Questi
personaggi non mi appartengono, ma sono di proprietà di
Cressida Cowell e Dreamworks Animation. Questa storia è
scritta senza scopo di lucro.
AMICIZIA
Cos’ friends
will be friends, right till the end.
[Perchè
gli amici saranno amici, fino alla fine.]
Queen –
Friends will be friends
Faceva freddo,
quell’inverno, a Berk.
Uno dei
più rigidi a memoria d’uomo.
Nella casa in
cima alla scogliera, un bel focolare ravvivava l’atmosfera
creando giochi di luce ed ombre sulle pareti di legno. Una donna
minuta, dai lunghi capelli rossi, era impegnata a rimestare una zuppa
che sobbolliva piano nel grande pentolone di rame. Si portò
poi il cucchiaio di legno alle labbra ed assaggiò la
pietanza.
“Perfetta.”
Asserì soddisfatta.
In quel
momento due furie di poco più di dieci anni entrarono in
casa, spalancando la porta e facendo entrare qualche fiocco di neve
dispettoso.
“Mamma,
è pronto?!” chiesero all’unisono con le
loro voci squillanti.
Lei si
puntellò i fianchi con le mani.
“Dan,
Kadlin, quante volte vi ho ripetuto che non dovete irrompere
così in casa? Disturbate il nonno che riposa!” li
rimproverò severa.
“Tranquilla,
Arnora, non mi disturbano.” Intervenne una voce roca dal
fondo della stanza.
“Nonno!”
i due bambini corsero entrambi verso il letto, saltandoci su.
L’uomo,
dalla barba lunga ed i corti capelli canuti sorrise, tirandosi su a
sedere. Con una mano ossuta e leggermente ricurva a causa
dell’età, fece una carezza sulle teste bionda e
rossa dei suoi nipoti.
“Oggi
il maestro ci ha cominciato a dare lezioni di volo!”
esclamò entusiasta Dan.
“Sì,
ed io sono riuscita a volare attorno alla scuola senza mai perdere
l’equilibrio.” Continuò Kadlin,
sollevando il mento con orgoglio.
“Bravi
i miei ragazzi, diventerete degli esperti conoscitori di
draghi.”
“Oh
no, mai quanto te. Sai nonno, a scuola tu occupi un intero
capitolo del libro di storia. Sei il primo signore dei draghi,
dopotutto.”
“Ma
non mi dire…sono davvero così famoso?”
chiese l’uomo ironico.
“Hiccup,
il dominatore di draghi, colui che ci ha insegnato l’amicizia
ed il rispetto verso queste affascinanti creature.”
Ripeté Kadlin a menadito.
“Ecco.
Vedete bambini, faccio bene a restarmene chiuso in casa, altrimenti in
strada tutti i miei ammiratori mi fermerebbero per avere un autografo,
e non potrei più starmene tranquillo…”
brontolò in tono falsamente annoiato.
I due bambini
ridacchiarono.
“Su
ragazzi, fatemi dare la zuppa al nonno e andate a lavarvi le
mani.”
“Sì,
mamma!”
I due
trotterellarono verso il bagno e la donna scosse il capo sentendoli
litigare.
“Crescono
così in fretta…”
“Già,
e diventano sempre più tremendi. Sai, Dan sembra aver
ereditato le tue capacità di inventore,
papà.” Fece lei poggiando il vassoio sul letto.
Hiccup sorrise
ed afferrò il cucchiaio, soffiando sulla zuppa.
“Kadlin,
invece, è decisamente la copia di tua madre.”
Affermò e sua figlia annuì.
“Come
ti senti oggi, papà?”
“Mi
sento davvero meglio, grazie.” Rispose ostentando sicurezza.
Sua figlia gli regalò un sorriso sghembo.
“Dici
così tutte le volte…”
Hiccup si
finse offeso.
“Stai
dando del bugiardo a tuo padre? Guarda che ti faccio mangiare da
Sdentato!”
