Il desiderio di un
bambino
Era estremamente semplice. Bastava allungare la mano,
concentrarsi per pochi istanti, e quegli esserini inutili esplodevano in mille
pezzi. Ben presto, il Principino Vegeta si stancava di quel gioco e chiedeva più
Saibai Men attorno a sé, sempre di più, per
assaporare almeno un po' il gusto di una vittoria che ormai riusciva a
conseguire troppo facilmente. Aveva ripetuto molte volte che il gioco era
diventato noioso, che voleva qualcosa di più... forte, di più eccitante, ma suo
padre si ostinava a non ascoltarlo, continuava a ripetere che quell'allenamento
era necessario. Che era il modo migliore per potenziare colui che un
giorno avrebbe regnato sull'intera stirpe dei Saiyan.
Il Re sembrava avere
grandi progetti per lui ed il piccolo Vegeta ne andava orgoglioso. Suo padre gli
aveva spiegato ogni cosa, gli aveva detto che c'era un'immensa differenza tra
lui e gli altri piccoli Saiyan, che lui sarebbe stato il più forte di tutti. E
Vegeta credeva ciecamente in quello che suo padre gli raccontava, perché suo
padre era forte, era potente, temuto e rispettato da tutti, Saiyan o esseri
inferiori appartenenti ad altri pianeti che fossero. Il bambino lo guardava ogni
giorno con crescente ammirazione, perché quel guerriero non vacillava mai, non
si fermava davanti a niente, non aveva paura di nulla. In cuor suo, il giovane
Principe pregava di poter un giorno diventare come lui, di scorgere nello
sguardo degli altri la stessa paura che vedeva negli occhi dei guerrieri
Saiyan quando suo padre era tra di loro.
Ma quell'allenamento con gli inutili Saibai
Men lo aveva stufato. Ormai non c'era una loro mossa che il piccolo
guerriero non riuscisse a prevedere e nessuna di quelle creature, alla sua
presenza, rimaneva in vita per più di pochi minuti. Voleva prendere parte ad un
combattimento vero, maledizione! Voleva andare insieme a suo padre a conquistare
un pianeta, voleva mostrargli tutta la sua forza, voleva vedere orgoglio nei
suoi occhi. Ma suo padre non voleva concederglielo e giorno dopo giorno lo
spediva in quella camera ad allenarsi.
Fatti a pezzi tutti i Saibai Men che
avevano avuto la sfortuna di venire scelti per l'allenamento del Principe,
Vegeta lasciò la palestra e si avviò verso le proprie stanze. A metà strada,
tuttavia, cambiò idea e decise di andare a cercare il padre e sottoporgli per
l'ennesima volta la propria richiesta. Stava quasi per entrare nella Sala del
Trono, quando udì la voce di Napa, il guerriero che generalmente sorvegliava i
suoi allenamenti, provenire dall'interno. Il bambino si fermò ad ascoltare:
sapeva che Napa aveva il compito di fare a suo padre il resoconto dei suoi
progressi ed era curioso di sentire che cosa aveva da dire quel buono a nulla.
"Maestà, il giovane Principe ha appena
terminato l'allenamento giornaliero. Ha distrutto 25 Saibai Men".
"Molto bene! Il ragazzo migliora ogni giorno
di più".
C'era orgoglio nella voce di suo padre e
Vegeta sorrise senza nemmeno accorgersene.
Nonostante tutti i suoi discorsi su quanto il
figlio del Re fosse superiore agli altri bambini Saiyan, suo padre non si era
mai davvero complimentato con lui per i suoi risultati. Continuava a ripetergli
che doveva allenarsi, di più, sempre di più, perché la potenza fisica era
l'unica cosa che avesse importanza, l'unico mezzo che gli avrebbe garantito in
futuro il rispetto dei propri sudditi, unita al suo nobile sangue di guerriero
di prima classe. Ma non gli aveva mai detto che era soddisfatto di come i suoi
allenamenti stessero procedendo.
In realtà, non lo aveva mai nemmeno visto
combattere.
Il bambino, ovviamente, non glielo aveva mai
chiesto. No, sapeva benissimo che suo padre aveva di meglio da fare che
assistere ai suoi stupidi e noiosissimi allenamenti, che aveva interi pianeti da
conquistare e non poteva certo perdere del tempo prezioso. E poi, dopotutto,
prima o poi avrebbe dovuto vederlo. Prima o poi lo avrebbe portato con sé alla
conquista di un pianeta, avrebbe ammirato la sua potenza.
Sarebbe stato orgoglioso di
lui.
