I lick you
di come Stiles ama preparare le
torte.
betato da nes_sie
A
furia di mescolare l’impasto della torta nella terrina, a Stiles face
male il
braccio. Fuori imperversava una pioggia continua, ormai da giorni, e si
era
ritrovato da solo in casa – come al solito – senza nulla di particolare
da
fare.
I
compiti per la scuola li aveva finiti da tempo, le faccende di casa
anche. Suo
padre sarebbe stato in centrale sino a notte fonda. C’erano state
numerose
chiamate riguardo incidenti domestici a causa di quel nubifragio.
Che noia, che barba… Che barba, che
noia…
Alla
fine si era alzato dal divano e aveva preso d’assalto la cucina.
Sua
madre gli diceva sempre che il cibo era una forma d’arte, e lui aveva
preso
quella cosa alla lettera imparando sin da piccolo le basi di un buon
pasto.
La
pioggia che picchiettava incessante sui vetri, però, gli diede l’idea
di una
bella e gustosa torta al cioccolato.
Si
era messo d’impegno, controllando le dosi degli ingredienti; mescolò in
senso
orario e setacciò la farina senza formare grumi. Solo che gli si era
quasi
intorpidito il braccio.
«Dannato
aggeggio infernale!» sibilò, rivolgendosi alla frusta elettrica che non
voleva
saperne di funzionare. «Domani avrò i muscoli insensibili per colpa
tua!»
Alla
fine era riuscito a fare un impasto omogeneo, color marrone scuro, dal
sapore
amaro e gradevole. Stiles preferiva di gran lunga il cioccolato
fondente,
quello talmente nero da farti starnutire.
Immerse
il mestolo nell’impasto e leccò la conca, mugolando di piacere.
«Perfetto!»
asserì convinto, aprendo il forno elettrico e inserendo la teglia con
il
composto già versato.
Ora
sarebbe arrivata la parte più divertente della preparazione-torta.
Stiles
ricordava che sua madre lasciava sempre un po’ di preparato nella
terrina,
proprio perché lui adorava ripulirla con il cucchiaio fino a quando lei
non gli
diceva: “Adesso possiamo
anche
metterla nello scaffale senza lavarla, Stiles”.
E
lui rideva, con tutta la bocca sporca di cioccolata.
Si
appoggiò al bancone della cucina, perso tra i ricordi. Gli mancava sua
madre,
soprattutto in questi momenti di quotidianità, ma quando lo sceriffo
era nei
paraggi, Stiles cercava di tenersi tutto dentro.
Devo essere forte per tutti e due.
Così
prese il mestolo di legno e cominciò a ripulire la ciotola con
meticolosa
attenzione, come avrebbe fatto da bambino.
«Cos’è
questo odore?»
Premesso
che l’essere beccato in situazioni imbarazzanti – o con le mani nella
cioccolata, in quel caso – da Derek-sourwolf-Hale
era diventato quasi una delle sue routine quotidiane, Stiles non riuscì
ad
evitare uno squittio di paura.
«Cazzo!»
sibilò alla fine, cercando di non strozzarsi con il cucchiaio.
«D-Derek…»
Il
lupo in questione se ne stava a braccia conserte, nell’angolo più
remoto della
cucina, nascosto dalla penombra. Stiles riusciva a individuarlo
soltanto dal
colore degli occhi che brillavano.
Derek
mosse qualche passo, raggiungendo il tavolo al centro del locale. «Mi
serve una
cosa,» tuonò imperioso, come suo solito. Stiles notò come fosse turbato
in
qualche modo, e come annusasse l’aria.
Sbuffò.
«Caro mio, dovrai aspettare,» gli disse, «la torta al cioccolato ha la
precedenza. Soprattutto questa terrina da ripulire.»
Affondò
allora un dito nel cioccolato cremoso, facendoselo sparire tra le
labbra.
Scrutò
il licantropo di fronte a lui, ma non si aspettò affatto di trovarvi
un’espressione spaesata. Il colore delle iridi di Derek cambiava dal
verde al
rosso con una frequenza impressionante, quasi come se non riuscisse a
controllarsi.
Stiles
allora afferrò un cucchiaio pulito e lo immerse nella terrina, poi lo
porse a
Derek. «Tieni, assaggia.»
Derek
indietreggiò, con una smorfia di disgusto. «No, grazie,» ringhiò.
Stiles
si sentì in dovere di insistere. Va bene fare lo scontroso, ma nessuno
mai si
era lamentato del suo modo di cucinare. Soprattutto i dolci.