Lei
ridacchiò: quella era la minaccia con la quale suo padre
soleva sgridarla quando combinava qualche pasticcio. La cosa
divertente era però che Sdentato, al posto di mangiarla, le
leccava tutto il viso, facendo infuriare sua madre.
Arnora
sospirò mestamente. Da quando Astrid li aveva lasciati,
un’aura di malinconia avvolgeva suo padre, smorzata solo
dalla vivacità dei suoi nipoti e dal suo migliore amico.
In quel
momento un tonfo sordo sul tetto fece scricchiolare le pareti della
casa.
La donna
sollevò gli occhi verso l’alto.
“Mi
chiedevo proprio dove fosse finito, oggi non si era ancora fatto
vedere.” Informò suo padre andando poi ad aprire
la porta.
Sull’uscio
sostava un elegante drago nero, con le ali accuratamente piegate lungo
i fianchi.
“Buongiorno,
Sdentato.” Lo salutò.
Il drago
scosse la testa emettendo un suono gutturale amichevole.
“Entra,
i bambini saranno contenti di vederti.”
La bestia
attraversò la porta con i suoi passi pesanti, e venne
accolto con gioia da Dan e Kadlin.
“Sdentato!”
“Ciao
Sdentato!”
“Avanti
ragazzi, lasciatelo respirare! Venite a tavola che è pronto.
Sdentato, se vuoi ho qualche pesce anche per te.”
L’animale
annuì e si diresse verso Hiccup, che gli sorrideva cordiale.
“Come
va, vecchio amico mio?”
Sdentato
rispose con uno sbuffo del naso contro i capelli candidi
dell’anziano.
“Oh
sì, lo vedo che sei in gran forma.” Hiccup
allungò una mano ad accarezzare la pelle squamosa e coriacea
del drago. Sdentato socchiuse gli occhi, producendo un suono vibrante,
come le fusa di un gatto.
“Sai,
mi dispiace non poter più uscire a volare
insieme.” Gli confidò l’uomo. Poi
voltò il capo in direzione della finestra, gli occhi verdi
che lasciavano trasparire la tristezza e la delusione. Sdentato
inclinò il capo, dubbioso.
“Gli
acciacchi dell’età mi impediscono di cavalcarti.
Ho costretto anche te a rinunciare al cielo.”
Il drago, dal
canto suo, per fargli capire quanto la cosa non avesse importanza,
spinse il muso contro la sua mano.
“Papà…”
lo interruppe Arnora. “Non hai mangiato quasi
niente…” gli fece notare con disappunto.
“Non
sono molto affamato oggi. Ma era buonissima la tua zuppa.”
Sua figlia
inarcò un sopracciglio, fissandolo preoccupata.
“Io
avrei qualche commissione da sbrigare insieme ai ragazzi, va bene per
te se mi assento per un po’?”
“Certo,
c’è Sdentato con me, sono in ottime
mani.” Replicò lui sorridente.
“Sdentato,
se non dovesse sentirsi bene, o se dovesse fare qualcuna delle sue
pazzie…” lo guardò severa ed Hiccup
distolse lo sguardo. “…non esitare a fermarlo e a
venirmi a chiamare. All’istante.”
Comandò perentoria.
L’animale
si mise sull’attenti ed annuì.
“Ottimo,
allora vi lascio. A tra poco.”
“Ciao
nonno, ciao Sdentato!” salutarono i bambini.
Quando si chiusero la porta alle spalle, Hiccup si rilassò
contro la testiera intarsiata del letto.
“Sono
contento che tu oggi sia venuto qui, Sdentato.”
Esordì. “Avevo proprio bisogno di
parlarti.”
Il drago
agitò un orecchio, in attesa.
“Quanti
anni sono passati da quando ci siamo incontrati per la prima volta? A
giudicare dalle mie condizioni direi parecchi.”
Sghignazzò. “Ricordo come se fosse ieri il giorno
in cui ti trovai. Eri legato come un salame.”
Sdentato
socchiuse gli occhi, ringhiando sommessamente.
