Attenzione: non scrivo assolutamente a scopo di lucro, le
persone citate non mi appartengono (Denise sì, ma lei non esiste) ed è tutto
frutto della mia mente malata!
Da quanto tempo è che mi sto guardando allo specchio? Non lo
so.
In cucina c’è la mia Meredith. La mia piccola peste di
quindici anni. È mia sorella. Io ho diciotto anni e lei ne ha quindici. Eppure,
siamo praticamente identiche. O sono io bassa per la mia età, o lei è alta per
la sua, perché altre soluzioni non ci sono. Insieme facciamo trentatre anni. I
trentatre anni più temuti di tutta America. Perché? Due demoni. Siamo due
mostri, i più sanguinari di tutti, appunto. Sono il terrore dei bambini, l’incubo
delle donne e la paura più nascosta degli uomini. I vecchi della comunità umana
accanto alla nostra, raccontano solo delle leggende della, appunto, leggendaria
Denise e della sua sorellina Meredith. Le leggende variano sempre di volta in
volta, perché ogni volta che un vecchio la racconta, gli succede qualcosa. Per
cui, potete immaginare bene il terrore che provano anche solo ad accennare a me
o a mia sorella. Eppure… non siamo poi così dei mostri. Cioè, mettiamola così.
Non sembriamo mostri, però lo siamo eccome.
La mia sorellina è un demone volpe. È fantastica quando si
deve combattere e quando deve mangiare. Io? Ah sì, io… beh, io sono un demone
drago. Lei ha gli occhi gialli, fanno quasi paura ad essere sincere, mentre i
capelli sono fantastici, rosso ramato. Il viso paffuto e il fisico di una
modella. È troppo bella, poi ha anche delle strane cose ai capelli, delle
trecce rosso sangue con le punte nere. Non so cosa siano, è da quando è morta
la mamma che cerchiamo di capire. Lei, anche la mamma era una leggenda. Maddie,
sanguinario demone alato. Leggendaria anche la sua bellezza. Me la ricordo.
Pallida come un lenzuolo, occhi neri come la notte e capelli bianchi e neri.
Sì, bianchi e neri, perché sotto erano bianchi e sopra erano neri. Io e
Meredith siamo nate da un incrocio. La mamma era un demone alato, mentre i
nostri padri erano, il mio, un cavaliere di drago, quello di mia sorella, un
demone volpe. È morta due anni fa, lasciando me e Meredith da sole. Ma nella
nostra comunità non è un problema. Sappiamo badare a noi stesse, io e la mia
sorellina.
<< Deni, andiamo a scuola? >> mia sorella spunta
da dietro di me, guardandomi con i suoi splendidi occhi gialli. Ecco perché mi
sto guardando allo specchio. Stavo cercando di capire come vestirmi. Oggi ho gli
occhi… rossi. Okay e i capelli sono sempre neri. Sì, una mia particolarità, è
che cambio colore degli occhi. Ogni tot di tempo, cambiano colore e, appunto,
ieri erano gialli come quelli di Meredith. Come ho detto prima, la comunità
degli umani accanto alla nostra, sa solamente che siamo delle persone normali.
Cioè, normali, oddio, che siamo diversi da loro. Ma non sanno che siamo demoni
o cose così. Sì. Mia idea, quando appunto era morta la mamma abbiamo deciso di
fare un consiglio cittadino. Io e Meredith abbiamo partecipato, anche se lei
aveva ancora otto anni ed io solo tredici. Eravamo piccole, ma comunque
obbligate a partecipare, perché la mamma era una nobile, tipo una principessa.
E noi, abbiamo ereditato il suo patrimonio e il suo titolo nobiliare, abbiamo
ereditato tutto. Sì, tutto.
Ma se io non mi vesto in fretta, ho il sospetto che io e la
mia sorellina cominceremo a litigare. E a me non piace litigare con Meredith,
perchè lei ha sempre stramaledettamente ragione. Sorpasso il letto e apro l’armadio,
infilandomi il maglione nero e degli short rossi con degli stivali neri. Li amo
perché hanno il tacco che cambia insieme ai miei occhi. Non lo so come
facciano, so solo che me li ha lasciati la mamma. Sono perfetta. Neanche mi
trucco, non ho proprio voglia. La mia sorellina è accanto a me, con le sue
solite maglie giganti e i pantaloni al ginocchio. Siamo identiche se non per il
colore degli occhi e dei capelli. Per la statura andiamo alla pari. Non
capisco, evidentemente suo padre era uno spilungone… o il mio un tappo.
<< Certo Meri, andiamo! >> e mi si spalancano
sulla schiena sue ali nere, squamate. L’ ho detto no che sono un demone
drago!?!? E questo comporta sputare fiamme, ghiaccio, e volare. Volare, quanto
amo volare. A mia sorella spunta una coda rossa. Ah, è vero. La gara. Ogni
mattina io e mia sorella facciamo una gara per vedere chi arriva prima a
scuola. Nella nostra comunità siamo tutti in un solo edificio. Dai cinque ai
venti. Beh, certo… ci sono fasce di età. Mia sorella è già partita, balorda!
