ABOUT
my life
14
ottobre
La
pioggia picchia sulla finestra.
Plic…
plic…
Scroscia…
Un
fulmine squarcia il cielo, illuminando per un istante, la stanza buia.
Non
mi spavento, non ci riuscirei nemmeno volendo.
Non
riesco più a fare nulla, nemmeno piangere.
Giro
la testa lentamente, fisso la finestra, zuppa, all’esterno.
Plic…
plic…
Rimango
distesa sul letto. Al buio.
Oramai
è diventato il mio passatempo preferito.
L’unico
che mi posso concedere.
Da
due anni, ormai, non vedo altro che buio, tristezza e buio, dolore e
buio, sangue e buio. Buio e nient’ altro.
Non
ho nemmeno, più un’ identità, credo che
nessuno sappia chi sono.
Bra
Brief 19 anni, robot, poco sana di mente, da ricovero.
Plic…
plic…
Che
fine ha fatto la ragazza determinata, che vuole leggere il terrore
negli occhi di chi la guarda, la ragazza aggressiva e che ce
l’ha col mondo?
È
morta con Goten…
Ecco
lo sapevo, ho rifatto quel nome, mi ucciderei per il solo pensarlo.
Non
devo ricordare, non VOGLIO ricordare.
Sapete…
non sono più nemmeno DARK, non sono più nulla.
Probabilmente
se la gente mi vedesse mi considererebbe come una delle tante ragazze
definite “sfortunate” dalla legge.
Magari…
hanno anche ragione; non ho nemmeno una
personalità… IO.
Plic…
Plic…
La
mia vita?
Beh
la mia vita è stata schiacciata dal grande macigno del
dolore, ma penso che lo sappiate già… forse ve ne
ho già parlato.
Quello
che non sapete e che Marron si è trasferita a New York, dopo
aver ricevuto una borsa di studio.
Beata
lei… si rifarà una vita.
Miku,
invece è stato più sfortunato…
è caduto nella tela del ragno, ha fatto la fine di Trunks.
Cazzi
suoi…
Così
sono rimasta da sola.
Nuovamente,
aggiungerei.
18
Ottobre
Sono
sveglia da mezz’oretta, ma non ho voglia di alzarmi,
dopotutto questa è un’altra delle tante giornate
monotone della mia vita.
Una
uguale all’altra… sempre.
Basta,
ho fame, scendo in cucina.
Apro
il frigorifero, ma immancabilmente la voce rabbiosa di Vegeta, mi
disturba.
_che
cosa sei venuta a fare?_ chiede tra un sorso e l’altro di
vodka.
_a
mangiare… dovrò pur vivere… o forse mi
preferisci morta?_ dico io anche se so che per lui, vivere o
morire non fa differenza.
_per
me è uguale…_ ecco, giustappunto.
Non
dico nulla e sbuffando, torno in camera mia.
Mi
siedo alla scrivania e inizio a disegnare.
Non
sono brava, ma mi piace… disegno gente morta, gente che
soffre.
Voglio
che gli altri soffrano quanto abbia sofferto io.
Nei
miei disegni nessuna persona avrà il sorriso.
Sono
così concentrata che mi isolo dal resto.
Non
sento un rumore, un sospiro, nulla…
Non
mi rendo conto nemmeno di ciò che disegno.
Sono
come in trance…
Prendo
il pastello rosso, coloro tutto il foglio.
Velocemente…
Mi
fanno quasi male le braccia, ma non mi fermo.
Il
movimento sta indolenzendo tutto l’arto, ma non mi importa,
vado avanti.
Basta
fa troppo male; cedo.
Il
pastello cade a terra e la mia testa picchia sulla scrivania.
Sto
così per qualche secondo, il tempo di uscire dallo stato di
trance e di riprendermi.
Mi
tiro su e prendo in mano il mio operato.
Una
moto…
La
riconosco…
Un
corpo a terra…
Sangue
tutt’attorno…
Un
pensiero…
Goten…
Urlo,
strappo il foglio in mille pezzi.
Piango,
mi accascio sulla scrivania.
Sono
schizofrenica.
L’ha
detto il dottore, l’unica volta che mi ha visitata.
Mi
isso velocemente sulla sedia e apro con decisone il cassetto.
…
eccolo…
Quell’oggetto…
Compagno
di tanti momenti di solitudine
Lo
prendo in mano.
Comincio
a vedere le gocce del mio sangue sulla superficie dello scrittoio.
Soffoco
con una smorfia un gemito di dolore.
Ansimo
e getto il taglierino a terra.
Il
mio braccio impregnato di sangue, ci sono andata pesante.
Piango
e svengo.
22
Ottobre
Sento
il gusto di Devil in bocca, non c’è nulla da fare,
ho voglia di alcool.
Avrei
voluto evitare questo giorno ma…
Sbuffo,
entro nel Joy’s Pub.
Sono
mesi che non ci entro più.
Quando
ho voglia di bere, frego qualcosa a mio padre, ma oggi no.
Voglio
Devil e non so dove altro prenderlo.
Entro
e la nostalgia mi pervade, sento lo stesso odore di fumo, di alcool, di
sporco.
Ed
è tutto così familiare.
Poi
vedo il bancone; bancone sul quale ho consumato i miei cokital, bancone
sul quale ho dato i miei baci a Goten, bancone sul quale ho passato la
mia vita.
Abbasso
la testa e sento la voglia di piangere.
No,
non può essere… devo rimanere insensibile.
Nessun
sentimento deve toccare il mio cuore.
Mi
siedo e osservo la TV appesa alla parete, ora come ora spenta e mi
viene in mente una scena.
