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Capitolo I
L’amore assassinato e la nuda megera
La luna impallidiva a quella sconcezza.
La lussuria gongolava, rossa di passione e malizia, come
una sudicia sgualdrina senza contegno.
Il buio, complice malfattore, nascose quell’oscenità nella
sua ombra perché nessuno potesse vedere.
C’era odore di sesso senza amore. L’aria sapeva di
tradimento.
Le labbra, affamate, si cercavano con foga unendosi bramose
in un bacio di carne e saliva. Le lingue s’intrecciavano con ardore per puro
piacere orale. Le loro mani palpavano, graffiavano e stimolavano per stuzzicare
il tatto. Quei due amanti stavano consumando con impeto un atto sessuale
puramente carnale. L’amore giaceva inerme assieme al mucchio deforme di vestiti
sul pavimento.
Takumi accese una sigaretta. Inspirò profondamente, godendo
dell’aroma del tabacco e catrame. Il fumo disegnava nel buio strani arzigogoli
che lo incantavano. Si distese ascoltando il respiro affannoso della donna nuda
stesa sul suo petto.
«Cosa credi che penserà tua moglie se sapesse di tutto
questo?»
La voce impudente della ragazza lo fece trasalire. Le
lanciò un’occhiata. Lei lo guardava con occhi divertiti ancora deliziati dal
sesso. Gli prese la sigaretta dalle mani. Si sedette, senza preoccuparsi di
coprirsi, e tirò.
«Tu non fumi» la accusò.
Lei sorrise, prendendo un’altra boccata. Espirò lentamente.
«Cosa ne sai di me? La nostra è una relazione notturna.»
Takumi tacque. Osservò le forme sinuose di lei che si
confondevano con gli arabeschi del fumo facendola sembrare una creatura eterea.
«E quindi fumi?»
«Quando mi va. E tu invece? È abitudine quella di tradire
la tua amata consorte oppure lo fai quando ti va?»
«Abbiamo la lingua lunga.»
«E tu invece sei di poche parole. Ti ho fatto due domande e
non mi hai ancora risposto.»
Lui non rispose. Le strappò la sigaretta di mano, quasi
fosse una vendetta e rivolse lo sguardo altrove. La donna nuda rimase sorpresa
da quel gesto così brusco e talmente infantile. Gli rise in faccia e senza
pudore gli fu addosso, inarcando la schiena per accentuare le sue curve da brava
seduttrice. Gli sfiorò il petto con un dito e lo accarezzò dolcemente come si fa
con i bambini.
«Che c’è? Ti sei offeso?»
«Smettila.»
«Di fare cosa?»
La donna nuda allargò il suo sorriso e strusciando i seni
sul corpo di lui. Gli mordicchiò piano il petto, affondando il viso, come una
gatta. Takumi trattenne un gemito di piacere.
«Forse la tua donna non ti soddisfa? È davvero così
tremenda da farti correre qui da me tutte le volte che puoi?»
Gli leccò l’addome, graffiandogli piano i fianchi. Gli
prese il volto tra le mani e lo baciò, avida, indecente. Interruppe quel bacio
volgare per fissarlo dritto negli occhi. Rise piano alla sua espressione
rincretinita. La donna nuda volle continuare il suo gioco perverso di
dominatrice, leccandosi le labbra per poi succhiarle piano. Morbida, sensuale,
calda. Gli passò le dita fra i capelli e in un sussurro chiese: «Com’è che si
chiama? Nana?»
Fu un attimo. Takumi l’afferrò per il collo, stringendolo
dolcemente. Sorrise, maligno, ma le sue guance erano rosse di vergogna. «Stai zitta.»
La spinse con violenza. La donna nuda sembrò tutt’altro che
spaventata. Ghignava.
«Il sangue non mente. Hai ereditato questa violenza dal tuo
paparino?»
La collera sfigurò il viso di Takumi. Le saltò addosso,
atterrandola. Le cinse i polsi con forza, facendola gemere di dolore. Calò un
silenzio scabroso. L’odore del sesso senza amore svanì, ricoperto da un denso
strato di rabbia. L’espressione della donna nuda questa volta era sconvolta dal
terrore.
«E per questo allora dovresti temermi» le sussurrò
all’orecchio.
La schiaffeggiò forte e si scostò disgustato. Le forme
avvenenti e il viso seducente della donna avvizzirono. Il suo viso attraente
rinsecchì. All’improvviso tutta la sua bellezza venne prosciugata per rivelare
una smunta megera sfigurata dall’ira. La sua farsa era crollata con poco,
confessandosi un’attrice da quattro soldi. Si portò una mano sulla guancia
arrossata, incredula.
«Takumi! Come ti permetti?» gli urlò contro. La sua voce
prima sensuale, era ora gracchiante e stridula. Lui tacque. Si rivestì con
calma, senza badare alle grida sgradevoli della nuda megera.
«Sei un lurido bastardo violento! Ti rendi conto di quello
che hai fatto? Il tuo paparino non ti ha insegnato che non si picchiano le
donne? Ti ha insegnato solo a scoparle?»
Si avventò su di lui, afferrandogli selvaggiamente i
capelli. Lui la scaraventò a terra, incurante. La nuda megera, mossa dalla
rabbia, non si scompose. Continuò a gracchiare, incurante di essere
completamente nuda ai piedi di un uomo.
«Schifoso psicopatico! Sai solo portarti a letto tutte
le donne che ti capitano a tiro! Chiediti il perché! Mi domando come tu possa
tornare a casa e guardare in faccia la tua donna senza vergogna, a gustare
tranquillamente la cenetta fatta con le sue manine! Ma tanto credo che sia vero
quello che si dice in giro… è una povera ingenua con poco cervello! Dove credi
di andare?»
Takumi non si girò nemmeno a guardarla. Aprì la porta e si
fermò. Sfilò dalla tasca una mazzetta di contanti e glieli sbatté in faccia.
«Hai dimenticato il tuo onorario, puttana.»
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