“Dai,
non fare il permaloso, io ero una lisca di pesce parlante, ed anche un
pochino stupido.”
Il rettile
inarco la sua arcata superiore.
“Va
bene, ero molto stupido, contento?”
Il drago
sbuffò, ritenendosi soddisfatto.
“Allora,
lasciami continuare. Dicevo, ormai sono trascorsi tantissimi anni da
quando ci siamo incontrati e tante cose sono cambiate, molte delle
quali in positivo. Ma, come ormai puoi notare, io sono invecchiato e le
mie forze non sono più quelle di una volta. Ciò
che voglio dire, Sdentato, è che io tra poco me ne
andrò.”
Il drago
spalancò gli occhi.
“Che significa che te
ne andrai?” era la sua muta domanda.
“Sto
per morire, il mio tempo è scaduto. Lo puoi vedere da
te.” Rispose Hiccup leggendogli quasi nel pensiero.
“Cosa?”
“Raggiungerò
Astrid e mio padre, ma non c’è bisogno di essere
tristi, è la vita. È così che
va.” Gli sorrise debolmente.
Sulla fronte
di Sdentato comparvero delle rughe di contrarietà.
“Non
andrai da nessuna parte.”
“Abbiamo
vissuto insieme così tante avventure…ti ricordi
quando stavamo per schiantarci in acqua perché il foglio con
le istruzioni del meccanismo collegato alla tua coda era volato via?
Quando ho perso il mio elmo?”
“Sì,
e tutte le volte è stata colpa tua.”
“O
quando abbiamo affrontato quell’enorme drago
orrendo? Quando volavamo nel cielo, spingendoci in alto fino
a toccare le nuvole, compiendo evoluzioni che tutti ci invidiavano,
spingendoci lontani, dove altri non potevano arrivare…il
vento tra i capelli, il sole negli occhi, il profumo salmastro del
mare, la pioggia e la soffice neve sulla pelle durante
l’inverno…Siamo stati una squadra davvero
imbattibile per tanti anni!” affermò con gli occhi
verdi illuminati da uno spirito fanciullesco.
“Tu
sei sempre stato lì per me, sei sempre intervenuto per
salvarmi ed io ti ringrazio, dal più profondo del mio cuore.
Anche se ti ho solo causato guai, per la coda intendo.”
Sdentato volse
il capo indietro, agitando la sua coda con la metà della
membrana caudale artificiale, creata da Hiccup.
Il drago gli
indicò la sua gamba amputata.
“Tu
hai perso qualcosa, esattamente come me.”
“Oh,
la gamba…beh, non è mai stato un gran problema. A
parte il fatto che forse adesso si sarà arrugginita, visto
che ormai non riesco a stare più in piedi come una
volta.”
Hiccup tacque,
ma venne colto da un accesso di tosse che faticava a placarsi. Sdentato
si spaventò, cominciando a saltare ovunque, pronto a
dirigersi verso la porta.
L’uomo
alzò una mano facendogli segno di stare calmo, bevve un
sorso d’acqua dal bicchiere sul comodino che lo
aiutò.
“Buono,
vedi che è tutto a posto? Solo un po’ di tosse,
tutto passato, tranquillo.”
“Non
è tutto passato.”
Sdentato si
riavvicinò cauto a lui.
“Vedi,
è questo ciò che intendevo prima. Io non ci
sarò per sempre, ed il mio momento si sta
avvicinando.” Dichiarò serio.
Il drago fece
scattare il capo, nervoso. Le parole di Hiccup gli suonavano oscure
alle orecchie.
“Ho
vissuto una vita ricca e piena grazie a te, Sdentato. Ho scoperto il
valore di un legame forte e profondo, saldo ed indistruttibile. Sei
stato per tanti anni al mio fianco, mi hai consolato nei momenti
tristi, hai gioito con me per quelli allegri. Ricordo ancora
quando eri poco più che un cucciolo, che staccava rami dagli
alberi per potermi imitare nel disegno, quasi come se fossi stato per
te un modello da imitare. E com’eri soddisfatto delle tue
opere, ringhiavi se qualcuno le calpestava, anche
accidentalmente!”
