Nettare degli dei
Nettare degli dei
“Eric?”
La voce della
ragazza si insinuò tra i suoi pensieri come un getto d’acqua fredda al
tramonto, ed Eric Northman, che era certo di ricordarsi con estrema chiarezza
di chiamarsi così, si bloccò a metà strada. Scoccò un’occhiata veloce alla
bionda che si stava sporgendo fuori dal finestrino di una vecchia auto
ingiallita, dimenticandosi però in fretta di lei e riprendendo a camminare a
passi lenti e pacati.
“Eric?”
Dove stava
andando? Non ricordava…
“Eric!”
Il tono della
donna lo irritò. Cosa voleva da lui? E chi era? Il vampiro si fermò ancora una
volta sui proprio passi, guardandola con pacata curiosità e chiedendosi se la
bionda lo avesse scambiato per qualcun altro. Sapeva il suo nome, però, e nei
suoi occhi poteva leggere tracce di riconoscimento. Forse era lui a non
ricordare il suo volto, così angelico e… bello.
Eppure era
sicuro che non avrebbe dimenticato facilmente un viso come il suo.
Almeno credeva.
“Chi sei?” Le
chiese, piano, cercando nella sua mente ricordi che non sembravano esistere e
sentendo un leggero formicolio sulla punta delle dita.
“Sono io,
Sookie.” Rispose la ragazza, fissandolo con le sopracciglia inarcate, negli
occhi una domanda silenziosa che aspettava risposta.
Eric
l’accontentò.
“Chi?”
La bionda sembrò
non credere alle sue parole. Poco male,
pensò lui, tanto non la ricordava.
Certo, non
ricordava poi molto…
“Sai già chi
sono.”
Scese il
silenzio ed Eric tentò ancora una volta di ricordarsi di lei. Fissò quegli
occhi grandi e scettici, la coda di capelli biondi che riflettevano la fioca
luce della luna, le labbra carnose che, si ripeté, avrebbe ricordato – ne era
ormai certo. Eppure nessuna lampadina si accese, nulla corse in suo aiuto nel
disperato tentativo di risvegliarlo da quel torpore che sentiva in un angolo
recondito della propria mente se non un freddo e silenzioso nulla.
“No.” Disse.
“Non lo so.”
E con quello
riprese a camminare. Dov’era diretto? Non lo ricordava e poi…
Tutto a un
tratto l’ambrosia, il nettare degli dei, gli penetrò le narici.
Si bloccò,
irrigidendosi e processando quella nuova e improvvisa sensazione. Non era
nettare, no. Era cielo e stelle, era il grano che rinvigorisce alla luce calda
del sole d’estate, era il profumo della caccia nelle belle stagioni, il profumo
di qualcosa di esotico e perduto, profumo di…
Sangue.
Fissò lo sguardo
sulla ragazza – Snookie, si ricordò,
e il predatore in lui tese i muscoli, pronto all’assalto. Snookie, ora
visibilmente tesa, aggrottò le sopracciglia e lo fulminò, ma lui non le diede
troppo conto, chiedendosi piuttosto come potesse qualcosa, qualcuno, avere un
odore tanto meraviglioso.
“Che cosa sei?”
Domandò, facendo un passo avanti e guadagnandosi l’ennesimo sguardo
inceneritore da parte di lei.
“Sai bene cosa
sono e perché odoro così,” iniziò quest’ultima, ma Eric non la ascoltò, perso
tra i suoi pensieri e le mille sensazioni che lo circondavano tutte insieme.
“Come il
frumento…” mormorò, la testa che gli pulsava. “E il miele… e il sole.”
“Eric, non sono
dell’umore giusto.”
Il vampiro fece
per toccarla, l’istinto predatore che occupava ogni suo singolo pensiero. “Che
cosa sei?”
La donna – Snookie… – ripartì.
Eric Northman
rimase in piedi al centro della carreggiata, guardando la coda della macchina
defilarsi, lontano da lui. Il suo nettare, il suo miele stava andando via,
lasciandolo solo nel suo cammino verso…
Non lo
ricordava, ma non voleva rimanere senza il sole.
Corse. Più
velocemente di qualsiasi essere umano avrebbe mai potuto fare, Eric raggiunse
la vecchia macchina gialla, ora ferma, e senza aspettare nemmeno un momento
allungò un braccio verso il sedile del conducente, dove la sua ignara preda
stava studiando lo specchietto retrovisore in cerca di qualcosa, forse lui. Snookie
gridò, colpendolo forte alla testa e spalancando la portiera del passeggerò
prima che il vampiro potesse reagire. Lui, l’adrenalina concessagli dalla
caccia ormai in circolo, la seguì nella sua corsa tra i boschi fino a
superarla, sorridendo languido al suo sguardo spaventato e sentendo l’estasi
farsi strada, l’odore del sole finalmente di fronte a lui, solo per lui.
Tuttavia la
ragazza lo prese nuovamente di sorpresa e, lo spavento ormai dimenticato, gli
tirò un pugno dritto sul naso con la stessa forza che le prede a cui era
abituato dimostravano nei momenti di vita o di morte. Un forte crack risuonò nell’aria, ed Eric
Northman spalancò gli occhi, tastandosi il naso dolorante e non riuscendo a
credere alle sue dita.
“Non sono la tua
cazzo di cena!” Come ciliegina sulla torta, la sua preda – Snookie… – aveva gridato con voce furente come se fosse davvero
arrabbiata per il tentativo del vampiro di fare suo il sole.
Ma il sole era
suo – almeno credeva.