Spalanco la finestra e mi alzo in volo, spalancando le ali. Ho già detto che
amo volare? È una sensazione fantastica, il vento tra i capelli, gli occhi che
pizzicano… è veramente bellissimo e credo che sia la cosa più bella di essere
un demone alato, come la mamma. Toh, ecco la mia sorellina che corre. Mamma
mia, è velocissima anche lei senza neanche volare. Wow, mi sorprendo sempre di
più di quanto è una grande. È la mia sorellina, e gongolo piena di orgoglio
verso quell’esserino che… che sta per vincere la gara, eh no! Sbatto le ali
nere ancora più velocemente e devio a destra. Che cattiva che sono, è una
scorciatoia che ho scoperto io quando ancora la mia Meredith non c’era. E non
gliel’ ho ancora detta. Sono un mostro di sorella, appunto. Plano delicatamente
e appoggio i piedi a terra, mente le ali si richiudono sulla mia schiena. Una
cosa bella della mia scuola, è che ognuno ha sempre i libri lì e non devi
uscire con la cartella, come vedo spesso gli umani dall’altra parte. Mi
appoggio delicatamente al portone. Sono la prima, come sempre. In lontananza
vedo arrivare la mia sorellina. Quando si trasforma è così tenera!!! Ehi, sarò
anche il terrore dell’America, ma ho anche dei sentimenti verso la mia
sorellina minore, no?
Basta, ho deciso. Un giorno di questi, taglio la scuola e
vado dall’altra parte a vedere come si vive. Mi danno una pacca sulla spalla, e
io so perfettamente chi è. È Michael, il mio migliore amico. Lui è un demone
serpente. Siamo molto simili, io e lui, per questo è il mio migliore amico.
Odio la scuola, come qualunque altro studente sulla faccia della terra. Oh,
ecco la mia sorellina. La coda scompare sotto il suo vestito e le mani e i
piedi tornano ad essere umani. È inquietante, ma lei si trasforma quasi
completamente, le mani diventano zampe, come anche i piedi. E poi, ci sono
anche gli artigli. Cavolo, ho ancora la cicatrice di quando era una gagna e mi
aveva graffiato sulla schiena.
<< La prossima volta vincerò io, sorellona. >> e
con un bacio sulla guancia si allontana da me, per entrare in classe. È così
tenera!
<< Non gliel’ hai ancora detta la scorciatoia?
>> diretto e schietto. È questo il mio migliore amico! Scuoto la testa,
con un sorriso maligno sulle labbra. Lui scoppia a ridere. È l’unico che mi
conosce a fondo. Lui è l’unico, e basta. E oltretutto, si sta leggendificando
anche lui. Ma nessuno potrà mai competere con me, Meredith e la mamma. Siamo le
più temute di tutti. Entriamo insieme nell’edificio. Sembra un castello, sì,
direi di sì. Ci sono quattro torri. Nella prima, quella più alta, ci sono gli
uomini della comitiva, che fanno lavori d’ufficio. Ah, vero, prima di scienze
anatomiche devo andare a ritirare i soldi. Poi, vediamo, nella seconda, un po’
più bassa, ci sono i quindicenni e i ventenni. Poi le torri sono sempre più
basse mano a mano che si va verso destra. Vado al mio armadietto. Il numero
uno. Perché io sono il numero uno. Sono la più potente, la più bella, e
non lo dico per vantarmi, la più perfida, e poi tutte le altre cose che per un
demone possono contare veramente. Prendo i libri di scienze anatomiche, umane
ovviamente, e aspetto Michael al primo bivio tra due corridoi. La scuola si sta
riempiendo.
Quelli della mia classe mi guardano quasi male. Alcuni mi
odiano, non so il motivo a dire il vero, ma mi va bene così. A me basta la mia
sorellina e il mio Michael per stare bene. Eccolo, appunto. Mamma mia, è bello
sì, ma quanto si gonfia!! Sembra un tacchino del giorno del ringraziamento. Una
volta ho ammazzato una coppietta al giorno del ringraziamento. Ah, che bei
tempi quelli! La scuola era ancora troppo semplice per la mia testa. Avevo così
tanto tempo da passare con mia sorella e con me stessa, che quel periodo mi
manca troppo.
<< Andiamo? >> annuisco e mi avvio a fianco del
mio migliore amico per il corridoio. Se c’è una cosa, che proprio non sopporto
per nulla, è quando dicono che Michael è omosessuale perché è sempre con me. Ed
è quello che sta succedendo adesso, appunto. Deborah, la figlia del sindaco,
se si può dire così, si sta avvicinando con il suo gruppetto di demoni felino.
Sono così… stramaledettamente superiori! Le odio più della peste, e non c’è da
scherzare perché una decina di anni fa, c’è stata un’epidemia.
