SeblaineWeek
‘13
Day 2: Tv shows
[Sebastian e Blaine come Jack e Ianto in
"Torchwood"]
Uomo
Del
Caffè
«Blaine
Anderson, signore,
piacere. Caffè?»
Il
capitano Sebastian Smythe
scrutò per qualche istante il giovane uomo che gli porgeva
una tazza fumante
sotto il naso. Vestiva una giacca scura sopra una camicia rosa e un
farfallino
–un farfallino?- nero. Portava a tracolla un termos, e
sorrideva dietro il mug
scintillante con l’aria serena e divertita di un bambino.
Bassino,
chioma nera ingellata,
sbarbato e con due fari al posto degli occhi. Era decisamente bello, dovette ammettere Sebastian, ma
chi diavolo era?
«Mia
madre mi diceva sempre di
non accettare caffè dagli sconosciuti…
» mentì il capitano, passando oltre pur
non resistendo alla tentazione di sbirciare il fondoschiena dello
sconosciuto «Anche
se questi hanno un bel culetto…»
Blaine
inclinò il capo, arricciando
la faccia in un’espressione sorpresa e divertita. Non si
sarebbe arreso
facilmente. Seguì in tutta fretta il capitano Smythe che si
allontanava dalla
baia, dove si trovava l’hub della squadra Torchwood di
Cardiff.
«Devo
denunciarti per stalking,
“occhidolci”?» domandò
l’immortale, fingendosi seccato.
«Voglio
lavorare per Torchwood,
signore.» disse Blaine, convinto, dopo aver continuato ad
arrancare per un po’
cercando di non versare a terra il caffè che ballonzolava
nella tazza. Rimase
del tutto immobile mentre il capitano si fermò ad esaminarlo
di nuovo più
accuratamente, e dovette ricordarsi di respirare mentre sentiva lo
sguardo di
quell’uomo affascinante vagare con insistenza su di lui.
«Spiacente,
non cerchiamo
personale, dolcezza…» replicò Sebastian
«Magari ripassa se ti va un
appuntamento, uh?»
Lo
sconosciuto scosse la testa
imbarazzato e continuò a inseguirlo tendendo verso di lui la
tazza di caffè.
«Ma posso aiutare, davvero! Lavoravo alla sede di Londra,
prima che andasse
distrutta.»
«Come
hai detto che ti chiami?»
«Blaine
Devon Anderson!»
«Nome
carino. Ora, sai cos’è un
Weevil?»
«Certo
che lo so. Non le sto
mentendo! Lavoravo davvero al Torchwood di Londra!»
sbuffò Anderson, mentre il
capitano sgusciava via da lui con quel suo fare misterioso e
irriverente. E
Blaine, fermo, pensoso, non poté fare altro che far
ondeggiare il caffè contro
le pareti in ceramica della tazza.
Sebastian
non ci avrebbe messo la
firma. Incredibile a dirsi ma, il giorno dopo, Blaine Anderson era di
nuovo lì davanti
ad aspettarlo. Sempre col caffè a portata di mano,
sorridente e impeccabile nel
suo completo elegante. «Oh, andiamo… Fai sul
serio?» domandò l’immortale,
alzando gli occhi al cielo e incrociando le braccia.
Com’è che ora la gente si
presentava alla porta dell’hub facendo richiesta
d’assunzione? Non era mica
un’agenzia di collocamento!
«Sì,
signore. Sono un tipo alquanto
tenace.» esclamò l’altro, tutto
impettito.
«Vedo,
vedo.» annuì il capitano.
Sembrò valutare la situazione, poi decise che almeno il
caffè non andava
sprecato, considerata la fragranza corposa e invitante che effondeva. E
poi,
quel bocconcino continuava a chiamarlo “signore” e
non aveva ancora stabilito con
esattezza che effetto avesse la cosa su di lui.
«Piuttosto…» si schiarì la
voce
sporgendosi verso Anderson che lo guardava già con una certa
ammirazione. L’immortale
era sicuro di poter avvertire il tremore che prese a brancolare fra le
ginocchia del giovane uomo nel momento esatto in cui gli si era fatto
più
vicino. Gli regalò uno sguardo tenue e concessivo mentre si
appropriava del mug
con un gesto rapido e disorientante.
Blaine
Anderson, in religioso
silenzio, osservò le palpebre chiudersi sugli occhi verdi e
la gola esposta del
capitano muoversi in maniera sensuale mentre la bevanda calda scendeva
giù con
lentezza. «Ottimo, lo ammetto. Spero tu non abbia cercato di
avvelenarmi.» disse
Sebastian, restituendogli la tazza vuota. Si leccò le labbra
per non perdersi
nemmeno una goccia di quel sapore. «Ovviamente, lo spero per
te. Perché, sai,
non sarebbe affatto piacevole il modo in cui potrei fartela
pagare…» chiarì,
portando sibillinamente una mano all’impugnatura della
pistola appesa alla
cinta di cuoio. Leggendo fra le righe, gli stava comunicando anche che
per lui
era impossibile morire.
L’altro
scosse la testa, abbassò
lo sguardo per non mostrare il rossore sulle guance e non
riuscì a trattenere
una risata. Sebastian Smythe era probabilmente l’uomo
più bello che avesse mai
visto. E aveva un tale portamento da soldato! E un profumo addosso che
gli
faceva girare la testa, sul serio, fuor di metafora. «Non lo
farei mai, sign-
Dove va?» si interruppe Blaine, quando il capitano
superò la sua figura minuta
senza degnarlo di uno sguardo.
«Non
sono affari tuoi, Uomo Del
Caffè.» esclamò Sebastian, spocchioso e
dannatamente sexy.
«Uomo
Del Caffè?»
«Sì,
portamene un altro domani e
magari potremmo discutere della tua… assunzione.»
Blaine
osservò i lembi color
antracite del cappotto militare del capitano Smythe aprirsi
ritmicamente mentre
fuggiva chissà dove a passo spedito. A vederlo
così, sembrava uscito dal secolo
scorso, da una di quelle vecchie fotografie sbiadite e sgranate di
ufficiali della
Seconda Guerra Mondiale. «A-a prop- a proposito! Bel
cappotto, signore.»
«Adularmi
non ti servirà a niente,
bellezza. Uomo Del Caffè,
ho detto… Hm,
forse facciamo anche Delle Pizze!»
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