e bruciava per
il desiderio di riportare alla luce la bambina sognatrice di un tempo.
La sua stretta s’intensificò, quasi desiderasse trasmettere a Goku la propria
angoscia.
Aveva bisogno della sua presenza per mettere in ordine il proprio animo e
placare i dubbi e le domande che si agitavano dentro di lei. Forse per
ricostruire una nuova vita assieme, forse per separarsi per sempre, ma non
avrebbe potuto prendere una simile decisione da sola.
Lentamente sollevò lo sguardo fino a raggiungere i limpidi occhi del marito,
quegli occhi a cui, infiniti anni prima, aveva donato con un sorriso il proprio
cuore.
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- Ritorna vivo.
Confesso che questa storia, oltre ad essere la mia prima Song-fic, è anche la mia prima fanfiction incentrata su Goku e Chichi. Non amo particolarmente questi due personaggi, né la coppia che essi rappresentano, tuttavia ho spesso pensato a quanto dovesse essere difficile per i due vivere l'uno con l'altra, in particolar modo per quest'ultima. Provando ad immedesimarmi in lei, ho trovato più della donna iperprotettiva ed isterica a cui siamo abituati, che spesso crea divertenti siparietti con il suo assurdo comportamento nei confronti del primogenito e del marito, e spero di essere riuscita ad esternare adeguatamente il mio pensiero. Mi auguro quindi che questa storia sia stata di vostro gradimento, naturalmente ogni commento, che sia positivo o presenti delle critiche costruttive, è benaccetto^^ CREDITS: La canzone presente nella fanfiction è Field of Innocence, degli Evanescence.
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