_BUON NATALE!!!!_
il vociare degli ubriachi mi dava alla testa, quell’odore di
alcool nell’aria non lo sopportavo.
Doveva essere un
Natale indimenticabile e invece…
C’era la
finale di qualcosa, tennis, pallavolo, calcio, non ci feci nemmeno
caso.
Con la testa
appoggiata sul bancone osservavo il bicchiere di Devil davanti a me.
_VAIIIII!!!!_ vidi
Goten abbracciare la sua compagnia, dopo l’ultimo punto della
loro squadra del cuore.
Sbuffai bevendo un
altro sorso di bevanda.
_tutto bene?_ mi
chiese il mio ragazzo raggiungendomi.
_si benissimo_
dissi con tono forzato
Goten non
sembrò molto convinto della mia risposta, mi prese
per mano e , dopo aver pagato il mio conto, mi trascinò
fuori dal locale.
Perché
ogni cosa mi ricorda lui?
Sbuffo
e guardo il barista, che ha preso il posto di Miku.
_cosa
prendi?_ mi chiede con un sorriso.
_devil_
rispondo cinica.
Sento
il suo sguardo su di me, ma non mi importa.
_Guarda
che sono maggiorenne, posso bere alcolici_ dico, lui annuisce e mi
prepara la bevanda.
Improvvisamente
la porta si apre, il mio sguardo si sposta verso di essa.
Sbarro
gli occhi, no non ci credo.
Akume….
Shociro… Iroshiro… Fred.
Hanno
l’aria un po’ diversa e distrutta, ma sono
riconoscibili.
Entrano,
non mi vedono e si siedono su un tavolino in fondo.
La
porta sbatte ancora, ma sta volta è solo un giovane
dall’aria malridotta.
Ha
un occhio nero, la bocca sanguinolente e piccoli graffi ovunque.
_io
vi denuncio!_ strepita verso i quattro ragazzi in fondo.
Fred,
che ha preso il posto di Goten ed è diventato il capo banda,
salta su e gli risponde: _se sopravvivi per denunciarci!_
così detto, si alza definitivamente e molla un sinistro
sulla faccia del giovane, che essendo deboluccio e gracilino cade
all’indietro.
Il
barista si alza, intento a fermare la rivolta, ma quando si uniscono
gli altri tre non c’è più nulla da fare.
Io,
volendo riuscirei a farli stare buoni, ma non vedo
perché… nessuno a cercato di impedire la morte di
Goten e ora per me, gli altri si possono scordare il mio aiuto.
Rimango
seduta a sorseggiare il mio Devil, ma, non so
perché… i gemiti doloranti e le richieste di
tregua da parte del ragazzo, mi rimbombano nella testa.
Mi
alzo, afferro Fred per il colletto e lo guardo in faccia.
Si
blocca, riconoscendo il mio viso.
Non
dico nulla, ma lui capisce.
Sa
quanto amavo Goten, quanto soffro, quanto sto male.
Perciò
non indugia, richiama gli altri ed esce dal locale.
Salutandomi
appena.
_g-grazie…_
il giovane si tira su, aiutato dal barista che si era fatto da parte.
_..._
non rispondo, mi risiedo al mio posto.
_non
so come tu abbia fatto, ma sei stata grande! Ti pagherei da bere ma mi
hanno fregato il portafogli!_ si passa una mano tra i capelli corvini,
ridendo e arrossendo appena. Dev’essere molto timido.
_non
so come mai mi abbiano preso di mira, stavo tranquillo su di una
panchina e ad un tratto mi hanno chiesto dei soldi, io mi sono
rifiutato e così mi hanno assalito!_ fa una piccola pausa e
riprende fiato _ ed è strano perché non mi
è mai successa una roba del genere e…
_senti_
lo blocco di modo che non possa andare avanti a parlare _ non mi
interessa, solo stai attento, quei tipi non scherzano, non ti hanno
toccato perché c’ero io, e fossi in te eviterei di
avere a che fare con gente come quella._ senza farlo apposta ripenso ad
un’altra scena. Uno dei tanti mattoni che compongono la mia
storia con Goten.
_fossi in te
eviterei di avere a che fare con gente come quella!_ esordì
lui asciugandosi il sangue che gli colava dal labbro e passandosi una
mano tra i capelli corvini.
_tsk! Chi sei tu
per dirmi cosa devo fare?_ risposi un po’ a disagio
_nessuno. Il mio
è solo un consiglio, comunque sei ferita?_ mi
domandò esaminandomi
_no_ risposi poco
convinta, anche se mi faceva un male cane il polso e di questo lui se
ne accorse data la smorfia di dolore che non riuscii a trattenere.
Mi
afferrò delicatamente ciò che mi provocava tanto
dolore
_è
slogato!_ disse risoluto
_eh? Non mi posso
difendere con un polso slogato! Verrò presa di
mira… luridi stronzi!_ dissi amareggiata
_vorrà
dire che mi farò vivo più spesso, almeno da
tenere a bada soggetti indesiderati_ mi ripose schiacciandomi
l’occhiolino
Scuoto
la testa, butto tre banconote sul banco per pagare il mio devil.
Esco
dal locale, mentre sento che il ragazzo continua a fissarmi.
26
Ottobre
Ho
ripreso ad uscire di casa quasi ogni giorno.
Il
mio carattere sta cambiando ancora, ma non faccio nulla per evitarlo.
Sono
stufa di lottare con me stessa, con gli opposti della mia vita.
Sono
stufa si cercare una forza che non ho.
Mi
fermo davanti ad una vetrina.