<< Sapete della festa ragazzi? – sto per risponderle
per le rime, quando lei ricomincia a parlare. – Oh, scusa. Ragazze. Chi
di voi due farà l’uomo? >> hai esagerato adesso, bella mia. Non me ne
accorgo neanche, che il mio viso si allunga e le mie unghie diventano nere
allungandosi di qualche centimetro. Le mani diventano zampe, come anche i
piedi. Mi guardo la zampa destra. Rosso sangue. Come gli occhi. Ah, sono sicura
che si sono allungati assieme al volto e sono diventati come quelli di un
gatto. Mi rispecchio nelle lucide unghie nere, cavoli, venti centimetri!, e mi
vedo, più terrificante che mai. Metto le zampe sui fianchi, mentre sento che
nel mio secondo stomaco, ne ho due perché uno è per il fuoco, l’altro per il
ghiaccio, sta ribollendo qualcosa. Lava. Caldo, fuoco. Fantastico. Socchiudo la
bocca, i denti lunghi mi fanno male a tenerla chiusa. Sono terrificante, lo so.
Lancio uno sguardo al mio amico, che ha scosso la testa sconsolato. Gli da
fastidio che prenda le sue difese, ma io non ci posso fare niente. Anche
Deborah si è trasformata. È molto simile alla mia sorellina, solo che Meredith
è una volpe, e Deborah è una tigre. Siamo pronti alla battaglia, come sempre.
La prima è lei, si scaglia verso di me con un ruggito spaventoso, provando ad
addentarmi il collo, che si è ricoperto di squame. Eh no stella, ho la pellaccia
dura io! Sorrido beffarda, mentre i miei artigli si piantano nell’incavo tra la
spalla e il collo, e mi alzo in volo, spalancando le ali. Fortunatamente, i
corridoi sono tutti al piano terra e sono chiusi da grandi vetrate. Spacco il
vetro sulla mia testa, tanto ormai ci sono abituata. La porto su, su, fino a
superare le cime degli alberi. Poi, con un grugnito, la lascio cadere di sotto.
La sua espressione è di puro terrore. Mai sottovalutare un demone drago.
Soprattutto se sono io quel demone. Scendo in picchiata e atterro
delicatamente nel punto in cui ero prima, tendendo le braccia in avanti. Uno…
due… e… BOOM! Tre. Come avevo previsto, Deborah mi è caduta in braccio, perché
andiamo. Con gli esseri umani è meno divertente, perché loro sono così deboli… sono
morti di paura appena mi trasformo. Invece è divertente combattere contro
quelli della mia specie. Entrambe ci trasformiamo nuovamente in due ragazze.
Lei ha dei tagli nella schiena, dove c’erano i miei artigli. Mi lecco le dita.
È inebriante il gusto del sangue. Sono un mostro, e ne vado fiera. Mi chino
davanti a Deborah, che come un felino si sta leccando le ferite.
<< Impara a sottostare agli ordini cara. >>
sibilo. Amo sibilare. Mi viene così bene, dato che ho la lingua come quella dei
serpenti. << Andiamo Mich. >> lo chiamo con un gesto della mano e,
affiancati, partiamo per l’ora di lezione.
<< So difendermi da solo, lo sai questo? >> mi
chiede lui, corrucciato. Lo so, anche se non lo vedo. Lo conosco meglio di me
stessa alla fine della fiera. Sbuffo, ogni volta la stessa storia.
<< Avevo voglia di litigare con qualcuno e Deborah è
stata la prima. >> rispondo io con un gesto della mano. Scuote la testa.
Lo sento. Devio a destra e salgo la rampa di scale, con dietro Michael che
borbotta qualcosa che non riesco a capire. Spalanco la porta di legno nero
davanti a me e guardo sorridente l’uomo dietro alla scrivania.
<< I soldi capo. >> ah, vero, io lavoro come
sicario, anche. Ci sono alcune persone, dall’altra parte, che pregano affinché
qualcuno muoia o che gli venga fatto del male. Ed eccomi qui, apposta per loro.
Certo, non sono io che li sento, ma appunto, il mio capo. È un demone
pipistrello. Sente gli ultrasuoni e anche i pensieri più cattivi che vengono
dall’altra parte. Dall’altra parte… ci andrò, sono sempre più convinta. Il capo
mi guarda. Ha paura di me, o forse dovrei dire che ha paura di mia madre. Era
un suo pretendente. Lo so. Ci è rimasto malissimo quando è morta. Beh, certo,
anche io e Meredith, ma lui di più, perché lui amava la mamma. E adesso, mi sta
dando lavoro per mettersi la coscienza a posto. Crede che la mamma possa
tornare da lui e odiarlo per quello che non ha saputo fare per salvarla.
Povero, mi fa quasi pena.
<< Eccoli, drago nero. Complimenti, sei stata
bravissima. >> e ne dubitavi? Chi ha paura di me, mi chiama Drago Nero,
anche se non sempre sono nera. A volte sì a volte no. Solo le ali rimangono
nere. E sono bellissime a parer mio. Beh ovvio, sono mie. Mi lancia, con un
sorriso tirato, un gruzzoletto di monete. Monete… si tante, tante monetine
tintinnanti. E queste, vanno nella cassa. La mia Meredith non mi conosce come
Drago Nero. Cioè, sì, mi conosce come Drago Nero, non come sicario Drago Nero.