Udire il tono con cui adesso il Re rispondeva
alle notizie fornitegli dal Saiyan che si occupava dei suoi progressi scaldò il
cuore del bambino. Magari quel momento era già vicino...
"Bene, Napa, credo che il giovane Principe
Vegeta sia pronto. E' ora che scenda su un vero campo di battaglia. Domani lo
informeremo dei suoi nuovi compiti".
"Sì, signore".
Il cuore di Vegeta perse letteralmente un
battito. Finalmente, finalmente avrebbe potuto combattere sul serio! Avrebbe
potuto scatenare la propria forza, al fianco di suo padre, avrebbe visto
l'ammirazione nei suoi occhi, avrebbe ricevuto dei complimenti per la sua forza,
così superiore a quella degli altri bambini Saiyan della sua stessa età. Il
momento che tanto aveva desiderato stava finalmente per
arrivare.
Vegeta corse in camera, dato che ormai non
aveva più alcun motivo di andare a parlare con il padre, ma per molte ore
non riuscì a prendere sonno, terribilmente eccitato all'idea di diventare un
vero guerriero, a tutti gli effetti. Finalmente, dopo essersi girato e rigirato
sul proprio giaciglio moltissime volte, si addormentò con un
sorriso di contentezza sulle labbra.
Il bambino non avrebbe nemmeno potuto
immaginare che, per molti anni a partire da quel momento, nessun
sorriso di quel genere avrebbe più increspato le sue labbra e
gli sarebbero stati concessi soltanto amari ghigni
sarcastici.
Vegeta era già in perfetta tenuta da
combattimento quando venne convocato al cospetto di suo padre.
Con sguardo altero e portamento fiero, si avviò verso la Sala del Trono,
assaporando ogni momento di quella camminata tra i guerrieri che in quel
momento si trovavano al Palazzo e che lo osservavano con rispetto, inchinandosi
al suo passaggio. Ben presto il loro rispetto sarebbe stato completo,
perché ben presto lui avrebbe ricevuto da suo padre il più grande degli
onori, quello di combattere al suo fianco.
Vegeta rimase profondamente stupito, una
volta giunto alla Sala. Sul Trono, infatti, non vi era suo padre, come il
Principino si aspettava, ma un essere dalla pelle rosa che, dopo qualche
istante di esitazione, il piccolo guerriero riconobbe come Freezer. Vegeta non
aveva mai visto Freezer da vicino, aveva qualche volta spiato il suo
arrivo al Palazzo Reale dalla finestra della sua camera, ma non era
mai stato ammesso alla sua presenza. Non riusciva assolutamente a capire che
cosa ci facesse lì in quel momento. In quel momento che avrebbe dovuto essere
soltanto suo.
E poi, che cosa ci faceva seduto sul Trono di
suo padre, quasi come se fosse lui il Re, come se fosse a lui che i
Saiyan dovessero obbedire e portare rispetto, piuttosto che al loro
leggittimo sovrano?
Il Principino si guardò intorno, in cerca
della familiare figura paterna, ma ci mise un po' per individuarlo.
Perché non gli era venuto in mente di
guardare proprio lì.
Suo padre era ai piedi di Freezer. In
ginocchio sul pavimento.
In ginocchio. Suo padre, il più
potente dei guerrieri Saiyan, era in ginocchio di fronte a quell'essere
ripugnante. Non poteva essere vero. Suo padre non era inferiore a
nessuno. Suo padre non poteva prostarsi in quel modo.
Vegeta era solo un bambino. Dotato di immensa
forza fisica, ma pur sempre un bambino. Non aveva compreso che cosa stesse
succedendo davvero sul suo pianeta. Non aveva né l'età né la
consapevolezza per cogliere la vera natura del rapporto tra Freezer e il Re.
Credeva che Freezer fosse un semplice alleato, non colui che dettava legge sul
pianeta Vegeta. Non colui che deteneva di gran lunga più potere del sovrano,
azni, che deteneva potere sul sovrano stesso.
E suo padre, in ginocchio in quel modo...
Vegeta avrebbe voluto voltarsi e correre via, lontano da
quell'immagine.
Ma ormai era troppo tardi per fuggire,
Freezer si era accorto di lui, che se ne stava immobile sulla soglia.
"Oh, ecco qui il principino di cui ho tanto
sentito decantare le lodi. Vieni avanti, giovane Vegeta, non essere
timido".