Un
abito bianco, splendente, bello, il classico abito da sposa, senza
maniche, guanti lunghi e velo ricamato… ma ciò
che lo rende unico è la scollatura intrecciata sulla schiena
e delle piccole perle sul corpetto.
Sospiro,
dalle mie labbra esce del fumo. Fa freddo.
Mi
volto da quella vetrina e riprendo a camminare.
Vedo
coppiette, bambini felici, genitori che ridono coi figli.
Spesso
mi capita di immaginare la mia vita se Goten non fosse morto; sarei
stata anch’io così? Felice, con dei bambini?
…forse…
…o
forse no…
Riprendo
a camminare.
Giungo
davanti al cimitero. Non so cosa mi ha spinta ad andarci.
Sono
due anni che non vi entro più, da quando è morto
Goten.
Cammino
fino alla tomba di mia madre, comincio a parlarle, ma sta svolta non
piango.
Accarezzo
la foto sulla sua lapide; è sorridente, lei era una persona
allegra, per la quale valeva la pena vivere.
Mi
alzo e cambio direzione.
Chissà
dove si trova Goten…
_NO!!!!!!!!
NON TU!!!!!_ un urlo, straziante, cattura la mia attenzione.
Comincio
a correre, mentre sento altri lamenti sofferenti.
Una
donna dai capelli neri, raccolti.
È
inginocchiata a terra e si tiene il viso con le mani; sta piangendo,
urlando, di fronte ad una tomba.
Strano,
mi fa pena, così mi avvicino e leggo i nominativi sulla
lapide.
Sono
due, due fratelli… leggo e mi sento morire.
Son
Gohan
Son
Goten
Indietreggio
fino a cadere, i miei occhi si riempiono di lacrime e mi sento morire.
Cazzo!
VOGLIO UN FOTTUTO TAGLIERINO!
Sto
zitta e piango silenziosamente. Pregando perché Goten non mi
veda così.
_erano
i miei bambini…_ dice ad un tratto la donna, togliendo le
mani dal volto e rivelando una pelle sciupata e stanca.
Rimango
zitta, non riesco a parlare, continuo a piangere.
_e
tu devi essere Bra, la fidanzata di mio figlio…_ continua e
per un istante mi pare di vederla sorridere.
Strabuzzo
gli occhi e rispondo _ma come…?!
_Goten,
mi aveva detto che dal tuo sguardo glaciale trasparivano la morte e il
dolore. Ho capito chi eri non appena ho visto i tuoi occhi._ mi spiega
semplicemente; annuisco.
Ad
un tratto mi abbraccia, stringe i lembi del mio giubbotto e si appoggia
alla mia spalla; continuando a singhiozzare.
Non
oppongo resistenza e mi lascio abbracciare, per un attimo riesco a
dimenticare i miei problemi.
_v-vuoi
venire a prendere un the da me cara?_ mi chiede staccandosi e
asciugandosi i residui delle lacrime al lati degli occhi.
_no,
Grazie_ rispondo tenendo la testa bassa.
Annuisce,
capisce il mio dolore e non indugia.
Arrivo
a casa e prendo il taglierino. Mi taglio, come è di routine
da anni.
8
Novembre
Il
vociare dei bambini è odioso, non lo sopporto.
Mi
chiedo; ma perché sono venuta proprio al parco? Ok che sono
dieci giorni che non esco però…
Sento
dei passi avvicinarsi a me, le foglie secche sul pavimento si muovono.
_HEY!
CIAO!_ mi volto e osservo un ragazzo che mi sorride; ah si era quello
che hanno picchiato al Joy’s.
_ciao…_
rispondo distratta.
Si
siede accanto a me ed esclama:_ mi chiamo Zac! L’altra volta
non ci siamo presentati!_ mi tende la mano e per educazione sono
obbligata a stringerla.
_Bra…_
_Hai
un bellissimo nome! Il mio l’ho ereditato da mio nonno!_ ride
imbarazzato.
Ma
quanto è stupido quel ragazzo?
_senti…_
chiede ad un tratto _ ci prendiamo una cioccolata? Sai per
sdebitarmi…
_no_
rispondo, secca, decisa.
Il
ragazzo al mio fianco si blocca, fissandomi di stucco.
Ride.
Imbarazzato.
_ah…
non fa niente, sarà per un’altra volta_ in
realtà ci è rimasto male, lo so.
Mi
alzo e faccio per andarmene, ma sento dei passi seguirmi.
_posso
fare la strada con te?_ chiede ingenuamente.
_ma
scusa quanti anni hai?_ chiedo di rimando, scettica.
_diciannove!_
risponde sorridendo.
_bene
allora non hai affatto bisogno che ti tenga la manina! Puoi andare da
solo…_ gli dico e mi incammino.
_si
lo so ma… _
_ciao!_
lo saluto sarcastica. Me ne vado.
Cammino
e imbocco una viuzza deserta.
Non
mi piace camminare in mezzo alla gente.
Ma
purtroppo non sono sola…
_ciao
bellezza!_ mi volto, un uomo, sulla trentina, brutto, rozzo.
_che
vuoi?_ non ho paura.
_voglio
giocare un po’… che ne dici?_ si avvicina a me che
indietreggio fino a trovarmi con la schiena al muro.
Si
avvicina e brucia la distanza tra noi due.
Comincio
ad ansimare, non per la paura, ma per il caldo.
L’aria
mi sembra pesante, la giacca a vento sembra stringere troppo.
Mi
sento come se indossassi un maglione di lana ad agosto.
Mi
passa il dito indice sul viso e poi scende sino a slacciare la giacca.
Non
ho paura nemmeno ora; eppure perché non mi muovo? Non
riesco.
Deglutisco
a fatica.
Dov’è
finita la Bra determinata e combattiva?