«Avanti,
non fare il difficile!» insisté, avvicinandosi col cucchiaio come
impugnasse la
frusta per i leoni.
Derek
non era ancora del tutto convinto, ma alla fine si arrese e gli strappò
l’oggetto di metallo dalle mani. «Basta che la fai finita, di rompere.»
Stiles
sorrise, soddisfatto di sé stesso. «Ora dimmi com’è.»
Derek
annusò dapprima il composto, quasi avesse paura di trovarci dentro
della
strozzalupo, poi lo assaggiò con la punta della lingua. Stiles trovò
divertente
tutta quella scenetta, ma tentò di trattenersi.
Era
pur sempre in compagnia del grande, grosso, permaloso, Alpha.
Vide
gli occhi di lui chiudersi, assaporare l’impasto della torta e poi rilassarsi. Sorrise perché
quella era
l’esatta reazione che si sarebbe aspettato da chiunque.
Derek
riaprì gli occhi, conscio di essere osservato e distolse subito lo
sguardo. Gli
restituì il cucchiaio. «Buono.»
«Non
esagerare coi complimenti, eh, mi raccomando… dovesse andarti via la
voce dopo
tutte queste parole di elogio» lo schernì.
L’altro
gli lanciò un’occhiataccia gelida. «Non mi provocare, Stiles,» ringhiò.
Era
in vena di giocare. La noia lo aveva attanagliato tutto quel
pomeriggio, e la
visita del grande lupo cattivo era stata
inaspettata, per cui decise di
approfittarne.
Vicino
al suo braccio – sì, quello ancora dolorante – c’era il sacchetto della
farina.
L’idea di sporcare la casa appena pulita lo frenò un attimo, ma il
cipiglio
musone di Derek gli fece dimenticare stracci e secchi.
Afferrò
una manciata di farina e la lanciò d’istinto contro il lupo,
cogliendolo di
sorpresa. Derek ebbe appena il tempo di chiudere gli occhi, che fu
invaso da
una nuvola di polvere bianca.
«STILES!»
ringhiò furioso.
Stiles
notò le zanne allungarsi all’interno della bocca di Derek, ma non ne fu
spaventato. Ne avevano passate talmente tante insieme, che ormai non ne
era più
intimorito.
Derek
puntò le iridi smeraldine verso di lui, trovandolo a soffocare una
risata.
«Sembri
fatto di pan di zenzero!» ridacchiò.
Nel
frattempo, l’odore della torta al cioccolato che si cuoceva nel forno
inondò la
cucina e ben presto l’intera abitazione.
A
quel punto, Stiles aveva due alternative: fuggire a gambe levate nella
sua
stanza, sperando che il grande lupo cattivo fosse stato accecato dalla
nuvola
di farina, oppure chiamare al volo Scott e pregare che nel frattempo
l’altro
non se lo mangiasse.
Ma
Derek sembrò rilassarsi.
Gli
occhi non erano più rosso scuro, come quando era arrivato nella cucina,
e
Stiles non riusciva a staccare gli occhi di dosso a quella figura
grande e
grossa, eppure così fragile.
Sembra un bambino colto di sorpresa
dai
genitori a giocare in cucina, si ritrovò a
pensare,
avvertendo il cuore battere all’impazzata.
«Ho
voglia di ucciderti, Stiles,» gli
ringhiò, distraendolo da quei pensieri confusi.
«Eh?»
si allarmò. «Per così poco? È uno scherzo in fondo, basterà una doccia
e tutto
tornerà come prima…»
Farfugliando
quelle parole confuse, Stiles si avvicinò al lupo e cercò di
spazzolargli via
la farina dai capelli scuri un po’ goffamente. In effetti, di nero
c’era
rimasto ben poco. Derek sembrava un simpatico, giovane, brizzolato.
Stiles
ridacchiò.
«Sembri
mio zio Harold.»
Derek
allora gli afferrò entrambe le mani, spingendo il ragazzo verso il
bancone
della cucina – ancora sporco – e schiacciandolo violentemente contro i
pensili.
Gli
ringhiò a due centimetri dalla faccia. «Io non lo trovo affatto
divertente.
Sono l’Alpha, vedi di ricordartelo.»
Come
se non fosse sufficiente ripeterlo ogni due ore nell’arco di una stessa
giornata.
