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Sonata of Words
Stella non era mai stata una persona con delle certezze.
Mai.
Era così diversa da Iris, la sua splendente ed estroversa
gemella. Gemella che aveva saputo sempre cosa fare nella sua vita, che
aveva sempre fatto le scelte più giuste e che aveva avuto
successo.
Cielo, Iris non aveva mai cercato di emergere - nonostante le sue
convinzioni femministe fossero abbastanza testarde, di cercare
successo. L'aveva già trovato in Seth e i suoi tre figli. Iris
era realizzata, sapeva chi era e ciò che voleva.
La timidi ed introversa Stella, invece, aveva sempre posto il 'se'
e il 'ma' nelle sue frasi. Era incerta, qualunque cosa facesse.
Non le era bastato laurearsi con il massimo dei voti. Nemmeno
raggiungere il successo come scrittrice - della quale i romanzi andavano
a ruba - l'aveva resa felice.
In effetti, si era sempre chiesta cosa l'avrebbe resa felice.
Successo? No, quello dava solo un senso di soddisfazione per il proprio impegno.
Denaro? Neanche quello, ne aveva a palate e non sapeva mai come
spenderlo. Essere nata in una famiglia modesta le aveva insegnato a
vivere in maniera modesta.
Amore?
E, probabilmente, era quella la domanda che spesso rimaneva insoluta e senza risposta. Lei non si era mai innamorata.
Che fosse quello ciò che le mancava?
Cambiò tutto quel piovoso mese di maggio.
Aveva trentadue anni, lo ricordava bene.
Non sapeva affatto come accidenti Jack fosse riuscito a convincerla ad andare a Vienna.
- "Sarà interessante, vedrai!" - bofonchiò, scimmiottando le parole del suo editore. - Interessante un corno!
Non negava che Vienna fosse una città interessante, ma era il
pensiero del convegno a cui era stata trascinata quasi a forza a
renderla scontenta. Jack Middlehill era davvero una volpe quando si
trattava di persuaderla - corromperla con i metodi più subdoli.
Probabilmente era diventata infantile, forse era l'influenza della sua nipotina a
renderla così. In effetti, quella piccola peste di Nefthi la
stava contagiando con il suo modo di fare.
Stava di fatto che quella mattina era uscita dalla sua stanza
d'albergo, dando buca a tutti gli impegni e girovagando per la capitale
austriaca. Si sentiva libera, come mai si era sentita da qualche anno
da quella parte. Visitò un'infinità di posti, così
tanti da farle girare la testa. Fu quando il sole iniziò a
calare, coperto dalle nuvole, che Stella comprese che forse era il
momento di tornare indietro.
Peccato che, guardandosi intorno, non riconosceva affatto la strada per
tornare all'albergo. Sperduta in una capitale straniera, da sola, con la
sua fortuna probabilmente pure in una zona poco raccomandabile. Quando
le prima gocce di pioggia iniziarono a caderle sulla fronte, le
sembrò il colmo.
Camminò per un po', in cerca di un riparo. Niente, erano tutte
case di stampo abbastanza antico che non avevano neppure una piccola
tettoia. Si stava quasi rassegnando a rimanere sotto al pioggia e farsi
bagnare come un pulcino, quando intravide una porta socchiusa. Era un
edificio un po' cadente, che recitava la scritta 'Teatro senza nome'.
Sussultò.
Era uno scenario un po' inquietante, ma era pur sempre meglio di
niente. Bussò alla porta, che si aprì al minimo tocco.
L'interno del corridoio era buio, ma alla fine di questi scorgeva una
luce. Camminò verso di essa, leggermente tremante di freddo e
parecchio di ansia.
- Was machen Sie hier?* - la donna sobbalzò per lo spavento,
mentre si girava si scatto. Davanti a lei c'era un uomo che la stava
guardando preoccupato.
- C-cosa? - riuscì a balbettare. Sperò tanto che potesse
parlare inglese, visto che non sapeva nemmeno una parola in tedesco. E
sì che dicevano che le due lingue si assomigliavano...
- Parla inglese? - se non fosse stata in quella situazione, avrebbe volentieri abbracciato lo sconosciuto.
- Sì. Mi sono persa. E piove. - lui, dopo averle fatto un esame durato qualche secondo, le sorrise apertamente.