_LASCIAMI!!!_
urlo e con un calcio lo metto a terra.
Corro,
scappo.
Inutile,
mi afferra da un braccio.
Mi
sbatte a terra e avvicina al suo viso il mio collo.
Mi
inspira tra i capelli e vorrei vomitare.
Sento
le sue mani percorrermi i fianchi.
Cerco
con lo sguardo una qualsiasi persona, niente da fare.
Siamo
soli in un vicolo.
_su
non avere paura_ mi sussurra con voce roca, mentre si slaccia la patta
dei pantaloni.
_non
ne ho!_ dico ferma.
_meglio
così_ ridacchia, mentre aumenta la stretta sui miei polsi.
Mi
slaccia la giacca e mi tocca un seno con la mancina.
Sorride.
Mi
dimeno.
Niente.
Sono
ancora qui.
Vedo
il suo viso incurvarsi preso dall’eccitazione.
Sento
i miei pantaloni abbassarsi.
Avverto
la puzza di quell’uomo nelle narici.
Urlo
e svengo.
Una
stanza piccola, ma graziosa.
Un
profumo d’incenso.
Dei
libri appesi alla parete.
Mi
accorgo subito dopo di non essere più in quel vicolo.
Ne
tanto meno in camera mia.
_ti
sei svegliata finalmente!_ mi giro e vedo Zac davanti a me.
_ma…
_ti
ho seguita, non mi fido a lasciare le ragazze carine in giro da sole!_
dice arrossendo _non appena ho sentito il tuo urlo sono corso in tuo
aiuto, alla fine quello se n’è andato…
temeva chiamassi la polizia._ sorride
_grazie…_
dico abbassando lo sguardo.
Poi
la vedo, la mano sporca di sangue.
_che
ti sei fatto?_ domando preoccupata
_nulla,
tranquilla quando quello mi ha visto… si ma non è
niente calma!_ mi alzo dal letto e mi avvicino a quel ragazzo.
_la
devi fasciare_ dico
_ma
non è nulla_ non ci bado e, servendomi di un fazzolettino,
faccio un’approssimativa benda.
Ad
un tratto però mi blocco…
_eccoti qui! Ma
che è successo?_ Marron mi indicò la fasciatura
che avevo sul polso, non mi ero nemmeno accorta di averla, e rimasi
sorpresa quando vidi che era parte della manica della camicia di Goten.
_nulla
sciocchezze!_ non mi andava di spiegare, la ragazza affianco a me non
sembrò molto soddisfatta della mia risposta, ma non
indugiò.
Uscii dal locale
lanciando un’ultima occhiata a Goten.
_grazie
mille, non dovevi!_ mi risveglio di colpo e annuisco accennando un
debole sorriso.
_devo
andare_ dico, ma lui mi ferma.
_sei
ancora debole… mangia qualcosa prima.
_no_
ribatto.
_allora
ti accompagno. Sai è già buio e dopo quello che
ti è successo…
Ci
avviamo verso casa mia, sento il suo sguardo posarsi su di me.
Gli
piaccio. Lo so.
Stiamo
zitti per tutto il tragitto.
_ecco
è casa mia!_ dico poco fiera.
_allora
buona notte per dopo e grazie della medicazione!_ sorride
_grazie
a te_ sta volta sorrido anch’io. Non so il perché.
Mi
fissa negli occhi.
Sono
identici.
Azzurri
i miei.
Azzurri
i suoi.
Si
avvicina.
È
a quasi un centimetro da me.
Socchiude
gli occhi.
…
Giro
la testa. E mi allontano.
Rimane
(nuovamente) di sasso.
Ma
ora mai ci è abituato.
Saluto
con un cenno della mano ed entro in casa.
_dov’eri?_
non faccio tempo a chiudere la porta che già Vegeta mi
assilla.
Non
rispondo e salgo le scale.
Mi
trattiene per il polso e mi obbliga a guardarlo in faccia.
Con
uno strattone, mi libero e salgo in fretta le scale.
Giungo
davanti a camera mia, apro la porta, ma non la chiudo.
Me
lo impedisce.
_lasciami
stare!_ gli dico
_dove
CAZZO ERI!!!_ urla afferrando il colletto della mia maglia.
_in
giro! Mi HANNO QUASI VIOLENTATA! MI STAVANO PER METTERE LE MANI
ADDOSSO!!! CONTENTO ORA?!_ urlo più forte di lui.
Si
blocca. Mi fissa e lascia la presa sul mio colletto.
_sei
una puttana, proprio come tua madre._ si gira e scende le
scale.
Gli
occhi sbarrati la bocca semiaperta. Rimango così per qualche
istante, giusto il tempo per materializzare ciò che mi
è stato appena detto.
Mia
madre non era una puttana. Io Non sono una puttana.
Entro
in camera mia e mi getto sul letto.
Inizio
a piangere. Tanto, so fare solo quello.
Apro
il cassetto e prendo il taglierino.
Mi
sento meglio solo a vedere la sua lama.
Sospiro
e giro il braccio, dove la pelle e più sottile, e si vedono
le vene.
Guardo
per un po’ il mio arto e appoggio il taglierino su una vena
piccola, vicino al polso.
Premo,
la pelle si lacera e inizio a vedere il sangue fluire.
Premo
ancora e sento la carne a contatto con la fredda lama.
Mi
morsico le labbra fino a far sanguinare anche quelle, getto indietro la
testa, ma premo il tagliere più forte sulla vena.
Il
sangue mi finisce anche sulla maglia, voglio cancellare il mio dolore.
Alzo
l’oggetto e guardo la sua lama sporca del mio sangue.