Ma
Stiles non riuscì a formulare verbalmente quel pensiero, perché era
rimasto
completamente spiazzato dalla vicinanza dell'altro. I suoi occhi
sembravano
quasi color oro da quella distanza, e lui non ci aveva mai fatto caso.
Inconsapevolmente
si leccò le labbra, sentendo di avere ancora la bocca completamente
impiastricciata di cioccolato.
Derek
notò quel gesto e non staccò più lo sguardo da lui. Era come se l’aria
contenuta nella stanza fosse sparita di colpo, sostituita dall’aroma di
cacao e
lievito per dolci.
«Stiles…»
ringhiò, stringendogli ancora di più i polsi.
Stiles
chiuse gli occhi e si impose di non gemere, anche se il corpo del
licantropo
premuto sul suo non gli lasciava certo altra scelta.
Inspirò
ossigeno a pieni polmoni, poi si costrinse a sostenere lo sguardo
dell’altro.
«Derek,» disse fermamente.
Gli
uscì una vocina mezza strozzata, ma dovette accontentarsi.
D’improvviso
si udì il suono del timer, che indicava la cottura della torta. Fu come
la
rottura di un incantesimo, il suono della sveglia nel tuo miglior sogno
erotico.
Stiles
maledisse quella dannata torta.
Derek
si scostò rapido da lui, lasciandogli spazio di movimento, così afferrò
i
guanti da forno ed estrasse la torta che emanava un odore piacevole.
Infilò
uno stecchino per verificarne la cottura all’interno, come gli aveva
insegnato
sua madre, e poi si affrettò a cercare un piatto da dolce.
Il
tocco finale fu uno spolvero di zucchero a velo che, come candida neve,
andò a
ricoprire l’intera torta, dandole davvero un aspetto professionale.
«Et
voilà!» esclamò entusiasta.
L’altro
gli rifilò un’occhiata di traverso, poi osservò l’opera. «Bella.»
Uomo di mille parole.
Ormai
aveva capito che Derek non era il tipo da sprecarsi in inutili
convenevoli, era
più un ragazzo che agiva.
E
se l’azione consisteva nel spalmarglisi addosso tutto sporco di farina…
l’idea
cominciava a piacergli. Davvero.
«Grazie,»
rispose, sorridendo.
Derek
si ritrovò ad abbassare lo sguardo, quasi imbarazzato.
«Devo andare,» tagliò corto, «ho un allenamento con il branco.»
«E
quella ricerca?»
Non
era forse venuto soltanto per chiedergli l’ennesimo favore?
Derek
scosse la testa. «Non è urgente.»
Dopodiché
lo vide allontanarsi in direzione della porta. Stiles tornò ad ammirare
la sua
opera d’arte culinaria, pensando ai modi in cui avrebbe dovuto
convincere suo
padre a mangiarne solo una fetta al dì.
Non
si accorse dei passi di Derek che – leggero come un danzatore – gli si
avvicinò
alle spalle prendendogli rudemente il viso tra pollice ed indice.
Sgranò
gli occhi quando percepì la lingua di Derek, calda e rasposa, posarsi
al bordo
delle sue labbra e leccare via tutta la cioccolata superflua. Avvertì
solo il
cuore smettere di battere, rimanere in una specie di trance che gli
fece
credere di essere morto…
…o
di essere nel sogno gay più bello di sempre.
Il
lupo lo lasciò mezzo vivo e mezzo morto, appoggiato malamente al
bancone della
cucina.
«Questo
è per avermi sporcato di farina, Stilinski,» ringhiò, sorridendo
malizioso.
E
Stiles pensò che fare torte era appena diventato il suo passatempo
preferito.
Siete giunte alla fine di questa OS a tempo perso!
Yeeee! Sì, a tempo perso perché mi è stata ordinata da una certa Rosie,
con un prompt bellissimo che NON potevo ignorare. Ma quanto è Hot
Stiles in cucina? Troppo, secondo me Derek gli dirà di avere fame solo
per trovarselo ad armeggiare ai fornelli con grembiulino e padelle.
Li adoro!
L'atmosfera domestica, poi, gli si addice come coppia. Soprattutto a
Derek che non ha mai veramente avuto un posto che poteva chiamare
"casa".
Una storiellina prima dell'inzio della terza fanghérlizzaz- ehm...
STAGIONE!
Un baSotto a chi è giunto fin qui!
Due per chi recensirà XD
//marty
Se vi piace il fandom di Arrow, date un'occhiata alla challenge a cui
partecipo!
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