“E
tu eri molto invadente, con quel tuo stare lì a
spiarmi.”
“Ma
devi sapere che in realtà sei sempre stato tu per me un
modello di ispirazione, con il tuo coraggio, la tua testardaggine, la
tua vivacità, la tua acuta intelligenza. Tu mi hai salvato,
mi hai fatto scoprire realmente quale fosse il mio ruolo nella vita e
per questo io ti ringrazio.”
Il drago
cominciò a respirare affannosamente, sentendo il cuore
stretto in una morsa, guardandosi attorno spaesato.
“Grazie
per essere stato il mio punto di riferimento, il mio migliore amico, la
mia controparte.”
“Lo stesso vale per
me, sei la mia famiglia. Ma perché stai facendo questi
discorsi?” non riusciva a capire.
“E a
differenza di ciò che dicono qui, chiamarti animale
domestico risulterebbe riduttivo, ed anche offensivo. Tu sei speciale.
Tu sei il fratello che non ho mai avuto. Ed è per questo
che, quando me ne andrò, dovrai trovare un nuovo cavaliere,
che ti faccia solcare i cieli ai quali appartieni, che ti apprezzi e
che non ti faccia mancare niente. Che ti voglia bene quanto te ne ho
voluto io.”
Sdentato
indurì lo sguardo, assottigliando la sua pupilla verticale.
“Non
lo voglio un altro cavaliere, non voglio nessun altro che non sia
tu.”
Hiccup tacque,
cercando di ricacciare in gola le lacrime che gli pizzicavano gli occhi.
“Puoi
farmi una promessa?”
Il drago lo
guardò sottecchi, incerto. Quel discorso l’aveva
messo a disagio e si sentiva agitato. Tutte quelle parole sulla
morte…Hiccup non stava morendo, vero?
“Dai,
non farti pregare…” gli diede un buffetto gentile
sul capo.
Sdentato
annuì.
“Io
voglio che tu, Sdentato, viva e sia felice. Ci sono tante
persone qui che ti sono affezionate, stai con loro e vivi una lunga,
serena e meravigliosa vita. Promesso?” domandò con
voce rotta di pianto.
L’animale
non rispose subito. Studiò l’espressione di quello
che per anni era stato il suo migliore amico: aveva un viso provato e
segnato dalla stanchezza, dal colorito pallido. Solo gli occhi
conservavano lo spirito del giovane Hiccup. Erano così
intensi che non poteva negargli nulla nemmeno volendo, così
annuì. Il drago si rese conto che l’uomo non stava
mentendo, il suo tempo era finito davvero. Gli posò il capo
in grembo, sul cuore gli gravava un macigno pesante come il piombo.
“Non
immagini nemmeno quanto mi sentirò solo quando te ne andrai,
Hiccup.”
“Mi
sentirò così solo senza di te, Sdentato. E questo
è un pensiero così egoista perché io
voglio che tu sia felice, ma vorrei rimanere qui, con te, in
eterno.” Una lacrima gli solcò il viso, cadendo
sulle coperte.
“Grazie
per tutto quello che hai fatto per me, per avermi donato il tuo
affetto, per essermi rimasto accanto anche adesso. Gli amici come noi,
lo sai, saranno amici per sempre, ed io ti voglio bene.” Di
slancio, lo abbracciò, tenendolo stretto a sé
come se fosse la cosa più preziosa esistente al mondo.
Quando lo lasciò andare aveva ancora gli occhi umidi di
pianto.
Si distese con
un sorriso tranquillo che gli illuminava il viso.
“Ora
posso andar via sereno. Addio, fratello mio.”
Sdentato vide
il suo torace sollevarsi ed abbassarsi un’ultima volta, poi
si fermò.
Hiccup giaceva
lì, con gli occhi chiusi, l’espressione serena
dipinta sul viso solcato dalle rughe.