Ansimo
ma non mi stanco.
Riprendo
a tagliarmi.
Finché
non sento le forze venire meno e getto l’oggetto a terra.
Sono
sfinita…
15
Novembre
Entro
al Joy’s e mi siedo al solito posto.
Faccio
l’ordinazione e attendo.
_ciao
Bra!_ sento la voce di Zac, che mi saluta da tre tavoli più
avanti.
Oh…
no…
Mio
malgrado rispondo con un cenno della mano.
Prende
la sua bibita e si siede con me.
Alzo
gli occhi al cielo, ma non posso dirgli nulla.
_che
fai sta sera?_ mi chiede ad un tratto
_niente_
dico inconsapevole delle mie azioni.
_bene!
Allora ti porto nel ristorante migliore della città!_ sorride
_
ma figurati!_ dico strafottente
_eddai!
Ci divertiremo!_ prova a persuadermi
_non
mi va!_ ribadisco
_ah…_
abbassa lo sguardo, è rimasto di nuovo male.
Ora
però mi sento uno schifo.
Non
so il perché…
Goten,
amore mio, scusa per ciò che sto per fare.
_non
mi va… di andare in un ristorante_ mi correggo _un qualsiasi
pub andrà bene_ accenno a una specie di sorriso.
Vedo
i suoi occhi illuminarsi, il suo sorriso accendersi e mi dice _se ti
passo a prendere alle sette va bene?_
_si…_
dico, non me ne sono pentita, però…
La
porta di camera mia si apre con irruenza.
Il
mio amante continua a baciarmi sulle labbra, un po’
timidamente.
È
chiaro che devo fare tutto io: neanche a pensarlo e inizio a toccarlo
ovunque; le mie mani scivolano nella sua giacca e gli toccano il
ventre.
Lo
sento gemere appena.
Si
impossessa del mio collo e poco dopo inizia a toccarmi il sedere.
Decisamente
non lo facevo così sveglio… e pensare che
sembrava timido!
Continuiamo
a baciarci e a levarci piano gli indumenti di dosso; scivolando sul
materasso.
Non
riesco a pensare più a nulla, ma solo ai bicchieri di troppo
e a quello spinello che ci ha confusi.
L’immagine
annebbiata di Goten nella mia testa non riesce a togliere
l’attenzione da quell’attimo di passione che sto
vivendo.
Mi
concedo, a Zac, in quel letto. Il mio letto.
16
Novembre
Il
rumorino tedioso della sveglia mi ridesta dal sonno.
Ho
un forte mal di testa e provo nausea.
Probabilmente
è il risultato per aver alzato un po’ troppo il
gomito ieri sera. Ricordo benissimo di aver bevuto birra, devil e non
so che altro per tutta la sera. Ma, dopotutto ero in un pub no?
La
finestra socchiusa si apre maggiormente e un frammento d’aria
smuove le coperte e i miei capelli, che lunghi, mi solleticano il viso
e le spalle.
Socchiudo
gli occhi e simulo una smorfia somigliante ad un sorriso.
Per
quell’attimo sento che il tempo si è fermato e io
sto bene dove sono.
Ma
è solo un attimo, perché, neanche un secondo
più tardi, l’aria torna piatta e
soffocante… nonostante sia novembre.
All’improvviso
sento muoversi le coperte e colta alla sprovvista mi volto di scatto
osservando incredula il corpo nudo di Zac al mio fianco.
I
miei occhi si sbarrano.
Di
colpo mi tornano in mente alcune immagini sfocate della sera
precedente, il bacio e poi quella corsa disparata verso la mia camera
da letto, il gusto di alcol, l’odore di spinello.
Non
posso averlo fatto davvero…
Ho
distrutto la mia dignità, ho distrutto me stessa, ho
distrutto l’ultima essenza di Goten nel mio cuore.
_Buongiorno
Principessa!_ sento la voce odiosa di Zac che mi saluta, felice.
_Vaffanculo!_
alzo la voce e imperverso contro di lui, con tutta la rabbia che ho nel
cuore.
Uno
schiaffo lo colpisce sulla guancia, ferendolo anche
nell’orgoglio.
Abbassa
lo sguardo, raccoglie velocemente le sue cose.
Poi
senza fiatare si avvicina a me e, acquistando un po’ di
coraggio mi guarda negli occhi e mormora: _non avevo intenzione di
stuprarti, né di ferirti, volevo solo farti dimenticare la
tristezza che provi e ridare vita a quegli occhi pieni di morte. Volevo
ridarti il sorriso che non hai più, avrei tanto voluto che
questa mattina al mio risveglio ti avrei trovata sorridente a
salutarmi. Avrei tanto voluto aiutarti Bra…
davvero… e sono felice che quel giorno i ragazzi mi hanno
picchiato, perché altrimenti non ti avrei mai conosciuta. E
non avrei mai visto quanto tu abbia bisogno di persone come me e quanto
io… abbia bisogno di te._ quelle ultime frasi mi fecero
rimanere di stucco, la mia vita era così importante per
qualcuno?
Ho
sempre creduto che, se fossi morta nessuno se ne sarebbe accorto.
_tuttavia…
non credo che, se dai retta alla tua testardaggine cambieranno le cose,
tu non starai meglio e non farai stare meglio gli altri. Ho provato ad
aiutarti… ma, evidentemente, ho fallito._ dicendo
ciò ed allacciandosi le scarpe esce dalla mia camera;
lasciando me nella confusione più totale. Distesa ancora su
quel letto, con il lenzuolo fino al petto e con la stessa morte di
sempre dipinta negli occhi.