Forse è un po’ troppo complicato spiegarvelo così, senza un inizio. Ma capitemi.
Strizzo l’occhio al capo e mi dirigo immediatamente fuori dalla stanza. Scendo
nuovamente le scale e ritorno nel corridoio principale, con Michael dietro che,
imperterrito, continua a dire che secondo lui non è il caso che me la prenda
tanto per le cose che gli dicono. Ma io non ci posso fare nulla, sono così e
basta. Anche quando vogliono fare qualcosa alla mia sorellina, sono una di
quelle che in prima fila la difende. Perché io lotto per le persone a cui
voglio bene.
Entriamo in classe e, come sempre, la professoressa mi
guarda con paura. Oh, andiamo! Basta che non mi facciano arrabbiare e sono un
agnellino!! Faccio una smorfia e mi siedo al mio solito posto, nell’ultima
fila.
<< Ehm, Denise? – uh? – Il preside vorrebbe vederti.
>> annuisco. Cavolo, mi sono appena seduta! Mi alzo stancamente e mi
dirigo nell’ufficio del preside. Seconda torre. Ultimo piano. Cavolo, ma vuole
proprio farmi morire!?!? Salgo i gradini a due a due, busso alla porta ed
entro. Mi siedo, incrociando le braccia al petto.
<< Volevi vedermi? >> sono l’unica in tutta la
scuola a poter dare del tu al preside. Per tutte quelle volte che ci sono
finita…
<< Sì, esattamente. Abbiamo un problema. – continua.
Avanti, non ti mordo mica! – Alcuni dall’altra parte, ti hanno riconosciuta.
Cioè, non sanno che ti chiami Denise e che sei un mezzo demone… >> lo
interrompo con una mano.
<< Demone, prego. >> odio quando mi
chiamano mezzo demone. Solo perché mio padre era un cavaliere di draghi o
quello che era. Io sono un demone. Quello che conta è
questo.
<< Sì, come vuoi… e comunque, ti hanno riconosciuta.
Sanno che c’è un me… demone, che ammazza quelli di là. Cos’ hai
intenzione di fare? >> mi guarda, spaesato. Che vuoi che ne sappia io??
Ho diciotto anni, non cinquanta, se non di più, come te. Che cavolo, tutti mi
considerano una ragazza troppo grande. Mettetevelo in testa: IO HO SOLO
DICIOTTO ANNI!!!
<< Nulla. Al prossimo incarico vedrò di non farmi
beccare. >> semplice, concisa, diretta. Come me. A volte, fanno morire
dal ridere. Gli anziani della comitiva, a volte vengono a chiedere consiglio a
me. Fanno troppo ridere, perché Meredith si diverte a farli spaventare a morte,
dicendo che sono malatissima grave o altre balle del genere. E loro ci credono
sempre! Va beh, oh cavolo! Stava parlando e io non l’ ho ascoltato…
<< Scommetto che non mi hai ascoltato. – annuisco.
Beh, per essere un uomo, le capisce le ragazze! – Perfetto. Allora, la cosa
migliore è che tu non abbia più incarichi per qualche tempo. Manderemo Michael
o Deborah… sai che sono quasi alla tua pari. >> CHE COSA??? DEBORAH??? Ma
quella non è capace neanche di strappare un filo d’erba da un
prato!!!!!!!!!!!!!!!! Non mi affiderei a lei neanche se fosse l’ultima demone
sulla faccia della terra.
<< Appunto. Quasi, il che vuol dire che sono la
migliore in questo campo. Nessuno può prendere il mio posto, tanto meno
Deborah. Lo sai quanto la odio quella pettegola. E non me ne frega un accidente
di quanto sia alto il suo rango sociale. Per me, che sia la Regina
d’Inghilterra o la zoccola dell’altra parte, non cambia nulla. – ops… forse ho
dato un po’ in escandescenze… ma non è colpa mia, io la odio quella smorfiosa.
E pensare che eravamo anche amiche… - Comunque, tornando al discorso originale:
io – non – dipendo – da – nessuno, capito? Fine della discussione. >> e
mi alzo, stizzita. Odio quando mi danno ordini. Ho diciotto anni, è vero, ma
mica sono una bambina che non sa neanche camminare! Cavolo, che rabbia! Non
ritorno subito in classe, ripasso dal capo, e mi faccio dare un bell’incarico
per adesso. Devo sfogarmi. Spalanco nuovamente la porta e dal mio sguardo
inceneritore, quest’oggi più inceneritore del solito, capisce che voglio un
incarico. Chiude gli occhi e le sue orecchie si allungano. Dopo qualche
secondo, sorride soddisfatto.
