Robin x ao
COSA TI HA PORTATO QUI AOKIJI?
One Shot
Amava le donne.
Poteva questo essere considerato un crimine?
Era natura, semplici ormoni che si risvegliavano quando i suoi
occhi si posavano accidentalmente o meno su un corpo formoso al punto
giusto, capelli lunghi e setosi ed uno sguardo enigmatico tanto da
riuscire a incastrare la sua innata pigrizia. Non poteva farci nulla se
all' azione preferiva la reazione, quel processo spontaneo per cui la
fatica era ridotta all' osso e l' uso di qual si voglia parte del corpo
non implicava necessariamente un comando diretto. Se poteva mantenere
il cervello a riposo lo faceva, detestava consumare più energie
di quelle che non fossero sufficienti alla mera sopravvivenza.
Certo, abbordare donnine di varie isolette poteva considerarsi parte di quell' istinto di autoconservazione.
Non che per farlo rinunciasse
a quell' innata oziosità che lo caratterizzava; ma poteva
comunque affermare che quei corpicini modellati nella creta e fasciati
in abitini succinti risvegliassero in lui quella debole fiammella che
faceva carburare i suoi arti. Poche parole, qualche gesto lusinghiero,
e poi era il suo fascino a dare il colpo di grazia all' ignara
fanciulla adescata. Dopotutto, doveva conservare le energie per ben
altra attività piuttosto che sprecarle in vani tentativi di
abbordaggio; era la natura, risparmiava nella cattura della preda e
si scatenava durante il cosiddetto pasto.
E così anche quel
giorno la vicenda aveva seguito il suo consueto iter, partendo da un
semplice incrocio di sguardi, già decisamente faticoso e
concludendosi con una passeggiata al chiaro di luna diretti in
chissà quale squallida topaia per ridar vita a quell' uomo che
di attivo in quel momento aveva solo le gambe e il cavallo dei
pantaloni.
Ridacchiavano attorno a lui, elogiando la sua muscolatura e quella
meravigliosa altezza che scatenava nelle loro menti infantili pensieri
alquanto impuri su eventuali corrispondenze a livello del bacino;
stavano una aggrappata al braccio destro e l' altra a quello opposto,
godendo della presenza delle sue grandi mani sui loro glutei sodi e
delle sue carezze sulla loro pelle morbida. Quel fascino tenebroso,
misto a quella sfacciata pigrizia ostentata quasi come fosse un vanto
lo rendevano una calamita per il genere femminile, e non solo. Ricci
neri e crespi, labbra carnose e occhi profondi tanto quanto gli abissi
che aveva solcato, facevano di lui al contempo famelico predatore e
preda dei ferormoni primaverili, invernali o di qualunque altra
stagione fosse in corso di svolgimento.
Sorrideva, pregustando lo squisito pomeriggio che avrebbe a breve
trascorso, viziato dalle mani esperte delle ragazze che esibiva al suo
capezzale, fantasticando su come ricavare dal minimo sforzo fisico il
massimo piacere raggiungibile. Una semplice legge della natura: fare l'
essenziale per ottenere l' abbondanza. Non riconosceva l' impegno come
una qualità indispensabile per poter sopravvivere, piuttosto
annoverava tra quelle la giusta dose di capacità di prevedere le
conseguenze delle sue azioni in funzione del massimo riposo possibile;
in altre parole, se aveva bisogno di qualcosa che si trovava all' altro
capo del mare preferiva scordarsi la sua necessità piuttosto che
movimentare un soldato semplice per adempire a quel compito. E poco
importava se avrebbe dovuto fronteggiare un nemico dalla taglia che poteva far
concorrenza ad una Supernova; la fatica non era un vocabolo che
conosceva, nè tanto meno una condizione fisica che teneva a
sperimentare in prima persona.
- Apri la porta - aveva sussurrato nell' orecchio di una delle due
donnicciole con le quali si apprestava ad appartarsi, soffiandole a
pochi centimetri dal volto il comando.