19
Novembre
Il
labbro viene morso fino a sanguinare, la mano sinistra, stretta a
pugno, suda e trema. Mentre quella destra incide nel polso la mia
debolezza.
Mi
lascio sfuggire un gridolino e mi lascio cadere all’indietro
sul letto.
Getto
il taglierino a terra sfinita.
Mi
taglio sempre più spesso ed ogni volta fa sempre
più male.
Chissà
perché, per sentirmi meno pesante devo ricorrere a
ciò.
Continuo
a pensare alla parole di Zac e più ci penso e più
mi convinco che a torto, forse perché non ho la forza di
ammettere il contrario.
Mi
alzo e barcollando, raggiungo la cucina, dove vi trovo Vegeta che
impreca alla tv, guardando la partita di calcio e bevendo la solita
vodka.
Prendo
il cappotto ed esco.
Poi
cammino lenta verso il parco, con la speranza di trovare sollievo in
qualcosa, o in qualcuno.
Inutilmente
trovo solo i soliti bambini che giocano e qualche mamma distratta che
non si accorge del figlio che sta cadendo dall’altalena.
Un
pallone di cuoio tocca i miei piedi.
_scusami
signorina, me lo raccogli?_ vedo una bambina corrermi in contro
allegra. I capelli acqua marina raccolti in una simpatica codina
“a fontanella” in cima alla testa e gli occhi
turchesi pieni di vita.
Una
donna, sicuramente la madre, la guarda col sorriso facendosi
più stretta contro un uomo dall’apparenza burbera
al suo fianco.
_tieni_
dico sgarbata e la piccola raccoglie la sua palla urlando:
_L’ho presa fratellone!_ un ragazzino di pochi anni
più grande le sorrise girandosi il berretto e spostando la
visiera sul lato destro della testa.
Rimango
ferma a guardare quella famiglia. Mi ricorda tanto quella che era la
mia.
Prima
che mia madre si ammalasse e ci portava spesso al parco.
Prima
che iniziasse a tossire attanagliata dal virus.
Osservo
per l’ultima volta quella bambina che mi ringrazia con un
piccolo inchino e prima di andarmene le dico: _non permettere a tua
madre che il fumo le porti via la vita._ lei rimane perplessa e scappa
via. Sono certa che non dirà nulla alla madre che si sta
accendendo una sigaretta ignara.
E
sono certa che, presto o tardi se ne pentirà.
20
Novembre
Apro
alla svelta la porta ed entro in fretta nel Joy’s Pub.
Ordino
il solito Devil e aspetto.
Mi
guardo le numerose cicatrici sulle braccia e penso a quanto faccia
schifo la mia vita.
Sento
la porta aprirsi e istintivamente mi volto ad osservare chi entra.
Con
stupore, noto che si tratta di Zac.
Ma
che diavolo ci fa di nuovo qui dentro?
Si
siede affianco a me, ma non mi degna di uno sguardo, ordina un cokital
e aspetta: proprio come me.
Voglio
parlare, questo silenzio mi uccide, le sue parole mi tornano in mente e
mi tramortiscono ancora. Devo fare spazio nella mia testa.
Mi
giro, lo guardo e aspetto che faccia lo stesso. Ma, con mia sorpresa
non lo fa.
_perchè
fai come se non ci fossi?_ chiedo dura all’improvviso.
_perchè
l’ignoro è quello che ottieni comportandoti da
sciocca_ risponde cinico
_comportarmi
da sciocca? Scusa se ci sono rimasta male a ritrovarmi nuda al fianco
di un ragazzo, del quale conosco poco niente!_ alzo la voce e corruccio
le labbra.
_NON
E’ SOLO PER QUELLO! E’ TUTTO L’INSIEME!!!
IO TI AMO E STO MALISSIMO PERCHE’ MI TRATTI SEMPRE COME UN
CANE E FRANCAMENTE SONO STUFO DI CORRERTI DIETRO!_ urla liberandosi di
un peso
Rimango
zitta però a riflettere su quelle due paroline.
_tu
non mi ami_ replico, bevendo un sorso del mio Devil, che nel frattempo
era pronto.
_lo
dici tu…_ mi risponde, dopo attimi di silenzio.
Poi
vedo che prende fiato e prosegue: _quello che provo non sta a te
deciderlo e, sono più che certo che anche tu provi qualcosa
perché ho visto il tuo sguardo quando facevamo
l’amore!_ mi dice diventando leggermente rosso sulle gote.
_ERO
UBRIACA E NON ABBIAMO FATTO L’AMORE… MA SOLO
SESSO!_ incalzo, convinta di aver ragione.
_sesso
o amore non ha importanza perché eravamo insieme…
e tu non eri ubriaca eri FELICE! Senza quella maschera da ragazza
impenetrabile e dura che porti sempre credendo di apparire
più forte…_ si avvicina al mio orecchio e
sussurra _ ma la verità è che per essere forti
non basta comportarsi male, la vera forza spesso sta
nell’accettare l’aiuto altrui. Lascia che ti
aiuti… che sia con te per sempre!_ la sua è quasi
una supplica e una persona normale si sarebbe già buttata
tra le sue braccia, ma io non posso farlo.
Devo
resistere e dimostrare che la forza è quella che dico io.
Tuttavia
le sue parole mi fanno riflettere e non capisco più niente.
Chiudo
gli occhi e cerco una soluzione
26
Novembre
_ciao
Bra!_ entra e mi saluta con un bacio a stampo sulle labbra.
Mi
ha chiesto il fidanzamento e io ho accettato. Ma non ne sono convinta.
Il
ricordo di Goten è ancora troppo vivo in me, mi dispiace non
ce la faccio.
