The misconception of us.

di Julietaemint
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6:30. La luce filtrava dalle fessure delle tapparelle, un raggio di luce dritto sul cuscino, infastidendolo, ancora dormiente, consapevole di doversi sbrigare. Fece un’espressione disturbata, arricciando il naso e si stropicciò i suoi grandi occhi bruni. Si diede forza con le braccia e si sedette, barcollando, sul letto. Cercò le infradito, che usava indossare con i calzini, stranamente persi nel letto. Doveva essersi agitato molto, quella notte. Le coperte erano a terra le lenzuola accartocciate ai piedi del letto. Era una settimana che gli accadeva.
Ma precisamente, cosa? Non lo sapeva neanche lui.
Si sollevò, spalancò la finestra, assaporò l’aria fresca che gli accarezzava il volto. Rabbrividì al pensiero che lo tormentava, ormai, da tempo. Troppo tempo, per i suoi gusti, per la sua vita.
Non poteva permetterselo, non poteva davvero. Aveva la scuola, poi il lavoro. Il solito tram tram, che ormai gli riusciva naturale. Dopo un anno, l’abitudine era diventata la sua migliore amica.
Non aveva nemmeno il tempo, ormai, di avere degli amici. Entrò nel bagno, si tolse i boxer, facendoli scivolare a terra, e s’infilò nella doccia. Gli aspettavano le solite ore di scuola: ogni giorno, saltava l’ultima per correre verso la metro, che l’accompagnava a lavoro. Doveva autogestirsi, la sua famiglia non poteva sostenerlo, e lui abitava in un residence per studenti lontano dai suoi, in città.
Uscì dalla doccia, le goccioline gli disegnavano un immaginario motivo su tutto il corpo. Si pettinò i capelli, rasati ai lati, scuri, esaltati da un acceso ciuffo biondo, quella mattina stranamente sbarazzini. ‘Ding’ – il tostapane aveva sfornato due toast caldi, la cui dolce fragranza si diffondeva in tutto l’appartamento. Jong gli afferrò con un tovagliolo; indossava già il suo kiwey blu scuro, l’ultimo acquisto per lui, di sei mesi fa, l’ultima volta che era riuscito a permettersi qualcosa per lui, racimolando soldi con qualche straordinario. Prese la borsa a tracolla scolastica, la mise alla spalla destra e si tirò la porta alle spalle. Scese le tre rampe di scale, non poteva permettersi di aspettare l’ascensore e il pullman non si sarebbe permesso di aspettarlo così a lungo. Si ritrovò, in cinque minuti, alla fermata del bus. Cinque minuti talmente pieni, colmi di pensieri, che passarono in fretta. Si appoggiò con una mano al paletto della fermata del bus, prese il cellulare e lo impostò in ‘silenzioso’. Jong non comprendeva davvero cosa gli accadesse ultimamente. Era passata una settimana da quando gli aveva incrociati, quegli occhi castani. Una settimana da quel dolce sorriso, da quel ciuffo biondo, da quel profumo che l’aveva fatto trasalire, ricordare inevitabilmente casa sua, di cui sentiva la mancanza, e che gli sembrava di sentire tutt’ora, a distanza di tanto tempo.
<<Kim, non vuoi salire stamattina? Su, che facciam tardi!>>.
Fra quei pensieri, Jonghyun non si era nemmeno accorto dell’arrivo del pullman. Riavvivò il suo sguardo, perso nel vuoto, e salutò l’autista, salendo sul pullman, che l’aveva ironicamente ripreso.
Si mise a sedere, indossando gli auricolari. ‘Blue’ dei Big Bang, l’unico momento di svago della giornata. Rivolse lo sguardo all’esterno, da quel finestrino, dietro quel vetro, nella speranza di distrarsi e lasciarsi andare.  




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