<< Perfetto Drago Nero. Proprio nella comunità qui
accanto, vogliono che si ammazzi un assassino. – odio fare del bene, ma mi
sacrificherò. – Ma, - ovviamente… c’è sempre un cappero di ma. Ma cosa????? –
quelli girano sempre in tre e stai attenta, perché sono armati. Buon lavoro, Denise.
>> da quanto tempo che non mi chiamava Denise. Evidentemente crede che
sia pericoloso davvero questo incarico. Beh, si sbaglia.
<< Tornerò per le dieci precise. Massimo, massimo
undici. >> ghigno e scendo le scale. Devo ancora imparare a trasformarmi
in drago completo… perché al momento sono una fusione tra un drago ed una
umana. Odio gli umani. Sono troppo semplici e troppo normali. Almeno, con i
demoni non ti annoi! Mentre con gli umani è tutto così piatto… lineare… non ci
sono mai colpi di scena, che cavolo! Okay, mi guardo attorno. Sono arrivata
fuori, in giardino. Perfetto, nessuno. Spicco un salto e spalanco le mie grosse
ali nere, che cominciano a sbattere sempre più velocemente, facendomi salire in
alto. Amo l’altezza. Sì, e amo anche il vento tra i capelli, la sensazione di
libertà quando sono in aria e svolazzo come una farfalla felice. Perché è
questo che sono alla fine, una farfalla troppo cresciuta con qualche
malformazione genetica dalla quale derivano i due, o forse anche tre, stomaci e
ali retrattili. Lo so, sono complicata. Sono sopra le nuvole e l’aria e
rarefatta. Fortuna che ho una sacca di ossigeno nel petto! Altra cosa
particolare, ho una sacca terziaria, come di riserva, nel petto. Sì, come un
terzo polmone alla fine. Solo che non capisco come possa starci lì dentro, dato
che sono piatta come una tavoletta di legno. Beh, mi dovrò abituare. Va a
finire che sono anche un drago d’acqua. Che bello che sarebbe, però! Plano. Non
mi faccio vedere e atterro in un boschetto, mentre le mie ali se ne ritornano
nella mia schiena. Esco, battendomi le mani sugli short. Mi avvio per la città,
di certo non deve essere difficile individuare tre uomini armati. Li ammazzerò
tutti e tre, ho deciso.
<< AAAAAAAAAAAAAAHHHHHHHHHHHHHHHH!!!!!!!!!! >>
maledizione, chi è stato??? Ho l’udito più sensibile del vostro, imbranati! Mi
guardo attorno con un’espressione dolorante in viso, finché non vedo una
ragazza, di circa vent’anni che addita davanti a sé, strillando come un’ossessa.
Oh! Ora me la ricordo! Era la ragazza del tipo che ho ammazzato ieri per il mio
incarico. Vero, pensavo che però avesse seguito il suggerimento mio. Si può
sapere che ha da urlare questa cornacchia spelacchiata??? Stai zitta
maledizione! Mi avvicino a lei e le tappo la bocca con una mano. Davanti a me
appaiono come d’incanto quattro ragazzi. Sembrano delle persone così… normali…
e inutili… non lo so…
<< Shhhhhh zitta bimba, zitta. >> sussurra uno
dei quattro. Ha dei rasta biondi, gli occhi nocciola… porta dei vestiti più
larghi che lunghi e ha una fascia e un cappellino in testa. Ho la sensazione di
conoscerlo, ma non so chi sia. Questo ragazzo la guarda con un sorriso, mentre
un altro, magrissimo, gli si avvicina e gli mette una mano sulla spalla. Ha i capelli
neri con delle ciocche platino sotto al cappellino nero, i vestiti tutti
stretti e neri e le unghie pitturate di nero. In più, ha anche un pesante
contorno nero sugli occhi. Più o meno come faccio io quando mi trucco per
uscire con mia cugina.
<< Tomi, non è il momento adesso, se ci riconoscono
siamo fregati. >> gli sussurra all’orecchio. La ragazza a cui sto tenendo
la bocca tappata ha il cuore che batte a mille. Lo sento distintamente. Come se
fosse il suono di un tamburo per me. A noi quattro, si avvicinano anche gli
altri due ragazzi con fare circospetto. Ma si può sapere chi sono questi??
Perché si guardano attorno come delle spie? Mica li capisco io, sti qui. Bah.
<<
Sshh tta sh –to Tom! >> biascica la tipa sotto di me. Eh?? Parli
aramaico per caso? Tolgo la mano lentamente, come se potesse urlare ancora.
<< Io sto zitta solo se sto con Tom. >> dice, con voce ferma. Ma è
solo una facciata. Lei non è così fredda. Il suo cuore sta per schizzarle fuori
dal petto per quanto batte forte. Illusa. Sogghigno malignamente. Per lo
spavento che mi ha fatto prendere, meriterebbe di finire ammazzata… e lo farei
anche, se questi quattro non mi guardassero come se fossi una reliquia rara.
Che c’è? Il rastaro si abbassa a lei e le ruba le labbra in un bacio, veloce.
