Sai,
in queste giornate piovose e solitarie la mente ha il tempo di giungere
a pensieri che ogni tanto lascia all’abbandono.
Lasciati
in un piccolo angolo sperduto dell’umano inconscio che
crediamo morto, essi riaffiorano portandoci all’irrazionale
sconforto.
Affacciandomi
alla finestra posso scorgere un malinconico paesaggio che mi ricorda
te, ma te non eri triste, il mio ricordo di te è un sorriso
che mai compresi pienamente, perché un sorriso?
Un
sorriso che celava l’angoscia più cupa e la
felicità più profonda.
Eri
felice, felice nonostante tutto, perché?
Quel
giorno era un giorno come questo, un giorno di gelo, pioggia e nere
nubi.
Con
il capo chino stavo sotto la tenue pioggia, la stessa pioggia che vedo
scorrere questo stesso giorno, il mio ricordo di te.
Ti
vedevo tutti i giorni, parlavamo, mi chiedevo come facevi.
Giungesti
dal niente portandomi un sorriso e una mano sulla spalla, ero un
ragazzino, non mi ero accorto, non ti capivo.
Avrei
voluto conoscerti meglio, avrei potuto conoscerti meglio,
perché in fondo siamo simili noi due, simili e dissimili.
E
quel giorno.
A
distanza di anni.
Non
ci credevo.
Quel
giorno non era un giorno come questo, era un giorno di tiepido ed
avvolgente calore.
Con
capo prominente stavo sotto il sole fulgido e radioso.
Nessuno
più poteva piangerti.
Ma
sappi che con quel poco facesti molto quel giorno lontano, ti ricordo
porgendoti la mano.
L’ultima
stretta, per un amico…che si rispetta.
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