- Una signorina come lei non dovrebbe andare in giro da sola. -
commentò. - Nonostante questo sia un quartiere tranquillo, non
si sa mai.
Lei rimase un po' interdetta per la familiarità con cui lui subito le si rivolse.
- Comunque, se mi dici dove abiti posso indicarti la strada.
- Sono qui di passaggio, sono in un albergo. - lui inarcò un sopracciglio.
- In effetti il colore dei tuoi capelli non ti fa sembrare una
compaesana viennese. - a quel punto, Stella non riuscì a
trattenere la sua lingua - tagliente, visto il freddo provato.
- Ha intenzione di accompagnarmi, allora? - forse era stata troppo
acida, ma la stupì il non aver affatto intaccato il sorriso di
Strauss.
- D'accordo. Dove alloggia, signorina?
- Accidenti! - non era proprio riuscito a trattenere un'esclamazione
nel vedere dove alloggiasse. - Ho accompagnato un signorina ricca. -
non seppe perché, ma quell'affermazione le fece bruciare le
interiora.
- Grazie per il suo aiuto, allora. Posso sdebitarmi in qualche modo? -
sperava tanto che le rispondesse di 'no', ma la sua parte irrazionale
chissà perché sperava tanto in un 'sì'. Infatti.
- Domani. Verso mezzogiorno. Fatti trovare davanti alla fontana che ti ho mostrato prima. - e scomparve nella notte.
Stella rimase imbambolata davanti alla hall dell'albergo per almeno
cinque minuti buoni. Non ascoltò i rimproveri di Jack e Allie,
nemmeno una parola. La sua mente era rimasta a quell'uomo e al
personaggio che era.
Era riuscita a svincolarsi da un noioso pranzo con qualche editore.
Camminava in fretta per le strade, diretta verso il luogo
dell'appuntamento. Si sentiva parecchio stupida nel rimirarsi di
sfuggita davanti a qualsiasi parete riflettente la sua immagine. E
ancora di più nel chiedersi se la sua gonna non fosse troppo
elegante, se lo chignon non era troppo stretto. Se potesse essere
considerata una bella donna, nonostante tutto - e nonostante la sua
età.
In effetti, non se lo era mai chiesto. Lei e sua sorella avevano sempre
avuto quel fascino particolare che attraeva gli uomini. Non si era mai
fatta domande simili né ne aveva sentito davvero il bisogno.
Lui la stava già aspettando. Ora che lo guardava meglio, poteva
benissimo avere all'incirca la sua età come testimoniavano i
tratti maturi del volto. La notò quasi subito.
- Buon giorno. - Stella si sentiva un macigno all'altezza dei polmoni.
- Salve. - le aveva semplicemente sorriso lui. Le aveva gentilmente
offerto il braccio, che lei aveva afferrato senza esitare. Ancora non
lo sapeva, ma quel gesto avrebbe dato il via a un qualcosa che non
sarebbe più finito.
Le sue due settimane a Vienna volarono via.
Se era sempre ligia a ciò che doveva fare, gli sguardi
imploranti della sua migliore amica erano un incentivo sufficiente per
darsi da fare, appena trovava il tempo contattava Strauss. Poteva dire
che ormai consumasse qualsiasi pasto con lui. Per quanto inizialmente
non volesse ammetterlo, la sua compagnia le piaceva.
Aveva scoperto che aveva genitori polacchi, che dirigeva quel piccolo
teatro dove si erano incontrati. Che sbarcava faticosamente il lunario
ma era davvero felice delle vita che faceva.
E lui parlava di sé - era il più delle volte lei a
chiedergli di parlare - con gioia, nonostante la sua situazione non
fosse felice.
Le due settimane terminarono. Stella sapeva ciò che sarebbe
successo, che non sarebbero rimasti insieme. Però lei aveva
scoperto di provare qualcosa per quell'uomo, nonostante dubitasse di quei sentimenti.
Decide di dargli ciò che aveva di più prezioso, e alla
mattina scappò. Gli lasciò una lettera, perché
sapeva che a parole non sarebbe riuscita a dirgli che insieme a lui non
capiva so fosse ancora se stessa. Lasciò Vienna presto, quel
giorno, senza voltarsi indietro. Nonostante il grande vuoto interiore
- provocato da una cotta passeggera - stava cominciando a divorarla
interiormente.