Ah beh, bella roba. Io inarco un sopracciglio, mentre con la coda dell’occhio
vedo quello moro che scuote la testa e gli altri due che se la ridono.
Evidentemente lo conoscono da una vita e deve fare così spesso. Eppure… lo
sento, io li conosco questi. Aspetta, aspetta, cos’è che mi diceva ieri
Meredith? Ah sì… I Tokio Hotel vengono in America Deni!! Devo vederli,
assolutamente! E perché mi vengono in mente quello che mi diceva… sui
quattro cosi… aspetta… non dirmi che questi quattro sono… i Tokio Hotel! Allora
aveva ragione mia sorella! Sì, ma… boh, non ci sto capendo più nulla.
<< E tu, ti facciamo un autografo e poi te ne vai, e
stai zitta. >> che cosa?? Oh, ma come ti permetti, idiota?? È il rasta
che ha parlato, che ha appena mollato la tipa, ormai sciolta. Bello mio, hai
trovato quella sbagliata da importunare. Prende un foglietto, scrive due
cosette e me lo mette in mano con un sorriso.
<< Ehi, come ti permetti? >> gli chiedo,
incrociando le braccia al petto. Lui mi guarda scandalizzato, mentre dietro
quello moro sorride. Non capisco più niente, sento solo il cuore del rastaro
che batte veloce. Ma non è emozione… è… rabbia. Ohhh, il cucciolo si è
arrabbiato. Sogghigno maligna, facendo schioccare la lingua in bocca. Stella,
spera solo di non farmi arrabbiare.
<< Senti ragazzina… >> comincia, ma io lo fermo
con la mano.
<< Ho 18 anni, non sono una bambina come te. >>
sibilo. I nostri visi sono a pochi centimetri l’uno dall’altro, ed io non provo
esattamente nulla. Mentre il suo cuore… oh beh, continua a battere forte, come
se si arrabbiasse di più ad ogni centimetro in più. Ah, bello, hai sbagliato
persona!
<< Ho 18 anni anche io se è per questo. Ma io sono
qualcuno. Non come te, che non sei niente. >> ora basta! Gli metto le
mani al petto e lo spingo contro al muro, facendolo sbattere.
<< Senti tu, non sai con chi hai a che fare. Sono
sicura che mi conoscono tutti, qui. E anche oltre oceano. >> lui ghigna.
<< Non sapevo comprendessi un così elevato raggio
d’azione. E come sono gli uomini a letto? >> lo sbatto ancora più forte,
forse gli faccio male. Mi stanno crescendo le unghie. Cavolo, non devo
trasformarmi adesso. Non qui. Sogghigno. Ho un’idea.
<< Tu cosci la leggenda di Denise? >> lui mi
guarda sbigottito. Beh, lo credo. Una che ti sta per pestare ti chiede se
conosci una leggenda? Non è normale. Beh, ma io sono normale?
<< È solo una leggenda. Denise non esiste, è solo uno
spauracchio per spaventare i bambini. Come l’uomo nero. >> mi risponde,
come se mi stesse prendendo in giro. Bene bello. Non credi che io sia reale??
Cavoli tuoi. Ti renderò la vita impossibile, perché io non dimentico mai le
offese. Soprattutto di un musicista pompato al massimo come te.
<< Non sai quanto sbagli. >> gli sibilo
all’orecchio, per poi dargli un’ultima spinta e andarmene. Devo ancora andare
ad ammazzare quei tre. Oh… in mano ho il foglietto dell’autografo di… ah, Tom. Beh, preparati Tom. Ti
renderò la vita un inferno. << Oh, grazie dell’autografo. Mia sorella ne
sarà felice. >> urlo, prima di sparire tra la piccola folla della
cittadina. Gongolando come una scema, mi avvio per una stradina deserta. Cioè,
meno illuminata di così si muore. Non capisco come faccia ad essere così buia.
Improvvisamente mi sento afferrare per le mani. Mi sento trascinare dentro una casetta
squallida e mi sento buttare a terra. I miei occhi brillano. Alzo lo sguardo
rosso su chi mi ha spintonata e lo vedo. Un uomo bianco come un lenzuolo, con
dietro altri due come lui. Lunghi vestiti neri e visi pallidi. Vampiri. Quanto
li odio.
<< Bene, bene, bene. Chi abbiamo qui? >> chiede
sarcastico. Tu non sai chi sono io bello. Potrei ucciderti se solo volessi. E
io voglio, perciò preparati ad andare a miglior vita. Mi alzo in piedi e mi
batto le mani sugli short. Alzo lo sguardo su di loro. Faccio fare dei sonori
crack di circostanza alle dita e poi al collo. I tre mi guardano quasi
sbalorditi. Sentite ragazzi, sono un demone, non mi fate niente. Uno dei tre mi
spinge contro al muro e prova ad avvicinarsi a me. Attento, non si scherza col
fuoco. Soprattutto se il fuoco, sono io. Gli pesto il piede con il tacco
e poi lo calcio dall’altra parte della stanza. Va a sbattere contro il muro e
cade a terra, intontito.