Quando
mi dice “ti amo” non rispondo mai
“anch’io” non riesco.
Io
sono la sua ragazza, ma lui per me non lo è.
_ciao
Zac_ rispondo.
Parliamo
un po’, fa battutine stupide sulle cose appese in camera mia,
ma non rido.
_che
ti succede?_ mi chiede
_nulla…_
dico
Avvicina
il suo viso al mio, ma mi scanso.
_Bra?!
Cosa c’è…_ mi fissa storto come per
chiedere spiegazioni
_non
c’è nulla è solo che…
_MI
AMI?_ mi spiazza completamente, non so cosa rispondere.
_non
lo so… _ rispondo sincera e sento che si alza e va verso la
porta.
_vedi
di scoprirlo in fretta, non mi piace essere preso in giro._
_scusami,
ma io non ho mai detto di amarti… qualche giorno fa al
Joy’s mi hai trovata più debole del solito._ dico
amareggiata.
_non
pensavo potessi essere talmente stronza_ esce da camera mia sbattendo
forte la porta.
La
cosa mi fa un po’ male, anzi molto… non avevo mai
visto Zac così arrabbiato.
Sono
in procinto di tagliarmi quando mi alzo ed esco di fretta dalla porta.
Cammino
silenziosamente e come al solito, vedo la mora dinnanzi alla tomba dei
figli.
Sta
volta però non piange.
Non
trova più la forza per farlo, deve mostrarsi forte e i forti
non piangono.
_
ti vedo triste cara… che ti è successo?_ mi
chiede la donna, si può dire che mi conosca oramai.
_
litigato… _ rispondo
_
Goten avrebbe voluto avere figli, ricordo che da piccolo, insieme ad
una sua compagna giocavano alla famiglia… avevano due
bambini Jackson e Alexis, si chiamavano. È incredibile come
le cose possano capovolgersi._ sospira.
_
lo so…
_
lui vorrebbe vederti felice, non così, scommetto che se ti
vedesse si maledirebbe nel vederti soffrire in questo modo. Nei tuoi
occhi c’è il dolore, si vede… Devi
reagire, devi trovare la forza per farlo. Solo così non ti
peserà più la sua morte… certo,
farà ancora male, ma imparerai a conviverci e scommetto che
lui si sentirebbe meglio. Fatti una famiglia, fai ciò che
lui avrebbe voluto fare._ mi dice e le sue parole mi fanno riflettere.
Osservo
la lapide con la sua foto, mentre una lacrima mi sgorga
dall’iride destro.
Con
la mano pallida tocco il vetro con la sua foto.
Piango,
piango, piango…
Sto
piangendo la mia anima, affinché ne nasca una nuova.
Stringo
i pugni e abbraccio il granito della sua tomba.
Goten,
ti amo, ti ho sempre amato… voglio esserti fedele a vita, ma
non so se ci riuscirò… Zac è riuscito
a farmi sorridere.
No,
non lo amo, ma gli voglio bene, un bene diverso dall’amore,
un bene fraterno.
Tengo
a lui, ma non provo le emozioni che provavo con te…
Amore
mio, scusami, se non sono come tu vorresti che io sia.
28
Novembre
Guardo
la strada davanti a me e il ragazzo al mio fianco.
Ero
andata a casa sua per chiedere chiarimenti, ma un malore improvviso ha
rimandato il tutto.
Sto
andando all’ospedale e Zac mi sta accompagnando.
_senti…_
provo ad esordire
_stai
zitta! Non ti affaticare_ risponde, ma in modo freddo.
_no,
non sto zitta! Ti devo spiegare che…
_non
c’è niente da spiegare. Se non il fatto che mi hai
preso per il culo sin dal giorno in cui ti ho incontrata!!!_ inizia ad
alzare la voce
_ma
non
_LASCIAMI
FINIRE! IO TI HO SEMPRE AMATA!!! SEMPRE… e tu? Come mi
ripaghi? PRENDENDOMI PER IL CULO!_ ora sta urlando
_MA
NON E’ VERO!!!! NON E’ VERO!_ urlo
anch’io agitandomi, mentre il ventre mi fa male.
_TACI!!!
TACI BRA PER FAVORE!!! LO SAPPIAMO TUTTI E DUE CHE MI STAI PRENDENDO
PER IL CULO!!!_ si volta dalla mia parte e mi fissa.
_MA
COSA CAZZO DICI!! IO…_ io?? Avanti Bra non lo sai nemmeno tu
che vuoi dire.
_ECCO
VEDI?! SEI SOLO UN’ OPPORTUNISTA!!! UNA PUTTANELLA!!!_ dopo
averlo detto però si blocca, come si se fosse pentito, ma
ciò non importa, ci sono rimasta male lo stesso.
_vaffanculo
Zac… _ sussurro e ciò lo fa distrarre dalla
guida. Mi guarda e si avvicina a me…
_Bra,
senti io…_ rivolgo una rapida occhiata alla strada.
_ZAC
ATTENTO!!!!!_
…
il buio…
18
Dicembre
Vedo
Zac, dal vetro dell’ospedale, abbiamo avuto un grave
incidente.
Io
solo una piccola frattura al braccio, ma lui è entrato in
coma celebrale.
Il
dottore ha detto che ci sono pochissime speranze di vita.
Su
una panchinetta del corridoio ospedaliero osservo come ci sia molta
gente che soffre, che piange, che sta male.
Non
era forse quello che volevi Bra?
Vedere
la disperazione sugli sguardi delle persone?
No
non mi fa sentire meglio, perché sto soffrendo
anch’io.
Non
è valido però… ho sofferto
più io di tutte queste persone messe assieme.
