Notte
L. ARC
Prologo - Notte
Era una notte buia, il
cielo nero come se le stelle e la luna fossero state inghiottite dall’oscurità,
l’aria era densa di presagi. Lungo la via principale di una città ancora
inconsapevole un Pokemon camminava tra le squallide macchie di luce dei
lampioni, invisibile ai passanti indaffarati anche a quell’ora di notte. La
creatura in questione doveva essere un Manectric, a giudicare dal brillante mantello
giallo dorato e blu elettrico. Ad un osservatore distratto sarebbe potuto
sembrare un esemplare comunissimo, magari insolito per quella zona, ma comunque
molto banale. Quello che un occhio vago non avrebbe senz’altro notato era lo
sguardo che quel Pokemon aveva: i suoi occhi ambrati erano inondati di una
tristezza ed una rabbia quasi innaturali per una creatura che si supponeva non
avere sentimenti o pensieri umani. Il Manectric attraversò silenzioso la città
indaffarata sotto il cielo vuoto e raggiunse l’edificio che fungeva da
frontiera tra la città e la zona selvaggia attorno; vi entrò e sedette davanti
alla mappa della regione, assorto come se la stesse consultando, il suo sguardo
vagò per qualche istante dal punto in cui si trovava, all’estremo ovest della regione,
lungo il fiume che la percorreva dal centro fino alla costa della penisola
circolare a sud-ovest, con un’alta montagna proprio al centro, poi si spostò
sulla bassa catena montuosa circondata da foreste a nord e ai numerosi golfi e
insenature decorati da ghirigori di fiumi costieri a sud. Annuì una volta, come
se avesse memorizzato ogni cosa, gettò un’ultima occhiata alla disposizione e
alle strade che univano le città principali e uscì dando le spalle alle fredde
luci della città, lasciandosi abbracciare dalle tenebre.
Vagò ai margini dell’erba alta, facendo attenzione
a non svegliare i Selvatici addormentati, alla ricerca di una tana tranquilla
per riposare, si fermò un attimo per leccarsi la zampa anteriore destra
percorsa da una lunga cicatrice grigia e senza pelo e poi cominciò a fiutare
attorno, con aria assorta. Fu probabilmente per questo che si accorse del
pianto disperato che scaturiva nel buio davanti a lui solo a diversi secondi di
distanza dall’urlo.
In quello sfogo di
corde vocali percepì un dolore grande quanto il suo, ma privo dell’accettazione
che invece ormai albergava in lui. Le sue zampe si mossero veloci,
trascinandolo attraverso la boscaglia verso la fonte di quella disperazione;
quando arrivò, inizialmente non notò la fragile figura rannicchiata tra le
radici dell’albero accanto a lui, poiché venne sopraffatto da un terribile
odore: sangue. Guaì per la sorpresa, mentre la sua mente veniva affollata dai
ricordi confusi del giorno in cui aveva perso tutto ciò per cui aveva
combattuto, ma il flusso della sua memoria fu interrotto dall’esclamazione di
una ragazza, la sorgente di quel pianto. Svolse i suoi vestiti macchiati,
passandosi una mano sul viso per strappare via le lacrime, tra le sue braccia
il corpo esanime di un Pokemon quasi irriconoscibile, per quanto era sfigurato,
probabilmente un Wartortle. Il Pokemon elettrico arretrò davanti a quella
raccapricciante visione, i denti già scoperti in un ringhio d’avvertimento.
Ma non c’era alcuna
minaccia negli occhi verdi di quella ragazza, solo sgomento per un avvenimento
per lei incomprensibile. Mormorava qualcosa, rivolgendosi al malcapitato
Manectric con occhi folli
–Perché… ? Perché questo?
I Pokemon non muoiono combattendo, lo sanno tutti! Vanno solo KO per poco… no?-
chiese improvvisamente, supplichevole,
come se il Pokemon ancora vivo potesse risponderle. La cosa straordinaria però è che fu così. La
giovane, pur nella sua disperazione, riconobbe negli occhi dell’essere che la
fronteggiava una conoscenza che lei non possedeva, l’esperienza di chi ha già
affrontato troppa sofferenza, di chi ha visto la morte e vi è scampato, di chi poteva
comprendere ciò che stava provando. Infine, anche se non ne fu sicura, le
sembrò di cogliere in quegli occhi duri anche un briciolo di pietà.
Allungò la mano verso
il Pokemon che aveva davanti, al contempo intimorita ed affascinata; questi
dapprima si ritrasse mugolando minaccioso, ma poi si lasciò andare al desiderio
di sentirsi di nuovo protetto, di avere qualcuno a cui affidarsi e per cui
lottare, di avere una nuova famiglia. La ragazza riuscì allora,
appoggiandosi a lui, a rialzarsi dalla
polvere, scostandosi dal viso i capelli castani appiccicosi e intrisi di sudore,
a raccogliere il corpo spezzato del suo fidato compagno, ucciso a tradimento dal
Megapugno di un maledetto Kangaskhan selvatico, a comporlo come meglio poté e
poi, facendosi aiutare anche da un incredulo giovane Vibrava con il suo Fossa,
scavò una grossa buca per contenerlo, ve lo depose e poi, sul tronco dell’albero
sotto il quale aveva visto le sue certezze crollare, incise queste parole: a Lock, grazie per avermi insegnato a vivere,
per te scoprirò perché sei dovuto morire.
Quindi ricoprì la buca
di terra, segnò il posto con una X sulla sua mappa portatile e asciugandosi
ancora una volta le lacrime sussurrò, in direzione del Manectric che l’aveva
aiutata a reagire –So che anche tu ci sei passato, vuoi aiutarmi a capire perché
tutto questo?-
Il canide elettrico
lanciò un deciso latrato.
Angolo dell’autrice
Rieccomi finalmente!
Ho buttato giù questa nuova storia per merito e colpa dei miei cari amici Dark
Flower e Finnick_Odair, entrambi alle prese con una long.
Stavolta darò vita
alla mia “specialità”, storie deprimenti! Spero che tutti voi conosciate la
Nuzlocke Challenge di Pokemon, renderà alcune cose chiare fin dal principio, ma
anche se non fosse… fa niente!
I personaggi saranno
tutti originali, così come l’idea di questa storia. Spero davvero di avervi
incuriositi, perché ne vedrete delle belle per un bel po’, se riuscirete a
punzecchiarmi abbastanza da continuarla XD
(un appunto: non credo
che racconterò la storia di Manectric, ma in pratica lui è il protagonista
della mia “Lode agli ultimi eroi”, per cui se volete sapere perché è così…
servitevi pure!)
A presto
Flamebreath
|