Quanto era stridula e orribile quella voce,
Vegeta non aveva mai sentito niente di più disgustoso in vita sua. Stava quasi
per rispondere sprezzante che non prendeva ordini da esseri dotati di una voce
tanto ridicola, quando suo padre si voltò verso di lui.
L'orgoglio che Vegeta aveva tanto immaginato,
la sera prima, di cogliere in quello sguardo, era del tutto assente. I
lineamenti del padre non erano rilassati e soddisfatti, come il bambino li aveva
immaginati, erano contratti dalla paura. Paura di quel mostruoso essere rosa che
sedeva sul suo trono!
Suo padre, in silenzio, lo invitò con un
urgente cenno del capo ad avvicinarsi. Riluttante, Vegeta
obbedì. Dopotutto, quel Freezer prima o poi se ne sarebbe andato, e allora
forse finalmente avrebbe ricevuto da suo padre l'apprezzamento che tanto
desiderava. Una vocina dentro di sé gli ripeteva, mentre camminava
lentamente verso il Trono, che non sarebbe stato lo stesso, non dopo aver
visto suo padre prostrato in quel modo poco decoroso ai piedi di un altro
guerriero, ma Vegeta impose a quella voce di tacere.
Freezer lo fissò con un'insistenza
a dir poco irritante per alcuni minuti, prima di parlare, mentre il ragazzino
sentiva il proprio corpo tremare di rabbia di fronte a quel freddo
scrutinio.
"E questo bambino così piccolo è davvero
forte come dici?"
Vegeta volse lo sguardo verso il padre, anche
se avrebbe preferito evitare di vederlo ancora in quello stato.
"Sì, mio signore".
Mio Signore. Vegeta avrebbe voluto
urlare.
"Molto bene, vedremo se hai detto la verità.
Vegeta, adesso verrai con me sulla mia astronave. D'ora in poi avrai l'onore di
obbedire direttamente agli ordini del grande Freezer. Hai un po' di tempo per
preparare i bagagli, partiamo tra un'ora". Senza ulteriori indugi, Freezer si
alzò ed abbandonò la Sala, con Zarbon e Dodoria dietro di lui.
Vegeta non aveva nemmeno avuto il tempo di
replicare, sempre se il profondo stupore in cui si trovava glielo avesse
permesso. Non si accorse che suo padre si era finalmente alzato e gli si era
avvicinato finché non udì la sua voce.
"Sbrigati, figlio. Hai poco tempo e non devi
fare aspettare il grande Freezer".
Il bambino alzò lo sguardo verso di lui,
incredulo.
Era quindi questa la sorpresa che suo padre
aveva in serbo per lui? Era per questo motivo che si era sottoposto ogni giorno
a quel tedioso allenamento, per diventare il servo di qualcuno? Per
inginocchiarsi ai piedi di un essere ripugnante e dalla vocetta stridula?
In quel momento che gli avrebbe cambiato la
vita, in quel momento in cui già aveva capito che non avrebbe potuto fare altro
che obbedire, Vegeta avrebbe potuto rivolgere mille domnde al padre, mille
accuse. Ma solo un pensiero si affacciava ripetutamente alla sua mente,
imponendo con arroganza che gli venisse data voce.
Ma il bambino, con quella disciplina,
quell'autocontrollo che gli era stato insegnato, che si sarebbe portato
dolorosamente dietro per sempre, si impose di tacere. Perché dopotutto non
ne valeva la pena. Suo padre non era il guerriero invincibile che aveva creduto
che fosse, non era il Saiyan incapace di provare timore che aveva idealizzato.
Aveva paura di quel Freezer.
Quindi non aveva alcuna importanza. Inutile
esprimere ad alta voce quel pensiero.
Non mi vedrai combattere.
Mai.
FINE
Nota dell'autrice: Non ricordo con
precisione le scene dell'anime in cui Vegeta compare al fianco di suo padre,
quindi è possibile che in realtà ci sia qualche momento in contraddizione con
quanto da me raccontato in questa one-shot. Ricordo Vegeta bambino e suo padre
osservare le navicelle con a bordo i guerrieri di classe inferiore spediti
sugli altri pianeti, ma nient'altro. Mi perdonerete, spero! immaginate che, se
dovesse esserci qualche momento in cui si vede Vegeta bambino combattere e suo
padre è presente nella scena, io non ne ho tenuto conto^^''
Il termine Saibai Man (non avevo
idea di come si scrivesse il nome di quelle creature) l'ho preso dal sito Dragon
Ball Arena.
Ogni parere e commento, come al
solito, è bene accetto!
E, quasi dimenticavo, buon
Natale!
Sonsimo
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