E poi, lo aveva incontrato di nuovo, tre anni dopo, nello stesso posto davanti alla fontana.
Strauss non era più un uomo semplice che dirigeva un piccolo
teatro. Era diventato uno dei più importanti direttori
d'orchestra viennesi, richiesto persino all'estero.
Pioveva anche quella sera.
Era buffo che ogni volta s'incontrassero piovesse.
Lui l'aveva riconosciuta subito, gli occhi grigi le erano piombati
addosso all'istante. Stella boccheggiò per qualche istante.
- Sembra quasi destino, non credi?
Lui si era limitato a sorriderle, come sempre, invitandola sotto il suo
ombrello. Per quanto avesse voluto rifiutare, accettò
silenziosamente mentre prendevano a camminare insieme.
- Non dici niente? - nel suo tono non c'era niente di tagliente, solo
semplice curiosità.
Avrebbe voluto tanto dirgli che le era mancato, che le dispiaceva, ma quel dannato orgoglio le bloccava le parole in bocca.
- Sai, anni fa sono rimasto scioccato dalla tua scomparsa. Non sapevo
chi fossi, nemmeno il tuo cognome. - Stella rimase in silenzio,
rimanendo ad ascoltare. In fondo, era la sua specialità. - Solo
dopo un anno ho scoperto chi fossi. E ho deciso di raggiungerti.
Il silenzio si fece pesante ed imbarazzante. I loro sguardi si affrontavano, era una gara a chi avrebbe ceduto per primo.
- Non ti porto rancore per la tua fuga, Stella. - lei sussultò.
Il suo nome non aveva mai avuto un suono così dolce. - Voglio
solo sapere una cosa.
- Sei riuscita a trovare il tuo 'io'?
Un'altra pausa, Stella strinse le labbra.
- Come posso averlo trovato dopo averlo perso? - Strauss sorrise bonario.
- Lo sai che non si risponde ad una domanda con un'altra? - l'occhiataccia che lo raggiunse non lo turbò minimamente.
- Lo so benissimo, stai parlando con una scrittrice.
- Allora posso avere una risposta? - come poche volte nella sua vita,
le guance di Stella assunsero lo stesso colore dei suoi capelli.
- Te l'ho detto. L'avevo trovato. Ma l'ho perso. - fece una pausa,
l'imbarazzo era un'emozione difficile da gestire per una come lei. -
Perché sono davvero 'io' quando sono con te. Anche se sembra una
cosa smielata all'inverosimile.
Dopo un attimo di stupore Strauss le sorrise. Le passò un
braccio intorno alle spalle, rendendo difficile l'impresa di tenere
dritto l'ombrello.
- Solo una domanda prima del bacio da gran finale. Ti sono mancato?
Lo disse con tono così basso e sussurrato che Stella temette di
impazzire. Gli picchiettò gentilmente il braccio, prima di
afferrarlo per la cravatta.
- Certo che sì, scemo.
*Cosa ci fa lei qui?
Il Giardino della Senape:
Ne!
Noticine veloci, sto cascando dal sonno.
(Semmai la giudiciA me lo consentirà, le riscrivo domani)
[EDIT del 29/10/13]
Oh, ecco che finalmente
riesco a mettere mano a questa storia, correggendola e sistemandola.
çAç Sul serio, sono passati mesi.
Beh, non c'è molto da
dire in realtà. Prima di tutto, che questa non è la
storia completa. E' solo un ventaglio che lascia intravedere qualche
scena significativa del rapporto tra questi due. In realtà, la
faccenda si sviluppa ulteriormente - e vi ho omesso le loro pare
mentali, ringraziatemi. XD La mancanza di tempo mi ha impedito di
ampliare.
Ovviamente i loro incontri
sono più significativi, perché andrebbe mostrato come in
due settimane il loro rapporto si sia evoluto. Forse ci metterò
mano e ci scriverò delle one!shot. O forse no, dipenderà
tutto dal mio tempo libero e dalla mia voglia. Dico solo che questi due
ciocchini hanno tanto da raccontare e forse ne avranno l'occasione.
Detto questo, see ya soon.
Milady Ophelia
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