<< Lurida… >> ma non finisce, perché gli sono
dietro e gli piego il collo con un crack. Ops, scusa! Non l’ ho fatto apposta.
Sghignazzo come una scema. Amo fare del male. Qualcosa mi dice che questi sono
quelli che devo ammazzare. Beh, chi ben comincia è a metà dell’opera no? Un
altro crack al collo. Gli altri due si scambiano un’occhiata eloquente.
<< Su! Non eravate voi a fare gli sbruffoni? >>
li prendo in giro. Quanto mi piace combattere! Soprattutto perché posso
misurarmi con qualcuno della mia taglia. Anche se di vampiri si narra solo di
Verity, di demoni di me, di Meri e di mia madre. Ahh, ma perché continua a
venirmi in mente quell’idiota di Tom? Che poi manco so come si chiama di
cognome, o che fa nel gruppo. Bah…
ah! Uno mi ha spinto di nuovo contro al muro e mi sta riempiendo lo
stomaco di pugni. In un secondo, il mio viso si allunga e le mie mani diventano
squamate e con gli artigli. Senza pietà, li pianto nel collo del mio
avversario, trascinandolo fino all’altra parte. Miagola di dolore. Ma a me
piace, sai, fare del male? Sono un mostro. Sono il terrore di tutti quanti.
Sono Denise. Si sta indebolendo sotto il mio tocco fatato. Ah!! Sorrido
e con l’altra mano gli pianto le unghie nello stomaco. Un ultimo rantolo, poi
cade a terra, senza vita. Sorrido, sadica. Mi lecco tutte e dieci le unghie.
Sono un mostro. E a me piace. È inebriante il sapore del sangue. L’ ho pensato
prima con Deborah e lo penso di nuovo adesso, con il sangue di un vampiro. Non
cambia molto da sangue di demone a quello di vampiro. E quello di umano,
poi.
<< Ma cosa sei? >> mi chiede scandalizzato il
terzo ed ultimo.
<< Denise. >> sorrido e mi scaglio su di lui,
calciandolo contro al muro. Lui sbatte la testa, ma mi prende il collo e mi
alza. Mai lasciare libere le gambe ad una ragazza. Dondolando un po’, gli
rifilo un calco al ginocchio destro, e lui si inginocchia. Metto i piedi a
terra e sorrido malignamente. Io sono Denise. Denise la leggenda, colei che
prima o poi vi ammazzerà tutti quanti. Il cuore di questo qui batte. Batte
regolare. Come se non avesse paura di rimanere ucciso. Come se non avesse il terrore
di contornare più a casa. Ma glielo si legge negli occhi questo terrore. E io
non posso fare altro che goderne, da mostro quale sono. Avvicino il mio viso al
suo. Tanto, che per poco non ci sfioriamo. L’immagine di quel Tom mi arriva
alla mente. Maledizione, non posso distrarmi! Scuoto la testa, e quello ne
approfitta per tirarmi un pugno in pancia. Capperi, fa male questo! Non ci va
leggero, maledizione. Arretro, mentre il mio viso si allunga. Mi sto
trasformando nell’essere spaventoso che fa stragi di famiglie. Sono io. Mi sto
facendo vedere come sono realmente. Lo prendo per il collo e lo trascino contro
al muro, fin a farlo sbattere. I denti si allungano, gli occhi si appannano. È
sempre così quando devo uccidere qualcuno. Ma con lui non riesco! È troppo
orgoglioso per abbassare lo sguardo e implorarmi di non ucciderlo. Peccato, è
così divertente quando mi implorano di non ucciderli. Ma io non li ascolto mai.
Sono un mostro. I miei occhi brillano. Ne sono sicura. Avvicino I denti al suo
collo. Almeno non lo faccio soffrire. Ma non riesco! Cavoli, quel Tom dei miei
stivali è sempre nei miei pensieri. Maledizione. Perchè? Perchè, anche se fosse
lui, non riuscirei ad ucciderlo??? Io non sopporto I pomposi come lui. E allora
perchè? Cado in ginocchio, mettendomi le mani sugli occhi. Fanno male, e fa
male anche la testa. Mi sento arrivare un calcio in viso. Ora sono dall’altra
parte della stanza. Maledizione! Mi alzo in piedi e gli mordo il collo, senza
un minimo di pietà. Si dimena, ma io non mollo la presa. Si indebolisce… un
ultimo scatto di vita… ed è morto… per sempre. Ma non mi sento realizzata come
sempre. Devo capire perchè non sono riuscita ad ucciderlo al primo colpo.
Perchè sono rimasta imbambolata davanti ad una immagine, dopo aver visto
l’originale e non aver battuto ciglio. Vado nel bagno. Capperi, sono orrenda.
Torno normale e mi pulisco il viso. È un po’ sporco di sangue. Ma solo un po’.
Okay, è come quando I bambini piccoli mangiano I pasticcini con la cioccolata.