Ho
la sfiga dalla mia, sono destinata a non essere amata.
Perché
tutte le persone che amo muoiono.
Vedo
la malinconia e la tristezza addosso a tutti e mi incupisco di
più.
Nemmeno
il taglierino mi farebbe sentire meglio.
Guardo
in alto e invoco…
Goten,
ti prego salvalo… fallo per me… fallo
perché mi hai amata e perché ti ho amato. Rendimi
felice… avevi detto che lo avresti fatto a qualunque costo,
bene lo voglio ora, salvalo e rendimi felice! Ti prego…
22
Dicembre
La
situazione è sempre la stessa e io sono sempre li, sulla
panchina del corridoio ospedaliero.
A
sperare, a sperare in un miracolo.
Ho
pregato.
Ho
pregato tutti.
Goten,
mia madre, il fratello di Goten, tutti.
Ho
chiesto aiuto a tutti, ma ancora niente.
Zac
morirà e io non posso impedirlo.
Mi
sento svenire al solo pensiero.
Mi
sento il nodo allo stomaco e inizio a piangere, vedo le lacrime
macchiare i miei jeans. Perché ti accorgi di amare una
persona solo quando stai per perderla?
Mi
sento male, voglio morire anch’io.
Improvvisamente
l’aria si anima, tutti corrono di qua e di là.
Sento
i dottori vociare fra di loro e non capisco nulla.
_che
è successo? _ chiedo ad uno di loro.
_il
signor Zac Pryse è uscito dal coma, è fuori
pericolo!!!! Non era mai successo!!!_ mi dice un signore baffuto,
dall’aria contenta.
Non
ci credo.
Sorrido.
Il mio sguardo si illumina.
Svengo.
26
Marzo
_hai
stretto bene?_ chiedo a Chichi, la madre di Goten, eludendo ai lacci
sulla schiena del mio abito.
_si
si tranquilla!_ mi sorride _ queste perle sul corpetto sono bellissime
_ lo dice con occhi sognanti come se non avesse mai visto niente di
più bello.
_lo
so… _ sorrido emozionata, aggiustandomi i lunghi guanti.
Mi
sento benissimo, se potessi volerei.
La
donna mora appoggia una mano sul mio ventre.
_come
stanno?_ mi chiede
_bene_
rido, ma rido di gusto.
Io
Bra Brief! Ricca, Bella, con un marito, dei figli.
Lo
pensavo prima di conoscere Goten, e una volta morto sbeffeggiavo questo
mio stesso pensiero.
Eppure
mi rendo conto che è proprio ciò che sono
diventata.
Zac
e i due piccoli tesori che ho in pancia e che stanno per nascere fanno
di me la ragazza più felice della terra.
E
fra sette mesi saremo una cosa sola: io, Zac, Jackson e Matilda.
La
musica nuziale, il sorriso dei presenti, il bouquet fra le mani.
Sono
gigli… i fiori preferiti di mia madre.
Vedo
il viso di Zac illuminarsi appena entro in chiesa.
Mi
avvicino al mio futuro sposo.
Cerco
con lo sguardo Vegeta, ma non lo vedo anche se l’ho invitato.
Probabilmente
sarà a casa a rodersi lo stomaco con la vodka.
Fa
niente, questo è il mio giorno e non devo rovinarlo.
Mi
avvicino al prete e al mio ragazzo.
Gli
anelli al dito, la promessa di amarci.
Il
bacio nuziale.
Il
“ti amo” sussurrato.
Occhi
negli occhi.
Azzurro
con azzurro.
Bra
e Zac.
Sta
volta per sempre.
Noi
contro tutti.
Nessuno
ci dividerà mai.
Per
nessun motivo.
_
vuoi tu Bra Brief prendere il qui presente Zac Pryse come futuro sposo
e amarlo e onorarlo finché morte non vi separi?_
Alzo
gli occhi al cielo.
Goten…
La
notte alla baita.
I
braccialetti con i nostri nomi.
La
moto a terra.
Il
natale più bello della mia vita.
I
fuochi d’artificio.
Ti
amo.
Ma
non posso vivere con un angelo.
Ti
ho chiesto di rendermi felice…
e…
non
potevi fare in modo migliore…
Grazie
amore mio…
_si!
Lo voglio!_
The
end
Ok
questa fa moooolto più schifo dell’altra, ma,
poiché mi hanno chiesto di fare un seguito e avendo deciso
di farlo, non sono riuscita a fare altrimenti. Anche perché
non avevo nessuna idea per la testa ^^’
Non
sono per niente soddisfatta del mio operato.
Ed
è soprattutto per questi motivi che ho deciso di rivederla
aggiungendo una parte centrale che come mi hanno fatto notare (grazie
pucci) mancava totalmente.
Ma
spero comunque in una recensione, anche negativa.
Un
bacio a tutti e grazie dell’attenzione… vostra
aky^^
Ah!
Poi una cosa… come alcuni mi hanno fatto notare, questa
potrebbe anche essere una ff originale.
Ma
poiché “my life” ha partecipato ad un
concorso nel fandom di Db, ho preferito non alterare la storia ^^
Ho
messo alcuni piccoli riferimenti della fic precedente a questa ^^
“my life” appunto.
Ringrazio,
chi cortesemente ha lasciato una recensione alla precedente,
alimentando il mio orgoglio XD
Ho
inserito una specie di “Bonus” (cap. 2
–che non si può definire proprio tale-)
Per
chiudere definitivamente la vicenda (con mio dispiacere)
Questa,
ma soprattutto la prima, mi hanno trasmesso un sacco di emozioni nello
scriverle e spero che almeno una parte di esse arrivino a voi nel
leggerle.
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