Non che volesse essere sensuale, semplicemente non gli andava di far
vibrare troppo le corde vocali. Ma di certo il suo gesto all' insegna
della parsimonia venne interpretato in tutt' altra chiave; l'
interpellata in questione aveva squittito qualcosa di incomprensibile,
allungato la mano dalle unghie smaltate e abbassato la maniglia delle
porta, il tutto senza mai abbandonare quell' odioso quanto inutilmente
alto tono di voce mellifluo.
Non le cercava intelligenti per un solo motivo: sapeva che sarebbero state la sua rovina, per l' ennesima volta.
La routine al solito si ripeteva con ordine, nulla che stonasse in quel
prefetto accordo di gesti calibrati per il suo godimento e il relax
assoluto tra le braccia di chi forse lo avrebbe distratto dai suoi
doveri. Cosa importava se il mondo era minacciato da orde di pirati
alla ricerca di un fantomatico tesoro? Nulla a confronto di quel
meraviglioso modo per ritemprare le sue energia perse nel tragitto.
La bionda spalancò infine l' uscio, arrestando il suo
ancheggiante incedere alla vista di quello che poteva essere definito
solo come inconveniente, per lei, lui e l' altra. Gambe lunghe fasciate
in aderenti pantaloni colorati, fianchi larghi ed accoglienti che si
stringevano in un vitino sottile e fragile, sovrastato a sua volta da
un ampio decolletè trattenuto da una semplice quanto sobria
canotta bianca. Ma non fu quell' insieme a mandare in fumo i progetti
del riccio, quanto quell' enigmatico sorriso bianco che si accostava e
allo stesso tempo combatteva per dominare, su quella pelle abbronzata e
sullo sfondo di una lunga chioma scura.
Trasalì
interiormente quando poi i suoi occhi spenti incontrarono quelli
azzurri della donna che gli stava di fronte e che, ostentando
ingenuità, dondolava la gamba accavallata al medesimo ritmo con
cui ora il cuore gli martellava nel petto. Rideva sorniona, mentre
tamburellava i polpastrelli sul materasso sgualcito, ignorando da abile
donna predatrice le due malcapitate che ora attendevano fuori dalla
porta, trasportate lontano dalle spalle muscolose dell' uomo da magiche
braccia apparse dal nulla.
Questo almeno era ciò che avevano raccontato il giorno seguente
al villaggio, denunciando il loro forzato rapimento da pollici
opponibili spuntati dalle loro stesse braccia che le avevano prima
ammutolite e poi separate dall' oggetto dei loro rossi desideri.
- Nico Robin - salutò educatamente, accennando una riverenza con
il capo a cui di certo nessuno avrebbe potuto credere alla luce del
sole.
Non si era mai visto un Marine, ex che fosse, che giocava al gatto e al
topo con una piratessa del suo calibro, nè tanto meno che
mostrasse per lei, non solo rispetto, ma anche interesse.
Quella non rispose, non a parole almeno. Si diede una leggera spinta
con i palmi rivolti al materasso, sollevandosi in piedi prima di
ancheggiare sinuosamente verso di lui senza mai staccare i penetranti
occhi color cielo dai suoi. Sapeva che questi stavano tradendo un
certo nervosismo, così come era certo che cercare di nascondere
a Nico Robin qualcosa equivaleva a rimetterci in sanità mentale;
quello di cui però era altrettanto sicuro era che lei mai
avrebbe fatto un passo falso su quel terreno così delicato dove
non erano ancora stati tracciati confini chiari ed espliciti.
Restò quindi in attesa di un qualunque cenno significasse per
lui tregua, pace, momentaneo annullamento di ciò che avevano
vissuto e avevano commesso.
Lei non era pirata, lui non era disertore.