Eric si tastò il
naso, sentendo un liquido caldo, il suo sangue, colare lento giù da una narice.
La confusione si fece strada dentro di lui, una sensazione strana che lo
distolse dall’odore della ragazza, mettendolo a confronto con una verità
improvvisamente più pressante: Snookie gli aveva rotto il naso.
“Perché lo hai
fatto? Mi hai rotto il naso.” Le domandò con voce genuinamente sorpresa,
guardandola dritta negli occhi.
La ragazza
sbuffò. “Oh, per favore. Tra cinque minuti sarà già guarito. Sei un vampiro.”
“So di essere un
vampiro, Snookie!”
“Sookie!”
Eric sentì la
rabbia ribollire. Sapeva di essere un vampiro. Sapeva che lei si chiamava
Snookie – no, Sookie, ma non gli andava a genio che un’umana, per quanto
dall’odore afrodisiaco, gli dicesse chi essere.
“So cosa sono,”
disse a denti stressi, fissandola intensamente per rendere il concetto chiaro.
Cristallino.
Poi fece una
pausa, pensandoci su. “Non so chi sono.”
Decise, infine.
Snookie –
Sookie, lo osservò a bocca aperta. Forse, adesso che il vampiro lo aveva chiarito,
era d’accordo anche lui. Eric Northman era un vampiro, anche se non ricordava quale vampiro.
“D’accordo. Qual
è l’ultima cosa che ricordi?” Gli chiese Sookie, inarcando leggermente le
sopracciglia in attesa di una risposta e incrociando le braccia sono i seni.
Lui aprì la
bocca per parlare, ma non ne uscì nulla.
La richiuse.
“Non lo so,”
disse infine. “Non lo so. Forse il mare, casa.” Nel momento in cui pronunciò
quelle parole, le immagini si aprirono nella sua mente, belle da far male,
luminose come se l’odore della ragazza avesse preso vita e, improvvisamente,
Eric seppe cosa aveva visto.
“Il sole. Il
sole che illumina il mare,” sussurrò, “Un uomo, forse mio padre, e una lunga
spada. La spada è nelle mie mani, e poi c’è il fuoco…”
“Eric,
concentrati.” Sbottò Sookie, apparentemente irritata per motivi che al vampiro
sfuggirono.
Lui la guardò negli
occhi e continuò, “Il fuoco, e lei. I suoi occhi. Le sue parole…”
“In inglese.”
Precisò la ragazza, ed Eric si rese conto di aver parlato fino a quel momento
in una vecchia lingua di cui non ricordava il nome.
Si concentrò,
ripensando a lei.
“I suoi occhi.
Occhi freddi, e vuoti. Mi scavano dentro. Mi svuotano.”
Sookie lo fissò
per alcuni minuti prima di replicare.
“Okay.”
“È stata lei,”
confermò Eric, annuendo con convinzione. “Ma non è stata lei. Era in un…
cerchio. Cantava, e poi… Tutto quel che ero mi è stato tolto.”
Soddisfatto di
se stesso e dello sforzo fatto per ricordare lei, la donna che gli aveva fatto questo, che lo aveva… svuotato,
osservò Sookie, che di rimando lo continuò a fissare scettica.
“Okay.” Ribadì
la ragazza, apparendo in conflitto con qualcosa che il vampiro non riusciva a
cogliere. “Ti aiuterò.”
Eric sentì
qualcosa, dentro di sé, approvare quelle parole, accettarle con compiacimento.
Che l’umana avesse capito di essere sua?
“Ma ci sono
delle regole che dovrai rispettare,” continuò Sookie con voce tagliente.
“Primo, non mi tocchi. Secondo, di certo non mi mordi.”
L’esultanza di
poco prima si spense rapidamente, e il vampiro fissò in silenzio la ragazza dal
sangue degli dei, che osservando la sua reazione scosse afflitta la testa e
girò i tacchi, mormorando, “Lascia stare.”
“No, va bene.”
Quelle parole gli scapparono di bocca prima che potesse rimangiarsele, e Sookie
si fermò, guardandolo da sopra una spalla.
Quel qualcosa,
quella strana euforia, si ripresentò.
“Eric…”
Eric desiderò
improvvisamente il suo aiuto, starle vicino, ringraziarla.
“Lo giuro.”
Disse con voce ferma, sperando che Sookie si fidasse.
Voleva
ringraziarla, starle vicino…
Lei si morse il
labbro, indecisa, e lo fissò per diversi secondi. “Bene, allora. Andiamo.”
Starle vicino.
Ringraziarla. Avrebbe potuto fare tutto questo, almeno sperava.
La seguì
educatamente al suo fianco, adeguandosi a testa bassa alla sua velocità e
provando quella strana euforia dentro di sé, euforia e gratitudine così grandi
che, senza preavviso, si abbassò fino a sussurrarle nell’orecchio, “Te ne sono
grato.”
Sorridendo
quando Sookie, stringendosi le braccia intorno al corpo, borbottò un, “Sì, sì. Certo.”
E lo precedette verso la macchina.
***
Ho
scritto questa fic perché non riuscivo a pensare ad altro:
dovevo entrare nella testa del dannatamente sexy - e qui sperduto -
Eric Northman e tentare di scrivere cosa credo abbia pensato nel
momento in cui ha rivisto Snook... Ehm... Sookie, senza però
ricordarla. Come avrete notato, la mia one-shot segue gli
avvenimenti della serie tv, non del libro, comprese battute anche
leggermente riadattate.
Spero vi sia piaciuto! A presto,
Isa
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