“Hic?”
il drago lo spinse con la testa, ma l’altro non si mosse.
“Hiccup,
che scherzi fai? Avanti, svegliati.”
Saltò
sul letto, alternando piccole spinte a leccate con la sua lingua
rasposa, sperando che aprisse gli occhi come la prima volta, quando
erano sfuggiti al drago e lui l’aveva afferrato dopo la
rovinosa caduta.
“Hiccup…”
Sdentato
interruppe i suoi sforzi, la consapevolezza si era fatta largo nei suoi
occhi verde-gialli. Il suo cavaliere, suo fratello, se ne era andato.
“Hiccup,
mi hai lasciato solo.”
In quel
momento la porta si aprì e Arnora entrò. La donna
capì subito che qualcosa non andava. Lasciò
cadere i due cesti che teneva tra le braccia, spargendone il contenuto
al suolo. Corse verso il letto, e mise una mano dinanzi al naso di
Hiccup.
“Papà…Sdentato,
papà…”
Le pupille
verticali del drago si dilatarono, e lui chinò il capo,
affranto.
“Se
ne è andato.”
***
Grandi furono
le celebrazioni per la morte di Hiccup Horrendus Haddock III.
Sdentato diede
fuoco alla pira ed osservò il fumo salire in larghe volute
verso il cielo.
Ogni giorno,
da allora, si recava alla tomba di Hiccup, sedendosi
sull’erba fresca o sulla neve, ed osservava il cielo. Con
quell’azione sentiva di poterlo avere ancora vicino a
sé.
Un giorno, a
distanza di qualche anno, dopo la caduta della prima neve, Sdentato si
recò da Hiccup. Non sapeva bene come, ma sentiva che
qualcosa stava per cambiare.
Durante quel
tempo senza di lui aveva riflettuto parecchio sul suo futuro, ed era
infine giunto ad una conclusione.
“Sai, Hic,”
cominciò “ormai
credo di essermi abituato a quest’inverno di Berk, che dura
quasi tutto l’anno. Resta lì aggrappato e non se
ne vuole più andare e l’unico vero sollievo contro
il freddo, sono quelli che tieni vicini al cuore. Quando ci hai
lasciati, ho sentito freddo. Tanto freddo, come non mi era mai successo
prima, ed è stato così, per tutto questo tempo.
Ma sai, piano piano, ho cominciato a rievocare i momenti che abbiamo
trascorso insieme e ho di nuovo sentito un guizzo di calore al cuore.
Allora ho capito. Ho capito che se io, nel mio piccolo, ti ho fatto
dono della mia amicizia, così come mi dicesti, tu me ne hai
fatto uno più bello. Mi hai reso parte della tua vita,
tenendomi nel tuo cuore per tanti anni, e so che un giorno noi ci
incontreremo di nuovo. Ma fino ad allora, io manterrò la mia
promessa.”
In quel
momento Sdentato vide un pettirosso spiccare il volo da un
abete. Era così piccolo rispetto a lui, rettile maestoso,
eppure eccolo lì a ritagliarsi la sua fetta di cielo
librandosi leggero.
Il drago
sorrise.
“Sono
finalmente pronto a volare.”
***
Salve! Ho
rivisto oggi questo film che personalmente amo alla follia e quindi
eccomi qua, a buttar giù qualcosa su questa meravigliosa
coppia di protagonisti. Ho scritto la one shot con i soundtrack in
sottofondo e mi hanno ispirata ancora di più. Ciò
che intendevo portare alla luce è questa amicizia,
così profonda da arrivare a superare anche la morte, che
lega Hiccup e Sdentato. I pensieri finali del drago sono un
riadattamento della parte finale del cortometraggio Il dono
della Furia Buia che vi consiglio di vedere perché
mi ha davvero fatta sciogliere.
Spero che
questa storia vi sia piaciuta, attendo ansiosa eventuali responsi.
Grazie a tutti
^^
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