- Cosa ti porta qui Aokiji? - un sussurro sulla sua guancia ispida ed
un brivido lungo la colonna vertebrale. Ma l' impassibilità era
ciò che aveva imparato, non tanto in Marina, quanto per
dimenticare il fatto che tra le mille, aveva cercato di uccidere una
persona di cui ora faticava a voler fare a meno. La seguì con la
coda dell' occhio mentre gli ruotava attorno, ammaliandolo con il lento
ondeggiare delle punte dei lunghi capelli neri. Ogni passo era
calibrato, fatto ad una determinata distanza che veniva diminuita o
ampliata con i successivi movimenti, come volesse esprimere a gesti il
loro precario equilibrio.
- L' ho scordato - rispose, mantenendo intatto il suo personaggio
nonostante quelle provocazioni mettessero a dura prova lui e la sua
pigrizia innata. Infilò le mani nelle tasche dei pantaloni,
divaricando leggermente le gambe mentre ripensava a tutto ciò
che davvero l' aveva condotto in quella stanza buia, dimenticata da
ogni Dio ed abitata dal suo peggiore incubo e migliore amante.
Già, perchè ancora di come ci fosse finito in quella situazione non ci si raccapezzava.
Teneva le sopracciglia sollevate, in un chiaro moto di sorpresa quando
venne preso alla sprovvista e scaraventato contro al muro; la sua
schiena cozzò contro la parete di muratura, facendo sì
che una buona dose di intonaco si staccasse dal soffitto e ricadesse su
di lui, impolverando il suo lungo cappotto e i capelli scuri. L' urto
era stato considerevole considerate le dimensioni della creatura che l'
aveva prodotto in rapporto alle sue; ma se c'era una cosa che l'
esperienza gli aveva insegnato era che quella donna poteva essere tanto
brava a letto quanto a combattere per difendere sè e ciò
in cui credeva.
Eppure ogni qual volta le loro strade finivano per incrociarsi e
collidere, non poteva non stupirsi di quanto lei fosse in grado di
cambiare e allo stesso tempo mantenere intatta quella sua essenza
combattiva che fin da bambina l' aveva infervorata. Perchè lui
forse poteva dirsi il solo che fosse sopravvissuto e avesse domato con
mezzi poco ortodossi la bambina e il malocchio che si diceva portasse
con sè.
Quella ragazzina ci manderà tutti in malora.
Sbarazziamocene ora, un domani ci ringrazieranno.
Quante volte aveva sentito quelle frasi pronunciate con astio quando si
trovava a passeggiare per strada. Persone che tremavano al solo sentire
nominare il suo nome, che preferivano blaterare insulsi riti
propiziatori per esorcizzare il demonio che credevano albergasse in
lei; ma cosa sapevano loro di cosa quegli occhi celesti avessero visto
sin dalla tenera età, cosa il suo cuore avesse dovuto patire
prima di arrivare ad essere quella che era ora? Eppure si ostinavano a
parlare a sproposito, basandosi più su pregiudizi maturati in
autonomia che sulla realtà dei fatti.
Non che lui non ne avesse mai avuti: ma isolare una persona a
prescindere dalle sue azioni non rientrava nella sua concezione di
giustizia, nè indolente nè sommaria che fosse.
L' aveva seguita, tenuta d' occhio, giustificando quel comportamento
dapprima come semplice dovere civile, ma arrivando infine a concludere
che lui per primo non poteva dirsi ligio alle responsabilità di
Marine qual' era; un interesse celato sotto la maschera di un conto in
sospeso, divenuto però con il passare degli anni troppo grande
per poter vestire ancora i panni di quella menzogna. Perché solo
vedendola a bordo di una nave pirata sgangherata e folle aveva capito
che se le avesse tolto il respiro e la felicità, avrebbe
inevitabilmente condannato anche sè stesso ad una vita di
mediocrità.
Perchè in verità la Marina era sempre stata solo una
copertura per pedinarla senza dover realmente giustificare quella
strana attrazione che li univa. Un sottile filo, forse di colore rosso,
tanto labile da essere invisibile al mondo; paradossalmente quella
sottigliezza era anche la forza della loro stessa complessa relazione,
soppressa al mondo che li circondava ma dilagante nei loro corpi. L'
uno dipendente dall' altro, profumi, sapori, sensazioni tattili che
venivano cercate con nostalgia ogni qual volta la storia lo permettesse.