Sono imbrattata. Prendo un asciugamano e mi pulisco bene, mi sciacquo anche la
bocca. Ora sono perfetta. Come prima. Mi guardo attorno ed esco dal bagno. Poi,
esco dalla casa, come se niente fosse. Comincio a camminare. Arrivo ad un
boschetto e salto in volo, andando sempre più in alto. Io non capisco. Che
vuole quello dalla mia vita? Chi è per farmi stare così?
Ma Denise non si è accorta di essere osservata.
Qualcuno, quel qualcuno, ha visto una bellissima ragazza mora, dai penetranti
occhi rossi, saltare in aria e non scendere più. Proprio quel qualcuno, che
adesso sta maledicendola in tutte le lingue che conosce. Corre in albergo dal
gemello. A qualcuno deve dirlo. Apre la porta della sua camera di scatto,
facendolo sobbalzare e girare di colpo.
<< Ah, sei tu! Cavolo, mi hai fatto prendere
un colpo! >> sbotta Bill, mettendosi una mano sul cuore. In compenso, il
gemello si siede sul letto e lo guarda dritto negli occhi, con una
determinazione mai vista. È sicuro, è sicurissimo che quella ragazza che ha
visto saltare fosse quella con cui ha litigato quello stesso giorno. Ne è
sicuro.
<< Bill. – comincia con tono grave. Il moro lo
guarda con il sopracciglio inarcato, confuso dall’improvviso cambiamento di
atteggiamento del fratello. – Ho visto una cosa, mentre tornavo qui. >>
Bill annuisce, spaesato. Non sa perchè, ma ha un brutto presentimento. Che
c’entri ancora quella ragazza??
<< E cosa? >> chiede, curioso e
spaventato allo stesso tempo. Non lo sa, ma l’espressione di Tom lo spaventa.
<< Quella ragazza… di questa mattina… quella con
cui ho litigato… >>
<< Sì? >>
<< Ha le ali di drago. >> davanti a
questa affermazione e alla faccia determinata e convinta del fratello, Bill
sgrana gli occhi nocciola. Suo fratello è impazzito o cosa?
<< Tomi… quante volte ti ho detto che la droga
fa male… >> ma Tom scuote la testa, convinto.
<< Ti dico che era lei. Ha fatto un salto, e
non è più scesa! Devi credermi Bill. Sei mio fratello o no? >> si
guardano negli occhi per qualche secondo. Tom è sicuro di quello che dice. La
sua espressione ne è la prova. Eppure, Bill non ne è convinto. Gli sembra una
cosa così insensata. Quella ragazza, che per prima ha risposto a suo fratello,
ha le ali di drago? No, è impossibile.
<< Tom ascolta. Sei mio fratello, ti voglio
bene… ma scusami se non credo che una ragazza possa avere delle ali! Di drago
per giunta! >> sospira, passandosi una mano sul viso. Il gemello lo
guarda, scandalizzato. Perchè suo fratello non gli crede? Non si è inventato
niente! Ha visto quella ragazza che saltava e non scendeva più a terra. Aveva
anche alzato lo sguardo per vedere, ma lei era scomparsa nel cielo. E allora,
perchè suo fratello non gli crede?
<< È la verità ti dico! Ha fatto un salto… e
poi non è più scesa a terra! Ho anche guardato in alto, ma lei era in cielo. Te
lo giuro su quello che vuoi Bill. >> Cosa devo fare con te, Tomi?,
pensa sconsolato il moro, sbuffando. Non ne è convinto. Non è possibile che una
ragazza possa volare. E poi, quella ragazza gli piace. Non sa il suo nome, ma
ha come la sensazione che la rincontrerà presto. A rompere la tensione, arriva
Gustav, che bussa alla porta della camera del moro con gentilezza, come è
solito fare.
<< Avanti! >> il biondo entra in camera
con un sorriso, ma appena vede I due amici seduti uno di fronte all’altro a
guardarsi, si confonde.
<< È successo qualcosa per caso? – I due
gemelli scuotono la testa contemporaneamente, e il ragazzo ci rinuncia. Se
avranno voglia di parlargli, gli parleranno di loro spontanea volontà. –
Comunque. Ero venuto a proporvi di andare a pranzare fuori. Tanto, non abbiamo
niente da fare qui. >> I due annuiscono e si alzano in piedi. L’argomento
non è ancora chiuso. E questo, lo sanno entrambi.
Okay, okay, ora spiego un paio di cose. Come ho detto nell’introduzione,
è un esperimento. Era da un po’ che avevo voglia di scrivere una cosa fantasy
con personaggi reali, così ci ho provato. Il capitolo è un po’ lungo, solo perché
è il primo. Gli altri saranno più corti, a meno che non faccia schifo. Sono particolarmente
attaccata a Denise, spero che vi piaccia! Un bacione, Barby. Ah, vero. Questo capitolo è un po' violento, ma andando avanti diminuirò sempre di più le scene dove Deni farà fuori qualcuno. Un altro bacione, sempre io!