Era come far rifornimento di una provvista particolare, unica, dopante.
E così lei anche ora si divertiva a giocare con il cibo prima di
consumarlo, addentandolo solo in superficie ma senza mai scalfire la
dura corazza oltre la quale si proteggeva, vezzeggiandolo con la sua
presenza. Lo studiava come fosse un Poigneè Griffe, raro,
interessante, il sogno di una vita, carezzandolo con gli occhi e
ferendolo allo stesso tempo con quel passionale luccichio che andava
aumentando nelle sue iridi cerulee. Aveva intrappolato il suo volto in
una morsa ferrea prima di premere maggiormente sulle sue spalle
affinchè scendesse alla sua altezza e fosse più facile
per lei assaporarlo. Si era gettata sulle sue labbra, mordendole
delicatamente, percorrendone il profilo con le proprie, attendendo solo
un debole consenso prima di sottrarsi brutalmente a quel contatto e
lasciarlo lì, in piedi, a bocca asciutta e sogghignante sotto ai
baffi per la prospettiva di ciò che sarebbe avvenuto.
- Ti ho chiesto cosa ti porta qui Aokiji - gli disse nuovamente, quasi
indifferente, facendo scomparire momentaneamente le mani che
circondavano il corpo prestante dell' uomo, il quale ora la fissava di
rimando - Gradirei una risposta -.
Nico Robin si lasciò cadere sul letto, inclinando leggermente le
gambe prima di accavallarle con sensualità. Sarebbe sempre stata
un enigma, comunque la si prendesse e considerasse. Decideva cosa
voleva e se lo prendeva; libertà, felicità, avventura e
conoscenza. Qualunque cosa le andasse a genio rientrava nei suoi
obiettivi e conseguentemente nei suoi trofei.
Perchè rispondere? Lo aveva già fatto, ed era consapevole
che le energie che aveva risparmiato durante tutto il giorno erano ora
in procinto di essere utilizzate fino all' ultima goccia, e non di
certo per parlare.
A che sarebbe servito poi? Le conversazioni non facevano per lui, i monosillabi forse.
Compì poche falcate, e si gettò con poca grazia ma molta
attenzione sull' esile corpo che lo aveva provocato, schiacciandolo al
di sotto della sua mole prima di riprendere l' attività che lei
aveva malignamente interrotto, conscia del fatto che per quanto pigro
lui potesse realmente essere, c'erano passatempi per cui
conservava sempre una scorta di calorie da bruciare in caso di
necessità.
Forse per lei, sarebbe potuto anche arrivare a produrle al momento.
Il letto cigolava, forte, intensamente, sbattendo la testata contro il muro a ritmo costante.
Pezzi di intonaco e stucco cadevano sordi dall' alto del soffitto,
incapaci di resistere alla furia di quei corpi che da tempo non si
toccavano. le gocce di sudore impregnavano le loro pelli e il materasso
sfondato sul quale si muovevano freneticamente, imprimendo in quella
stanza da pochi Berry un' aroma particolare, nuovo e conosciuto allo
stesso tempo, trasgressione e pace.
Ogni cosa di loro era in antitesi; ruoli, pelli, vite. Non c'era nulla
che li avrebbe mai accomunati se non quel sottile filo rosso che li
teneva uniti inconsapevolmente e che, sinuoso, li avvolgeva in quella
danza di membra.
- Cosa ti ha portato qui Aokiji? -
Ancora quella domanda. Anche durante il culmine del piacere, lei non
demordeva dal suo intento intimidatorio, continuando a porgli il
medesimo quesito e aspettandosi che lui le desse una risposta. Era
semplice dopotutto, un monosillabo composto da una consonante e una
vocale, ma che era nella sua semplicità anche più
complesso di qualunque altra parola abitasse i grandi volumi di storia.
Avrebbe volentieri accozzato venti caratteruzzi su carta piuttosto che
ammettere con se stesso che la riposta a lui richiesta rientrava
pienamente nei suoi standard di pigrizia, ma non in quelli di coraggio.
E allora spingeva, muoveva i fianchi e la baciava, convinto che forse
la spirale del piacere li avrebbe potuti condurre lontano dalla
consapevolezza che tutto stava irrimediabilmente cambiando e che quella
poteva essere la resa dei conti definitiva. Le sollevò una
gamba, portandosela alla spalla, senza mai però interrompere l'
atto in corso di svolgimento, senza mai smettere di guardarla negli
occhi e pensare.
Avrebbe rinunciato ai suoi riposini improvvisati pur di vederla sempre
in quello stato: spettinata, selvaggia, amante del suo lato carnale e
non solo di quello intellettuale. Semplicemente felice. Non importava
se erano un disertore e una piratessa maledetta dal destino, nè
che chiunque avrebbe potuto vederli mentre lasciavano la camera nelle
medesime condizioni di un campo di battaglia. In quel momento
esistevano solo loro, le loro membra unite e una sola domanda che
continuava a sfiorare le labbra di lei, accompagnata da una risposta
che non sarebbe mai stata pronunciata.
- Cosa ti ha portato qui Aokiji? -
Lei non gemeva, domandava. E solo Dio sa come diavolo poteva riuscire
ad arrossire così vistosamente, aumentare la sua temperatura
corporea senza però perdere l' uso della ragione mentre lui
faticava anche a ricordare di respirare tra un affondo e l' altro. C'era
qualcosa di lei nato per far vacillare la sua personalità, una
chiave che apriva la porta per liberare le sue emozioni e farle
defluire attraverso i suoi occhi, sentimenti di cui lei si nutriva
avida, senza mai averne abbastanza.
- L' ho scordato -
Ansimava mentre lo diceva, suscitando in lei quel meraviglioso quanto
inquietante sorriso che tutto voleva presagire tranne la quiete. Due
paia di mani apparvero alle sue spalle, sospingendolo supino sul
materasso, mentre lei, senza mai perderlo, lo seguiva e ne imitava le
movenze. Si ritrovarono quindi nella posizione opposta alla precedente;
lei a cavallo del suo bacino e lui piacevolmente sconvolto e succube di
quelle forme generose. Avrebbe potuto trascorrere anni lontano da quei
fianchi snelli, quelle labbra carnose e quegli occhi più celesti
del cielo, certo che nulla gli sarebbe uscito dalla memoria. L' avrebbe
sempre custodita gelosamente.
Perchè sotto o sopra che fosse, lei dominava comunque incontrastata.
Muoveva la cosce attorno al suo bacino, sollevandosi leggermente prima
di lasciarsi guidare da lui nei movimenti. Voleva dargli l' illusione
di aver potere, di avere per lo meno la possibilità di decidere
con quale ritmo possederla; inutile mentire, sapeva che lui avrebbe
adottato la velocità che a lei meglio si addiceva, moderando la
forze del possederla ma non nell' amarla.
- Cosa ti ha portato qui Aokiji? -
Erano vicini al culmine, lo sentiva. Percepiva la tensione nei loro
corpi e l' irregolarità delle spinte, segno che oramai tutti i
buoni propositi erano andati a farsi fottere insieme alle inibizioni. E
allora perchè non andare con loro una buona volta? Una sola,
permettendo a quella vocina che urlava nella sua testa di poter
raggiungere anche le sue corde vocali e farle vibrare per lei.
Un affondo più forte e il piacere s' impossessò delle
loro membra, trascinandoli nel vortice della passione ma non prima che
un timido ma sincero sussurro increspasse l' aria rarefatta dal sesso
appena concluso. Una parola, una consonante e una vocale, il
monosillabo che per anni aveva negato a sè stesso.
- Tu.-
Angolo dell' autore:
Per Celi, perchè gliel'avevo promessa e con tanto amore l' ho conclusa! Ti volgio bene.
Sperando piaccia anche a chi voglia cimentarsi con questo strano Paring! Non sembra ma può conquistare.
A presto gente,
Alu.
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